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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

MAGGIO 1989

 

LUNEDI' 1  MAGGIO 1989

“L’Angelo Gabriele fu mandato da Dio". (Lc. 1,26)

 

La parola “angelo” e la parola “vangelo” hanno la stessa radice e la stessa origine: è la buona notizia che arriva! Nella Bibbia poi l’Angelo spesso significa la presenza stessa di Dio. Nell’arte noi abbiamo delle splendide raffigurazioni dell’Annunciazione C’è pero un disegno, forse neanche troppo bella, sul catechismo dei bambini che mi sembra più significati di tanti altri. Maria è inginocchiata, non con le mani giunte, ma con le braccia tese nel senso dell’accoglienza e della donazione e una luce dai colori dell’arcobaleno la illumina al punto che anche il suo vestito si cobra dei colori dell’iride.

L’Angelo, allora, è Dio che si fa strada, che trova in Maria la strada, è la buona notizia che trova spazio, è il seme che cade nel terreno buono. Per noi c’è ancora una “buona notizia”? Sappiamo ancora accogliere come “buona notizia” il fatto che Dio ci ama? Ci lasciamo ancora colorare dalla luce della fede, della speranza, dell’amore?

 

 

MARTEDI' 2  MAGGIO

“La Vergine si chiamava Maria”. (Lc. 1,27)

 

Maria: quante cose sono state dette a proposito e a sproposito di Lei. Un antico modo di dire suggeriva:

“Di Maria non si è mai detto abbastanza”. Ed è vero perché è la meraviglia del creato, ma proprio per rispettarla nella sua grandezza e nel suo mistero non si deve dire di Maria cose che offuschino la sua umanità o i doni da Lei ricevuti e che invece di renderla a noi vicina nel suo ruolo e nella sua maternità la allontanino da noi quasi a farla diventare una dea. Maria era una ragazza semplice, del popolo di Israele ed è stata scelta proprio per questo da Dio “che abbassa i potenti e guarda all’umiltà della sua serva”, Il suo “sì” incondizionato e le meraviglie che Dio ha operato in Lei la fanno grande, madre del Figlio di Dio e Madre nostra. A una mamma vera mi sento di dire con sincerità, di chiedere sapendo che mi ascolta, di affidarmi con sincerità. Per me la vera grandezza di Maria non sono i “grandi doni” pur veri e importanti che Dio le ha fatto ma la sua semplice fedeltà e la presenza silenziosa ma costante alla vita di Gesù e nostra.

 

 

MERCOLEDI' 3  MAGGIO

“E l’Angelo le disse: Ti saluto, o Maria”. (Lc. 1,28)

 

Quante volte lungo la storia queste parole sono state ripetute. “Buon giorno Maria” aveva salutato Gabriele con un linguaggio familiare. “Buon giorno (Ave) Maria” hanno ripetuto tante persone, grandi e umili, in orazione in un convento o su un letto di morte. E’ veramente un “buon giorno” per Maria e per noi quello dell’Annunciazione. E’ il giorno “buono” della Storia della salvezza pensato da Dio fin dall'Eternità per Maria e per noi.

Maria scelta da Dio e da Lui preparata per diventare culla del Figlio suo. Noi scelti per accogliere il Figlio di Dio che si fa come noi per far noi come Lui. “Buon giorno” per la creazione che pur “continuando a soffrire come nelle doglie del parto” vede in quel seme che cresce nel grembo di Maria, il suo Liberatore. “Ave o Maria”. Ti saluto o primizia della creazione rinnovata. Ti saluto, nuova Eva, che invece di essere ponte per il male sei ponte di bene. Ed è proprio per questo che continuerà a pregarti così “ora e nell’ora della morte” perché tu non puoi che portar a noi Gesù e portare noi a Lui.

 

 

GIOVEDI' 4  MAGGIO

“E l’Angelo le disse: Ti saluto o piena di grazia”. (Lc. 1,28)

 

Mi piace pensare che prima di ogni altro significato teologico, le parole “piena di grazia” significano: graziosa. Maria è una donna “graziosa” Il termine in italiano ha come sinonimi “bella, gentile, simpatica” ma anche “persona gradita, disponibile, attenta”. E allora se non dispiace pensare a Maria come a una donna bella, piace ancora di più pensarla come persona che non ha muri attorno, che è disponibile a tutto e a tutti. Ho Conosciuto una ragazza tutt’altro che bella: la malattia l’aveva da anni costretta su una carrozzella e si era accanita anche sulla sua figura fisica. Una cosa però era rimasta intatta e rispecchiava l’animo di questa ragazza: i suoi occhi limpidi, semplici, gioiosi, accoglienti, espressivi al punto da assumere ora l’atteggiamento di attenzione, di comprensione dell’altro, di compartecipazione alle gioie e alle prove di chi andava a trovarla più per ricevere che per dare. “Graziosa” era un aggettivo attribuibile in pieno anche a quella ragazza deformata. E Maria è graziosa perché disponibile, perché sempre comprensiva, perché disposta a compartecipare ogni nostra gioia e sofferenza. La “grazia” per Maria non è un privilegio che la stacca da noi, è invece qualcosa che a piene mani dispensa ai suoi figli.

 

 

VENERDI' 5  MAGGIO

“A queste parola, Maria rimase turbata”. (Lc. 1,29)

 

Maria rimane turbata davanti al mistero del progetto di Dio su di lei. E chi non rimane turbato davanti alle vie misteriose del Signore? Davanti alla Croce di Cristo che muore per noi, davanti alla chiamata del Signore che ci manda servendosi della nostra povertà, davanti a strade misteriose e inaspettate, davanti alla sofferenza e alla morte c’è da rimanere turbati. La fede non toglie l’umanità che stenta a capire. E mi è di grande conforto vedere Maria che, come noi, rimane turbata davanti al mistero. Essere preoccupati di comprendere maggiormente il Signore, non è peccato! E’ rendersi gradualmente conto della nostra povertà e piccolezza e della grandezza di Dio. I suoi pensieri non sono come i nostri, e meno male che sia così. Ma Maria non si fermerà al turbamento, lo supererà buttandosi interamente tra le braccia del Signore. “Maria, fa che i turbamenti che spesso ci prendono possano anche per noi essere superati da un sincero atto di abbandono in Colui che sempre vuole il nostro vero bene”.

 

 

SABATO 6  MAGGIO

“Il Signore è con te”. (Lc. 1,28)

 

L’augurio che l’Angelo fa a Maria è la promessa di Dio che ritorna sovente nella Bibbia: a Mosè, Dio promette: “Io sarò con te (Es. 3,11—12); più volte la stessa parola è detta per accompagnare l’opera dei profeti. Gesù, prima di salire al cielo confermerà ancora ai discepoli: “Io sono con voi fino alla fine del mondo”. Durante le celebrazioni, l’augurio che ci scambiamo è proprio “Il Signore sia con voi”. Maria di Nazareth, sulla linea dei profeti e di tutti i “chiamati” dell’Antico Testamento, inizia la più straordinaria avventura cui sia mai stato destinato un essere umano, equipaggiata di un’unica certezza: Il Signore è con te. Non ha bisogno di altre garanzie, sicurezze, appoggi. Quella è la garanzia che le comprende tutte intendiamoci. Non é una formula miracolistica. Alla Madonna non viene messa in mano una bacchetta magica che le spianerà il cammino a colpi di prodigi, facendo sparire ostacoli, producendo tutto ciò che occorre, fornendo le risposte a tutti gli interrogativi più angosciosi, cancellando i “passaggi” difficili. Maria compie un itinerario punteggiato di difficoltà e di oscurità. Munita unicamente della certezza di una Presenza. Diventa, così, la creatura più debole e, insieme, più forte. Fragile e irriducibile. Vulnerabile e coraggiosa. Indifesa e sicura. Esposta a tutte le tempeste e fedele fino in fondo.

 

 

DOMENICA 7 MAGGIO

“Il Signore è con te”. (Lc. 1,28)

 

Dio è partecipe fino in fondo alle nostre vicende tribolate. Ecco una parabola di un autore anonimo brasiliano:

“Questa notte ho fatto un sogno, ho sognato che ho camminato sulla sabbia accompagnato dal Signore, e sullo schermo della notte erano proiettati tutti i giorni della mia vita. Ho guardato indietro e ho visto che ad ogni giorno della mia vita, proiettati nel film, apparivano orme sulla sabbia: una mia e una del Signore. Cosi sono andato avanti, finché tutti i miei giorni si esaurirono Allora mi fermai guardando indietro, notando che in certi posti c’era solo Un’orma... Questi posti coincidevano con i giorni più difficili della mia vita; i giorni di maggior angustia, di maggiore paura e di maggior dolore. Ho domandato allora: “Signore, tu avevi detto che saresti stato con me in tutti i giorni della mia vita, ed io ho accettato di vivere con te; ma perché mi hai lasciato solo proprio nei momenti peggiori della mia vita?”. Ed il Signore rispose: “Figlio mio, io ti amo e ti dissi che sarei stato con te durante tutta la camminata e che non ti avrei lasciato solo neppure per un attimo, e non ti ho lasciato. I giorni in cui tu hai visto solo un orma sulla sabbia sono stati i giorni in cui ti ho portato in braccio”.

 

 

LUNEDI' 8  MAGGIO

“Non temere, o Maria”. (Lc. 1,30)

 

Uno dei più grandi nemici dell’uomo è la paura. Paura di non farcela, paura che diventa senso di colpa, paura dovuta alla precarietà della nostra vita... Nella Bibbia molto spesso la Parola di Dio viene a dire: “Non aver paura. In Dio si vince ogni paura. Con Lui non si può aver paura, lui è più forte di ogni male. Il suo piano di salvezza va avanti anche se noi non lo comprendiamo sempre. La paura era entrata nel mondo con il peccato. Adamo ed Eva si erano scoperti nudi ed erano andati a nascondersi davanti a Dio, ora Maria non deve temere perché Dio in Gesù si nasconde in lei, si confonde con l’uomo ma per realizzare la grande liberazione dell’uomo dalla paura e dal peccato. Quando nella nostra vita entra la paura, ricordiamoci di queste parole dell’Angelo a Maria. Di Dio non si può aver paura Perché nella risurrezione di Gesù Egli ha dissolto ogni paura.

                                                        

 

MARTEDI' 9  MAGGIO

“E lo chiamerai Gesù”. (Lc. 1,31)

 

Il nome, scelto da Dio, che l’Angelo indica a Maria per suo figlio è Gesù che in ebraico significa “Yahvè salva”. Yahvè è il nome di Dio ed esprime l’idea di un Dio che c’è, su cui si può contare, un Dio sulla cui azione si può fare affidamento. Un Dio che accompagna il suo popolo. Quanto al verbo “salvare”, esso dice anche liberazione, aiuto, soccorso, vittoria. Quindi il nome del Figlio di Maria richiama un Dio liberatore, salvatore, Gesù è infatti colui che ha il compito di strapparci dalla schiavitù, è colui che ci fa passare dalla morte alla vita, dal vuoto alla pienezza, dal dominio delle forze del male agli spazi luminosi del regno di cui Gesù è Signore. Infatti come dirà San Paolo: “Nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sottoterra; ogni lingua che Gesù è il Signore, a gloria di Dio Padre” (Fil. 2,9—11). Pronunciare, adorare il nome di Gesù diventa dunque per noi, come per Maria riconoscere e proclamare la signoria di Gesù. Questo nome, così usato malamente oggi, è invece il nome che salva, il Signore della mia vita, del mondo, della storia.

                                                        

 

MERCOLEDI' 10  MAGGIO

‘‘Non conosco uomo’’. (Lc. 1,34)

 

Quando ero piccolo mi si diceva che dovevo fare attenzione per sentire la voce di Dio che chiamava. Mi immaginavo che il Signore un bel giorno mi avrebbe detto che cosa desiderava dalla mia vita. Era la speranza di sentire la sua voce in maniera diretta ed era anche la speranza che ci pensasse Lui a risolvere i miei problemi e che tutto fosse finalmente chiaro. A Maria succede che l’Angelo le dice quello che Dio ha stabilito per Lei. Ma i problemi rimangono. E rimangono anche le obiezioni dell’evidenza: come si può avere un bambino senza essere Sposata né aver rapporti con nessun uomo? Maria ha i piedi per terra. Sa che “nulla è impossibile a Dio” ma pone i suoi interrogativi umani. Così succede per ogni tipo di chiamata o vocazione E’ vero che Dio fa sentire nel cuore la sua voce, ma è anche vero che rimangono tutti i problemi della nostra umanità e della nostra risposta. Non spaventiamoci se davanti ad una chiamata la prima cosa che ci viene in mente è la nostra povertà o la paura di non essere in grado di compiere ciò per cui Dio ci chiama. Diciamolo pure a Dio nella preghiera. Ma poi continuiamo, come Maria, la ricerca e soprattutto fidiamoci che i piani di Dio possano passare anche attraverso le nostre incapacità.

                                                        

 

GIOVEDI' 11 MAGGIO

“Eccomi, Sono la serva del Signore". (Lc. 1,38)

 

Ci troviamo davanti al “sì” deciso di Maria. Maria si fida della Parola e ad essa si affida. Sarà un “sì” che durerà tutta la vita, che dovrà essere ripetuto in tanti momenti anche oscuri, ma è anche il “sì” che porta Gesù. A noi non appare un angelo per dirci che cosa vuole da noi il Signore ma nel quotidiano, attraverso i fatti, siamo chiamati a fidarci di Dio. Ogni giorno ripetiamo, con la preghiera di Gesù: “Sia fatta la tua volontà”, ma abbiamo veramente questa disponibilità totale? Tutta la Chiesa soffre oggi, particolarmente nei paesi ricchi la crisi di vocazioni sacerdotali e religiose e le crisi di una fede che per molti perde il suo mordente profetico di annuncio. Non sarà, forse, proprio perché manca il coraggio di dire un “sì” totale a Dio? Siamo appesantiti nel nostro cammino da tutte le nostre preoccupazioni materiali di benessere al punto che troviamo difficile e scomodo sentirci servi del Signore”. E poi perché fidarsi di un Dio che sembra non parlare? Eppure non siamo contenti lo stesso. Ci rendiamo conto che le cose non ci bastano. “Maria, ti sei fidata di Dio. Hai puntato tutto su di Lui. Non ti ha fatto promesse di felicità, non ti ha tolta dalla realtà quotidiana... ma ti ha dato Gesti. Chiedi al tuo Figlio per noi, la Capacità generosa di donazione e di risposta e aiutaci a generare in noi Gesù per poterlo donare anche agli altri.

 

 

VENERDI' 12  MAGGIO

“E l’Angelo partì da Lei” (Lc. 1,38)

 

Mi ha sempre colpito questo particolare della pagina di Luca sull'Annunciazione. Non è certo un lieto fine. Semmai è un faticoso e impegnativo inizio. Maria rimane sola. Non c’è più alcuna comunicazione straordinaria più nessun messaggio che la rassicuri ed elimini i dubbi, Il cammino lo deve compiere con l’aiuto della propria fede, come noi, non con l’assistenza speciale dell’Angelo. Anche nella sua vita scoccheranno i perché, E la luce la dovrà ricavare attraverso le tenebre più fitte, non attraverso le risposte più rassicuranti L’Angelo ha esaurito il suo compito Ha finito di parlare. D’ora innanzi la Madonna dovrà interrogare gli avvenimenti quotidiani per sapere qualcosa, Come tutti i mortali. E ogni volta che dirà sì prima ancora di aver capito — approfondirà il mistero della propria esistenza. Ad ogni sì, c’è un aumento di conoscenza. L’abbandono fiducioso viene prima del ragionamento. L’accoglienza passa davanti all’indagine. La strada la si conosce.., percorrendola. La verità la si trova.., facendola. “Maria, concedici di essere più accoglienti nei confronti del dono che viene dall’Amore. Sollecitaci a non ritardare troppo la nostra risposta.”.

 

 

SABATO 13  MAGGIO

“Benedetta tu fra le donne”. (Lc. 1,42)

 

La frase che Elisabetta rivolge a Maria è la stessa che noi, spesso, pronunciamo dicendo l’Ave Maria. E’ un’espressione che si apre alla meraviglia, allo stupore, alla sorpresa. Si affacciano immagini di tenerezza, delicatezza, sensibilità, profumo penetrante, sguardo carezzevole, riserbo, attenzione, parole di dolcezza, gioia, felicità, vita, presenza protettrice, accoglienza, rispetto. Ossia tutto ciò che rende il mondo più umano, lo riscatta dall’aridità e dal vuoto. Noi vediamo Maria che si “colloca accanto”, che rimane in un atteggiamento di tenerezza presso Colui che lei ha atteso, possiede ha, dona. E, nello stesso tempo, è vicina a tutti coloro che stanno con lui. La nostra debolezza fragilità paura, il nostro essere esposti e piccoli indifesi di fronte al male, non ci angoscia più. Sappiamo che lei si prende cura di ciò che è indifeso, minacciato. “Tu sei benedetta fra le donne”. Perché non ti occupi di ciò che è grande, forte, importante, potente, ricco. Ma la tua tenerezza si sente sollecitata in direzione di ciò che è piccolo e vuol crescere nella linea dell’amore e della libertà. “Tu sei benedetta fra le donne”. E ci sentiamo, con te, Maria, celebranti della vita. Tu ci ricordi, infatti, che Dio raggiunge, con la sua benedizione, soltanto coloro che non sono assenti dalla vita.                                                             

 

 

DOMENICA 14 MAGGIO

“E benedetto il frutto del tuo grembo, Gesù”. (Lc. 1,42)

 

“La donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare la saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò” (Gn.3,6). Ed ecco finalmente una donna che porge all’uomo non un frutto proibito, ma “benedetto”. Ecco finalmente una donna che non ascolta la voce del serpente, diventando oggetto di accusa (“ la donna che mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato" Gn. 3,12), ma che è motivo di lode, non più tentatrice ma strumento di salvezza, non causa di maledizione ma di benedizione. Sì. Tu sei benedetta, Maria, fra le donne. E benedetto è il frutto che, in quanto donna, ci offri. Dopo averlo mangiato, si aprono i nostri occhi e non ci accorgiamo con vergogna di essere nudi (Gn. 3,7), ma riscopriamo in noi lo splendore dell’immagine e della rassomiglianza divina. Benedetto è il frutto del tuo seno, che ci permette di indossare l’abito di luce, e di non sentirci abusivi nel giardino di Eden, ma di “coltivano e custodirla” (Cn. 2,15).

 

 

LUNEDI' 15  MAGGIO

“Beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore” (Lc. 1,45)

 

La beatitudine che Elisabetta dice di Maria, riguarda anche noi. Anche il pensiero della morte non ci spaventa più. Mi è molto piaciuto il senso di fede e di confidenza di questa preghiera di una anziana mamma.

 

“Quando mi verrai a cercare, o Signore, Posso chiederti d’avere la bontà di bussare alla mia porta perché io sappia che tu arrivi? Lo so che hai detto che tu verrai come un ladro... Ma ciò non è indispensabile, puoi presentarti anche diversamente. E’ perché noi fossimo sempre pronti che hai detto così: Grazie, Signore! Ma vedi, Signore,» quando in casa io sbrigo le faccende, indosso il grembiule e facilmente mi sporco; e se un amico bussa all’uscio, prima di aprirgli mi tolgo il grembiule per non offrirgli vista sgradevole. Lasciami il tempo di nascondere il grembiule per ben riceverti! Io te lo chiedo, ma so bene che farai come vorrai; e sarà per il meglio. Era solo un desiderio che ti ho voluto confidare: non si fa così tra amici? E sei tu il grande amico, colui che mai mi verrà meno e in cui ho piena confidenza. A presto, Signore!”.

 

 

MARTEDI' 16  MAGGIO

anima mia magnifica il Signore” (Lc. 1,46)

 

Maria nei Vangeli parla poco ma quando parla si sentono, nelle sue parole, l’eco di tutta la creazione e la parola della Sacra Scrittura. Maria è una abituata a pensare, a “conservare tutte le cose nel suo cuore” e quando è il momento delle parole tutto trabocca in una esplosione di lode, di contemplazione, di ringraziamento. “Trovo così difficile pregare, non so che cosa dire al Signore”. Questa obiezione tante volte è un sintomo di un cuore che si sta raffreddando. Quando una bottiglia è vuota è inutile volerne far uscire qualcosa. Eppure basterebbe poco per aver il cuore pieno di gioia, basterebbe aver occhi per vedere i doni che Dio ci ha fatti, per lasciar cantare in noi la creazione, per meravigliarci della storia della salvezza, per lasciare che la Parola donata da Dio a lui ritorni carica delle nostre esperienze e di un cuore che sa farsi carico delle necessità del mondo intero.

 

 

MERCOLEDI' 17 MAGGIO

“Il mio spirito esulta in Dio”. (Lc. 1,47)

 

Maria sa sorridere alla vita e sa far sorridere la vita nel Signore. Guardando la realtà del nostro morda, però, non sempre è facile sorridere, sembrano esserci più cose da piangere che cose gioiose. Mi confidava una donna, rinchiusa in un ricovero per anziani decisamente cupo: “La vita mi ha sempre presentato dei conti salati da pagare. Mi ha costretta a inghiottire tanti bocconi amari. Anche qui sto vivendo l’esperienza dolorosa dell’ingratitudine dei figli. Per loro sono già scesa nella bara della dimenticanza. Ma, nonostante tutto questo, io ho sempre amato la vita e continuo ad amarla. E ogni giorno ringrazio il Signore per questo regalo in cui non mancano le spine. Mi sono punta tante volte le dita... e anche il cuore, fino a gridare. Ancor oggi mi pungo. Eppure cerco sempre di sorridere alla vita... Sì, le faccio un sorriso di riconoscenza... Si dice comunemente che la vita sorride ai giovani. Ebbene, io che sono vecchia, sorrido alla vita, anche se lei qualche volta si dimentica di sorridermi”. E’ normale che uno sorrida quando si affaccia alla vita. Ma il miracolo più stupefacente è quello di una persona che sorride alla vita anche dopo averla conosciuta, aver visto il conto. Quando mancano i denti, non si riesce più a mangiare il pane secco. Ma si può sempre sorridere, magari di nascosto, col cuore il sorriso, in certe circostanze, può essere l’estrema risorsa per rischiarare un poco il buio che ci minaccia.

 

 

GIOVEDI' 18  MAGGIO

“Ha rovesciato dal treno i poten­ti ed ha innalzato gli umili”. (Lc. 1,52)

 

Racconta Arturo Paoli:

“Non dimenticherò mai una sera, in Argentina, in un “obraje” nella macchia dove lavorano in clima estremo, spesso tormentati da nuvole di zanzare, con i piedi in acquitrini putridi, con un salario di stretta sopravvivenza, i boscaioli. Mi aggiravo all’ora del tramonto fra i “ranchos” miserabili di fango dove si riparano ammassate dieci o più persone. Passo davanti alla casa di Domingo che sta riposando a dorso nudo, scalzo, giocando con l’ascia che ha maneggIato duramente tutta la giornata. Domingo, normalmente poco espansivo, mi vede passare davanti alla sua casa, mi saluta e m’invita a sedergli accanto. Quando il sole è scomparso del tutto dopo aver assolto il suo impegno di dare ore di splendore a uno dei paesaggi più desolati che io abbia visto, Domingo manda una voce dentro il “rancho”: “Negra, il fratello resta a cena con noi”. La “negra” si affaccia alla porta sorridente e dice: “Domingo, abbiamo tanto poco da cena, non sarebbe meglio invitarlo un’altra volta?”. Ma Domingo insiste, e io sento che devo restare, proprio perché non hanno niente da darmi. Dopo poco arriva sulla tavola un piatto di pasta bollita senza condimento: è tutto. Siamo noi tre nel silenzio calmo della notte. Ad un tratto io ho visto il volto di Domingo illuminarsi: “Negra, noi siamo veramente felici, ci vogliamo bene, abbiamo buona salute, Dio stasera è con noi per la presenza del fratello, abbiamo tutto”. E la “negra” faceva il commento musicale con il suo sorriso. Come avrei voluto fissare quel momento... No, non era “fatalismo”: Domingo era buon operaio perché solido di muscoli e abile nel taglio, scomodo, scontroso, contestatore, ‘mai contento” diceva di lui il “capataz”. In quel momento Domingo aveva la sua estasi contemplativa: scopriva nel suo “nulla” uno sguardo che si posava su di lui con amore.”.

 

 

VENERDI' 19  MAGGIO

“Diede alla luce il suo Figlio primogenito”. (Mt. 2,7)

 

La Vergine, realmente, ha “messo al mondo” il proprio figlio. Non ha preteso di tenerlo per sé, come fanno troppe mamme. Lo ha dato al mondo, ossia agli uomini. E’ consapevole che quel figlio non le appartiene. E’ destinato agli altri. E’ un dono di Dio offerto a tutti. La Vergine per usare un espressione classica è un ostensorio. Ma un ostensorio che cammina. Non è un ostensorio che tiene a distanza. Al contrario, annulla le distanze. Spesso tra i cristiani c’e un individuaiismo (anche comunitario!) che rappresenta l’opposto della logica dell’essere per gli altri vissuta dalla Madonna. Cristo viene conservato al calduccio, vezzeggiato, protetto, in una atmosfera intimistica. Cullato con preghiere, formule, canti appropriati. Non una nota stonata, tutti gli aggettivi debitamente calibrati, un linguaggio “avvolgente”, inconfondibile. Le pareti ovattate, in modo che non arrivino i rumori della strada, le voci del mercato. Insomma, Cristo fra i “suoi ma il Cristo è tra i suoi soltanto quando è “fuori”, in mezzo alla gente comune, mescolato al popolo, seduto alla tavola dei peccatori. Maria ha capito questo e dando alla luce suo Figlio lo dà agli uomini perché lo mangino”.

 

 

SABATO 20  MAGGIO

“I pastori andarono e trovarono Maria e Giuseppe e il Bambino che giaceva nella mangiatoia”. (Lc. 2,16)

 

I pastori avevano appena avuto la visione della gloria di Dio ed ora si trovano davanti ad un evento naturale dei più semplici e dei più comuni: una mamma che ha appena avuto un bambino e nella povertà non ha di che curarlo. Questo evento non ha nulla di grandioso. Ma i pastori hanno fede. E’ un incontro tra semplici che si fidano di Dio e in un semplice segno sanno vedere la potenza dell’Altissimo. Quanta differenza da questo incontro tra semplici con certi incontri che avvengono tra persone che si dicono credenti. Si parla di teologia, si sfoderano parole grosse, ci si slambicca il cervello per arrivare alla fine  a dire: “Ma!  Chissà... forse Maria, insegnaci l’umiltà e la  semplicità. Fa che prima di fidarci  troppo delle esteriorità, dei nostri  ragionamenti, della nostra cultura impariamo a guardare con semplicità negli occhi per scoprire il cuore di Dio che parla attraverso gli avvenimenti più umili e che ancora, nonostante la nostra alterigia, continua ad incarnarsi nel quotidiano.

 

 

DOMENICA 21  MAGGIO

“Maria serbava queste cose nel suo cuore”.(Lc. 2,19)

 

Una certa visione troppo spiritualistica della figura di Maria ci ha fatto pensare a Lei come a una privilegiata che, grazie ai doni particolari ricevuti, viveva la sua storia in un rapporto tale con Dio che nulla poteva toccarla. Ci stupisce allora leggere nel Vangelo, dopo l’episodio di Gesù tra i dottori del Tempio, che: “Essi non compresero le sue parole” (Lc. 3,50). Anche Maria, nella sua umanità non capisce tutto, trova difficile leggere i fatti con la visuale di Dio. Ma davanti a questi interrogativi la vera grandezza di Maria è “serbare queste cose nel suo cuore” e non perdere la fiducia nelle promesse di Dio. Quanto è difficile anche per noi comprendere certi avvenimenti della nostra vita! Ad esempio: perché il Signore chiede quella sofferenza che sembra totalmente inutile? Perché ho cercato di fare del bene e alla fine sembra che io abbia fatto del male? Perché ero convinto che Dio mi dicesse di seguire quella strada, l’ho fatto, e adesso, improvvisamente, mi trovo impedito per cause non dovute a me a proseguire? C’è da scoraggiarsi! Oppure come Maria, pur non comprendendo continuare a meditare nella fiducia che anche il buio nelle mani di Dio può diventare luce.

 

 

LUNEDI' 22  MAGGIO

“Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose nel suo cuore”. (Lc. 2,19)

 

Oltre a quanto abbiamo già detto sul fatto di Maria che medita gli avvenimenti per lei. più difficili, mi sembra in particolare che il cuore della madre deve contenere due misteri. Il mistero di quei Figlio che per arrivare agli uomini, sceglie una strada imprevedibile. E il mistero degli uomini che rifiutano la luce, non accolgono l’Ospite. Non si sa quale dei due misteri sia più difficile da comprendere, accettare, portare. Le sorprese della Madonna si apriranno, da questo momento, su due versanti: quello di Dio e quello degli uomini. E, in tutti e due i casi, non finirà di stupirsi, avrà abbondanti motivi di lunghe meditazioni. Da una parte, per l’ostinazione del dono. Dall’altra per l’ostinazione del rifiuto. La Vergine dell’accoglienza stenta a capire le porte sbarrate. La Vergine del sì fa difficoltà a comprendere quella incredibile sventagliata di no. La vergine della disponibilità urta dolorosamente contro quel muro compatto. La Madre di Dio rimane perplessa d’innanzi questo schierarsi contro la vita e la luce. Deve registrare nel suo vocabolario un termine che lei non aveva mai usato: chiusura.

                                                     

 

MARTEDI' 23  MAGGIO
“Portarono il Bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, come è scritto nella legge del Signore". (Lc. 2,22—23)

 

Nei pochi brani evangelici che ci parlano di Maria noi vediamo in Lei una buona ebrea osservante della legge del Signore. Maria avrebbe potuto dire:”Ho ricevuto un incarico da parte del Signore, so che qui c’è il Figlio di Dio, so che Lui è l’uomo nuovo, c’è ancora bisogno di osservare le leggi antiche?” Maria invece sa bene che la storia della salvezza si realizza nella storia concreta e soprattutto non dimentica quanto Dio ha già operato nel passato e quanto continua ad operare attraverso i segni della legge e della religiosità. Anche per noi può esserci la tentazione di dire: “Abbiamo Gesù, il Figlio di Dio, morto e risorto per noi, che bisogno c’è ancora di religiosità, di leggi, di osservanze? Gesù non ci ha forse detto “la verità vi farà liberi?” Gesù è l’uomo nuovo e ci fa nuovi ma non ci disincarna dalla realtà: abbiamo bisogno di segni per esprimere la nostra fede, ed ecco

i sacramenti. Abbiamo bisogno di parole per esprimere il nostro rapporto con Dio, ed ecco la preghiera. Nessuno di noi può pensare di possedere Dio a tal punto da far a meno dei segni esteriori del nostro rapporto con Lui, anzi, è proprio nei segni della Chiesa che noi abbiamo il conforto di una storia passata e presente che ci aiuta a porre con verità dei gesti di religione e di fede.

 

 

MERCOLEDI' 24  MAGGIO

“Maria e Giuseppe si accorsero che Gesù non era con loro”. (Lc. 2,41—50)

 

Maria fa anche l’esperienza di perdere Gesù. E’ la stessa esperienza che faranno gli Apostoli quando si troveranno soli sul lago, in balia della tempesta, o peggio ancora nascosti nel cenacolo, vergognosi di quanto non hanno fatto nella passione di Gesù e senza speranze per il domani. Maria perde Gesù o è Gesù che si allontana, che scappa di casa? E’ Gesù che spesso sparisce, gioca a nascondersi cori gli altri e negli altri, E’ Lui che vuoi far nascere in noi la voglia di cercarlo, che vuole infrangere le facili sicurezze del “Dio con noi”, che vuol farci capire che la cosa più importante non è fare la nostra volontà ma la volontà di Dio. Maria ha Gesù, ma ricerca Gesù. Mania ha delle promesse ma cammina anche in momenti di buio. L’esperienza di perdere Gesù non le è stata risparmiata. Ma proprio perché ci è modello, ci insegna a ricercare ancora e sempre e anche al buio fidarci che Gesù, prima o poi torna a casa, o meglio, che noi prima o poi lo incontreremo nuovamente.

 

 

GIOVEDI' 25  MAGGIO

“Non hanno più vino”. (Gv. 2,3)

 

Nelle litanie della Madonna, sentiamo Mania onorata e interpellata in vari modi. Nonostante la “pietà” di certi cristiani che a volte con poco buon gusto allungano questa lista con nuovi appellativi non mi è mai capitato di sentire l’invocazione “Maria del buon vino (e, badate bene: non invito ad aggiungere tale litania!). Mi piace però pensare all’attenzione di Mania nei confronti di questi sposi che rischiavano “una figuraccia” e mi piace che il primo miracolo “strappato” a Gesù sia un miracolo a prima vista marginale, qualcuno dice “inutile”. Mania è la donna della festa: “Non si può non essere in festa mentre lo sposo e tra di noi” e proprio mentre c’e Lui, il pane nuovo e il vino nuovo, non può incarnarsi la gioia perché viene a mancare un buon bicchiere di vino. Quanto dovremmo essere più attenti ai piccoli particolari perché la festa a Cristo, sposo dell’umanità, sia più visibile e più completa! Certe nostre celebrazioni non solo non rispecchiano la gioia del risorto ma ridotte al loro ritualismo soffocano l’annuncia di un Dio salvatore. E come si può annunciare un liberatore quando le catene della nostra schiavitù sono ancora l’elemento più visibile della nostra testimonianza?

 

 

VENERDI' 26  MAGGIO

“Non hanno più vino". (Gv. 2,3)

 

Queste parole della Madonna che già ieri abbiamo commentato sono state occasione per Alessandro Pranzato di un esame di coscienza che vi ripropongo. Una Madre preoccupata di quello che non ho. Una Madre che si accorge di ciò che non sono... Quasi mi dicesse: ‘Corri tanto, ma sei sempre in ritardo, In ritardo, soprattutto, su te stesso. Ti agiti troppo. Ma concludi ben poco. Perché nella tua esistenza non e è spazio sufficiente di silenzio, adorazione, contemplazione, inutilità. Sulla tavola c’è tutto. Ma ti manca il resto. Sei povero dell’essenziale. Parli tanto, anche troppo di Dio. E ti dimentichi spesso di parlare con Dio, di lasciarlo parlare. Fermati un poco, prima che sia troppo tardi. Vivi e non lasciarti semplicemente vivere. Vivi la vita, non vivere di vuoto, di banalità, di sciocchezze. Non riempire il vuoto con l’inutile. Non devi imitarti a guardare ansioso l’orologio. Devi dare un significato ai giorni, alle ore, ai minuti. Hai bisogno urgente di un supplemento d’essere.” “Non hanno più vino”. “Sei a corto di gioia, e manco ti accorgi".

 

 

SABATO 27  MAGGIO

“Fate quello che vi dirà”. (Gv. 2,5)

 

Maria indica la strada, non solo ai servitori di quel matrimonio ma a tutti noi: “Fate come vi dirà”. Maria è tutta proiettata su Gesù, lei non esiste più, esiste solo Lui e proietta noi non verso se stessa, ma verso di Lui. Il cristiano è colui che si è rivestito di Cristo, è colui che vuol seguirne il cammino, è colui che cerca di identificarsi a Lui. Quanti problemi, quanti interrogativi: che cosa dovrò fare? Qual’è il modo migliore per vivere la fede? Come aiutare quella persona? E cerchiamo. Cerchiamo in noi stessi, cerchiamo tra i “guru e i santoni” di ogni tempo, cerchiamo nei libri della nostra scienza. La strada è semplice: “Fate come egli vi dirà” anche se sono cose assurde come andare a riempire delle anfore con dell’acqua. Se io fossi stato là che cosa avrei fatto? Sarei andato dal maestro di tavola a denunciare la sua incompetenza nell’acquisto del vino? Sarei andato da qualche vicino per elemosinare una botte per gli sposi? Avrei messo in ansia gli sposi dicendo loro che cosa stava succedendo? Avrei atteso dicendo: “Beh, a me che importa?”  Maria ha talmente fiducia in suo Figlio che ci dice: ‘Ascoltalo! Fai quello che ti dice anche se non lo capisci fino in fondo! Fidati: non può venirne che del bene per te e per gli altri.”

 

 

DOMENICA 28  MAGGIO

“Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte”. (Lc. 11,27)

 

Le beatitudini di Gesù sono sempre sconvolgenti e sempre cambiano il nostro modo di intendere. Una donna, con semplicità, ammirata dalla figura di Gesù, forse con un po’ d’invidia dice: “Beata, fortunata tua madre ad avere un figlio così . Gesù le risponde: “La fortuna non è avere un ‘figlio bravo”, è essere fedeli a Dio!”. Secondo il vangelo non si è beati perché le cose vanno bene, perché economicamente non abbiamo grossi fastidi, perché mio figlio non è un drogato o un perdigiorno, perché i miei hanno fatto carriera,.., ma si può essere beati sempre se si cerca la volontà di Dio, se Dio è il nostro fine, la nostra unica “ricompensa”. Può essere la più povera, la più sfortunata,la  donna più ricca, la madre che ha un  figlio prete, la donna o l’uomo più  importante, se non vive dell’unica vera beatitudine che è Dio, come può essere beata la donna o l’uomo povero ingiustamente calunniato, bastonato, emarginato se nonostante questo sa che Dio lo ama e non lo abbandona e si fida di Lui. Maria non è “beata perché è la madre  di Gesù”, è beata perché la sua vita è un “sì” continuo al Signore.

 

 

LUNEDI' 29  MAGGIO

 

“Stava ai pressi della croce di Gesù, sua Madre (Gv. 19,25)

 

A Cana Maria si era sentita dire:

“Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora”. Adesso che l’ora e arrivata, l’ora del dono totale, l’ora della “gloria” così diversa da come ci si sarebbe aspettati, lei è presente. Lei, modello di ogni credente, non può non ripercorrere l’itinerario del Figlio. Anzi, in questo caso sembra quasi che lo preceda. Come una madre che inghiotte per prima una medicina amara in modo da incoraggiare il bambino. La gente la osserva, si passa l’informazione: “E’ la madre del condannato”. Qualcuno certamente avrebbe voluto risparmiarle questa sofferenza atroce, questa umiliazione. Ma lei esce fuori dall’ombra proprio quando sarebbe comodo restarci. Maria sa farsi trovare ai piedi della croce. Noi invece non sempre sappiamo farci trovare lì. Noi siamo abilissimi a non farci trovare agli appuntamenti impegnativi: appuntamenti con la santità, la storia, la contemplazione, il dolore... Ci imboschiamo in un ‘infinità di sentieri tortuosi, pur di non percorrere la strada della coerenza assoluta e della fedeltà totale alla nostra vocazione. “Come Maria anch’io voglio farmi trovare da te, o Signore, voglio essere al mio posto. Fa che non abbia più a deluderti troppo. E che non abbia mai a deludere le attese dei fratelli che ti cercano, che mi cercano.

 

 

MARTEDI' 30  MAGGIO

“Figlio, ecco tua Madre”. (Gv. 19,27)

 

Avevamo un Dio Padre, un Gesù fratello, uno Spirito forza, ci mancava la tenerezza di una madre. E proprio dalla Croce, Gesù ci regala la sua. Una madre vera: che ha provato tutte le vicissitudini umane: povertà e onore, maternità e morte del figlio, silenzio, nascondimento e presenza. Avevamo proprio bisogno di una madre così. Non che mancasse qualcosa, ma la figura di una di noi che ha già realizzato il programma di Gesù e che è vicina alle nostre prove perché le ha passate tutte, ci è di conforto ed anche di modello. Maria, la prima a partecipare in modo completo alla nuova creazione è colei che può prenderci per mano, esserci vicina nei momenti di difficoltà, portarci a Gesù e portare a noi Gesù. Grazie, Signore, per la tua più bella invenzione che ci hai regalata: tua Madre e nostra Madre.

 

 

MERCOLEDI' 31  MAGGIO

“Erano assidui e concordi nella preghiera con Maria, la Madre di Gesù”.(Atti 1,14)

 

Questo brano è l’ultima citazione che troviamo del nome di Maria nel nuovo Testamento. Maria, affidata alla Chiesa da Gesù sulla Croce vive nella Chiesa. Non sappiamo nulla di storico circa la sua vita dopo la risurrezione di Gesù se non questa realtà: Maria con gli Apostoli prega e rimane attenta a tutti quelli che sono i problemi della Chiesa primitiva. Anche oggi Maria ama intensamente la Chiesa, soffre dei suoi problemi, intercede presso suo Figlio, continua a invocare lo Spirito Santo perché gli uomini figli di Dio ed ora anche suoi figli possano rispecchiare il volto di Gesù. Concludiamo questo nostro mese di riflessioni su Maria con questa certezza: Maria non ci lascia soli. E colei che per prima ha realizzato il vero modello di credente e di cristiano interceda per noi la grazia di  poterla imitare e di poter per mano a Lei, nostra Madre giungere là dove il Signore vuole per ciascuno di noi in questa vita e soprattutto arrivare alla visione di Dio con Lei nell’eternità.

     
     
 

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