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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

OTTOBRE 1988

 

SABATO 1  OTTOBRE

“Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni”. (Mt. 28,19)

 

Un papa che viaggia così, un papa che, solo a Torino, in tre giorni fa oltre quindici discorsi ufficiali, ci stupisce: non eravamo abituati. Ma aldilà delle polemiche sui viaggi, sul loro costo e la loro forma, non possiamo non gioire nel rivedere applicata la parola di Gesù che non ha invitato a restare chiusi nel Cenacolo, nelle sinagoghe o nelle chiese, ma ad andare per tutto il mondo a seminare con pazienza la sua parola.

Troppe volte noi pensiamo che essere cristiani significhi dire preghiere, andare in chiesa, fare ogni tanto qualche buona azione. Senza dimenticare queste cose, essere cristiani è fare come Gesù: lasciare il comodo cielo, prendere corpo nel grigiore e povertà di una stalla, camminare sporcandosi mani e piedi per le strade della vita, seminare ovunque anche se non sì vedono risultati, amare fino al punto di dare la vita.

 

 

DOMENICA 2  OTTOBRE

“Egli è qui come segno di contraddizione” (Lc. 2,34)

 

Pensando alle polemiche che ogni viaggio del Papa fa nascere: chi dice bene, chi dice che spende inutilmente soldi, mi è rivenuto in mente questo brano che si intitola:

 

“Faccia da prete”.

C’è una persona che, qualunque nome abbia e in qualunque luogo si trovi può essere definito:segno di contraddizione: il PRETE!

Per gli assidui alla Messa, è l’uomo di Dio, per i lontani, è un funzionario della religione, per alcuni, è un solitario egoista, per altri, è l’uomo di tutti, altruista.

Alcuni lo benedicono, altri lo maledicono, molti non si accorgono neppure della sua presenza, altri ricorrono a lui per qualsiasi piccolezza, alcuni girano la faccia dall’altra parte quando lo incontrano, altri si scappellano e gli baciano la mano.

Tutti però, sia i vicini, sia i lontani, sia gli affezionati, pretendono di giudicarlo!

Se parla con i ricchi, è un capitalista,

se sta con i poveri è un comunista,

se ha il volto gioviale è un gaudente,

se è pensoso è un eterno insoddisfatto,

se è bello... perché non si è sposato?

Se veste il clergyman è un uomo di mondo,

se veste la tonaca è un conservatore,

se è grasso non si lascia mancare nulla,

se è magro è uno che non mangia per risparmiare,

se fa la predica che dura più di dieci minuti... non la finisce mai!

Se fa la predica corta... non sa proprio cosa dire,

se celebra la Messa al mattino presto,...ma non capisce che noi abbiamo bisogno di riposare?

Se dice la Messa tardi è un dormiglione,

se ha i capelli lunghi è un contestatore,

se porta i capelli corti è un sorpassato,

se battezza e sposa tutti strapazza i sacramenti,

se è piuttosto esigente allontana i fedeli,

se qualche volta perde la pazienza non ha sangue nelle vene,

se fa visite ai parrocchiani non è mai in casa,

se sta in chiesa o in canonica non si interessa di nessuno,

se non organizza feste non ha lo spirito del Vangelo,

se fa dei lavori in parrocchia butta via i soldi,

se non fa dei lavori mette tutti i bigliettoni alla banca per lasciarli in eredità ai nipoti,

se parla di contemplazione, di Dio, di preghiera è un astratto,

se parla di problemi pratici è un materialista,

se ha il consiglio parrocchiale è un prete che si lascia menare per il naso,

se non ha il consiglio parrocchiale e un prete autoritario e clericale,

se cita il Concilio è un prete troppo moderno,

se parla di catechismo, di confessione è arretrato,

se legge i giornali si interessa troppo di politica,

se non legge i giornali è un prete che non sa camminare con i tempi,

se si prende le ferie.., e

se muore qualcuno durante la sua assenza?

Se non va in ferie.. .eh, si capisce, non ne ha bisogno: si riposa tutto l’anno!

Se è giovane non ha esperienza,

se è vecchio farebbe bene ad andare in pensione,

se è solo in parrocchia. .. eh,

si capisce con il suo caratteraccio non sopporta nessuno e nessuno lo sopporta,

se ha il vicecurato... cosa ci stanno a fare qui in due mentre tante chiese non hanno il parroco?

E quando un prete muore, allora lo piangono tutti!!!

 

 

LUNEDI' 3  OTTOBRE

“E si radunarono intorno a Gesù tante persone da non esserci più posto”. (Mc. 2,3)

 

Durante questo viaggio del Papa, come del resto quasi sempre in tutti i “pellegrinaggi” che lui compie, folle imponenti si accalcano attorno a lui. I motivi della gente sono i più vari. Qualcuno vuoi “vedere il papa”, qualcuno approfitta del papa per fare affari, vendendo ricordini, qualcuno riconosce nel papa una voce autorevole e vuoi sentirlo, qualcuno vede in lui colui che ci dà il senso dell’unità della Chiesa. Da Gesù andavano tante persone con tanti motivi diversi e Gesù, pur chiarendo sempre i suoi fini, non ha mai mandato via nessuno. Ma neppure dalle folle bisogna fare facili statistiche sulla fede dei cristiani. La folla per Gesù c’è quando parla, quando moltiplica i pani, quando entra trionfalmente in Gerusalemme, ma anche quando vienE preso in giro da essa ai piedi della croce. La folla, la gente comune sono coloro per cui Gesù offre se stesso al Padre.

 

 

MARTEDI' 4  OTTOBRE

“Vi era un uomo ricco.., e vi era pure un povero chiamato Lazzaro”. (Lc. 16,19—31)

 

Nei suoi discorsi il Papa ci ha ricordato spesso il grande limite della nostra società. Il gran correre del nostro mondo è all’insegna del Dio danaro e del Dio Successo, ma, mai come oggi l’uomo prova l’infelicità, la Solitudine. ‘‘lo ho una casa, un campo. Voglio due case, due campi: tante case, tanti campi. Ragiono così: se moltiplico il mio avere, moltiplico il mio star bene. Costruisco col mio stolto ragionare un rapporto tra quantità e felicità, come se la felicità la si potesse spremere dalle creature.

Più tardi

— beato chi ci arriva, comunque ci arrivi sia pure con un cuore rotto!

— m’accorgerò che i campi, le case e le altre cose ancora possono talvolta arrivare.

Ma la felicità non ha il loro passo. Essa non si lascia condurre, non si lascia comprare. Ecco, va lontano, ognor più lontano.”

(P. Mazzolari)

 

MERCOLEDI' 5  OTTOBRE

“Rallegratevi nel Signore! Ve lo ripeto, siate nella gioia”. (Fil 4,1)

 

Ai giovani in modo particolare, ricalcando l’insegnamento di d. Bosco, il Papa ha ricordato di vivere con gioia i propri anni e il proprio impegno. Essere cristiani è cosa seria. Ma questo vuol dire che il cristiano debba essere sempre triste, preoccupato? “Per farmi imparare a credere al loro Dio, bisognerebbe che i cristiani avessero un’aria più amabile.” (Nietzsche)

 

“lo penso che tu forse ne abbia abbastanza, o Signore, della gente che, sempre, parla di servirti col piglio da condottiero, di conoscerti con aria da professore, di raggiungerti con regole sportive, di amarti come si ama in un matrimonio invecchiato. Un giorno in cui avevi un po’ voglia d’altro hai inventato san Francesco e ne hai fatto il tuo giullare. Lascia che inventiamo qualcosa per essere gente allegra che danza la propria vita con te.” (M.  Oelbrel)

 

 

GIOVEDI' 6  OTTOBRE

“Rallegratevi nel Signore”. (Fili 4,1)

 

Salvezza, gioia, buonumore vanno d’accordo.

“lo, vedete, rido sempre, mostro sempre i miei dentacci.. Il riso mette di buon umore il vicino, l’interlocutore;  accosta gli uomini, permette loro di capirsi meglio, rende gaio talvolta un carattere cupo: è una carità.”  (C. de Foucauld)

“Voglio veder sorridere. Un cristiano non ha alcun motivo per essere triste e ne ha tanti per essere gaio.”  (S. Ignazio)

“Dammi, o Signore, una buona digestione e naturalmente anche qualcosa da digerire. Dammi la salute del corpo con il buonumore necessario per mantenerla. Dammi un'anima che non conosca la noia, i brontolamenti, i sospiri, i lamenti e non fate che io mi crucci per quella cosa troppo invadente che si chiama "io" Dammi il senso del ridicolo. Concedimi la grazia di comprendere gli scherzi, affinché conosca nella vita un po’ di gioia e possa farne partecipi anche gli altri. Amen.” 

(S. Tommaso Moro)

 

VENERDI' 7   OTTOBRE

“Voi siete il corpo di Cristo e sue membra, ciascuno secondo la propria parte”. (1Cor. 12,27)

 

Indicando i vari gruppi ecclesiali, il Papa allo Stadio ha detto: “Già altre volte ebbi a dire che i carismi nella Chiesa sono diversi e molteplici, ma distribuiti tutti per l’utilità comune. Solo la convergenza di mente, di cuore e di opere sulla figura armonica e ben compaginata del Corpo di Cristo, sotto la guida dei Pastori, garantisce che la nostra non è opera di uomini ma opera di Dio.” Con G. Michonneau possiamo allora dire che la comunità non è un coro ad una sola voce.

 

“Che povero coro, se tutte le voci avessero lo stesso timbro! E’ necessario che ciascuna di esse sia al suo posto. La comunità ha bisogno di mistici e di uomini d’azione, di un teologo e di uno che sappia fare tutti i mestieri. Ha bisogno degli scoppi di voce dei rumorosi e della moderazione dei saggi. Non c’è nessuno che non possa essere necessario e che non trovi in essa il suo pieno sviluppo. Il meraviglioso risultato di una vita comunitaria sta nel fatto che ciascuno abbia un posto e lo riempia, ma è necessario che, se uno dovesse andar via, quel posto, per il concorso di tutti, non rimanga totalmente vuoto.”

 

 

SABATO 8  OTTOBRE

“Mi sono fatto tutto a tutti”. (1Cor. 9,22)

 

Nella visita del Papa colpisce il fatto che, nel pur breve tempo abbia ascoltato molti, dai giovani ai malati, dalle autorità ai bambini. “Quando un ascesso è maturo lo si svuota; soltanto dopo si applica un calmante. Se l’altro ha qualche difficoltà, non affrettarti a dargli una soluzione. Aiutalo con delicatezza a “svuotare l’ascesso”. Dopo basta una semplice parola dì amicizia, una stretta di mano... un calmante, perché il male se n’è andato. Se tu sai ascoltare, molti verranno a parlare di se. Sii attento, silenzioso, raccolto; forse ancor prima che tu abbia pronunciato una parola efficace, l’altro prenderà commiato, felice, liberato, illuminato. Poiché inconsciamente ciò che si aspettava non era un consiglio, una ricetta di vita, ma qualcuno a cui potersi appoggiare. Se devi rispondere, non cercare la parola da dire mentre l’altro parla, poiché egli ha bisogno prima di attenzione e poi di parole. Soprattutto affidati allo Spirito Santo, perché ciò che illumina non è frutto di ragionamento, ma il frutto della grazia. Non c’è vero dialogo se non stabilisci in te un silenzio profondo, un religioso silenzio, per accogliere l’altro, perché nell’altro e tramite l’altro Dio viene verso di te, e soltanto la fede può predisporti al dialogo”.

 

Così scrive Bonheufer:

“Come l’amore di Dio incomincia con l’ascoltare la sua Parola, così l’inizio dell’amore per il fratello sta nell’imparare ad ascoltarlo.

E’ per amore che Dio non solo ci dà la sua Parola, ma ci porge pure il suo orecchio. Altrettanto è opera di Dio se siamo capaci di ascoltare il fratello. Molti uomini cercano un orecchio che sia pronto ad ascoltarli, ma non lo trovano tra i cristiani, perché questi parlano pure lì dove dovrebbero ascoltare”.

 

 

DOMENICA 9  OTTOBRE

“Il pubblicano si batteva il petto dicendo: O Dio abbi pietà di me, peccatore”. (Lc. 18,9)

 

Davanti all’orgoglio di appartenere ad una terra dove la santità è fiorita così abbondantemente il Papa ci ha ridimensionato: “Torino, terra di santi, terra di missione”. E’ come se il Papa ci avesse detto: “Guarda con ammirazione a chi ha vissuto la santità ma ricordati che questa è una strada che oggi tu sei chiamato a seguire.

Capita ancora oggi di trovare gente che giustifica se stessa dicendo: “Siamo una famiglia religiosa perché abbiamo uno zio sacerdote”. La nostra fede, la nostra religiosità non dipende tanto dal fatto che qualcuno prima di noi ha risposto di sì al Signore, ma dal “sì” che diciamo noi ogni giorno. Anzi il vedere e il sapere che altri prima di noi hanno vissuto e incarnato la fede è stimolo (direi meglio con le parole del nostro arcivescovo e viatico”) per ricordarci che oggi io posso e devo vivere l’impegno di manifestare la santità di Dio con una vita fatta di segni che manifestano la sua misericordia, la sua speranza, il suo amore. Ci ha detto ancora il Papa: “Se Dio ha privilegiato   Torino e il Piemonte di Santi, vuol dire che si aspetta una conversione.”.

 

 

LUNEDI' 10  OTTOBRE

“Voi chi dite chi io sia?” (Mc. 8,29)

 

Se avete avuto, durante la visita del Papa, occasione di sentire anche solo distrattamente i  suoi discorsi c’è stata una parola ricorrente, detta con forza: “Cristo”. Il Papa ci ha ricordato la centralità di Cristo. Il nome “Gesù” ci ricorda l’avventura umana di quest’uomo di Galilea, il termine “Cristo”, “Messia”, unto dei Signore, ci ricorda con un sapore di fede la sua divinità. Per essere cristiani veri non bastano una serie di credenze, non basta l’osservanza di alcune norme o l’esplicazione di una religiosità con alcune formule di preghiera: bisogna confrontarsi con Cristo credendo alla sua divinità, lasciandosi scomodare dal suo amore che si fa carne e sofferenza. D’accordo, la fede non si fonda sulle parole o sui numeri, ma quante volte nel mio parlare entra il nome di Gesù, di Cristo? E soprattutto, chi mi vede agire riesce a capire che per me, come diceva S. Paolo, Cristo è tutto?

 

 

MARTEDI' 11   OTTOBRE

“Non cessate mai di pregare”. (1Tess. 5,17)

 

Con senso di stupore e meraviglia, abbiamo visto sovente l’immagine del volto del Papa che, mentre ascoltava qualcuno che gli rivolgeva la parola, improvvisamente apriva la bocca e sembrava dicesse qualcosa. Per chi, conoscendo il latino avesse guardato attentamente si potevano leggere sulle labbra del Papa delle invocazioni semplici ma profonde come “Ave Maria”, “Totus tuus ego sum (sono tuo, mi affido a te). Questo atteggiamento ci insegna che è solo la preghiera continua, magari fatta anche di piccole frasi, ma di comunione continua che può veramente dar forza, aiutarci nella missione, nella disponibilità, nella testimonianza.

 

 

MERCOLEDI' 12  OTTOBRE

“Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”. (Mt. 16,18)

 

“Dio sì Chiesa no!” Con questa o simili affermazioni molti si costruiscono una “religione personale” o un Dio personale. Le parole del Papa ai giovani su questo argomento sono state molto chiare:

“Appartenere alla Chiesa significa condividerne la via crucis, le imperfezioni e soprattutto sentire la responsabilità non solo di chiedere alla Chiesa, ma di dare ad essa la grazia di rinnovarsi e crescere E poi non bisogna dimenticare che la Chiesa è ogni battezzato: voi siete la Chiesa, voi fate la Chiesa, e quando voi parlate della Chiesa, parlate di voi stessi.”

 

 

GIOVEDI' 13  OTTOBRE

“Questo è il mio comandamento:che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati”. (Gv. 15,12)

 

“Amare” è la parola più bella ma anche la più equivocata ed abusata del vocabolario. Parlando ai giovani il Papa ha spiegato che cosa significhi per un cristiano. “Amare autenticamente, da cristiani, significa oggi tante volte andare contro corrente, essere uomini schietti che dicono male al male e bene al bene e con coraggio scelgono contro la maniera comune di far equivalere amore a sesso, validità a successo, autenticità al look o apparenza. Se volete raggiungere lo stile di amare del Cristo, preparatevi a saper anche soffrire come Lui e in compagnia di Lui. Amare da cristiani è fare perno su Dio attraverso la persona di Cristo e donarsi agli altri in atteggiamento di disponibilità, di accoglienza, di aiuto

 

 

VENERDI' 14  OTTOBRE

“Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt. 28,20)

 

Terminiamo questa breve serie di riflessioni sulla visita e le parole del Papa lasciando che sia lui a ripeterci il suo più pressante invito. “Torino, terra di missione! Cari fratelli e sorelle, questa missione è affidata a ciascuno di voi. Gravi sono i problemi e molteplici gli ostacoli, ma Gesù è con voi: la sua grazia è diffusa nei vostri cuori, vi anima la sua carità, vi conforta la sua Parola. Non vi scoraggiate, non indietreggiate mai davanti alle esigenti istanze del Vangelo! Portatelo nel mondo del lavoro, della ricerca, della scuola. Rendetelo presente là dove ferve la vita della vostra città. Aiutate ogni fratello a riscoprirlo nella memoria dell’insegnamento ricevuto dai genitori. Attirate col fervore della carità coloro che si sono allontanati per altre vie. Irradiate attorno a voi la gioia della vita della grazia. Trasformate il volto della vostra città, nel segno dell’amore e della pace.”

 

 

SABATO 15  OTTOBRE

“Se il chicco di frumento non cade nella terra e muore, non porterà frutto”. (Gv. 12,24)

 

Gli anni della vita hanno tutti una loro peculiarità. Noi vogliamo vedere frutti in fretta. La speranza è ciò che ci fa vivere ogni momento, anche buio, come un momento unico, irripetibile che certamente nel tempo in cui Dio vorrà, porterà frutto “il contadino semina il grano e se ne và. Dopo una settimana, apparentemente non vede nulla di nuovo. Poi viene l’inverno. Ma, dopo qualche tempo, incomincia a comparire un filo d’erba... Arriverà il tuo agosto! Lascia che il Signore semini in te. E’ l’ora del Signore, abbi fiducia, anche se al momento non vedi nulla, anche se hai l’impressione che il Signore non si curi di te, anche se viene la neve e la grandine. Quel seme c’é. Arriverà il suo momento. Abbi fiducia nell’ora del Signore. (S. Francesco Borgia)

 

“C'è sempre qualche cosa che serve all’esperienza e alla saggezza del santo. C’è sempre qualche cosa di positivo anche nelle epoche più negative. Lentamente ma ininterrottamente, con una fatica che congiunge le lacrime di chi semina alla gioia di chi raccoglie. Sale la novità, che domanda ogni giorno qualche cosa di nuovo a noi stessi. Se uno non si sforza di rinascere ogni giorno, il fermento che lo spirito gli ha comunicato, s’arresta immediatamente e si corrompe, e il domani, anche se un domani di vittoria, non è più novità.” (P. Mazzolari)

 

 

DOMENICA 16  OTTOBRE

“Dimenticando il cammino percorso, cammino proteso in avanti”. (Fil 3,13)

 

S. Paolo sa che la sua missione è per il futuro, si fida non di se stesso ma guarda con speranza al futuro, perché il futuro è Cristo. Ecco come un poeta, definisce:

“Ciò che stupisce Dio”

La fede che amo di più dice Dio è la speranza.

La fede non mi stupisce. Non è così sorprendente.

Io risplendo talmente nella mia creazione, che per non vedermi veramente, questa povera gente dovrebbe essere cieca...

La fede va da sé, cammina da sola.

Per credere basta lasciarsi guidare, basta guardare attorno.

Per non credere, bisognerebbe farsi violenza, torturarsi, tormentarsi, contrariarsi, irrigidirsi.

La fede è del tutto naturale, ovvia, semplice.

E’ una buona donna che si conosce, una buona donna, vecchia, una parrocchiana anziana, una buona donna della parrocchia, una vecchia nonna. Ella ci racconta le storie del tempo antico...

La carità

— dice Dio

— non mi stupisce.

Non è cosa sorprendente.

Queste povere creature sono così infelici che, a meno di avere un cuore di pietra, non possono che aver carità le une per le altre...

Ma la speranza

—dice Dio

— ecco quel che mi stupisce.  (Charles Peguy)

 

 

LUNEDI' 17   OTTOBRE

“Le sofferenze del tempo presente non sono degne di essere paragona te alla gloria che si rivelerà a noi”. (Rom. 8,18)

 

Nel nostro camminare quotidiano siamo portati, perché ne sentiamo il peso, a guardare soprattutto al negativo. il cristiano, guardando a Cristo ha in cuore speranza.

Non è fuggire i problemi, è vederli nella sua luce di eternità. E’ quanto ci ricorda don Mazzolari.

 

“L’oggi si fa chiaro nel domani.

Il contadino, quando semina, ha negli occhi il fulgore del giugno,

e va verso quello mentre la nebbia ottombrina gli vela lo sguardo.

La primavera incomincia con il primo fiore, il giorno con il primo barlume,

la notte con la prima stella, il torrente con la prima goccia,

il fuoco con la prima scintilla, l’amore con il primo sogno.

La speranza vede la spiga quando i miei occhi di carne non vedono che il seme che marcisce.

L’uomo cammina e la Speranza gli fa buona ogni strada, anche la strada della croce.

Sentirmi ospite e pellegrino in qualunque dimora terrena, dentro e fuori di ogni casa;

sentirmi da capo ad ogni arrivo, sotto una tenda anche nel palazzo più quadrato;

avere sempre l’ultimo anello della catena da saldare,

una mano tesa verso qualcuno, un sospiro per qualche cosa.., è la mia vocazione di cristiano.

L’uomo non è mai tanto povero come quando s’accorge che gli manca tutto;

non e mai tanto grande come quando da questa stessa povertà, tende le braccia e il cuore verso Qualcuno.

Chi ha Qualcuno davanti non si ferma più e nessuno lo ferma, neanche la morte, perché Lui è più forte della morte.”.

 

 

MARTEDI' 18  OTTOBRE

“Guardate gli uccelli del cielo”. (Mc. 6,26)

 

Un grano di saggezza

I discepoli facevano molte domande su Dio.

Il maestro disse:“Dio è ignoto e inconoscibile, ogni affermazione che lo riguardi, ogni risposta alle vostre domande è una distorsione della verità”.

I discepoli rimasero perplessi: “Ma allora perché parli di lui?”.

“Perchè cantano gli uccelli?” disse il maestro.

Un uccello non canta perché ha qualche dichiarazione da fare.

Canta perché ha una canzone.

 

 

MERCOLEDI' 19  OTTOBRE

“Davanti al Signore mille anni sono come il giorno di ieri che è passato”. (Sal. 90,4)

 

Nella nostra comunità c’è un anziano che ho sempre ammirato. Ha 90 anni, gode di buona salute, si cura, fa la spesa, ha degli hobby che lo aiutano e soprattutto lo vedo sempre sereno. Un giorno, parlando con lui, mi indicò un suo “segreto”. “Non è che non abbia mai incontrato difficoltà, dispiaceri e prove nella mia vita. Ne ho incontrati tanti ed alcuni mi hanno ferito e segnato profondamente ma per quelle che sono le “arrabbiature”, le incomprensioni, le liti mi sono sempre comportato così: mi dico, questa arrabbiatura di oggi come la vedrò tra dieci anni? Certamente come una cosa piccola, lontana. E allora, vale la pena che oggi me la prenda tanto? Se faccio passare in un minuto dieci anni, “sbollisco” subito, ci guadagno in serenità e salute e forse sono anche più cristiano”.

 

 

GIOVEDI' 20  OTTOBRE

“Poichè lo sposo tardava, tutte (le dieci vergini) si assopirono”. (Mt. 25,5)

 

Leggendo la parabola delle 10 vergini, cinque sagge e cinque stolte, siamo abituati a pensare subito a quanto bisogna essere sempre pronti perché non sappiamo quando il Signore verrà, ma poche volte ci siamo fermati a pensare al realismo di Gesti che dice che nell’attesa della venuta definitiva del Regno di Dio, sia le sagge che le stolte si addormentano. E quello che stupisce di più è che Gesù non rimprovera per questo sonno. Nella nostra vita spesso è buio. E spesso Dio non si fa vedere, perlomeno come vorremmo noi. Anche nella fede non sempre tutto è entusiasmante, spesso la preghiera è arida, sappiamo che Dio è vicino ma non lo sentiamo: questo sposo gioioso tarda ad arrivare e allora è facile addormentarsi. Gesù lo capisce, non rimprovera ma ci ricorda: “Addormentati pure ma non mancare alla chiamata e, soprattutto, che il tuo assopirti non ti faccia dimenticare di essere pronto al minimo segnale di rendere testimonianza della speranza che è stata seminata in te.”

 

 

VENERDI' 21  OTTOBRE

“Per caso un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre”. (Lc. 10,31)

 

Nessuno è troppo alto per un piccolo servizio al prossimo.

La preoccupazione per la perdita di tempo che spesso un tale servizio materiale comporta, è segno di un’eccessiva importanza attribuita al proprio tempo e lavoro. Dobbiamo essere pronti a lasciarci interrompere da Dio. Dio contrasterà sempre, ogni giorno, le nostre vie e i nostri piani, mandandoci persone con le loro richieste e necessità. Possiamo passare oltre senza badar loro, preoccupati come siamo dell’importanza della nostra giornata, così come il sacerdote passò oltre senza curarsi dell’uomo caduto in mano ai predoni forse era addirittura immerso nella lettura di un passo biblico! E così passiamo oltre senza vedere il segno della croce nella nostra vita, che vorrebbe indicarci il vero valore delle vie di Dio e non delle nostre. (Dietrich Bonhoeffer)

 

 

SABATO 22  OTTOBRE

“Allora Gesù, fissatolo, lo amò”. (Mc. 10,21)

 

Lo sguardo di Gesù insegna tante cose.

Nello scorrere dei giorni spesso ci sentiamo la vita sfuggire come se non fosse nostra, vorremmo sempre essere padroni, possessori del nostro tempo, vorremmo riempirlo di cose nostre, progettarlo e realizzarlo per noi, ma esso passa, ci macina e spesso resta il vuoto.

Gesù ha vissuto pienamente i suoi tre anni di vita pubblica perché ha riempito il suo tempo non di se stesso ma di rapporto con gli altri. Il suo sguardo era talmente profondo che gli apostoli lo seguono, la gente si sente attratta da Lui. E Gesù ascolta e guarda tutti con amore.

Darò un vero senso al mio tempo quando la smetterò di volerlo possedere, ma quando guardando a fondo nel cuore delle persone che incontro saprò usare il tempo per delle relazioni profonde. In fondo, l’amore è la sola cosa che riempia, la sola realtà.

 

 

DOMENICA 23 OTTOBRE

“Rivestitevi di umiltà gli uni verso gli altri”. (1Pt. 5,5)

Come la terra...

L’umiltà non è, come talvolta si è portati a pensare , lo sforzo, talora goffo, di chi ha la pretesa di convincersi che è peggiore di tutti gli altri e si ostina a convincere anche gli altri attraverso un comportamento per lo meno poco naturale.

L’umiltà è la condizione della terra.

La terra è sempre lì. Nessuno se ne meraviglia. Nessuno le bada. Tutti la calpestano.

La terra è il luogo che accoglie ogni sorta di avanzi, di rifiuti. E’ lì, silenziosa: accetta tutto e trasforma in ricchezza nuova tutti questi detriti in decomposizione. Riesce a trasformare addirittura la corruzione stessa in fermento di vita nuova, recettiva al sole, recettiva alla pioggia, pronta a ricevere qualsiasi seme.  (Anthony Bloom)

 

 

LUNEDI' 24  OTTOBRE

“Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”. (Mt. 5,8)

 

“Tanto poco”, “ma abbiamo tutto”

Non dimenticherò mai una sera, in Argentina, in un “obraje”, nella macchia dove lavorano in clima estremo, spesso tormentati da nuvole di zanzare, con i piedi in acquitrini putridi, con un salario di stretta sopravvivenza, i boscaioli. Mi aggiravo all’ora del tramonto fra i “ranchos” miserabili di fango dove si riparano ammassate dieci o più persone. Passo davanti alla casa di Domingo che sta riposando a dorso nudo, scalzo, giocando con l'ascia che ha maneggiato duramente tutta la giornata. Domingo, normalmente poco espansivo, mi vede passare davanti alla sua casa, mi saluta e m’invita a sedergli accanto. Quando il sole è scomparso del tutto dopo aver assolto il suo impegno di dare ore di splendore a uno dei paesaggi più desolati che io abbia visto, Domingo manda una voce dentro il “rancho”: “Negra, il fratello resta a cena con noi. La ‘‘negra’’ si affaccia alla porta sorridente e dice: “Domingo, abbiamo tanto poco di cena, non sarebbe meglio invitarlo un’altra volta?” Ma Domingo insiste, e io sento che devo restare, proprio perché non hanno niente da darmi. Dopo poco arriva sulla tavola un piatto di pasta bollita senza condimento: è tutto. Siamo noi tre nel silenzio calmo della notte. Ad un tratto io ho visto il volto di Domingo illuminarsi: “Negra, noi siamo veramente felici, ci vogliamo bene, abbiamo buona salute. Dio stasera è con noi per la presenza del fratello, abbiamo tutto”. E la “negra” faceva il commento musicale con il suo sorriso. Come avrei voluto fissare quel momento... No, non era “fatalismo”: Domingo era buon operaio perché solido di muscoli e abile nel taglio, scomodo, scontroso, contestatore, mai contento” diceva  di lui il   “capataz”. In quel momento Domingo aveva la sua estasi contemplativa: scopriva nel suo “nulla” uno sguardo che si posava su di lui con amore. (Arturo Paoli)

 

 

MARTEDI' 25  OTTOBRE

"I farisei dissero: Costui scaccia i demoni in nome di Beelzebul, principe dei demoni". (Mt. 12,24)

 

Quando una persona è diversa, più buona di noi è molto facile rovinargli la reputazione. Con Gesù ci provano i farisei. Gesù non si lascia toccare da queste maldicenze, Gesù sa molto bene che perdere la reputazione non è molto diverso che perdere quel contratto che si stava per firmare in sogno.

 

Una giovane nel villaggio di pescatori diventò ragazza madre e dopo molte percosse rivelò che il padre del bambino era il maestro zen che meditava tutto il giorno nel tempio fuori del villaggio.

I genitori della ragazza e un folto gruppo di abitanti del villaggio marciarono verso il tempio, disturbarono scortesemente la meditazione del maestro, lo insultarono per la sua ipocrisia e gli dissero che, dato che era il padre del bambino, doveva ora assumersi il compito di allevarlo. Per tutta risposta il maestro disse: “Molto bene. Molto bene”.

Quando la folla se, ne andò, raccolse il bambino dal pavimento e si accordò con una donna del villaggio affinché nutrisse, vestisse e badasse al neonato a sue spese.

La fama del maestro era rovinata. Nessuno andava più da lui per essere istruito.

La storia durava da un anno quando la ragazza, che aveva partorito il bambino, non resistette più e confessò finalmente di aver mentito.

Il padre del bambino era il ragazzo della porta accanto.

I genitori e tutti gli abitanti del villaggio si pentirono amaramente. Si prostrarono ai piedi del maestro per chiedergli perdono e farsi restituire il bambino. Il maestro restituì il bambino. E tutto ciò che disse fu: “Molto bene. Molto bene”

 

 

MERCOLEDI' 26  OTTOBRE

“Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro”. (Mt. 5,48)

 

Tante pagine del Vangelo ci sembrano troppo ardue e impegnative al punto che con quello che noi chiamiamo “buon senso” le ridimensioniamo subito: “E’ impossibile: basta essere buoni, fare le preghiere, perdonare finché ne siamo capaci” e riduciamo il cristianesimo a gesti, a osservanze, formule non troppo impegnative che fanno perdere il gusto, la gioia, l’avventura e la grandezza della fede.

 

Un uomo trovò un uovo d’aquila e lo mise nel nido di una gallina. L’aquilotto nacque insieme alla covata di pulcini e crebbe con loro. Per tutta la sua vita l’aquila fece ciò che facevano i polli, credendo di essere un pollo. Razzolava in cerca di vermi e insetti. Chiocciava e faceva coccodè. E agitava le ali alzandosi di poco da terra come i polli. Dopo tutto è così che vola una gallina, no? Gli anni passarono e l’aquila divenne molto vecchia. Un giorno vide molto alto sopra di lei nel cielo limpido un magnifico uccello, che fluttuava maestoso e pieno di grazia, tra le forti correnti dei venti, e che batteva solo di tanto in tanto le sue possenti ali dorate.

La vecchia aquila lo osservò piena di reverenziale timore. “Chi è quello?” chiese al suo vicino.

“E’ l’aquila, la regina degli uccelli”, il vicino rispose. “Ma non ci pensare. Tu ed io siamo diversi da lei”.

Così l’aquila non ci pensò più. Morì pensando di essere una gallina.

 

 

GIOVEDI' 27  OTTOBRE

“Quando pregate non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze per essere visti dagli uomini”. (Mt. 6,5)

 

Sa’di di Shiraz racconta questa storia di se stesso:

“Quand’ero bambino ero un ragazzino pio, fervente nella preghiera e nella devozione. Una notte vegliavo con mio padre, con il santo Corano in grembo. Tutti gli altri, presenti nella stanza, iniziarono a sonnecchiare e ben presto si addormentarono profondamente per cui io dissi a mio padre: “Nessuno di questi dormiglioni apre gli occhi o solleva la testa per dire le preghiere. Si direbbe che sono tutti morti”. Mio padre replicò: “Mio diletto figliolo, preferirei che anche tu fossi addormentato come loro piuttosto che maldicente”. La presunzione è il rischio professionale di chi s’imbarca nella via della preghiera e nella religiosità.

 

 

VENERDI' 28 OTTOBRE

“Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle sue parole”. (Lc. 22,61)

 

Avevo un ottimo rapporto con  il Signore. Gli chiedevo delle cose, conversavo con Lui, lo lodavo, lo ringraziavo... Ma avevo sempre la sgradevole sensazione che Lui volesse che lo guardassi negli occhi... E io non lo facevo. Parlavo, ma distoglievo lo sguardo quando sentivo che mi stava guardando. Distoglievo sempre lo sguardo. E sapevo perché. Avevo paura. Pensavo che avrei trovato nei suoi occhi l’accusa di un qualche peccato di cui non mi ero pentito. Pensavo che avrei trovato una richiesta nei suoi occhi: ci sarebbe stato qualcosa che Lui voleva da me.

Un giorno finalmente mi feci coraggio e guardai! Non c’era nessuna accusa. Non c’era nessuna richiesta. Gli occhi dicevano solo: “Ti amo”. Guardai a lungo in quegli occhi. Li scrutai. Ma il solo messaggio era: “Ti amo!”. Ed io uscii e, come Pietro, piansi.

 

 

SABATO 29  OTTOBRE

“E voi padri non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino”. (Col. 3,21)

 

E’ facile, nell’esercizio della paternità, cadere nell'autoritarismo, è anche facile che un padre e una madre, sentendo i figli come proprietà, cerchino di plasmarli a figura, immagine e somiglianza. Ed è anche facile che davanti alle difficoltà si creino dei conflitti tra figli e genitori. Questa preghiera di Douglas Mac Arthur ci presenta un padre che con fede cerca il vero bene del proprio figlio.

 

Dio Padre, dammi un figlio che sia abbastanza forte per aver coscienza delle sue debolezze; abbastanza bravo per riprendersi, quando avrà paura; un figlio che sappia accettare con fierezza una disfatta onorevole, ed essere umile e generoso nella vittoria. Dammi un figlio che ti conosca e sappia che la conoscenza di te è la pietra angolare della sapienza. Te ne prego, o Dio! Non condurlo per vie facili, ma piuttosto, per sentieri pieni di difficoltà e di ostacoli. Insegnagli a restare in piedi nelle tempeste, e a mostrare compassione per quelli che cadono. Formami un figlio di cuore puro, con aspirazioni elevate, che sappia essere padrone di sé, prima di voler padroneggiare sugli altri; che sappia ridere, senza dimenticare come si piange; che tenda verso l’avvenire, senza perdere di vista il passato. E quando avrà tutto questo, aggiungigli, te ne prego, sufficiente buon umore, perché resti sempre grave, senza mai prendere le cose al tragico. Dagli umiltà, perché ricordi ognora la semplicità della vera grandezza, la comprensione della vera sapienza, la mansuetudine della vera forza. Allora, io, suo padre, oserò mormorare a me stesso: “Non sei vissuto invano!”.

 

 

DOMENICA 30  OTTOBRE

“Beati voi poveri perché vostro è il Regno di Dio” (Lc. 6,20)

 

I poveri hanno il segreto della speranza. Mangiano ogni giorno nella mano di Dio. Gli altri uomini desiderano, esigono, rivendicano e chiamano tutto questo speranza. Poiché non hanno né pazienza, né intelligenza, né onore, non vogliono che godere, ma l’attesa del godimento non è speranza, è piuttosto delirio, ossessione. D’altra parte il mondo moderno vive troppo in fretta, non ha più tempo di sperare.
Né di amare, né di sognare. Solo i poveri sperano per tutti noi, come solo i santi amano ed espiano per tutti noi. La tradizione della speranza è nelle mani dei poveri, come il segreto del merletto, che le macchine non riusciranno mai ad imitare, è nelle mani delle vecchie operaie di Bruges.  (G.  Bernanos)

 

 

LUNEDI' 31  OTTOBRE

“Tutti siano una cosa sola”. (Gv. 17,21)

 

Terminiamo il mese di ottobre con un racconto di A. Pronzato.

Vi voglio raccontare una delle parabole più belle sull’amicizia che mi sia capitato di leggere.

Due amici, dopo un lungo periodo di separazione, si incontrano in una via di Rabat. Hanno parecchie cose da raccontarsi. Ma, esaurita la scorta di notizie, si accende la solita discussione. Capita così tutte le volte. C’è la religione che li divide. E le argomentazioni, le repliche, le sfide, le domande, le contestazioni si susseguono a ritmo serrato. A un tratto, però, il. musulmano sembra aver trovato la soluzione ideale:

— Stammi a sentire. Tu dici di possedere in Gesù Cristo la verità. Io, invece, sono convinto che ti sbagli. La verità sta dalla parte di Maometto, e il Corano è di gran lunga superiore al Vangelo. Quindi tu sei in errore. Ma questo non ha importanza. La cosa importante è che siamo e rimaniamo amici. Replica il cristiano:

— Sì, fai presto a dire. Ma quando arriveremo di là, dovremo per forza separarci. Non potremo certo trovarci tutti e due dalla parte giusta.

— E’ qui che ti sbagli, amico. Quando saremo nell’altra vita, ci terremo così stretti per mano che chi dei due sarà nella verità tirerà l’altro verso di sé.

Le idee possono dividere. Ma chi ama veramente non accetta di essere separato dall’altro a motivo delle idee. L’amicizia annulla sempre la distanza provocata dalla, diversità di cervelli.  (A.  Pronzato)

     
     
 

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