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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

DICEMBRE 1988

 

GIOVEDI' 1  DICEMBRE

“Non chiunque dice: Signore, Signore, entrerà nel Regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli”.

(Mt. 7,21)

 

Tra le persone che incontro c’é una

categoria di persone che mi irrita particolarmente: sono “i pii”. So che dovrei amarli, ma davanti a certe espressioni di devozionismo esagerate nasce in me un nervosismo tale (lo confesso come una vera mancanza di carità) che mi viene voglia di reagire all’opposto. Ma, cercando di lasciar da parte questo tipo di reazione, chiediamoci: che cosa vuole Gesù da noi? Che centelliniamo le parole di un rosario, rendendolo uggioso a molti, o che attraverso questa preghiera umile, contemplando i misteri di Cristo ricerchiamo la volontà del Padre? Il Signore preferirà delle celebrazioni esteticamente e liturgicamente perfette ma fredde o magari un po’ più turbolente e pasticciate ma con la disponibilità di cuori che vogliono unirsi a Lui non tanto per far solo la Comunione ma per essere in Comunione con Lui e con i fratelli? “I pii” sono miei fratelli e devo amarli. Essi mi insegnano anche che dovrei essere più devoto, che dovrei pregare di più, essere anche più ordinato nel modo e nelle forme, per6 proprio perché sono “pii” abbiano carità nei confronti di chi non è pio come loro. E poi al di là di ogni etichetta siamo tutti dei poveri: che lo Spirito Santo ci aiuti a conoscere la volontà di Dio per ciascuno e a metterla in pratica.

 

 

VENERDI' 2  DICEMBRE

“Sia fatto a voi secondo la vostra fede”. (Mt. 9,29)

 

Tutti i miracoli di Gesù hanno un significato che li trascende, che indica cioè qualcosa che va al di là del fatto in se stesso e delle persone che tocca. In questo caso ad esempio colui che viene a ridare la vista ai due ciechi è il Salvatore, la luce del mondo venuta ad illuminare le nostre tenebre. Ma un’altra cosa comune a tutti i miracoli di Gesù è che Lui chiede sempre in qualche modo la partecipazione dell’uomo, o attraverso una preghiera, un gesto o attraverso un atto di fede esplicito. Dio ci ha creati liberi, Gesù è venuto a ridarci la libertà perduta con il peccato ma non la impone né la fa scendere a forza sul nostro capo: noi possiamo accettarla o rifiutarla. Diceva S. Teresa d’Avila che i veri santi non sono quelli che vedono Dio ma quelli che credono in Lui. Mi chiedo anche che se tanto poco può la nostra preghiera, non dipenderà oltre al fatto che “non sappiamo quello che chiediamo”, anche dalla poca fede nel fatto che Dio possa adempiere le nostre richieste?

 

 

SABATO 3  DICEMBRE

“Vedendo le folle ne senti compassione perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore”. (Lc. 9,36)

 

Può il Figlio di Dio che ama immensamente, che venendo sulla terra ha provato che cosa vuol dire dolore, fatica, solitudine non aver compassione delle nostre piaghe? Ecco come Madre Teresa racconta ed interpreta uno dei tanti episodi della sua meravigliosa esperienza umana.

Un giorno, a Calcutta, venne un uomo con una ricetta e disse: “Il mio unico figlio sta morendo e questa medicina la si può trovare soltanto fuori dall’India”. Proprio in quel momento, mentre stavamo ancora parlando, venne un uomo con un cesto pieno di medicine e, proprio sopra a tutte, c'era il farmaco che ci occorreva. Se fosse stato sotto le altre non l’avrei scorto. Se fosse venuto prima o subito dopo, non l’avrei potuto vedere. Ma in quel preciso momento, tra milioni e milioni di bambini nel mondo, Dio nella sua tenerezza si era preoccupato di quel piccino che stava negli slums di Calcutta fino a mandare, nel momento esatto, quel cesto di medicine per salvarlo. Sia lode alla tenerezza dell’amore di Dio, poiché ogni piccolo, sia che appartenga a una famiglia ricca o a una povera, e figlio di Dio, creato dal Creatore ai tutte le cose.

 

 

DOMENICA 4  DICEMBRE

“Voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore” (Lc. 3,4)

 

Prepararsi alla venuta di Gesù significa preparare una strada nel deserto. E costruire una strada nel deserto è difficile perché bisogna curarla continuamente, tenerla sempre in funzione. Ecco come un autore, Tillich ci aiuta con la sua riflessione in questo Avvento.

Sia l’antico che il nuovo testamento descrivono la nostra vita nel suo rapporto con Dio come un’attesa... Attendere significa non avere e avere nello stesso tempo... La condizione dell’uomo, nel suo rapporto con Dio, è innanzitutto la condizione di uno che non ha, non vede, non sa e non possiede... Penso al teologo che non attende Dio, perché lo possiede già, rinchiuso nella sua dottrina. Penso a chi studia la Bibbia, e non attende Dio, perché lo possiede già, rinchiuso in un’istituzione. Penso al credente che non attende Dio, perché lo possiede già, prigioniero della propria esperienza. E’ difficile riconoscere di non possedere Dio, di doverlo attendere. Non è facile predicare ogni domenica senza essere convinto e convincere anche gli altri, che possediamo Dio e possiamo disporre di lui. Non è facile annunciare Dio ai bambini e ai pagani, agli scettici e agli anticlericali, facendo loro comprendere nello stesso tempo che neppure noi possediamo Dio, che anche noi lo aspettiamo. Sono convinto che la ribellione al cristianesimo deriva in gran parte dalla pretesa, consapevole o confusa, dei cristiani di possedere Dio, e dalla perdita della dimensione dell’attesa, così viva nei profeti e negli apostoli... Costoro non possedevano Dio, lo attendevano. Come è possibile possedere Dio? E’ forse una cosa che può essere afferrata e conosciuta accanto ad altre cose? Dio è meno di una persona umana? Un essere umano, bisogna sempre attenderlo. Anche nella comunione più intima, rimane sempre un elemento di non-possesso, di non-conoscenza e di attesa. E poiché Dio è infinitamente nascosto, libero e imprevedibile, dobbiamo attenderlo nel modo più assoluto e più radicale. Egli è Dio, per noi, proprio nella misura in cui non lo possediamo... Il mezzo per avere Dio, è non averlo.

 

 

LUNEDI' 5  DICEMBRE

“Non trovando da qual parte introdurre il paralitico a causa della folla, salirono sul tetto e lo calarono attraverso le tegole, con il lettuccio davanti a Gesù”. (Lc. 5,19)

Per arrivare da Gesù non sempre si può passare dalla porta principale. Tante volte questa porta è occupata da persone “perbene”, “caritatevoli” che non guardano se accompagni un malato, se hai bisogno di qualcosa, ma che si preoccupano di aver un posto per poter poi magari sedersi e discutere della loro “saggezza” e giudicare il prossimo. Ma il segreto sta proprio lì: se la porta è occupata c’e sempre il tetto. E’ vero, si perde la faccia a salire su un tetto, a scoperchiarlo, a calare un paralitico dai tetto in mezzo a una folla starnazzante sentenze, di persone “perbene”. Ma il malato è un amico, il guaritore è buono ed è sempre stato vicino ai poveri e agli umili e allora tentiamo! La grande fortuna quel paralitico è stata quella di aver degli amici di questo genere, disposti a perdere la faccia per lui, disposti a salire su un tetto se non si può passare dalla porta. Anche nella Chiesa tante volte la porta è occupata, ingombra e sono proprio i cristiani con il loro esclusivismo, cattivo esempio a non lasciare entrare. Per vedere Gesù che viene sono disposto a passare dal tetto? Per aiutare una persona sono disposto a perdere la faccia?

 

 

MARTEDI' 6  DICEMBRE

“Così il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno so lo di questi piccoli”. (Mt. 18,14)

 

Conosco da anni il dramma di una mamma che ha uno dei suoi figli drogato. Questa mamma ha passato tutti gli stati d’animo immaginabili, ha tentato moltissime strade diverse. Ha lottato e lotta, ha cercato aiuto ma il figlio non ha voluto farsi aiutare; ha cercato la strada della convinzione, quella della minaccia, quella della denuncia, ha privato suo figlio di ogni denaro; gli ha dato del denaro perché non rubasse; è stata schiaffeggiata da lui, minacciata “da quelli del giro”, segnata a dito da vicini e parenti. Questa mamma che ha tentato tutto, anche sbagliando certe volte, ma mai perdendo la speranza concreta di poter aiutare suo figlio, mi ricorda l’agire di Dio Padre. Ci ama al punto che anche davanti ai nostri reiterati no, non dice “basta” ma ci cerca, ci circuisce, ci rimprovera, ci parla attraverso i fatti e questo perché ha speranza che chi è fatto ad immagine e somiglianza sua, ritrovi questa sua identità e si lasci amare.

 

 

MERCOLEDI' 7  DICEMBRE

"Levate in alto i vostri occhi e guardate: chi ha creato quegli astri?" (Is. 40,26)

 

Gli occhi di qualunque uomo possono vedere Dio nelle sue opere: quel Dio grande creatore che si china però sull’uomo. Meditiamo e preghiamo oggi con la preghiera del capo indiano Yellow Lark.

 

O  grande Spirito la cui voce sento nei venti e il cui respiro dà vita a tutto il mondo ascoltami.

Vengo davanti a Te, uno dei tuoi tanti figli, sono piccolo e debole, ho bisogno della Tua forza, della Tua saggezza.

Lasciami camminare tra le cose belle, e fa che i miei occhi ammirino il tramonto rosso e oro.

Fa che le mie mani rispettino ciò che Tu hai creato e le mie orecchie siano acute nell’udire la Tua voce.

Fammi saggio, cosicché io conosca le cose che Tu hai insegnato al mio popolo, le lezioni che hai nascosto in ogni foglia, in ogni roccia.

Cerco forza per non essere superiore ai miei fratelli, ma per essere abile a combattere il mio più gran nemico: me stesso.

Fa che io sia sempre pronto a venire a Te con mani pulite e occhi dritti, cosicché quando la vita svanisce, come la luce al tramonto, il mio Spirito possa venire a Te senza vergogna. (Yellow Lark)

 

 

GIOVEDI' 8  DICEMBRE

“Allora Maria disse: Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. (Lc. 1,38)

 

Oggi, festa dell’immacolata, meditiamo con una ormai datata ma sempre bella preghiera di Quoist:

 

La mia più bella invenzione, dice Dio, è mia Madre.

Mi mancava una Mamma e l’ho fatta.

Ho fatto mia Madre prima che ella facesse Me.

Era più sicuro.

Ora sono veramente un Uomo come tutti gli uomini.

Non ho più nulla da invidiar loro, poiché ho una Mamma.

Una vera. Mi mancava.

Mia Madre si chiama Maria, dice Dio.

La sua anima è assolutamente pura e piena di grazia.

Il suo corpo è vergine e pervaso da una luce tale che sulla terra mai mi sono stancato di guardarla, di ascoltarla, di ammirarla. E’ bella mia Madre, tanto che lasciando gli splendori del Cielo, non mi sono trovato sperduto vicino a lei. Maria, mia Madre è morta, dice Dio. Dopo che lo ero risalito verso il Cielo, ella mi mancava, io le mancavo.

Ella mi ha raggiunto, con la sua anima, con il suo corpo, direttamente.

Non potevo fare diversamente.

Era necessario.

Era più conveniente.

Le dita che hanno toccato Dio non potevano immobilizzarsi.

Gli occhi che hanno contemplato Dio non potevano restar chiusi.

Le labbra che hanno baciato Dio non potevano irrigidirsi.

Quel corpo purissimo che aveva dato un corpo a Dio non poteva marcire mescolato alla terra...

Non ho potuto, non era possibile.

Mi sarebbe costato troppo.

Ho un bell’esser Dio, sono suo Figlio.

E poi, dice Dio, l’ho fatto anche per gli uomini miei fratelli.

Perché abbiano una Mamma in Cielo.

Una vera, una di loro, corpo ed anima.

La Mia.

Gli uomini in Cielo hanno una Mamma che li segue con gli occhi, con i suoi occhi di carne.

In Cielo hanno una Mamma che li ama con tutto il cuore, con il suo cuore di carne.

E questa Mamma è la Mia, che mi guarda con gli stessi occhi, che mi ama con lo stesso cuore.

Se gli uomini fossero furbi, ne approfitterebbero, dovrebbero ben sospettare che io non posso rifiutarle nulla...

Che volete, è mia Madre.

Io l’ho voluto.

Non me ne pento.

 

 

VENERDI' 9  DICEMBRE

“Beato l’uomo che non segue il consiglio degli empi, non indugia nel la via dei peccatori e non siede in compagnia degli stolti”.

(Salmo 1,1)

 

Tutti noi vorremmo essere dei giusti. il versetto 1 del Salmo 1 comincia a dirci ciò che non bisogna fare se vogliamo essere giusti e delinea tre categorie di “cattivi compagni” da non frequentare: gli empi, i peccatori, gli stolti. Tre tipi di persone sempre presenti: l’empio è colui che ti tenta facendoti apparire bene il male. E’ colui che non essendo capace ad essere giusto, gode nel non lasciare giusti gli altri. Quando vede qualcosa di bello, di puro cerca di infangarlo. C’è un solo modo per evitare l’empio: fuggirlo! I peccatori sono persone non perdute ma che si sono allontanate. La via del peccato è allettante perché sembra più facile della via del bene. Il peccatore e un uomo amato dal Signore, che con misericordia lo cerca, perché si converta e così dobbiamo fare anche noi, ma facendo attenzione a non “indugiare” nel peccato.

E l’ultima categoria da cui dobbiamo “guardarci” sono gli sciocchi, i vuoti, i parolai, coloro che non sono né carne, né pesce, coloro ai quali si può parlare di qualunque cosa ma che, quando li si cerca nel concreto non ci sono mai.

Con essi si perde solo tempo e si rischia di cadere nell’esteriorismo vuoto. Se vogliamo camminare nella via della giustizia, cominciamo di qui, allora la Parola del Signore potrà cominciare ad agire in noi. E’ come per seminare, prima bisogna preparare bene il terreno.

 

 

SABATO 10  DICEMBRE

"In quei giorni sorse Elia profeta, simile al fuoco". (Siracide 48,1)

 

Penso che tutti abbiamo fatto l’esperienza di sederci una sera con gli amici attorno al fuoco e, contemplando le fiamme, riflettere su questo fuoco che brucia, purifica, riscalda, illumina, rincuora. Nella Bibbia si parla sovente di fuoco, dal roveto ardente, allo Spirito Santo che scende come lingue di fuoco sugli Apostoli e che dona loro il coraggio di essere testimoni. in questo Avvento siamo chiamati a lasciarci purificare dal fuoco della Parola di Dio che ci aiuta a far emergere la fede dalle esteriorità e dalle falsità, che riscalda il nostro cuore spesso indurito come una pietra, che illumina i nostri occhi per vedere il Signore che viene nei nostri fratelli, che ci rincuora nel nostro faticoso cammino quotidiano.

 

 

DOMENICA 11   DICEMBRE

"La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino!" (Fil. 4,5)

 

Troppo sovente, nella mentalità odierna che appiattisce tutto (e purtroppo verso il basso) è facile considerare il Cristianesimo come se fosse una serie di norme di buona educazione. O peggio si pensa che il cristiano, poiché è uno che ama, perdona, porge l’altra guancia sia un eterno perdente, uno sciocco cortese, uno smidollato che in nome dell’altrui rispetto, non ha niente di proprio da affermare. Niente di più sbagliato: basta guardare il comportamento di Gesù. Egli è attento a tutti, va alla ricerca della pecorella smarrita, non si oppone con violenza alla violenza, ha una parola di perdono per tutti, si offre come “agnello che viene condotto al macello”, ma è ben deciso contro ogni forma di male, quando ha da dire “ipocrita” a qualcuno, glielo dice in faccia. Allora l’affabilità, il perdono, il rispetto dell’altro, non nascono nel cristiano da forme di falso remissivismo, ma sono frutto di fede nel Signore, sono l’affermazione dei suoi valori, sono carità concreta di chi comprende e ama il peccatore ma non condivide il peccato e sono frutto soprattutto della certezza che il Signore è vicino e sta per venire a portare a compimento ogni cosa buona.

 

 

LUNEDI' 12  DICEMBRE

"I sommi sacerdoti e gli anziani del popolo gli dissero: Con quale autorità fai questo? Chi ti ha dato questa autorità?"

(Lc. 21,23)

 

L’uomo ha eternamente bisogno di prove. Gesù sarà solo un uomo o il Figlio di Dio? Quale prova abbiamo che confermi la persona di Gesù? Le sue parole quale autorità hanno? Tante volte ci siamo posti queste domande e la risposta non è facile. Anche Gesù non risponderà a queste domande che gli pongono i sacerdoti e gli anziani. Con lui non c’è bisogno di prove, c’è bisogno di fede. Qualunque prova, qualunque segno ha sempre valore ambivalente; anche un segno che per uno è un miracolo per un altro è semplice caso di auto suggestione. Gesù ci fa la proposta di se stesso ma non ci obbliga. Se sappiamo accettarlo così come egli è non ci toglierà dubbi e paure, ma la sua presenza sarà come una mano salda e sicura che accompagnandoci ci porterà a scoprire la vita così come la vede Dio.

 

 

MARTEDI' 13  DICEMBRE

“il padre gli disse: Figlio va’ oggi a lavorare nella mia vigna. Ed egli rispose: Non ne ho voglia. Ma poi pentitosi ci andò”.

(Mt. 21,28—30)

 

In certi momenti di entusiasmo è facile seguire Gesù, anzi, tante volte vorresti addirittura fare di più di quello che Lui ti chiede. Ma poi sopraggiungono momenti di buio, o anche solo di “stanca”. Lavorare sempre nella stessa vigna, non vedere subito dei risultati ci fa perdere l’entusiasmo. Signore, capisco che dovrei fare così, ma non ne ho voglia. Potrei andare a trovare quel malato, potrei dedicare più tempo alla preghiera ma ho altro da fare di più interessante. E poi andare nella tua vigna significa “perdonare settanta volte sette”, “prendere la tua croce , “porgere l’altra guancia Signore non ne ho voglia! Non spaventiamoci dei nostri “no istintivi. Fuggire il difficile, la prova è naturale! Ma entriamo invece in noi stessi: “Signore, non ne ho voglia, ma questa mattina ti ho detto: sia fatta la tua volontà! Non ne ho voglia ma tu senza averne voglia hai accettato di morire in croce per me! Non ne ho voglia ma voglio imparare ad amare sul serio!”. Entrando in noi stessi scopriremo che l’ospite scomodo e scomodante è il Padre che ci fa eredi della vigna in cui ci manda a lavorare e scoprire­mo anche che il Signore non cerca pseudo giusti, ma peccatori pentiti davvero!

 

 

MERCOLEDI' 14  DICEMBRE

“Volgetevi a me e sarete salvi”. (Is. 45,22)

 

Uno degli inviti più pressanti dell’Avvento per poter accogliere Gesù è quello al pentimento e il mezzo più consono per usufruire della misericordia del Signore è il sacramento della Confessione ma vissuto realmente come un riconoscere la nostra povertà e volgere lo sguardo alla misericordia di Dio e non considerato solo come “lavanderia a gettone” o luogo dove confessare i peccati degli altri. Ricordo che un giorno una signora mi chiese di confessarla e cominciò cosi:

“Io peccati non ne ho però mio marito è un disgraziato perché... i miei figli... quella mia vicina... A questo punto guardo l’orologio e invito: “E’ venuta a confessarsi quindi chieda perdono... Ma... niente da fare, la lista delle altrui “malefatte” continua. Disarmato decido di aspettare. Dopo un quarto d’ora, riuscendo finalmente ad inserirmi mentre prendeva fiato, con grande scandalo di quella persona mi sono sentito di dirle: “Non le do l’assoluzione perché non ha chiesto perdono di nulla.., in compenso dica a suo marito, ai suoi figli, alle sue vicine che qualcuno si è confessato per loro!”.

 

 

GIOVEDI' 15  DICEMBRE

“Disse Gesù: Che cosa siete anda­ti a vedere nel deserto?”. (Lc. 7,24—30)

 

Gesù ci parla di Giovanni il Battista, questo grande personaggio che nella storia, come nel nostro Avvento, prepara la venuta di Gesù. Giovanni, vera figura di profeta, non è un mezzo uomo. E’ conscio della sua missione. Sa di essere la voce che deve scuotere le coscienze. Sa anche che questo gli costerà la vita, ma non tace e anche in mezzo al deserto continua a gridare con le sue parole e la sua vita. Sovente mi chiedo: quali sono le cose che maggiormente possono essere di stimolo alla conversione? La nostra è l’epoca in cui i messaggi corrono velocissimi. Quante parole su Gesù, libri, conferenze, corsi biblici meeting, catechesi agli adulti, persino un prete che ha la presunzione di scrivere ogni giorno qualcosa sulla Parola di Dio. E come mai la fede languisce così? Nella chiesa di oggi conta di più una Madre Teresa o l’ennesimo documento di una conferenza episcopale? Un don Ciotti o le diatribe dei partiti sulla droga? Tutto può servire ma Dio più che parole vuole da noi testimonianza. Si agisce sugli altri più con quello che si è che con quello che si dice.

 

 

VENERDI' 16  DICEMBRE

“Non dica lo straniero che ha aderito al Signore: “Certo mi escluderà il Signore dal suo popolo!”. (Is. 56,3)

 

Questa frase di Isaia esprime una tentazione costante in ogni tempo. E’ la tentazione contro la misericordia del Signore: “Potrà il Signore perdonarmi dopo tutto quello che ho fatto?” “Tante volte ho promesso al Signore di cambiare ma non ce la faccio a mantenere: Dio sarà stanco di me!”. In parole povere è voler misurare la misericordia e l’amore di Dio con il piccolo metro della nostra misericordia e del nostro amore. Proviamo a vedere le misure del Signore:

“Se anche i tuoi peccati fossero rossi come lo scarlatto diventeranno bianchi come la neve”.

“Non sono i sani che hanno bisogno del medico ma i malati”.

“Il Padre gli corse incontro e lo abbracciò...

“Impossibile presso gli uomini ma tutto è possibile presso Dio”.

Invece di pensare sempre a te stesso, ai tuoi peccati, alla tua incapacità, lasciali nelle mani di Dio e tieni nel cuore la gioia e la riconoscenza di un perdono così grande.

 

 

SABATO 17  DICEMBRE

"Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe...” (Mt. 1,2)

 

La lunga genealogia che apre il Vangelo di Matteo serve da grande lettura storica, da “ouverture” all’avvento di Gesù e viene a indicarci il modo più giusto di leggere la storia e la nostra storia. Ciascuno porta in se stesso le tracce e i condizionamenti del passato. La nostra stessa cultura è debitrice di molte cose al passato in bene e in male. La storia quindi la si può leggere in modi molto diversi, dal semplice susse­guirsi di fatti, alla ricerca di cause, al recriminare errori... Il cristiano ha nella Bibbia lo stile e il modo per imparare a leggere la sua storia. L’uomo è entrato nella storia con il suo carico di peccato ma con il seme che porta in sé: è figlio di Dio ed ecco allora la storia come lungo atto di Amore di un Dio fedele all’uomo che invece è spesso infedele a Dio. E la mia storia, i miei 20,40,60,80 anni come li devo leggere? Se li leggo solo come susseguirsi di avvenimenti forse mi dicono poco ma se in essi riesco a intravederci la trama di un Dio che mi cerca, mi ama, mi accompagna, mi richiama, trovo la gioiosa meraviglia di scoprire la sua fedeltà a me e i tanti o pochi anni che mi restano nella storia si illuminano di eternità.

 

 

DOMENICA 18  DICEMBRE

“Disse Elisabetta a Maria: Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo”. (Lc. 1,41)

 

Ecco come S. Giovanni Crisostomo in una sua omelia interpreta l’incontro tra Maria ed Elisabetta, tra Giovanni e Gesù.

Non appena giunse in mezzo a noi, il redentore dell’umanità si recò subito, ancora nel seno di sua madre, presso il suo amico Giovanni. Si vide allora il vasaio visitare l’argilla, il re andare ad abitare sotto la tenda del soldato, il padrone entrare nella capanna dello schiavo. Quando, dal seno materno, Giovanni lo vide nel seno materno, tentò di infrangere i limiti della natura. “Non conosco, disse, il Signore che fissò i confini della natura; non aspetto il traguardo della nascita. Non ho bisogno di una nascita maturata per nove mesi; a che pro starmene rinchiuso come lo sono ora? Perché non spezzare i legami che mi trattengono? Voglio uscire, voglio proclamare il significato di questi avvenimenti  sconcertanti Sono il segnale della venuta divina, sono l’annunciatore dell’incarnazione del Verbo di Dio. Voglio far udire la mia voce, e donare alla lingua di mio padre il bene della parola; voglio farmi sentire, e vivificare le viscere inerti di mia madre”. Ecco ciò che vi è di Straordinario in questo mistero: non è ancora nato, e parla sussultando nel grembo di sua madre; non è ancora venuto alla luce, e proferisce minacce;

non è ancora in grado di gridare, e si fa capire a gesti; non è ancora iniziato alla vita, e predica Dio; non vede ancora la luce, e indica il sole; non è ancora stato messo al mondo, e cerca di correre avanti. Non può sopportare di rimanere rinchiuso quando viene il Signore; non può attendere il traguardo della nascita, e cerca di infrangere la prigione delle viscere, si sforza di indicare il Salvatore che viene, e con i suoi sussulti grida: “Ecco colui che spezza le catene: perché sono ancora legato? E’ venuto colui che con una parola ha organizzato l’universo: perché devo attendere i termini della natura? Uscirò, correrò davanti lui, griderò a tutti: Ecco l’Agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!”. Tutto questo dicono i sussulti di Giovanni, o meglio le sue parole.

 

 

LUNEDI' 19  DICEMBRE

"Non avevano figli perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni". (Lc. 1,7)

 

Oggi ti trovi davanti ai casi più opposti: dalla coppia che cerca di avere un figlio in tutte le maniere e si arriva addirittura a far nascere il figlio di una nell’utero di un’altra, a chi con molta facilità dei figli se ne libera come se fossero un pacchetto indesiderato che si butta nell’immondizie. Che Dio scelga due anziani per far nascere il Battista a me sembra che oltre agli altri significati biblici stia a significare l’amore di Dio per la vita. Anche da ciò che è sterile può nascere la vita. Bisogna però aver fiducia. Non devo mai dire: “li mio cuore è fatto cosi..., non sarò mai capace di amare... sono vecchio...” Renditi disponibile a Dio, lasciati lavorare da Lui, fidati del suo amore e anche se fossi un ramo secco, un peccatore incallito nell’abitudine e nel male, Dio potrà far fiorire il tuo cuore: basta un po’ d’acqua e anche il deserto diventa un prato lussureggiante.

 

 

MARTEDI' 20  DICEMBRE

"Maria serbava tutte queste cose nel suo". (Lc. 2,31)

"E Maria disse: Grandi cose ha fatto in me l’onnipotente". (Lc. 1,49)

 

Nel cammino di questa novena di Natale, oggi ci aiutano nella riflessione i pensieri di una piccola grande donna, Madre Teresa di Calcutta, innamorata imitatrice nel silenzio e nella lode di Maria.

“Maria visse il silenzio della mente e del cuore e questo silenzio la portò vicina al Signore cosicché non ebbe mai a pentirsi di alcuna cosa”. Chiediamo alla Madonna di rendere “miti e umili” i nostri cuori come fu quello di suo Figlio. Fu dentro di lei e da lei che venne formato il cuore di Gesù.

Cerchiamo tutti noi, durante questa novena, di mettere in pratica l’umiltà e la mitezza. Impariamo a essere umili accettando con gioia le umiliazioni: non lasciamoci sfuggire nessuna occasione. E’ così facile essere orgogliosi, pungenti, instabili ed egoisti... così facile! Ma siamo stati creati per cose più grandi; perché cedere a cose che tolgono bellezza al nostro cuore? Quanto possiamo apprendere dalla Madonna! Era tanto umile perché apparteneva tutta a Dio. Era piena di grazia. Si servì dell’onnipotente forza che era in lei, la grazia di Dio.

 

 

MERCOLEDI' 21  DICEMBRE

“Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo”. (Lc. 1,42)

 

Quante volte, fin da bambini, recitando l’Ave Maria, abbiamo ripetuto questa frase.

Maria è la benedetta perché ha detto sì, ha messo se stessa nelle mani di Dio, ha generato nel silenzio e nell’amore un Dio che non stancandosi delle risposte negative dell’uomo, invece di abbandonarlo ha scelto la strada di scendere a lui facendosi uomo come lui. Nella sua nascita, il mistero della maternità acquista una grandezza ancora più rilevante. Dio redime ogni uomo. Il seme di Adamo che ha portato in sé la cattiveria del peccato riceve la linfa del bene dal nuovo Adamo, Gesù, il figlio di Maria. Da quel momento Gesù attende di essere generato da noi, da una vita vissuta per lui, come quella di Maria, che generi amore, perdono, solidarietà, condivisione, pazienza. Sei veramente “Benedetta Maria”, perché quel Gesù da te generato è lo stesso Gesù con cui anche noi possiamo essere in intima comunione come lo sei stata tu, Madre, ogni volta che riceviamo l'Eucaristia.

 

 

GIOVEDI' 22  DICEMBRE

"Maria disse: L’anima mia magnifica il Signore". (Lc. 1,45)

 

Maria, la silenziosa, quando parla si esprime con parole che non sono sue ma sono le stesse parole di Dio. La preghiera, la lode del Magnificat, infatti, non è altro che una sintesi del canto di Anna (1Sam. 2,1-8) e di altri salmi di lode. Maria è talmente umile che non usa parole sue ma lascia che la Parola di Dio parli per lei. Penso debba servire da esempio a noi che siamo dei parolai inguaribili anche nella preghiera. Maria è talmente abituata a leggere e meditare la Parola di Dio che è la stessa parola a pregare dentro di lei. Anche i cristiani dovrebbero essere coloro che avendo “masticato” tenta Parola di Dio, sia quando parlano che quando agiscono sono la risonanza vivente di questa parola.

 

 

VENERDI' 23  DICEMBRE

“Che sarà mai questo bambino?” (Lc. 1,66)

 

Questa frase detta dai concittadini di Elisabetta a proposito di Giovanni Battista è una frase che ho sentito tante volte davanti a dei bambini piccoli ed è la domanda che più volte mi sono fatto mentre amministravo il battesimo. li mistero di una vita! Sarà lunga, breve, “fortunata” o meno, piena di donazione, di dolcezza, di affetto, di croce? Nessuno può sapere quale strada è prevista per ciascuno di noi, certo è che ognuno nel mondo ha un ruolo importante, fosse anche nascosto. Che cosa vuoi da me, Signore? Te lo chiedo ogni giorno ma poi mi fermo per dirti: “Fa di me ciò che vuoi, basta sia secondo la tua volontà.”

 

 

SABATO 24  DICEMBRE

“Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce, e Io depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo”. (Lc. 2,7)

 

Questo racconto vero è più che una meditazione:

“Il giorno di Natale del 1961, in una di quelle grotte della Galilea, ho visto un bambino di pochi mesi, che sua madre metteva a dormire in una mangiatoia. Ricordo benissimo: il piccolo si chiamava Issa, che in arabo vuol dire “Gesù”. E’ di pelle nera, ha gli occhi febbrili, respira con fatica, geme. lo faccio ogni sforzo per spiegare alla madre, nel mio pessimo arabo, che bisogna portarlo in ospedale. Lei non vuole.

E così, in un giorno di Natale, un bambino di nome Gesù sta per morire in una grotta, mentre i pastori infedeli si contendono la terra. Non so più cosa fare, perché la madre non vuoi lasciare il bambino. il giorno dopo, con padre Gauthier, chiamiamo un medico che viene a visitarlo, e vedendo il piccolo ventre penosamente rigonfio, decide di portarlo all’ospedale. Ma all’ufficio accettazione c’é una suora che vuoi fare le cose in regola. Vuoi sapere come si chiamano i genitori, richiede un documento che attesti la loro qualità di profughi, come esige il regolamento. E’ lì, con penna in mano, che aspetta le risposte. Ma la madre ha paura, non si fida di tutto questo ambiente estraneo, e tiene una mano sulla bocca del bambino, quasi per impedirgli di parlare, come se fosse in grado di farlo. E’ chiaro che questa donna fuggirebbe lontano, se potesse.

E allora padre Gauthier perde la pazienza: “Sorella, scriva semplicemente che il nome del bambino è Gesù, che sua madre si chiama Maria, che è venuto al mondo nel giorno di Natale. Basterà. Poi lo porti a letto. La suora lo guarda stupefatta, poi replica: “In questo caso, ne abbiamo molti di piccoli Gesù in queste condizioni!” Poi sì riprende: si addolcisce e soggiunge: “Grazie, padre: ha ragione lei. Spesso ce ne dimentichiamo...”.

 

 

DOMENICA 25  DICEMBRE

“E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi (Gv. 1,14)

 

Lasciamo in questo giorno parlare un grande Papa, Leone Magno: “il nostro Salvatore, carissimi, oggi è nato: rallegriamoci! Non c’è spazio per la tristezza nel giorno in cui nasce la vita, una vita che distrugge la paura della morte e dona la gioia delle promesse eterne. Nessuno e escluso da questa felicità: la causa della gioia è comune a tutti perché il nostro Signore, vincitore del peccato e della morte, non avendo trovato nessuno libero dalla colpa, è venuto per la liberazione di tutti. Esulti il santo, perché si avvicina al premio: gioisca il peccatore, perché gli è offerto il perdono; riprenda coraggio il pagano, perché è chiamato alla vita. il Figlio di Dio infatti, giunta la pienezza dei tempi che l’impenetrabile disegno divino aveva disposto, volendo riconciliare con il suo Creatore la natura umana, l’assume lui stesso in modo che il diavolo, apportatore della morte, fosse vinto da quella stessa natura che prima lui aveva reso schiava. Deponiamo dunque “l’uomo vecchio con la condotta di prima” (Ef. 4,22) e, poiché siamo partecipi della generazione di Cristo, rinunziamo alle opere della carne. Riconosci, cristiano, la tua dignità e, reso partecipe della natura divina, non voler tornare all’abiezione di un tempo con una condotta indegna. Ricordati chi è il tuo Capo e di quale Corpo sei membro. Ricordati che, strappato al potere delle tenebre, sei stato trasferito nella luce del Regno di Dio. Con il sacramento del battesimo sei diventato tempio dello Spirito Santo! Non mettere in fuga un ospite così illustre con un comportamento riprovevole e non sottometterti di nuovo alla schiavitù del demonio. Ricorda che il prezzo pagato per il tuo riscatto è il sangue di Cristo.”

 

 

LUNEDI' 26  DICEMBRE

"Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Egli ama". (Lc. 2,14)

 

Nel giorno di Natale del 1921 Ghandi diceva così:

“lo vi dirò, in questo giorno di Natale, quali impressioni ha prodotto in me la storia del Cristo così come è raccontata nel Nuovo Testamento. Quando lessi il Nuovo Testamento e il discorso della montagna, cominciai a capire l’insegnamento di Cristo. Questo insegnamento era di non vendicarsi e di non rendere male per male. Di quanto lessi, ciò che mi si fissò nella mente era che Gesù venne a stabilire una legge nuova: non più occhio per occhio e dente per dente, ma disposizione a ricevere due schiaffi quando te ne danno uno e a fare due chilometri se ti si chiede di farne uno soltanto. Approfondendo il mio contatto con alcuni veri cristiani, cioè con degli uomini che vivevano per Iddio, mi accorsi che il discorso della montagna era tutto il cristianesimo per colui che vuole vivere una vita cristiana. E’ questo discorso che mi ha indotto ad amare Cristo. Leggendo tutta la storia di quanto Cristo ha compiuto, mi pare che il cristianesimo non sia ancora stato realizzato, a meno che non si ammette che là dove si scopre un amore senza limiti e là dove non esiste alcun pensiero di vendetta, ci sia un cristianesimo vivente, al di là di ogni etichetta, e di tutti gli insegnamenti dei libri. Ma non è affatto così che, generalmente, si capisce il cristianesimo. Nella vita di una religione duemila anni possono essere poco. Effettivamente, benché noi cantiamo “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra”, oggi non c’è sulla terra né gloria di Dio né pace. Finché l’anelito alla pace resterà insoddisfatto e finché non avremo sradicato la violenza dalla nostra civiltà, il Cristo non è ancora nato. Quando la pace autentica si sarà affermate, ogni dimostrazione sarà inutile, tale sarà l’irradiazione della nostra vita non solo individuale ma anche sociale. Solo allora diremo che il Cristo è nato in mezzo a noi. Allora non penseremo tanto a un giorno che è un anniversario, ma a un avvenimento che può realizzarsi in tutta la nostra vita. L’importante è vivere la vita che non si ferma mai, che sempre avanza verso la pace. Se, dunque, si augura un ‘Buon Natale” senza dare un senso profondo a questa frase, tale augurio resta una semplice formula vuota. Chi non vuole la pace per tutti non la vuole nemmeno per se stesso. La pace non è possibile se da tutte le parti, contemporaneamente, non c’è una intensa aspirazione alla pace. E’ possibile, certo, sentire la pace anche in clima di lotta, ma solo alla condizione di sacrificare e di crocifiggere se stesso per far scomparire le cause dei conflitti. Sicché, come la nascita miracolosa è un avvenimento, anche la croce è un avvenimento in questa vita di lotta. Ecco perché noi non abbiamo diritto di pensare alla Natività senza pensare anche alla morte di Croce. Cristo vivo significa Croce viva. Senza di essa la vita non è che una morte agitata”.

 

 

MARTEDI' 27  DICEMBRE

“Alcuni Magi giunsero da Oriente e domandavano: Dov’è il Re dei Giudei che è nato?”. (Mt. 2,1—2)

 

Tre saggi del nostro tempo, in cerca di pace, giunsero alla moderna Betlemme, com’è talvolta chiamata la sede delle Nazioni Unite. Vi incontrarono Giuseppe, l’ingegnere capo. Egli spiegò loro che per avere la pace bisognava possederne il segreto. Ciascuno disse di possedere la chiave della pace, e aprirono le loro valigie. Il primo presentò l’oro, ossia la potenza finanziaria che può distribuire viveri e armi alle nazioni e fare molti alleati. Il secondo saggio presentò l’incenso, ossia la moderna scienza chimica. Grazie ad essa, spiegò, un atomo d’idrogeno spaccato da un neutrone provoca a sua volta la disintegrazione di altri atomi fino a sprigionare una potenza capace di annientare la vita in vastissime zone della terra. Il terzo saggio era un professore di università, e tirò fuori un volume intitolato: “La filosofia della mirra”, ossia un trattato sulla disperazione per insegnare il modo di vivere allo sbaraglio senza gli impacci della superstizione religiosa e del mito di Dio. Quando Giuseppe ebbe ricevuto i tre doni, scosse la testa e disse che non bastavano per entrare nella Betlemme della vera pace. Quelli allora protestarono: “Che cosa c’è di meglio al mondo che l’oro, la forza atomica e la libertà dagli orpelli del soprannaturale? Che cosa abbiamo dimenticato che possa dare al mondo la pace all’infuori della libertà dal bisogno, dalla debolezza e dalla paura?”. Giuseppe sussurrò qualche cosa all’orecchio del primo saggio che impallidì E Sussurrò qualcosa all’orecchio del secondo e del terzo saggio, e divennero tristi e pensierosi. Poi trasalirono ricordando... Sì, avevano dimenticato una cosa. Avevano dimenticato la Madre, e il Bambino; avevano preteso di avere la pace senza il Principe della Pace, di possedere la ricchezza senza l’Amore, la scienza senza la Coscienza, la libertà senza la Verità.

 

 

MERCOLEDI' 28  DICEMBRE

“Erode accortosi che i Magi si erano presi gioco di lui, s’infuriò e mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme dai due anni in giù”. (Mt. 2,16)

 

Che paradosso questa strage di neonati, provocata dalla nascita di Gesù che viene a dare la vita a tutti gli uomini! Questo doloroso episodio mette in luce una verità che verrà pienamente rivelata dalla morte dell’innocente per eccellenza: la volontà del peccatore, di cui Frode è qui la figura tipica, è sorgente di morte. Ma anche un’altra verità viene rivelata dalla strage dei bambini di Betlemme: là dove la malvagità dei peccatori semina morte, l’amore di Dio fa sovrabbondare la vita e la salvezza, che viene offerta a tutti gli uomini. L’ingresso di questi piccoli innocenti nella gloria manifesta chiaramente la gratuità della salvezza che ci viene portata dal Figlio di Dio.

 

 

GIOVEDI' 29  DICEMBRE

"Simeone disse: Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola: perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza". (Lc. 2,29)

 

Ci sono anziani tristi, pesanti nel loro modo di parlare, a volte pieni di invidia nei confronti della gioventù e ci sono anziani che esprimono gioia, speranza nonostante acciacchi e dolori. Alcuni anni fa andavo abitualmente a trovare una vecchietta dalla pelle grinzosa, era in un ricovero, sempre seduta nella sua carrozzina vicino alla finestra. Non era invadente nel suo raccontare il passato ma quando ero io a chiederglielo veniva fuori una storia difficile: nove fratelli nati nel giro di 11 anni, la morte del padre, la perdita della piccola casa di campagna, la fame, le umiliazioni nell’andare a servizio, la guerra e le malattie che presto l’avevano lasciata sola con un fratello storpio al quale aveva dedicato tutta una vita di stenti e sacrifici. Nei suoi occhi, mentre raccontava c’ere dolcezza. La stessa dolcezza con cui l’ultima volta che la vidi mi disse: “Il Signore mi ha sempre voluto bene, presto me ne vorrà di più”.

 

 

VENERDI' 30  DICEMBRE

“Il Bambino cresceva”. (Lc. 2,40)

 

Secondo i calcoli degli studiosi Gesù mori all’età di circa 33 anni e la sua vita pubblica fu di circa tre anni. Gli altri 30 a parte qualche piccolo episodio (l’esilio in Egitto, la dispute con i dottori nel Tempio) sono raccolti in questa frase: “Il Bambino cresceva”. Perché questa “perdita di tempo” tanto prezioso? Per me è un grande messaggio del Signore: il silenzio e il nascondimento sono altrettanto importanti dell’azione e della parola, anzi servono proprio a preparare l’agire. Gesù è stato uomo fino in fondo, ha provato le gioie e i dolori di una vita di famiglia, ha conosciuto l’amicizia e le delusioni, ha preparato la sua carne e il suo Spirito per compiere poi decisamente la volontà di suo Padre. Non c’è nulla di inutile nella vita: né il tempo dell’infanzia, né l’impotenza della vecchiaia. Ogni stagione della vita è un dono da vivere pienamente. Anzi, questo silenzio di Gesù mi dice che è più parlante un silenzio pieno di Dio che migliaia di parole piene di noi o vuote di tutto.

 

 

SABATO 31  DICEMBRE

“Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo”. (Gv. 1,9)

 

Un anno finisce. E’ l’ora dei bilanci, ma anche dell’azione di grazie per questo tempo, che è un dono di Dio. E’ l’ora dei propositi e delle previsioni per il nuovo anno che si annuncia. Ma l’orizzonte è spesso oscurato dall’angoscia e dall’incertezza del domani, che il ritmo spensierato delle feste cerca invano di scongiurare. In queste ultime ore dell’anno che volge al termine abbiamo bisogno di ravvivare la nostra speranza.

     
     
 

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