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 UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

GENNAIO 1989

 

In questo primo mese dell’anno nel meditare la Parola di Dio che ci viene offerta, ci aiuterà una delle più “piccole grandi donne” del nostro tempo: Madre Teresa di Calcutta. Attraverso alcuni fatti della sua vita e soprattutto attraverso le sue stesse parole ci provocherà alla riflessione. Ma forse non tutti conoscono le tracce della sua vita per cui telegraficamente ecco alcuni dati.

Il 27 agosto 1910 Agnese Bojoxhiu nasce a Skopje in Iugoslavia: a diciotto anni sente il desiderio di dedicare la sua vita al Signore ed entra nella congregazione delle suore di “Nostra Signora di Loreto”. Viene mandata in India per il suo noviziato. Per vent’anni insegna geografia in un grande collegio di Calcutta, le Saint—Mary High Schol. Il 10 settembre 1946, durante un viaggio, sente un particolare invito del Signore a soccorrere i moribondi poveri di Calcutta.

Nel 1948, su sua richiesta, riceve l’autorizzazione da Pio XII a lasciare la sua congregazione per dedicarsi al mondo dei poveri. Nello stesso anno comincia ad aprire la sua prima scuola. Nel febbraio 1949 un benefattore, il Signor Gomez le offre gratuitamente un alloggio per i suoi inizi. Nel 1950 la congregazione delle “Missionarie della Carità” viene approvata da Roma. Nel 1954 viene inaugurata a Calcutta la “Casa per moribondi”: “Nirvan Hriday” in cui Madre Teresa accoglie i casi più disperati. I francesi la chiameranno “Il moritorio”. Nel 1963 alle suore si affiancheranno i “Fratelli Missionari della Carità”. Da allora sarà un fiorire di case in tutto il mondo, dal Venezuela alla Tanzania, dall’Australia a Roma tra i baraccati, in Bangladesh, a NewYork nel quartiere di Harlem, a Gaza, a Lima, in Etiopia. Nella sua vita umile, in continuo rapporto con i poveri e nella continua attenzione alla sua Congregazione, Madre Teresa sarà un forte segno per i potenti di questa terra e le sono riconosciuti anche alcuni premi (utilizzati sempre a favore dei poveri) e riconoscimenti come “il premio della Pace di Giovanni XXIII, il premio Nehru, a Nuova Delhi, il premio Templeton, a Londra, il premio Balzan in Italia e nel 1979 il premio Nobel per la pace.

 

 

DOMENICA 1 GENNAIO 1989

“E non scoraggiamoci nel fare il bene, se infatti non desistiamo,a suo tempo mieteremo”. (Gal. 6,9)

 

Oggi, primo dell’anno, tutti si augura­no la pace, ma i problemi del mondo sono tanti e così grandi. Che cosa posso fare io? Spesso ci scoraggiamo e diciamo: “Intanto è tutto inutile!”. “Sappiamo bene, noi dice Madre Teresa , che ciò che facciamo non è che una goccia nell’oceano. Ma, se questa goccia non fosse nell’oceano, vi mancherebbe. Se non avessimo le nostre scuole nei quartieri poveri non sono che delle piccole scuole primarie, in cui insegniamo ai bambini ad amare il lavoro, a tenersi puliti se non avessimo queste piccole scuole, queste migliaia di bambini sarebbero lasciati alla strada. Non abbiamo scelta, tra il prenderli e dar loro quel poco che possiamo o lasciarli alla strada.

E’ lo stesso per il nostro ricovero per moribondi. Se non avessimo questo ricovero, quelli che abbiamo raccolto sarebbero morti nella strada. Penso che valeva la pena avere questo ricovero, anche per questi soli pochi uomini, perché morissero in bellezza, nella pace di Dio”.

 

 

LUNEDI’ 2  GENNAIO

“Gesù, fissatolo, lo amò intensamente”. (Mc. 10,21)

 

Lo sguardo di Gesù conosce a fondo il cuore dell’uomo e viene a rispondere alla esigenza più profonda dell’uomo: il bisogno di amare. Più ancora che del cibo, della salute, del denaro, l’uomo ha bisogno di essere amato. In una torrida e afosa giornata di maggio è portata in ambulanza al Nirmal Hriday una donna, ridotta a un mucchietto informe e maleodorante. Madre Teresa solleva quel povero corpo scarno, così simile a una radiografia. Le piaghe aperte raccontano una lunga storia di patimenti. Mentre lava delicatamente tutto il corpo con acqua disinfettante, invita un’altra suora ad intervenire con cardiotonici, e una terza a portare un brodo tiepido. La donna si rianima, gli occhi che fissavano il vuoto riprendono vita. Mormora:

Perché fai questo? Perché ti voglio bene, dice piano madre Teresa. La donna con un grande sforzo le prende la mano: “Dillo ancora”, Ti voglio bene, ripete con dolcezza. Dillo ancora, dillo ancora. La donna le stringe le mani, l’attira a sé. Sulle sue labbra appare un’ombra di sorriso.

 

 

MARTEDI’ 3  GENNAIO

“Lasciate che i bambini vengano a me”. (Mt. 19,14)

 

Leggendo alcuni episodi della vita di Madre Teresa, sembra quasi di rileggere le storie del Cottolengo o di don Bosco. Ma, per la nostra riflessione, leggendo fatti come questo chiediamoci: e io, nel mio ambiente, posso fare qualcosa per qualcuno? “Un giorno, racconta madre Teresa venne da me un poliziotto con alcuni ragazzini sui dieci undici anni, che erano stati colti a rubare nei pressi della stazione di Howrah. Quel poliziotto era una brava persona, ed esitava a metterli in prigione: a contatto con i criminali si sarebbero rovinati per sempre. Mi domandò se po­tevo occuparmi di loro. Parlai un poco con quei ragazzi, e scoprii che facevano i ricettatori e i galoppini di una banda di ladri, che in cambio davano loro ogni giorno un buon pasto. Proposi: “E se una buona minestra calda ve la dessi io, tutti i giorni, e anche qualcosa in più, lascereste perdere quella banda?”. Mi guardarono incerti. Ciò che li convinse, probabilmente, non fu la minestra, ma l’interesse e l’affetto che dimostravo per loro. Vennero con me Madre Teresa cercò una casa per loro, procurò il cibo necessario, organizzò una scuola. Poi un ricco indù donò altre case, e ora i ragazzi poverissimi che le suore di madre Teresa nutrono e preparano alla vita sono parecchie migliaia. A mano a mano che crescono, madre Teresa cerca per loro un lavoro. Per le ragazze riesce a formare una modesta dote che le aiuti a trovare un marito.

 

 

MERCOLEDI’ 4  GENNAIO

“Se avrete fede pari a un granellino di senapa, potrete dire a questo monte: spostati da qui a là, ed esso si sposterà”.

(Mt. 17,20)

I miracoli lasciano sempre dubbiosi. Non bisogna pretendere che Dio agisca nei nostri confronti come un mago con la bacchetta magica. Ma ci sono dei segni inconfutabili della Provvidenza di Dio che accompagnano la vita di chi ha fede in Lui e di chi opera nel suo nome per il bene dei suoi figli.

“Stava per giungere una postulante racconta con semplicità madre Teresa e non c’era un materassino per lei in tutto il convento. Una fodera l’avevamo, ma non c'era niente con cui riempirla. Stavo scucendo il mio cuscino per estrarne il cotone e usare quello, quando suona il campanello dell’entrata. Vado ad aprire. E’ un inglese con un cuscino sotto il braccio: “Sto per lasciare Calcutta, dice, e ho pensato che forse a voi poteva servire. Lo aiuto a tirar giù dalla macchina un materasso gonfio, pesante, che servirà a riempire almeno quattro dei nostri smilzi! materassini”. Nel centro di assistenza, a Calcutta, un giorno sono stati ricevuti altri venti ragazzi. A pranzo il loro appetito robusto ha messo fine alla provvista di riso. Per il pasto serale non ce n’è proprio più. E’ l’ora di accendere il fuoco, ma che mettere nella pentola? Madre Teresa sorride. Forse pensa alle parole che in circostanze simili diceva il Cottolengo: “Adesso si vedrà se la Casa è mia o è della Provvidenza”. Dall’entrata vengono avanti tre persone, una signora e due uomini curvi sotto il peso di due sacchi. Quella donna, sconosciuta, si rivolge alla prima suora che vede: “Ho pensato di portarvi un po’ di riso. Volete accettarlo?”.

 

 

GIOVEDI’ 5  GENNAIO

“Hai mutato il mio lamento in danza, la mia veste di sacco in abito di gioia (Sal. 30,12)

 

I poveri hanno molto da insegnarci. Certi valori vengono espressi proprio nella stessa povertà. C’è un episodio, nella vita di madre Teresa, che sconvolge molte idee e lascia pensosi. Forse uno degli episodi chiave per capire questa figura.

“Durante una notte passata nella stazione di Howrah, a Calcutta, verso mezzanotte quando i treni sono tutti fermi per qualche ora, arrivò una poverissima famiglia che veniva di solito a dormire alla stazione. Erano una madre e quattro figli, dai cinque agli undici anni. La madre era una buffa, piccola cosa avvolta in un san bianco di cotone, sottile per quella notte di novembre, con i capelli rasi a zero, stranamente per una donna. Aveva con sé dei recipienti di latta, qualche straccetto e dei pezzi di pane, tutto quanto possedeva per sé e per i suoi figli. Erano mendicanti. La stazione era la loro casa. I bambini, tre ragazze e un bimbo che era il più piccolo, erano come la madre pieni di vivacità. A quell’ora, in piena notte, sedettero tutti su un marciapiede della stazione presso le rotaie, vicino ad altre innumerevoli famiglie e mendicanti solitari che già dormivano tutt’intorno, e fecero il loro pasto serale di pane secco, probabilmente quanto era avanzato a un rivenditore che verso sera lo aveva ceduto a un prezzo bassissimo. Ma non fu un pasto triste. Essi parlavano, ridevano e scherzavano. Sarebbe difficile trovare una riunione di famiglia più felice di quella. Quando il. breve pasto fu finito, andarono tutti a una pompa con grande allegria, si lavarono, bevettero e lavarono i loro recipienti di latta. Poi stesero con cura i loro stracci per dormire vicini, e un pezzo di lenzuolo per coprirsi tutti. E fu allora che il ragazzino fece qualcosa di assolutamente meraviglioso: si mise a danzare. Saltava e rideva fra i binari, rideva e cantava sommesso con incontenibile gioia.

Una simile danza, in una simile ora, in così assoluta miseria!”.

 

 

VENERDI’ 6  GENNAIO

“Siate semplici come colombe” (Mt. 10,16)

 

Alla fine del 1977 ventinove suore si stavano preparando per i voti perpetui. A ben sedici di loro fu detto d’inoltrare richiesta per il passaporto e di prepararsi a svolgere la loro missione in Paesi stranieri. Ciò significava un onere finanziario non indifferente per la Congregazione. Ma benefattori di tutto il mondo avevano sempre contribuito alle spese di viaggio delle suore.

Le compagnie aeree internazionali hanno cominciato a concederci dei viaggi gratis — disse la Madre. — Avevamo già avuto delle concessioni dalle compagnie indiane, ma adesso si sono dichiarate disponibili anche altre compagnie. Così, ci sono stati offerti sei posti gratuiti su un volo internazionale e ho potuto far partire sei suore con oltre quattrocentocinquanta chilogrammi di bagaglio. Come, quattrocentocinquanta chilogrammi di bagaglio per sei persone?

Sì, all’inizio gli impiegati guardarono molto sorpresi. Non si erano mai trovati di fronte a un caso del genere. Sono consentiti, normalmente, venti chilogrammi a persona. Ma il biglietto gratuito non specificava alcun limite; vi era scritto semplicemente: “sei suore e il loro bagaglio”. E così potemmo spedire coperte, medicinali, viveri, tutto ciò che occorreva per dare inizio al lavoro tra i poveri.

La Madre stessa, col suo senso dell’humour, sorrideva per lo scherzoso equivoco...; del resto, tutto era per la buona causa della carità. Le suore, più tardi, ridevano di cuore nel raccontare l’episodio. Immaginate la faccia degli impiegati quando le suore si presentarono al controllo, trasportando da sole l’enorme quantità di bagagli; tutto il carico dov’é passare e non fu possibile fermarle. E’ questo il vantaggio della povertà totale e della completa dipendenza da Dio: non si deve pagare nulla... No, soltanto gli uomini potenti dei ricchi Paesi del petrolio erano soliti viaggiare con moltissimi bagagli, con preziosi bauli e valigie rigonfie. Ed ora, invece, si potevano vedere delle suore in abiti poverissimi, senza nemmeno le calze, senza nemmeno un orologio, con le tasche vuote, mentre trasportavano pacchi di ogni dimensione, sacchi di tela ruvida e scatole di cartone che contenevano ciò che sarebbe servito a salvare e a conservare la vita dei poveri di Dio.

 

 

SABATO 7 GENNAIO

“Tutti gli altri hanno dato del loro superfluo, ma essa, nella sua povertà, ha dato tutto ciò che aveva, tutto quanto aveva per vivere”. (Mc. 12,44)

 

L’obolo della vedova

Il Vangelo sembra davvero rivivere sotto i nostri occhi, quando si rinnovano alcuni dei suoi episodi più significativi. Durante un pubblico ricevimento offerto in suo onore dal Governo del Bengala Occidentale, Madre Teresa raccontò in che modo fosse rimasta commossa per il gesto di un povero, In occasione di certe feste molte persone portavano offerte per i poveri, Si trattava generalmente di persone benestanti. Ma un giorno si presentò a lei un mendicante che le disse: “Anch’io voglio darti qualcosa”. E nel darle alcuni spiccioli, equivalenti a un centesimo o a un penny, aggiunse: “Questo è quanto ho ricevuto oggi: ti prego d’accettarlo”.

— Il dono di quel povero — disse la Madre — provocò in me una felicità maggiore delle grandi somme elargite da altri, perché egli aveva donato tutto ciò che aveva, mentre gli altri avevano donato ciò che avevano in più. E’ evidente, in queste parole, l’eco di quanto detto da Gesù nell’osservare una povera vedova che aveva gettato due monete nel tesoro del tempio.

 

 

DOMENICA 8  GENNAIO

“Voi dunque pregate così: Padre nostro...” (Mt. 6,9)

 

Tutta la vita di Madre Teresa è una preghiera continua. Ecco come ce ne parla:

“La preghiera, per essere fruttuosa, deve venire dal cuore e deve essere capace di toccare il cuore di Dio. Guardate come Gesù insegnò ai discepoli a pregare. Chiamate Dio vostro Padre; lodate e glorificate il suo nome. Fate la sua volontà come fanno i Santi in paradiso; chiedete il pane quotidiano, spirituale e terreno; domandate perdono dei vostri peccati e di essere capaci di perdonare gli altri e invocate anche la grazia di non cadere in tentazione e la grazia finale di essere liberati dal male che è in noi e intorno a noi. Gli apostoli chiesero a Gesù che insegnasse loro a pregare, ed Egli insegnò ad essi la bella preghiera del Padre Nostro. Sono convinta che ogni volta che diciamo: Padre nostro, Dio guarda le sue mani, che ci hanno plasmato... “Ti ho scolpito nel palmo della mia mano ... guarda le sue mani e ci vede lì. Quanto sono meravigliosi la tenerezza e l’amore dell’Onnipotente Iddio!”.

 

 

LUNEDI’ 9  GENNAIO

“Pregando poi non sprecate parole come i pagani i quali credono di venir ascoltati a forza di parola”. (Mt. 6,7)

 

“La preghiera perfetta non consiste di molte parole ma nel fervore del desiderio che innalza i cuori a Gesù. Gesù ci ha scelti per essere anime oranti. il valore delle nostre azioni corrisponde esattamente al valore della preghiera che facciamo e le nostre azioni sono fruttuose solamente se sono l’espressione vera di una preghiera sincera. Dobbiamo fissare il. nostro sguardo su Gesù e se operiamo assieme a Gesù faremo tutto nella maniera migliore. Siamo angosciati e irrequieti perché cerchiamo di operare da soli, senza Gesù.

Spesso le nostre preghiere non producono risultato perché non abbiamo fissato la mente e il cuore su Gesù, attraverso cui le nostre preghiere possono salire sino a Dio. Spesso uno sguardo profondamente fervoroso rivolto al Cristo potrebbe rendere molto più fervente la preghiera. “Io guardo lui ed egli guarda me”: è la preghiera perfetta.”.

                                          

 

MARTEDI’ 10  GENNAIO

“Come io vi ho amato, così amatevi­, anche voi gli uni gli altri”. (Gv. 13,34)

 

Racconta Madre Teresa:

“Una sera, un signore venne nella nostra casa e mi disse: “C’è una famiglia di indù con otto figli, che da molto tempo non hanno da mangiare. Fate qualcosa per loro”. Presi un po’ di riso e andai subito. Potei constatare sui volti dei bambini una fame tremenda. E tuttavia, quando la madre prese il riso lo divise in due porzioni ed uscì. Allorché fu di ritorno le chiesi: “Dove siete stata? Cosa avete fatto?” Ella mi diede una sola risposta: “Anche loro avevano fame”. Aveva dei vicini alla porta accanto, una famiglia musulmana, e lei sapeva che avevano fame. Non portai dell’altro riso per quel giorno, perché volevo che essi sperimentassero la gioia di donare. Non ero sorpresa che lei sentisse il desiderio di donare, ma ero sorpresa che sapesse che erano affamati. Anche noi sappiamo? Abbiamo il tempo anche solo di sorridere a qualcuno?”

 

 

MERCOLEDI’ 11  GENNAIO

“Figlioli, non amiamo a parole, né con la lingua ma coi fatti e nella verità”. (1 Gv. 3,18)

 

E’ facile pensare alle grandi povertà della terra: farne, malattie, guerre. Ma a volte corriamo il rischio di commuoverci solamente, fare un’offerta solo per tacitare la nostra coscienza. Madre Teresa ci stimola: “Non ho mai dimenticato l’occasione in cui mi capitò di visitare una casa dove si trovavano tutti quei vecchi genitori di figli e figlie che li avevano messi in un istituto e poi li avevano dimenticati. Mi recai in quel luogo e potei vedere come in quella casa avessero di tutto, belle cose, ogni comodità, ma ognuno stava con lo sguardo fisso alla porta. E non ne vidi alcuno con sul volto un sorriso. Allora mi volsi alla Sorella e dissi: “Come mai? Come mai questa gente, a cui non manca nulla, guarda sempre verso la porta? Perché non sorridono?”. Ero così abituata a vedere il sorriso sul volto della nostra gente... anche i morenti da noi sanno sorridere. Mi rispose: “Questo capita quasi ogni giorno. Stanno aspettando, sperano che un figlio o una figlia venga a trovarli”. Soffrono perché si sentono dimenticati. Vedete.., qui ci vuole l’amore. Quel tipo di povertà c’è anche nelle nostre case, e anche quella negligenza d’amore. Forse nella nostra stessa famiglia vi è qualcuno che si sente solo, che è in stato di sommo disagio, che si sente angosciato, e questi sono momenti difficili per ciascuno. Noi siamo lì, presenti? Ci siamo a riceverli?

 

 

GIOVEDI’ 12  GENNAIO

“Non uccidere”. (Es. 20,13)

 

Se c’è una donna che si è interessata dei bambini è proprio Madre Teresa; ha quindi tutto il diritto di parlarci di questo argomento: “I nostri figli li vogliamo,  li amiamo; ma che ne è degli altri milioni di creature? Parecchie persone si preoccupano molto, molto, dei bambini indiani, dei bambini africani, dove un grosso numero muore di malnutrizione, di fame, eccetera. Ma milioni d’altri muoiono per decisione delle loro stesse madri. E questo, oggi, può essere considerato l’elemento più distruttore della pace. Poiché se una madre può uccidere il proprio bambino, chi impedisce domani a me di ucciderti o a te di uccidermi? Non c’è nulla che lo vieti. Fui meravigliata di vedere in Occidente tanti giovani e tante ragazze darsi alla droga, e ho cercato di capirne il motivo. Perché ciò avviene? La risposta è stata spessissimo: “Perché non c’era nessuno in famiglia ad accoglierli”. Papà e mamma sono troppo occupati, non hanno tempo. li ragazzo se ne va per la strada e finisce per essere coinvolto in qualcosa. Parliamo di pace e sono queste cose che spezzano la pace.”.

 

 

VENERDI’ 13  GENNAIO

“Ma, dopo che fu cacciata via la gente, Gesù entrò, le prese la ma no (alla figlia di Giairo) e fanciulla si alzo”. (Mt. 9,25)

 

“Una volta stavo camminando per le vie di Londra — racconta Madre Teresa — e mi capitò di vedere un uomo, tutto rannicchiato, sembrava così solo, così abbandonato. Mi chiese di chinarmi, cosi mi fermai, gli presi la mano, gliela strinsi, gli domandai come stava. La mia mano è sempre molto calda ed egli alzò lo sguardo e disse: “Oh, dopo tanto tempo, sento il calore di una mano umana, dopo tanto tempo!”. i suoi occhi brillarono e si levò a sedere. Proprio quel po’ di tepore che si sprigionava da una mano umana aveva portato gioia nella sua vita. Dovete fare questo genere di esperienza. Dovete tenere gli occhi ben aperti e provare.

 

 

SABATO 14  GENNAIO

“Non si accende una lampada per nasconderla sotto il letto”. (Mc. 4,21)

 

La luce dell’Amore riesce a sconfiggere le tenebre della solitudine. Racconta Madre Teresa:

“In Australia, dove operano le nostre Sorelle, andiamo nelle case dei poveri e laviamo e facciamo le pulizie e tutto questo genere di lavori. Una volta andai nella casa di un uomo solo e gli chiesi: “Mi permettete di pulire la vostra casa?”. Quegli mi rispose: “Sto bene così”. E io replicai: “Starete meglio se mi lascerete farvi le pulizie”. Così mi lasciò ripulire la sua abitazione. Poi scorsi in un angolo della stanza una lampada piena di polvere. Gli domandai: “Non accendete la lampada?”. Mi disse: “Per chi? Sono anni che nessuno viene mai a trovarmi.., sono anni”. Allora dissi: “Accenderete la lampada, se le Sorelle vi verranno a trovare?”. Egli disse: “Sì”. Allora ripulii la lampada. Le Sorelle cominciarono ad andare a casa sua, nella sua abitazione e la lampada rimase accesa. Mi dimenticai completamente di lui. Dopo due anni ricevetti notizie da lui stesso che diceva: “Dite alla mia amica che la luce che ha acceso nella mia vita sta ancora brillando”.

 

 

DOMENICA 15  GENNAIO

“Ero malato e mi avete visitato”. (Mt. 25,36)

 

Come fanno le suore di Madre Teresa ad occuparsi di certi malati?

“Quando ci occupiamo del malato e del bisognoso noi tocchiamo il corpo sofferente di Cristo e questo tocco ci rende eroici; ci fa scordare la ripugnanza e [e tendenze naturali che sono in noi. Ci occorrono gli occhi di una fede profonda per vedere Cristo nel corpo mutilato e negli abiti sudici sotto i quali si nasconde il più bello dei figli dell’uomo. Ci occorrono le mani di Cristo per toccare questi corpi feriti dalla sofferenza e dal dolore.

 

Una Sorella mi diceva che proprio due o tre settimane prima, a Bombay, lei ed alcune Sorelle avevano raccolto un uomo dalla strada e lo avevano portato a casa. Disponiamo di un luogo spazioso che ci è stato regalato e che noi abbiamo trasformato in una casa d’accoglienza degli incurabili. Quell’uomo venne portato là e le Sorelle si presero cura di lui. Lo amarono e lo trattarono con dignità. Subito si accorsero che la sua schiena non aveva più pelle né carne. Era interamente mangiato. Dopo averlo lavato lo misero a letto e una Sorella mi disse che mai aveva veduto tanta gioia quanta ne aveva scorta sul volto di quell’uomo. Allora le domandai: “Cosa avete provato quando avete tolto i ver­mi dal suo corpo, ditemelo!”. Lei mi guardò e poi disse: “Mai avevo sentito la presenza di Cristo; non avevo mai creduto veramente alla parola di Gesù che dice: “Ero malato e voi questo l’avete fatto a me. Ora la sua presenza era in quell’uomo e io la potevo vedere su quel viso”. Questo è un dono di Dio.

 

 

LUNEDI’ 16  GENNAIO

“Seguitemi, vi fare pescatori di uomini”. (Mt. 4,19)

 

La chiamata di Dio al servizio è anzitutto chiamata a servire Lui, il resto possono essere anche solo pallini nostri.

“Come sapete, dice Madre Teresa abbiamo anche i nostri Fratelli che sono Missionari della Carità. Uno di essi ama i lebbrosi. In India ci stiamo prendendo cura di 49.000 lebbrosi. Questo Fratello li ama davvero. Arrivò qui un giorno, dopo che si era trovato in disaccordo con il suo superiore. Mi disse: “Amo i lebbrosi; voglio stare con loro, voglio dedicarmi ad essi, sento che la mia vocazione è quella di stare con i lebbrosi”. Gli dissi:

“Fratello, stai commettendo un errore. La tua vocazione non è quella di lavorare per i lebbrosi, la tua vocazione è quella di appartenere a Gesù. La tua opera per i lebbrosi è soltanto un tuo atto di amore per il Cristo; perciò non fa differenza a chi è dedicata la tua opera purché tu la compia per Lui,. purché tu la faccia con Lui. Questo è quel che importa. Questa, cioè, è  la completezza della tua vocazione, del tuo appartenere al Cristo

                                          

 

MARTEDI’ 17  GENNAIO

“Amatevi gli uni gli altri; come io vi ho amati così amatevi anche voi”. (Gv. 13,34)

 

L’amarsi veramente ha come frutto l’Amore. Madre Teresa ci racconta questo splendido esempio:

“Alcune settimane fa due giovani sono venuti da noi e mi hanno dato un sacco di denaro per sfamare la mia gente. Ho detto loro: “Dove avete preso tutto quel denaro?”. Mi hanno risposto: “Due giorni fa ci siamo sposati. Prima del matrimonio abbiamo preso una decisione: non ci compreremo abiti per lo sposalizio, non faremo la festa di nozze, daremo a voi tutto. il denaro”. So quanto significhi tutto questo per una famiglia indù e quale grande sacrificio avevano fatto. Allora ho chiesto loro:

“Ma perché l’avete fatto?”.

Mi hanno risposto: “Ci amiamo talmente tanto vicendevolmente, che abbiamo voluto condividere la gioia dell’amore con le persone che voi servite e così abbiamo sperimentato la gioia di amare E dove comincia questo amore?.., in famiglia. E come comincia?.., condividendo sino a provare dolore, amando sino alla sofferenza.

 

 

MERCOLEDI’ 18  GENNAIO

“Tutto posso in Colui che mi dà forza”. (Fil. 4,13)

 

“Se sei stata assegnata alle mansioni di cucina, non devi pensare che questo non richieda intelligenza... Quello star seduti e in piedi, quell’andare innanzi e indietro o qualsiasi altra mansione assolva, Dio non domanderà a quella Sorella quanti libri ha letto, quanti miracoli ha compiuto; ma le domanderà se ha fatto del suo meglio per amore suo. Ella potrà in tutta sincerità affermare: “Ho fatto del mio meglio”. Anche se il meglio corrisponderà a un insuccesso, questo dovrà essere il meglio che abbiamo saputo fare, il nostro massimo. Non vi sia alcuna gloria nel vostro successo, ma attribuite tutto a Dio con il più profondo senso di gratitudine. D’altro canto, nessun insuccesso vi scoraggerà finché avrete coscienza di aver fatto del vostro meglio. Umanamente parlando, se una Sorella fallisce nella sua opera siamo propensi ad attribuirlo a tutti i fattori dell’umana debolezza... non ha intelligenza, non ha saputo fare del suo meglio, eccetera. Tuttavia agli occhi di Dio non ha fallito se ha fatto tutto quanto era capace. E’, nonostante tutto, una sua cooperatrice. Le parole di Madre Teresa di oggi sono da meditare in profondità: quanti giu­dizi e quanti sensi di colpa inutili eviteremmo!

 

 

GIOVEDI’ 19  GENNAIO

“Non affannatevi di quello che mangerete o berrete”. (Mt. 6,25)

 

Arriviamo dalle feste natalizie in cui anche quest’anno abbiamo assistito a tanti sprechi, alla corsa al consumo, al regalo spesso inutile. Madre Teresa scrivendo per le sue suore dice: “Il Cristo, certamente, non si concesse sontuosi banchetti durante la sua vita. I suoi genitori erano poveri e i poveri non hanno buone cose in tavola. In realtà si trovò sovente ad affrontare una vera mancanza di cibo, come ci insegnano la moltiplicazione dei pani e dei pesci e la spigolatura delle spighe di grano mentre camminava tra i campi. La riflessione su questi esempi dovrebbe essere un ricordo salutare quando in missione o a casa i nostri pasti sono frugali. Se le portate sono buone, ringraziate Dio; se non lo sono, ringraziatelo ancora di più perché vi ha dato l’occasione di imitare il nostro Salvatore nella sua povertà. Va considerato un difetto parlare del cibo o lamentarsi per ciò che ci è stato servito; l’essere occupati in tali pensieri ad ogni modo non edificante.

 

 

VENERDI’ 20  GENNAIO

“Beati i poveri in Spirito, di essi è il Regno dei cieli”. (Mt. 5,3)

 

Madre Teresa ci aiuta a capire le beatitudini:

“Al mondo può apparire sciocco che noi godiamo di un cibo frugale, che mostriamo di gustare un umile alimento; che possediamo soltanto tre abiti fatti di stoffa grezza o delle vecchie tonache, che li aggiustiamo e vi mettiamo le toppe, che ne abbiamo grande cura e rifiutiamo di avere qualcosa in più; che godiamo nel camminare con scarpe di qualunque forma e colore; che ci facciamo un bagno con un secchio d’acqua soltanto, in stanzette da bagno minuscole; che sudiamo e traspiriamo ma rifiutiamo di avere un ventilatore; che ce ne andiamo in giro affamate e assetate ma rifiutiamo di mangiare nelle case della gente. Che rifiutiamo radio e grammofoni che potrebbero rilassarci i nervi tormentati dal duro compito di tutto il giorno; che percorriamo grosse distanze sotto la pioggia o sotto il sole cocente dell’estate, o che andiamo in bicicletta, viaggiamo in tram, in seconda classe, o nella terza classe di treni sovraffollati; che dormiamo su letti duri, trascurando i   materassi spessi e morbidi che conforterebbero i nostri corpi doloranti dopo tutta una giornata di duro lavoro; che ci inginocchiamo su tappeti ruvidi e logori in cappella, abbandonando quelli più spessi e morbidi; che gioiamo nel giacere nelle corsie comuni in ospedale tra i poveri di Cristo, quando potremmo tranquillamente avere stanze private; che lavoriamo come dei facchini a casa e fuori casa quando potremmo facilmente assumere dei servi e fare soltanto i lavori leggeri; che proviamo piacere nel ripulire i gabinetti e lo sporco della casa dei moribondi e del “Shishu Bhavan”, la casa del neonato, come se questi fossero i più bei lavori del mondo, considerandolo un tributo a Dio. Per il mondo noi stiamo sprecando la nostra vita preziosa, seppellendo i nostri talenti. Sì, le nostre vite sono profondamente ‘sprecate se usiamo soltanto la luce della ragione. La nostra vita non ha senso se non guardiamo il cristo nella sua povertà.”

 

 

SABATO 21  GENNAIO

“Siate semplici come colombe”. (Mt. 10,16)

 

“Un uomo ricco di Delhi, parlando della nostra Congregazione, ebbe a dire: “Quanto è meraviglioso vedere le Sorelle, libere da tutto ciò che è profano... nel ventesimo secolo, quando si ritiene che tutto è sorpassato tranne quello che è di moda”.

Attenetevi a questi semplici modi di essere poveri: riparandovi da sole le scarpe, eccetera... amando la povertà come amate vostra madre. Non andate alla ricerca di Dio in terre lontane... Egli non è là. E’ accanto a voi, e con voi. Tenete sempre la lampada accesa e lo vedrete di continuo. Riempite la lampada di tutte queste piccole stille d’amore e vedrete come è dolce il Signore che amate.”.

 

 

DOMENICA 22  GENNAIO

“Da questo conosceranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri”. (Gv. 13,35)

 

Ecco due esempi raccontati da Madre Teresa che ci aiutano a concretizzare la strausata parola “amore”:

“Dobbiamo amare sino ad essere disposti a soffrire. Non basta dire: “lo amo”. Dobbiamo tradurre questo amore in un atto vitale. E come si può fare? Donarsi sino a soffrire. Tempo fa, in una nostra casa per bambini non avevamo più zucchero per loro. Un bimbo di quattro anni udì che “Madre Teresa non aveva zucchero per i bambini”. Andò a casa e disse ai genitori: “Non mangerò zucchero per tre giorni. Darò il mio zucchero a Madre Teresa”. Dopo tre giorni i genitori portarono il piccino a casa nostra. Era così piccolo che a malapena sapeva pronunciare il mio nome eppure seppe insegnarmi come amare di un amore grande. Non fu tanto quello che mi diede, ma il fatto che diede con grande amore, e diede sino al sacrificio, sino a provare sofferenza. Alcune settimane fa ricevetti una lettera di un ragazzino dagli Stati Uniti. Doveva fare la Prima Comunione. Disse ai genitori: “Non state a preoccuparvi di comperarmi un abito particolare per la mia Prima Comunione. Farò la Prima Comunione con la divisa della scuola. Non organizzatemi alcuna festa, ma datemi per favore la somma corrispondente. La invierò a Madre Teresa”. E così, quel ragazzino di sette o otto anni, già nel suo cuore fu capace di amare sino al sacrificio.”

 

 

LUNEDI’ 23  GENNAIO

“Nessuno ha amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”. (Gv. 15,13)

 

Gli episodi veri parlano ancora più dei lunghi discorsi. Racconta Madre Teresa:

“Alcune settimane fa, raccolsi una bimba dalla strada, e dal volto potei arguire che la piccina aveva fame. Non saprei dire da quanti giorni quella piccola non mangiava. Le diedi un pezzo di pane e la piccina, preso il pane, briciola dopo briciola, cominciò a mangiarlo. Le dissi: “Mangia, mangia il pane. Hai tanta fame”. La piccola mi guardò e disse: “Ho paura che quando il pane sarà finito avrò fame di nuovo”. La sofferenza di un affamato è qualcosa di terribile. La piccina aveva già sperimentato la sofferenza dell’affamato, che magari voi non avete mai sperimentato, né vi capiterà di sperimentare mai. Ma ricordate, ricordate di condividere la gioia di amare, donandovi all’altro sino a sentire dolore.”

 

 

MARTEDI’ 24  GENNAIO

“Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia, era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima". (Is. 53,31)

 

Isaia parla del servo di Dio sofferente e noi vediamo in esso la prefigurazione di Gesù. Ma Cristo soffre ancora oggi. Ecco come un giornalista ci racconta un episodio dell’ “Ospedale dei Moribondi”:

“Lo scaricarono dal carretto e a braccia lo portarono nella baracca. Guaiva come un cucciolo. Se avesse avuto più forza avrebbe urlato, perché il cancro stava divorando metà del suo corpo.

Gli ammalati, sui pagliericci intorno, cominciarono a brontolare. Qualcuno alzò la voce:

Ma non sentite che puzza? Portatelo fuori.

Una donna esile, vestita di un san bianco, si avvicinò con una bacinella e delle bende. Ma il tanfo terribile che emanava da quelle piaghe la fece impallidire. Se ne andò di corsa, prima di svenire. li brontolio dei malati si fece minaccioso:

—Portate via quella carogna. Lasciateci morire in pace...

Reggendolo per le mani e per i piedi, tre suore lo portarono nella baracchetta posta a nord, sempre in ombra e fresca. La stanza dei cadaveri. Lo posero sul pavimento. Madre Teresa vide che le altre due non ce la facevano più, e disse:

— Portatemi una bacinella di acqua pulita, poi andate dagli altri. Adagio cominciò a lavare le piaghe orrende, accompagnata da quel guaito lungo, interrotto solo da un ansare affannoso, disperato. A un tratto gli occhi, che fino allora avevano fissato senza vedere niente, si fermarono su di lei. Il guaito cessò, Il moribondo cercava qualche parola: Dove sono?... Chi sei?... Come fai a sopportare questa puzza nauseante?

Non è niente lei rispose in confronto al male che sopporti tu. La morte arrivò verso sera. Madre Teresa era ancora lì, a reggere la testa, a dire parole di speranza. Quell’uomo (di cui nessuno sa il nome) riuscì ancora a dire:

Tu sei diversa dalle altre. Ti ringrazio. E lei: — Sono io che ringrazio te, che soffri con Cristo.”.

 

 

MERCOLEDI’ 25  GENNAIO

“Lasciate le reti lo seguirono”. (Mt. 4,20)

 

Un amore così grande come quello di Madre Teresa e delle sue suore deriva solo da un aver lasciato tutto ed essersi fidate unicamente del Signore: “Un totale abbandono consiste nel donarci. completamente a Lui. Dobbiamo dare pienamente noi stessi a Dio perché Dio ha dato se stesso a noi. Se Dio non ci è debitore di nulla e tuttavia è pronto a comunicarci niente meno che se stesso, noi risponderemo soltanto con una frazione di noi? Non dovremo piuttosto donarci pienamente a Dio per poter ricevere Dio stesso? lo per Dio e Dio per me. lo vivo per Dio e annullo me stesso e in questo modo Dio vive in me. Abbandonarsi significa offrirgli la mia volontà libera, la mia ragione, la mia stessa vita in un puro atto di fede. La mia anima potrebbe brancolare nel buio. La prova e la sofferenza sono le verifiche più sicure del mio cieco abbandono. Abbandonarsi significa anche amare veramente. Più ci abbandoniamo, più amiamo Dio e le anime. Se amiamo davvero le anime, dobbiamo essere pronti a prendere il loro posto, ad accollarci i loro peccati, ad espiarli interiormente con pentimento e continue mortificazioni. Dobbiamo essere olocausti viventi, poiché è di questo che hanno bisogno le anime.

 

 

GIOVEDI’ 26  GENNAIO

“Per me, il vivere è Cristo”. (Fil. 1,21)

 

Si può essere degli ottimi filantropi, dei sindacalisti sinceri, delle persone che si lasciano commuovere dalle miserie dell’uomo, ma si è dei cristiani solo se è Cristo il motivo del nostro essere ed agire. Quando si recò a Cambridge per ricevervi dal principe Filippo, in qualità di presidente onorario dell’università, la laurea honoris causa in teologia, Madre Teresa giunse verso mezzogiorno in convento, dove s’incontrò con il pubblico e la stampa. Un giornalista le chiese: Cos’è che l’ha indotta a iniziare il suo lavoro, che l’ha ispirata e sostenuta durante tutti questi anni? La Madre rispose: Gesù. Il giornalista rimase sconcertato.

Egli si aspettava evidentemente delle lunghe spiegazioni, ed invece non:. sentì pronunciare che una parola. Ma per la Madre questa sola parola bastava a riassumere tutta la sua vita, a spiegare la sua fede, le sue imprese, il suo coraggio, il suo amore, la sua devozione, i suoi risultati. Tutto era dovuto a Gesù, ogni sforzo e ogni sacrificio erano per Lui. La Madre espresse nuovamente questa sua convinzione quando mi disse: “Padre, lo dica loro: lo facciamo per Gesù”. La frase è diventata il suo motto, la sua parola d’ordine, la spiegazione per ogni attività e per ogni successo delle suore. “Lo facciamo per Gesù”, qualsiasi cosa, sempre!

 

 

VENERDI’ 27  GENNAIO

“lo avevo fame e mi avete dato da mangiare”. (Mt. 25,35)

 

“Ciò che importa per noi, dice Madre Teresa, è l’individuo. Per amare una persona, bisogna accostarla. Se aspettiamo che di persone ce ne sia un certo numero, saremo perduti nella quantità e non potremo mai mostrare del rispetto o dell’amore per questo o quello. Ogni persona per me è unica al mondo. Credo che gli uomini d’oggi pensino che i poveri non sono umanamente loro simili. Li guardano dall’alto. Se avessero del profondo rispetto per i poveri, sono sicura che sarebbe loro facile avvicinarsi a loro e vedere che hanno altrettanto diritto alle cose della vita e all’amore di chiunque altro. In questi tempi di sviluppo, tutti s’affrettano e si urtano; e, per strada, ce ne sono di quelli che cadono, perché non hanno la forza di correre. E’ di questi che vogliamo occuparci. Non curo mai le folle, ma solamente le persone. Se guardassi le folle, non comincerei mai. L’amore è un frutto sempre di stagione.

 

 

SABATO 28  GENNAIO

“Dio ama chi dona con gioia”. (2 Cor. 9,7)

 

Uno dei tratti che colpiscono di più di Madre Teresa è la serenità, la gioia, il sorriso.

“Per diffondere la gioia, è necessario avere la gioia nella propria famiglia. La pace e la guerra cominciano nel proprio focolare. Se veramente vogliamo la pace nel mondo, amiamoci innanzi tutto gli uni gli altri, nella famiglia: avremo così la gioia del Cristo, nostra forza. E’ talvolta molto difficile sorriderci gli uni gli altri. E’ spesso difficile al marito sorridere alla moglie o alla moglie sorridere al marito. Mi hanno domandato un giorno se ero sposata. Ho risposto di sì e ho risposto che in certi casi mi era difficile sorridere al Cristo. Si è cercato di dimostrare che Dio non esiste e Dio si adopera a dimostrare che Lui esiste. La gioia è una rete d’amore con cui potete pescare delle anime. Chi dà con gioia dà di più. li modo migliore di mostrare la nostra riconoscenza a Dio e alla gente è di accettare tutto con gioia. La gioia può dilatarsi in un cuore che brucia d’amore. Attendiamo tutte con impazienza il paradiso in cui è Dio: è però già in nostro potere di essere in paradiso con lui fin da ora, di essere felici con lui nel momento presente. Ebbene, essere felici con lui fin da ora significa: Amare come lui ama. Aiutare come lui aiuta. Dare come lui dà. Servire come lui serve.

 

 

DOMENICA 29  GENNAIO

“lo cerco il tuo volto, Signore” (Salmo 26,8)

 

Il bene non ha limiti né confini. Anche un atto d’amore portato da un mezzo come una televisione può toccare il cuore.

“Recentemente, un uomo brasiliano importante, con una posizione di rilievo, mi scrisse che aveva perso la fede in Dio e negli uomini. Aveva abbandonato la sua posizione e tutto il resto e desiderava soltanto suicidarsi. Un giorno però, mentre passava accanto a un negozio, il suo sguardo cadde improvvisamente su una televisione che stava esposta in vetrina. Sul video si stava svolgendo una ripresa nella casa dei moribondi, le Sorelle assistevano i malati e i morenti. Mi scrisse che dopo aver visto quella scena si era inginocchiato a pregare per la prima volta dopo tanti anni. Ora aveva deciso di ritornare a Dio e di aver fiducia nell’umanità poiché aveva veduto che Dio ama il mondo.”.

 

 

LUNEDI’ 30  GENNAIO

“Ora io gioisco nelle sofferenze che sopporto per voi, e completo nel mio corpo ciò che manca dei patimenti del Cristo per il suo corpo, che è la chiesa”. (Col. 1,24)

 

“Una volta racconta Madre Teresa stavo cercando di confortare una bambina malata, che soffriva molto. A un certo punto le dissi: “Dovresti essere felice che Dio ti fa soffrire, perché le tue sofferenze sono una prova che Egli ti ama molto. Le tue sofferenze sono altrettanti baci di Gesù”. “Allora, Madre, rispose la bambina dica per favore a Gesù di non baciarmi così tanto”. Fu molto bello che la bambina non dicesse “dica per favore a Gesù di smettere di baciarmi”, ma soltanto “di non baciarmi così tanto”.

 

 

MARTEDI’ 31  GENNAIO

“Voi siete la luce del mondo”. (Mt. 5,14)

 

Una delle preghiere che Madre Teresa ha più a cuore e che qualche volta ha fatto scivolare nelle tasche dei potenti di questa terra è quella del Cardinal Newman:

“Caro Gesù, aiutami a diffondere la tua fragranza ovunque io vada; inonda la mia anima col tuo spirito e con la tua vita; penetra e possiedi totalmente il mio essere, in modo che tutta la mia vita non sia altro che un raggio della tua; splendi attraverso me e sii in me in modo che ogni creatura con la quale verro in contatto possa sentire la tua presenza nella mia anima. Possano gli altri vedere non più me, ma soltanto Te. Rimani in me, ed io comincerò a splendere del tuo splendore, in modo da essere luce per gli altri. La luce, o Gesù, verrà tutta da Te; neppure un raggio sarà mio; solo Tu splenderai sugli altri attraverso me. Possa io celebrarti nel modo migliore che Tu vuoi, donando luce a coloro che mi circondano. Possa io predicarti e diffonderti non con le parole, ma con l’esempio, con la forza che trascina, con l’atto benefico di carità, con l’evidente pienezza dell’amore che il mio cuore porta a Te. Amen”.

     
     
 

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