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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

MARZO 1989

 

MERCOLEDI' 1 MARZO 1989

 “Egli manda sulla terra la sua parola, e il suo messaggio corre veloce”. (Dal Salmo 147)

 

Viviamo in un’epoca in cui, ringraziando, la Parola di Dio è uscita dalle Bibbie tenute nascoste e da una lingua in cui veniva letta, ormai non più comprensibile alla maggioranza. La parola di Dio è fondamento della nostra vita e della nostra fede. E’ con la sua parola che ha inizio la creazione: “E Dio disse”, ripetuto più volte nel racconto della Genesi ci ricorda la forza di questa parola che crea e crea bene. “In principio era la Parola” ci dice S. Giovanni per indicarci che la parola definitiva è proprio Gesù. “Già molte volte e in tanti modi Dio aveva parlato attraverso i suoi santi profeti e ora ci ha parlato per mezzo del Figlio suo”. “E il suo messaggio corre veloce”: pensiamo anche solo alla rapidità della diffusione del Cristianesimo nei primi secoli o al lavoro di incarnazione della parola che compiono i missionari. Ma per portare frutto la Parola deve trovare un terreno buono. Ricordando la parabola del Seminatore, chiediamoci se il nostro cuore e strada” su cui tutto passa ma nulla si ferma e se si ferma viene calpestato; se è spine che soffocano e riducono la Parola ad una abitudine senza lasciar mettere radici; se è sasso impermeabile al Signore o se è terreno buono disponibile a rendere ora il trenta, ora il sessanta, ora il cento per uno.

 

 

GIOVEDI' 2  MARZO

“Venite, prostrati adoriamo, in ginocchio davanti al Signore che ci ha creati". (Dal Salmo 94)

 

Una certa spiritualità diceva che si salvano più persone con le ginocchia che non con il tanto correre e darsi da fare. Senza cadere in uno spiritualismo irenico che fa dimenticare la realtà e che qualche volta riduce la preghiera ad una specie di droga, dobbiamo capire il valore della preghiera. L’uomo è grande quando sta in ginocchio. Perché è in ginocchio che si può capire la grandezza del creatore e la vera grandezza delle creature che costruendosi da sole combinano solo guai e non hanno una risposta ai propri interrogativi. Adorare il Signore non significa dirgli tante parole, ma immergersi in Lui con un senso di ringraziamento, di lode, di meraviglia. Ad un santo che passava molte ore davanti al tabernacolo fu chiesto quali e quante cose avesse da dire al Signore. Rispose: “Niente: Lui è lì e io sono qui. E Lui mi ama.

 

 

VENERDI' 3  MARZO

“Se il mio popolo mi ascoltasse, li nutrirei con fiore di frumento, li sazierei con miele di roccia". (Dal Salmo 80)

 

Mentre nel mondo si diventa sempre più creduloni e maghi, guaritori, fantasisti della truffa fanno affari d’oro alle spalle dell’imbecillità umana e della paura, noi crediamo sempre meno alla possibilità di Dio di fare miracoli e quindi gliene precludiamo la possibilità. Gesù ci nutre con fiore di frumento: l’Eucaristia e noi, prendendola come un rituale, la snobbiamo con facilità (‘‘non ho tempo!’’) oppure la ‘‘prendiamo’’ ma non ci lasciamo trasformare da essa. Gesù ci dà la possibilità di fare il miracolo del perdono ma noi preferiamo logorarci fegato e spirito con sensi di vendetta... Quanti miracoli potrebbe fare il Signore...

Chi si rende disponibile al Signore i miracoli li vede davvero: pensate al Cottolengo, don Bosco, don Ciotti, Ernesto Olivero, Madre Teresa di Calcutta... pensiamo ai tanti miracoli di amore che nascono intorno a persone umili ma disponibili a Dio e buone...

 

 

SABATO 4  MARZO

“Se offro olocausti, non li accetti. Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato, tu, o Dio, non disprezzi".

(Dal Salmo 50)

 

Ricordiamo quel brano di Vangelo dove Gesù dice: “Se sei davanti all’altare a portare la tua offerta e ti accorgi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia lì la tua offerta, va a riconciliarti con il tuo fratello, poi torna e la tua offerta sarà gradita a Dio”. C’è un segno molto bello che la nuova liturgia ci ha suggerito: lo scambiarci il segno della pace. Ma anche qui se non capito e vissuto solo come un segno esteriore può diventare addirittura ipocrisia. Se do la pace ad uno sconosciuto e poi non faccio un minimo sforzo di pace con quel parente perché “ci sono questioni di eredità”, se evito accuratamente di sedermi in chiesa vicino a quella persona perché mi è antipatica il Signore sa bene quanto sia difficile vivere la pace, il perdono e sa anche che, a volte, è una strada lunga e sa pure che per farla pace occorre essere almeno in due, ma se non vede nel nostro cuore almeno il desiderio, lo sforzo come può gradire la nostra offerta?

                                                           

 

DOMENICA 5  MARZO

“Guardate a Lui e sarete raggianti, non saranno confusi i vostri volti”. (Dal Salmo 33)

 

Guardando la luna spesso si è portati a credere che sia la sua luce a rompere le tenebre delle nostre notti. E’ invece la luna che offre il suo ‘volto’ al sole ed esso vi risplende al punto da rifrangere i suoi raggi fino alla terra. Se penso a dei cristiani come don Ciotti, gli amici dei Cufrad, Ernesto Olivero, Madre Teresa o altre persone molto umili ma di gran fede, diventa facile capire che offrono interamente se stessi al Signore per lasciarsi inondare della sua luce e poi rifletterla su altri. Mi chiedo poi anche come mai troppe volte i cristiani non abbiano luce, coraggio, testimonianza, e la risposta e sempre la stessa: spesso diventano corpi opachi perché non si lasciano mondare dalla luce di Cristo. Noi troppe volte ci chiediamo come cristiani: che cosa devo fare? e ci slambicchiamo per cercare nuove strade dimenticando che la strada è molto semplice: basta guardare con fede e amore a Cristo, basta lasciarci illuminare dalla sua Parola e dalla sua grazia per rifletterla su altri. Troppi, oggi, sono cristiani senza Cristo.

 

 

LUNEDI' 6  MARZO

“Alla sera sopraggiunge il pianto e al mattino ecco la gioia". (Dal Salmo 29)

 

Più di una volta mi è venuta la tentazione di scrivere le meravigliose esperienze che la gente mi ha donato in questi anni di sacerdozio, poi la mancanza di tempo e la sapienza di Dio me lo hanno impedito, ma essere continuamente a contatto con il dolore e la gioia di tante persone e di tante famiglie è un dono arricchente e grande. Non sempre le parole di questo salmo trovano un’eco immediata nella realtà, ma per il credente che si fida profondamente della paternità di Dio non può mai mancare la speranza di un “mattino nuovo, nella gioia. Qualche volta poi il Signore ci fa sperimentare fin da quaggiù la gioia dopo una lunga pena: ricordo le lacrime di gioia di una mamma che, dopo lotte, momenti di sconforto, paure, dopo oltre quattro anni mi disse: “Finalmente, dopo tante pene, dopo un anno in comunità, mio figlio ce l’ha fatta ad uscire dalla droga, e ieri mi ha detto che presto si sposerà con una brava ragazza

 

 

MARTEDI' 7  MARZO

“Venite, vedete le opere del Signore, Egli ha fatto portenti sulla terra”. (Dal Salmo 45)

 

Per commentare questa frase basta aprire gli occhi e scoprire i portenti di Dio nella natura, oppure aprire la Bibbia e leggervi la storia di amore di Dio per gli uomini, o ripercorrere la nostra storia non come un semplice susseguirsi di date o avvenimenti ma come uno splendido, misterioso disegno intessuto da Dio, ma mi sembra che un commento altrettanto bello e profondo possa essere quello di questa bambina di otto anni del Costa Rica: “Nella mia casa ci sono due stanze, due lettini, una piccola finestra e un gatto bianco. Nella mia casa mangiamo solo la sera quando il mio babbo ritorna a casa con un sacchetto pieno di pane e di pesce secco. Nella mia casa 5iamo tutti poveri, ma il mio babbo ha gli occhi celesti, la mia mamma ha gli occhi celesti, il mio fratello ha gli occhi celesti, io ho gli occhi celesti e anche il gatto ha gli occhi celesti. Quando siamo tutti seduti a tavola, nella nostra casa sembra ci sia il cielo”.

 

 

MERCOLEDI' 8  MARZO

“Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature”.(Dal Salmo 144)

 

La tenerezza di Dio ci è manifestata nel modo più pieno da Gesù che “passò beneficando tutti quelli che avevano bisogno”. Pensiamo alle piccole attenzioni di Gesù: a Cana per intercessione di Maria, fa un miracolo “inutile” pur di far sì che non ci sia un “neo” nella festa degli sposi. Quando fa risorgere la bambina morta, raccomanda ai genitori di “darle da mangiare”; quando i discepoli vogliono cacciare i bambini troppo rumorosi Lui li invita a lasciarli andare da Lui; quando ha salvato l’adultera dalla lapidazione non ha parole di condanna per il suo peccato ma le dice solo di “andare e non peccare più”. La tenerezza di Dio si estende anche su di noi, in tanti piccoli particolari di cui forse non ci rendiamo neppure conto. Ma la sua più grande tenerezza è quella di aver provato tutte le nostre gioie e dolori e di averci regalato la sua vita.

 

 

GIOVEDI' 9  MARZO

“Egli aveva già deciso di sterminarli, se Mosè suo eletto non fosse stato sulla breccia di fronte a lui, per stornare la sua collera dallo sterminio". (Dal Salmo 105)

 

A prima vista può sembrare strano un Dio che si lascia convincere da un uomo. Il salmo 105 ci ricorda proprio uno dei tanti episodi in cui un uomo si mette davanti a Dio e intercede (il più delle volte discute con Lui) per la salvezza di altri. Questo ci fa capire diverse cose: Dio ascolta le nostre preghiere; la preghiera di intercessione per altri è a Lui gradita perché esprime solidarietà e amore. Noi abbiamo un grande intercessore per noi: “Se qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre Celeste: Gesù Cristo giusto” ci ricorda S. Giovanni nella sua prima lettera (2,1); nella Messa noi offriamo le nostre preghiere e la nostra vita “Per Cristo, con Cristo e in Cristo”. “Pregate gli uni per gli altri”. “Se due di voi si accorderanno sulla terra per chiedere qualsiasi cosa, sarà loro concessa dal Padre mio che è rei cieli. Perché dove sono due o tre riuniti in mio nome, ci sono io in mezzo a loro”.  (Mt.18,19).

 

 

VENERDI' 10  MARZO

“Il Signore riscatta la vita dei suoi servi, chi in Lui si rifugia non sarà condannato”. (Dal Salmo 33)

 

Questo salmo scritto tanti anni prima della venuta di Gesù sembra proprio parlarci di Lui. Che cosa può fare l’uomo da solo per liberarsi dal peccato, dall’egoismo? Certo, possiamo lottare, ricominciare giorno per giorno, ma davanti a Dio, però, posso ritenermi giusto? Gesù, il giusto, offri se stesso per noi. Tutto questo mi fa pensare che la salvezza prima di essere una conquista dell’uomo è soprattutto un dono: Qualcuno ha pagato per me! Se pensassimo di più a questo, quante preoccupazioni in meno e quanto senso di lode in più. Quanti falsi sensi di paura di un Dio che punta il dito, che punisce cadrebbero, ma quanto impegno riconoscente e quale gioia di poter comunicare agli altri la bontà di un Dio che non si lascia spaventare dai miei peccati ma li assume su di se per farli morire su quella croce. E quante messe non più vissute solo come abitudinaria liturgia ma con senso vero di offerta riconoscente del sacrificio di Gesù che ci salva e che ci manda.

                                              

 

SABATO 11  MARZO

“Poni fine al male degli empi, rafforza l’uomo retto tu che provi mente e cuore, Dio giusto”. (Dal Salmo 7)

 

E’ troppo facile e semplicistico dividere il mondo in buoni e cattivi. Ricordo da bambino, quando la maestra usciva di classe, incaricava “il buono di turno” a segnare sulla lavagna in due colonne divise da una linea ben marcata i buoni e i cattivi, ma cosa ne sapeva quel compagno se il buono era buono solo per paura della nota e se il cattivo non era solo un bambino che aveva bisogno di affetto e si faceva notare con qualche marachella o se dietro ad uno scherzo non c’era solo la voglia di trasgredire certe imposizioni ritenute ingiuste? Per fortuna i santi e i dannati non sono i buoni e cattivi secondo gli schemi degli uomini (neppure secondo quelli della morale ufficiale della Chiesa). Dio scruta il cuore e sa che certi gesti giudicati oggettivamente cattivi possono a volte essere veri e propri atti di amore e certe pie bontà possono essere solo comodi rifugi, paure sanate da gesti magici. E tutto questo mi aiuta a capire sempre di più le parole di Gesù che dice: “Non giudicate per non. essere giudicati’’.        

 

 

DOMENICA 12  MARZO

“Chi semina nelle lacrime mieterà con giubilo. Nell’andare, se ne va e piange, portando la semente da gettare, ma nel tornare, viene con giubilo, portando i suoi covoni”. (Dal Salmo 125)

 

L’esperienza del contadino ci insegna molte cose: quando è il momento della semina ci sono speranze e preoccupazioni nel suo cuore: quel sacco di semente è preziosa, è costato fatica comprarla e conservarla e ora bisogna rischiare, bisogna buttare. C’è speranza di un buon raccolto, ma qualunque cosa, il terreno, la siccità, la tempesta possono vanificare tutto. Questo salmo sembra preludere la parabola del Seminatore raccontata da Gesù: “Usci il seminatore a seminare.., parte del seme cadde sulla strada, parte tra i rovi, parte sulle pietre e parte nella terra buona".  E i rischi non sono ancora finiti, In un'altra parabola, Gesù ricorda che il nemico seminò la zizzania in mezzo al grano buono. Nella fede non ci sono “certezze: ci si fida del seme, del terreno, del tempo, ci si fida Soprattutto di Dio che fa crescere e le lacrime allora si trasformano in gioia e il seme buttato, perso, diventa raccolto abbondante.

 

 

LUNEDI' 13  MARZO

“Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza”. (Dal Salmo 22)

 

Nella nostra vita spesso passiamo nella “valle oscura”. Sia la valle oscura del dolore sia quella della morte delle persone più care, sia quella del dubbio e dell'incertezza, sia quella della solitudine, sia quella del “silenzio di Dio”.

Anche Gesù ha provato queste “valli oscure”, quando è tentato nel deserto, quando piange per la morte di Lazzaro e per il dolore delle sue sorelle, quando prova compassione per i malati e i poveri, quando è solo nell’orto degli ulivi, quando vede tradimento e incornprensione dei suoi, quando sulla croce prova il silenzio di Dio. La preghiera del Salmo di oggi ci ricorda che però Dio, anche quando è buio, continua ad essere al nostro fianco e per l’uomo di fede anche il bastone del pastore che tocca per guidare non è segno di malevolenza del pastore ma e invece segno di amore e di guida. E poi, il nostro pastore, avendo attraversato Lui la “valle tenebrosa e ancora più vicino. “Non sento più Dio” mi diceva una ragazza che aveva attraversato molte vicissitudini. “Tu non io senti, ma Lui è ancora più vicino a te in questi momenti, ti tiene stretta e aiuta i tuoi piedi stanchi e doloranti a mettere un passo dopo l’altro, verso la luce”.

 

 

MARTEDI' 14 MARZO

“Il Signore si è affacciato dall’alto del suo santuario, dal cielo ha guardato sulla terra, per ascoltare il gemito del prigioniero, per liberare i condannati a morte”. (Dal Salmo 101)

 

Quando, studenti, ci mettevamo a leggere (con molta fatica, almeno da parte mia) le epiche storie di dei e di uomini, mi ricordo che mi dava fastidio vedere tutta questa corte di dei che banchettavano, festeggiavano, amoreggiavano, litigavano e che poi ogni tanto, e soprattutto per interesse loro, davano un’occhiata per lanciare qualche fulmine al mondo degli uomini; e ancora più fastidioso era il cosiddetto “deus ex machina” della tragedia greca che arrivava bei bello alla fine di immani lotte e con la sua “bacchetta magica risolveva sempre a suo favore, la situazione. Il Dio di Gesù è ben diverso: non si affaccia dall’alto per “dare una controllata”, non lancia fulmini per bruciare i cattivi e neppure arriva con facili conclusioni nell’intricata vicenda degli uomini; il suo “affacciarsi” è per incarnarsi nella nostra storia, per farsi carico in prima persona del nostro peccato, per lasciarsi inchiodare su una croce pur di salvarci, per risorgere e ricordarci così concretamente la nostra chiamata ad una vita che non muore.

 

 

MERCOLEDI' 15  MARZO

“Benedetto il tuo nome glorioso e santo”. (Da Daniele 3,52—56)

 

il nome di Dio era talmente importante per gli ebrei che veniva pronunciato solo una volta l’anno dal sommo sacerdote nel tempio. Questo succedeva perché presso gli ebrei dire il nome di qualcuno significava dire la sua essenza, quasi possederlo. Oggi il nome di Dio è usato malamente da molti. Basta vedere certi film anche alla televisione dove il nome di Dio e di Gesù sono sbraitati, malmenati, bestemmiati. Basta udire certe compagnie dove il nome di Dio viene talmente usato da diventare un intercalare continuo. Ma ci sono anche tanti altri modi di bestemmiare il nome di Dio: usurpando e deturpando la natura non si bestemmia forse il creatore? Quando non si riconosce in ogni uomo un figlio di Dio e lo si trascura, offende, non e proprio vanificare il nome di Dio che è padre di quell’uomo? E quando nel nome di Dio si usa il suo nome per giustificare leggi degli uomini o propri comportamenti e magari si impone ad altri quello che è il nostro modo di pensare, non è forse un tradire il nome di Dio?

 

 

GIOVEDI' 16  MARZO

“Cercate il Signore e la sua potenza, cercate sempre il suo volto”. (Dal Salmo 104)

 

Il salmo ci ricorda una cosa fondamentale della nostra vita: Dio si fa cercare.

Mi hanno sempre impressionato quei cristiani che sono talmente sicuri di sé, che hanno sempre una risposta a tutti i problemi, come quei libri di teologia o spiritualità che, quasi con arroganza, pensano di sapere tutto di Dio. Dio è vicino (Gesù è la dimostrazione pratica di questo) ma Dio è anche il totalmente altro, l’immenso, l’eterno, il creatore; un Dio misterioso che si fa cercare continuamente e che si fa trovare ma mai perché noi lo possediamo totalmente ma perché trovatolo lo ricerchiamo ancora. La nostra ricerca di Dio poi spesso segue piste scoscese, difficili, andiamo a cercarlo lontano (pensate a quanto va di moda ad esempio andare in India alla ricerca di qualche esoterica religiosità) e dimentichiamo che Dio è vicino, in noi fatti a sua immagine e somiglianza e attorno a noi, tra i suoi figli e nelle sue creature. Ma per vedere e per trovare bisogna:

1) Cercare veramente,

2) Avere occhi buoni (che sanno di cuore),

3) Avere l’umiltà di chiedere luce perché al buio non solo non vediamo Dio ma perdiamo anche noi stessi.

 

 

VENERDI' 17   MARZO

“Mio Dio, mia rupe, in cui trovo riparo; mio scudo e mio baluardo, mia potente salvezza". (Dal Salmo 17)

 

Un giorno venne da me un giovane:

era piangente. Mi disse che non sapeva neppure bene perché era venuto a cercare un prete. Era già stato da diversi psicologi e psicanalisti. Aveva paura. Paura della sua vita sbagliata, piena di male e di peccato. Paura dei suoi sentimenti. Paura di se stesso. Stentava a dirlo ma anche paura di Dio e forse era questa paura di Dio e del dolore che gli impediva di farla finita. Era addirittura arrivato a pensare di essere invasato dal demonio. Non fu facile aiutarlo a ritrovare un po’ di speranza, di fiducia e non so se sono riuscito o meno ad aiutarlo. Ma ripenso sovente a quel giovane ogni volta che sento dentro di me la paura ed ogni volta che la vedo disegnata sul volto di qualcuno. E poi ripenso ai Santi, quelli con la “S” maiuscola, e ai tanti santi che ho incontrato e incontro ogni giorno. Non è che essi non abbiano sofferto o soffrono ma la loro vita ha un appoggio sicuro, un riposo, una potente salvezza. E mi ricordo anche la parabola di Gesù: “L’uomo saggio costruì la sua casa sulla roccia.., caddero le piogge, strariparono i fiumi, soffiarono i venti, ma la casa restò in piedi perché era fondata sulla roccia.

 

 

SABATO 18  MARZO

“Cambierò il loro lutto in gioia, li consolerò e li renderò felici, senza afflizioni". (Ger. 31,10—13)

 

Qualcuno ha detto che questa è utopia, cioè voler proiettare nell’aldilà quello che non riusciamo ad accettare nella nostra vita. Se questa, come tante parole simili della Bibbia, fossero solo parole di uomini, avrebbero ragione. Se Cristo non fosse risorto, tutto sarebbe vano e noi saremo i più grandi illusi. Per avere speranza, bisogna avere fede. Fidarsi delle parole di Dio, fidarsi di Gesù, morto e risorto. Andando a trovare i malati (oggi li chiamano “terminali”, io preferisco dire coloro che si avvicinano al grande momento della morte) capita di trovare gli atteggiamenti diversi, tutti rispettabilissimi perché rappresentano la storia di un uomo. C’è chi dispera, c’è chi si aggrappa alla vita e si nasconde (qualcuno per se stesso, altri per i parenti) la gravità del momento, altri che hanno terrore e paura, altri si nascondono nel mutismo, ma ci sono anche persone che, malgrado la sofferenza, stringendo i denti o gridando fanno il loro atto di fede nella paternità di Dio. Non so come e quando toccherà a me, ma vorrei proprio ora come allora aver la fiducia di abbandonarmi nelle braccia di Dio e di pensare alla gioia di incontrarlo. D’altra parte non preghiamo così quando magari molte volte al giorno ci rivolgiamo a Maria dicendole: “Prega per noi, adesso e nell’ora della nostra morte”

 

 

DOMENICA 19  MARZO

“Sollevate porte, i vostri frontali, alzatevi porte antiche, ed entri il Re della gloria”. (Dal Salmo 23)

 

Uno dei tanti slogan di Papa Giovanni Paolo Il è proprio: “Aprite le porte a Cristo”. Nel libro dell’Apocalisse Gesù dice:          “Sto alla porta e busso E’ venuto nel mondo, lui, il creatore del mondo, a bussare come un mendicante alla porta del nostro cuore, alla ricerca di un po’ di amore, di calore, di ospitalità. Lui ci ha creato, potrebbe entrare di forza nel nostro cuore, ma non ci violenta. Proprio per lasciarci liberi di rispondergli ha fatto sì che la porta del nostro cuore abbia una serratura con una caratteristica particolare: si può aprire solo dall’interno. Spesso poi questa serratura è incrostata, i cardini scricchiolano, si ha paura che aprendo la porta scappi il po’ di calore che c’è dentro. Altre volte si ha paura che chi bussa sia un importuno, violi la nostra privacy, scombini i nostri piani, porti poi con sé altri. E allora si tergiversa o si fa finta di non sentire i colpi discreti battuti. Ma Gesù, che viene non a prendere ma a portare calore, ha pazienza, aspetta davanti alla porta, ha fiducia che il bene che c’è in noi trovi la chiave per spalancare questa porta, per farci uscire dal guscio, per farci scoprire la bellezza dell’amore, per accogliere gioiosamente.

 

 

LUNEDI' 20  MARZO

“Se contro di me si accampa un esercito, il mio cuore non teme; se contro di me divampa una battaglia, anche allora ho fiducia”. (Dal Salmo 26)

 

Gesù nella tua vita ha provato che cosa vuol dire essere tentato, ha provato che cosa vuoi dire avere nemici che gli tendevano tranelli, ha provato l’abbandono e l’essere ripudiato proprio da coloro che amava di più, ha persino provato sulla croce l’apparente abbandono di Dio. Tutto questo lo ha fatto soffrire, lo ha provato nelle sue forze fisiche ma non lo ha distrutto perché “anche allora ha avuto fiducia”, si è fidato di Dio e del progetto che il Padre aveva su di lui. Mi sembra allora che il salmo ci voglia insegnare che il cedente non soffre meno di altri, è provato come lo sono gli altri, anzi forse più degli altri. Non può essere da meno del suo maestro, deve, se vuoi essere degno “prendere la sua croce e seguirlo” ma in tutto questo non si spezza; prova il dolore ma sa che il dolore è già vinto da Gesù, prova la tentazione ma sa che Dio è più forte di ogni “divisore”, prova la morte con la sua angoscia ma crede che Gesù la morte l’ha già vinta.

                                                           

 

MARTEDI' 21  MARZO

“Tu mi hai istruito, o Dio, fin dalla giovinezza e ancora oggi proclamo i tuoi prodigi”.  (Dal Salmo 70)

 

Mi sono chiesto tante volte quale merito abbia avuto io nell’essere nato in una famiglia cristiana, nell’essere venuto a conoscenza di Gesù nei confronti di chi non ha avuto questa possibilità. Nessun merito, ma un dono particolare del Signore di cui esserne grati. Noi spesso ringraziamo per aver ottenuto la guarigione da una malattia, per un aiuto insperato da parte del Signore in una difficoltà, ma ringraziamo anche qualche volta per il dono gratuito della fede e per coloro che ci hanno aiutato a coltivarla e farla crescere? Mentre ad altri sono state date solo le possibilità di una fede “naturale’ o una religiosità incompleta perché senza Cristo, noi abbiamo ricevuto la “Buona notizia di Gesù”. L’abitudine, la trascuratezza, gli affanni del mondo fanno ancora di essa per me, una buona notizia che coinvolge la mia vita? Lo ricerco questo Vangelo? Ne ho sete? Sgorga dal mio cuore e dalla mia vita la gioia di “proclamare i prodigi del Signore” e la riconoscenza di dirgli grazie per i doni ricevuti?

 

 

MERCOLEDI' 22  MARZO

“Per te io sopporto l’insulto e la vergogna mi copre la faccia; sono un straniero per i miei fratelli, un forestiero per i figli di mia madre”. (Dal Salmo 68)

 

I salmi di questa settimana si adattano particolarmente a presentarci la figura di Gesù, il Servo sofferente che raccoglie nella sua passione le sofferenze e le prove degli uomini di ogni tempo e di ogni luogo. Il Figlio di Dio osannato dalle folle è ora vituperato, considerato un peccatore dai suoi correligionari, uno fuggito, si ha paura a rivelarsi come suoi amici, abbandonato dai più intimi. Il male ha il sopravvento, sembra aver vinto, ma c'é una frase: “Per te io sopporto” tutto questo. Gesù accetta tutto questo per compiere la volontà di Dio. “Per me”, per offrire se stesso al mio posto, per essermi di esempio, il Figlio di Dio diventa il reietto. E allora non c’è bisogno di aspettare la Pasqua per capire che è proprio questa offerta del dolore e della ingiustizia subita che già trasformano il dolore in obbedienza, fiducia e amore. Grazie, Signore, di questo amore che illumina la nostra sofferenza. Grazie anche per l’esempio di fede che ci danno molti sofferenti e malati vivendo la loro prova con la tua stessa docilità e trasformando in amore i momenti difficili della loro vita.

                                                           

 

GIOVEDI' 23  MARZO

“Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore". (Dal Salmo 115)

 

Gesù prese il calice, disse la preghiera di benedizione, lo diede ai suoi discepoli e disse: “Prendete e bevetene tutti: questo    è il calice della Nuova Alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati”. E’ un calice inebriante, non per la qualità del vino ma per la comunione che ci dà. E’ un calice amaro, pieno di sofferenza, di incomprensione, ma offerto. E’ il calice del sangue non più degli animali degli antichi riti ma dell’Agnello Immolato, vittima senza macchia. Quante volte noi facciamo questo gesto nell’Eucaristia senza pensarci. Distratti, a volte, non facciamo neppure memoria di Lui. Pieni delle parole vuote, perché distratte, interessate, della nostra preghiera dimentichiamo il protagonista delle nostre Eucaristie.

Eucaristia vuoi proprio dire “rendere grazie”, ringraziare Colui che pur avendo chiesto di allontanare da Lui l’amaro calice, per essere fedele al Padre e per amare gli uomini lo ha riempito con il suo sangue prezioso.

 

 

VENERDI' 24 MARZO

“Mi affido alle tue mani; tu mi riscatti, Signore, Dio fedele”. (Dal Salmo 30)

 

“Nelle tue mani Padre affido il mio Spirito” dice Gesù prima di. morire. il mistero di Gesù, della sua passione termina con questa consegna. E’ come se Gesù dicesse: “Ho portato a compimento la tua volontà, anche nel buio del dolore, ora ho solo più il mio Spirito e lo consegno a te perché tu dia il mio Spirito nella Pentecoste ai miei. Il chicco di grano caduto nella terra è morto, ma è proprio il momento in cui comincia a germinare la vita. Occorreva solo più questo atto, questa resa totale e indefinita al Padre. Prego perché il Signore al termine della mia vita e della vostra ci dia il coraggio di questa resa incondizionata e fiduciosa. Dopo aver lottato, amato, sofferto, proprio nel momento in cui il male e il buio sembrano aver la loro vittoria definitiva, il Signore ci conceda questo atto di estrema fiducia e speranza e allora la risurrezione sarà già una realtà.

 

 

SABATO 25 MARZO

“Fai entrare il tuo popolo e lo pianti sul monte della tua eredità, luogo che per tua sede, Signore hai preparato".(Da Es. 15,17)

 

Chi ama la montagna sa che cosa vuol dire. Preparare una gita, studiare le carte, riempire lo zaino, alzarsi la mattina presto, sentire nei piedi il peso e la sicurezza degli scarponi, partire con passo cadenzato, sentire i muscoli che tirano, il sudore che imperla la fronte, provare la gioia alle soste presso la fontanella, sentire la paura di non farcela, aver il sentore di aver sbagliato strada.., e poi affaticati ma gioiosi, magari con qualche ginocchio spellato giungere alla meta. Il popolo di Israele deve aver provato qualcosa di questo genere quando è arrivato alla terra promessa. Anche l’avventura della nostra vita dovrebbe essere qualcosa di simile ma bisogna amare la vita, avere una meta, ricercarla, faticare, sbagliare ma non lasciarsi scoraggiare; cadere ma andare avanti e allora Dio “ci pianterà sul monte della sua eredità, luogo sua sede, che per noi ha preparato.

 

 

DOMENICA 26  MARZO

“La destra del Signore si è alzata, la destra del Signore ha fatto meraviglie. Non morirò, resterò in vita e annunzierò le opere del Signore”. (Dal Salmo 117)

 

Mi immagino i sentimenti che devono provare le donne la mattina di Pasqua quando hanno trovato il sepolcro vuoto: sbigottimento, paura e poi il ricordo delle parole del maestro, “che sia vero?” e poi la conferma: davvero è risorto! I discepoli di Emmaus sentono il cuore ardere mentre quello strano viandante parla loro delle profezie della risurrezione. Tommaso vuoi toccare per sincerarsi della verità del risorto. "Resterò in vita”. Dio è il vivente, non può finire, rimanere nello sfacelo del sepolcro. Ma se è successo a Lui, succederà anche a me. Sono suo fratello, anch’io fatto ad “immagine e somiglianza di Dio”. “Resterò in vita e canterò per sempre le meraviglie del Signore”. La nostra umanità piange davanti alle tombe dei nostri cari ma la fede ci fa pensare alla vita. Il prefazio della messa dei defunti ci fa pregare così: “La vita ai tuoi fedeli non è tolta, ma trasformata e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno viene preparata un’abitazione eterna nel cielo”. Oggi, giorno di Pasqua nel risorto vediamo viventi tutti i nostri morti.

 

 

LUNEDI' 27 MARZO

“Di questo gioisce il mio cuore, esulta la mia anima; anche il mio corpo riposa al sicuro, perché non abbandonerai la mia vita nel sepolcro, né lascerai che il tuo santo veda la corruzione". (Dal Salmo 15)

 

Non ho mai amato particolarmente andare a visitare i cimiteri perché, pur credendo alla risurrezione dei corpi penso che i nostri defunti siano più vivi che mai, ma mi sono piaciuti i cimiteri naturali fatti di buone tombe scavate nella terra, senza troppe pesanti lastre di pietra dove il sole batte e dove la pioggia cade e dove la vita biologica segue il suo ritmo. Ricordo anni fa un piccolo cimitero della collina torinese. Lo vedevo dalla casa dove ero ospite: potrei dire che era ridente perché il sole della primavera lo baciava e fiorellini spuntavano liberamente tra le tombe. Era, forse, per la sua posizione solare, luogo di incontro soprattutto di anziani che serenamente seduti sulle panchine che lo circondavano parlavano di ogni cosa; anche i ragazzetti sovente vi giocavano intorno ed anche quando il pallone oltrepassava la cinta non avevano paura ad entrare. Recitare questo salmo guardando queste scene mi dava un senso profondo di pace: anima e corpo possono riposare al si­curo adesso e dopo se, sono nelle mani del Signore.

 

 

MARTEDI' 28  MARZO

“Signore, sia su di noi la tua grazia, perché in te speriamo". (Dal Salmo 32)

 

Charles Péguy, a proposito di speranza, scriveva:

“La fede degli uomini non mi stupisce —dice Dio — non è cosa sorprendente: io risplendo talmente nella mia creazione, che per non vedermi, questa povera gente dovrebbe essere cieca.

La carità degli uomini non mi stupisce — dice Dio — non è cosa sorprendente: queste povere creature sono così infelici, che, se non hanno un cuore di sasso, non possono che aver amore le une per le altre. La speranza, ecco quello che mi stupisce!”

Per avere la speranza bisogna però aver veramente la grazia di Dio per saper oltre i confini dell’esperienza. Questi due proverbi cinesi, ad esempio, provano a darcene un’idea:

“La speranza non è un sogno, ma un modo per tradurre in realtà i sogni

“Tutto ciò che di grande è stato fatto nel mondo è stato fatto in nome di

speranze esagerate”.

 

 

MERCOLEDI' 29  MARZO

“Il Signore ricorda sempre la sua alleanza, parola data per mille generazioni". (Dal Salmo 104)

 

La storia della fedeltà di Dio comincia dalla prima pagina della Bibbia e man mano procede fino ai giorni nostri:

l’amore fedele di Dio non può essere fermato. Neanche l’infedeltà del suo popolo, neppure il ricorrere agli idoli, l’uccidere il figlio primogenito, fanno desistere Dio dalla sua fedeltà all'uomo. Come possiamo dubitare allora che Dio si sia dimenticato di noi? O che la sua pazienza sia limitata come la nostra?

O che la sua misericordia abbia un limite?

Durante gli incontri dei fidanzati, quando si parla di essere fedeli l’un l’altro per sempre sono pochi quelli che dicono di avere dubbi in proposito. Se si guarda poi al numero delle divisioni, dei divorzi, delle infedeltà di ogni tipo si scopre la fragilità umana. E se guardiamo alle nostre promesse di fedeltà a Dio e ai risultati c’è da mettersi le mani nei capelli, ma se guardiamo bene solo nella fedeltà a Dio noi possiamo rendere a Lui quel bacio che continuamente e senza stancarsi Egli ci porge.

 

 

GIOVEDI' 30  MARZO

"O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra; che cos’è l’uomo perché te ne ricordi e il figlio dell’uomo perché te ne curi?” (Dal Salmo 8)

 

Qualche volta guardo le stelle e con fantasia penso: se lassù ci fosse qualcuno che guarda la terra forse non penserà neppure che sia abitata. Mi è anche capitato di guardare in un microscopio e di scoprire un bulicare di vita in quella che ad occhio nudo era solo una goccia. E’ vero che sono un puntino, un nulla in confronto all’universo. E’ vero che se non esistessi il mondo andrebbe avanti lo stesso. Ma sono un puntino amato e allora la mia piccolezza diventa grande.

Dio mi ha fatto a sua immagine. Gesù si è fatto puntino anche Lui per farmi grande. Tu, o Dio, ti curi di me e questo mi riempie di gioia. Non sono più solo una briciola persa nell’universo, sono uno che “chiami per nome” che “scruti e conosci” che “non dimentichi mai”, “le mie vie ti sono tutte note”. Mi sento più grande.

Non perché sono cresciuto ma perché il mio cuore e amato da te.

 

 

VENERDI' 31  MARZO

“La pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d’angolo; ecco l’opera del Signore". (Dal Salmo 117)

 

Chi mai avrebbe pensato che un “pazzerello” come Francesco d’Assisi avrebbe cambiato così il corso della vita della Chiesa o che un piccolo uomo testardo come Ghandi avrebbe ridato speranza a milioni di paria dell’india? Dio non si serve dei “Grandi”, dei potenti, di coloro che contano o che hanno in mano le leve dell’economia e della politica. Dio si serve di persone umili come Maria di Nazareth. Dio si serve di te non perché sei furbo, bello, hai ascendente sul prossimo, hai ricchezze, hai potere ma si serve della tua povertà, perfino del tuo peccato. “Gli stolti vedono, ma non capiscono, dice il libro della Sapienza. Ma se perfino Gesù, la parola creatrice, ha scelto un umile paese, un povero corpo che soffriva fame e sete, Dio non potrà forse servirsi di te e della tua povertà per costruire il suo regno? Non guardare alla tua povertà ma lasciati usare dalle mani di Dio che trasforma lo scarto in materia prima.

     
     
 

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