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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

SETTEMBRE 1988

 

 

GIOVEDI' 1  SETTEMBRE

“Se non diventerete come bambini non entrerete nel Regno dei cieli”. (Mt. 18,3)

 

Spesso noi cerchiamo la chiave della felicità in cose complesse, in teorie filosofiche o psicologiche e dimentichiamo invece che la felicità (anche quella familiare)  nelle cose semplici.

 

Un segreto d’amore

Mentre sfogliava i suoi “dossier” matrimoniali, il diavolo notò con dispetto che c’era ancora una coppia, sulla terra, che filava d’amore e d’accordo. Decise di fare un’ispezione. Si trattava in realtà di una coppia comune: eppure sprigionava tanto amore che attorno ad essa pareva ci fosse un’eterna primavera. Li diavolo volle conoscere il segreto di quell’amore. Nessun segreto gli spiegarono i due. Viviamo il nostro amore come una gara: quando uno dei due sbaglia, è l’altro che se ne assume la colpa; quando uno dei due fa bene, è l’altro che ne ha le lodi; quando uno dei due soffre, è l’altro che ne ha consolazione, quando uno dei due gioisce, è l’altro che ne ricava piacere. Insomma, facciamo sempre a chi arriva per primo. Al diavolo tutto ciò parve scemo. E se ne andò senza far loro del male. Ed è così che possono ancora esistere delle coppie felici sulla terra.

(Dino Semplici)

 

VENERDI' 2  SETTEMBRE

“Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza”. (Genesi 1,26)

 

Le nostre paure e il nostro peccato spesso ci fanno dimenticare che noi siamo Figli di Dio e che sempre possiamo fidarci del nostro Padre.

 

Il mantello lacerato

Un guerriero dal passato piuttosto torbido chiese ad un anacoreta se pensava che Dio avrebbe mai potuto accogliere il suo pentimento. E l’eremita, esortato che l’ebbe con molti discorsi, gli domandò: “Dimmi, ti prego, se il tuo mantello è lacerato, lo butti via?.. “No”, rispose l’altro: “lo ricucio e torno ad indossano”. “Dunque”, soggiunse il monaco, “se tu hai riguardo al tuo vestito di panno, vuoi che Dio non abbia misericordia per la sua immagine?”. (Dagli Apoftegmi dei Padri del deserto)

 

 

SABATO 3  SETTEMBRE

“Date e vi sarà dato, una misura piena, scossa, abbondante”. (Lc. 6,38)

 

Dio vuole aver bisogno di noi. Non risolve mai i problemi dall’alto, ma sempre con la nostra partecipazione. Se noi mettiamo la nostra parte, Lui non si lascia battere in generosità.

 

Non lesiniamo sul dono

Ero andato mendicando di uscio in uscio lungo il sentiero del villaggio, quando in lontananza mi apparve il Tuo aureo cocchio, simile a un sogno meraviglioso. Mi domandai: chi sarà mai questo Re di tutti i re? Crebbero le mie speranze, e pensai che i giorni tristi sarebbero ormai finiti; stetti ad attendere che l’elemosina mi fosse data senza doverla chiedere, e che le ricchezze venissero sparse ovunque nella polvere.

Il cocchio mi si fermò accanto; il Tuo sguardo cadde su di me, e Tu scendesti con un sorriso. Sentivo che era giunto alfine il momento supremo della mia vita.

Ma Tu, ad un tratto, mi stendesti la mano destra dicendomi: “Che cos’hai da darmi?”.

Ah, quale gesto veramente regale fu quello di stendere la Tua palma per chiedere l’elemosina, ad un povero! Esitante e confuso, trassi lentamente dalla mia bisaccia un acino di grano e Te lo porsi.

Ma quale non fu la mia sorpresa quando, sul finire del giorno, vuotai a terra la mia bisaccia e trovai nell’esiguo mucchietto di acini, un granellino d’oro! Piansi amaramente per non aver avuto cuore  di darti tutto quello che possedevo...

(Rabindranath Tagore,Gitanjali, Carabba)

 

DOMENICA 4  SETTEMBRE

"Con il sudore del tuo volto mangerai il tuo pane". (Genesi 3,19)

 

Il lavoro dell’uomo può essere maledizione ma è anche il tesoro prezioso che può dar senso alla sua vita. Diceva Don Bosco: “Lavoriamo come se dovessimo vivere sempre, e viviamo come se dovessimo morire in questo giorno.

 

Il tesoro del giardiniere

C’era una volta un uomo che faceva il giardiniere. Non era ricco, ma lavorando sodo era riuscito a comperare una bella vigna. Aveva anche allevato tre figliuoli robusti e sani. Ma proprio qui stava il suo cruccio: i tre ragazzi non dimostravano in alcun modo di condividere la passione del padre per il lavoro campestre.

Un giorno il giardiniere sentì che stava per giungere la sua ultima ora. Chiamò perciò i suoi ragazzi e disse loro: “Figliuoli, debbo rivelarvi un segreto: nella vigna è nascosto tanto oro da bastare per vivere felici e tranquilli. Cercate questo tesoro, e dividetelo fraternamente tra voi.

Detto questo, spirò. Il giorno dopo i tre figli scesero nella vigna con zappe, vanghe e rastrelli, e cominciarono a rimuovere profondamente la terra. Cercarono per giorni e giorni, poiché la vigna era grande e non si sapeva dove il padre avesse nascosto l’oro di cui aveva parlato. Alla fine si accorsero di aver zappato tutta la terra senza aver trovato alcun tesoro. Rimasero molto delusi. Ma dopo qualche tempo, compresero il significato delle parole del padre; infatti quell’anno la vigna diede una quantità enorme di splendida uva, perché era stata ben curata e zappata. Vendettero l’uva e ne ricavarono molti rubli d’oro, che poi divisero fraternamente secondo la raccomandazione del padre. E da quel giorno compresero che il più grande tesoro per l’uomo è il frutto del suo lavoro. (Rielaborato dai Racconti di Leone Tolstoi)

 

 

LUNEDI' 5  SETTEMBRE

“Avevo fame e tu mi hai dato da mangiare...”. (Mt. 25,31—46)

 

Un romanziere, umorista, attualizza queste parole di Gesù. Un contadino irlandese, sempre lieto e buon compagno d’allegria una notte ebbe un sogno. Gli sembrò di essere morto e di trovarsi al giudizio universale. Era quasi disperato perché aveva molte marachelle sulla coscienza; sentiva che il Giudice, indicando qualcuno tra i beati diceva: “Avevo fame e tu mi hai sfamato. Vieni alla mia destra”, oppure: “Avevo freddo, e tu mi hai ricoperto”, oppure: “Ero assetato, e tu hai calmato la mia arsura. Si capiva che ogni opera buona, fatta per amor di Cristo al prossimo, era subito ricompensata. Il contadino tremava tutto perché non si ricordava di aver mai incontrato quel Giudice sfolgorante di luce e di bellezza, ma quando venne il suo turno ebbe la gioia di vedersi osservato benevolmente e di essere assegnato tra i beati. “Che cosa mai avrò fatto di buono?” si chiedeva umilmente.

E il Giudice esclamò: “Ero triste un giorno e tu mi hai sorriso, ero addolorato, e tu mi hai consolato con un allegro discorso, ero turbato e tu mi hai rasserenato. Entra, benedetto, nel gaudio del tuo Signore.  (E. Waugh)

 

 

MARTEDI' 6  SETTEMBRE

"Ecco, il mio convito è pronto... venite alle nozze". (Mt. 22,4)

 

Qual è il momento giusto per dire di sì al Signore? Quando il Signore parla: quello è il momento giusto! Se uno dice: Adesso non rispondo, risponderò più tardi.., corre un gran rischio. A questo proposito i rabbini raccontano questa parabola.

E’ simile a un re, che invitò i suoi sudditi a una festa. Ma non indicò l’ora esatta del banchetto. Quelli prudenti si prepararono subito e attesero all’ingresso della casa, vestiti per la festa. Pensavano: la porta del re può aprirsi ogni momento. Quelli stolti invece se la presero comoda e continuarono le loro faccende. Pensavano: i preparativi per la festa andranno per le lunghe, c’è ancora tempo prima che si apra la porta. Improvvisamente il re fece aprire le porte; Ecco, la festa era pronta e stava per cominciare. Gli invitati prudenti entrarono, con l’abito della festa. Quelli stolti, presi di sorpresa, corsero dal lavoro con l’abito sporco. Il re si adirò con loro e disse: “Gli invitati che si sono preparati per la festa siedano per mangiare e bere. Ma quelli che non si sono cambiati d’abito stiano in piedi a guardare, a bocca asciutta!”.

 

 

MERCOLEDI' 7  SETTEMBRE

“Se oggi ascoltate la sua voce non indurite i vostri cuori”. (Salmo 95,8)

 

Siamo portati a dire: "Domani farò..., domani mi impegnerò..". Chi aspetta a ubbidire domani sarà come il faraone. Nel momento dell’angoscia il faraone gridava al Signore: “Domani, domani lascerò partire tutto il tuo popolo!”. Un semplice midrash ebraico ci aiuta a comprendere il:

 

Valore dell’oggi

Un maestro d’lsraele era molto saggio e molto vecchio, I discepoli gli domandarono: “Qual è il momento giusto per convertirsi al Signore?”. Egli rispose: “Occorre convertirsi un giorno prima della propria morte. I discepoli rimasero confusi e dicevano: “E chi può conoscere il giorno della sua morte?”. “Appunto, replicava il maestro, nessuno lo può conoscere. Per questo noi dobbiamo convertirci ogni giorno. Perché domani potremmo morire.

 

 

GIOVEDI'  8  SETTEMBRE

“Dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore”.(Mt. 6,21)

 

Ci sono cose, persone, sentimenti che non rientrano nella logica del calcolo e del possesso ma che sono ben più importanti di tutto il resto.

Si chiamava Ryokan, ed era maestro di Zen. Conduceva una vita semplice e austera in una minuscola capanna, ai piedi della montagna. La sera usciva per contemplare il cielo stellato e ascoltare la musica del vento in mezzo agli alberi. Un ladro, approfittando della sua assenza, entrò nell’abitazione e si mise a frugare affannosamente da per tutto. Il suo dispetto aumentava a mano a mano scopriva che non c’era proprio nulla da portar via. O, forse, il saggio nascondeva il suo tesoro chissà dove... Al rientro, Ryokan lo sorprese mentre stava ancora frugando. Gli disse: “Hai fatto un bel tratto di strada per arrivare fin qua a trovarmi. Chissà quanti e quali disagi hai affrontato. Perciò non voglio che te ne vada a mani vuote, la tua fatica merita una ricompensa.

Ti prego, accetta come regalo i miei vestiti, Il mantello ti servirà nel ritorno, per difenderti dal freddo della notte. Il ladro, sbalordito, senza dire una parola, afferrò i vestiti e si dileguò. Rimasto solo, il sapiente si mise a sedere nudo. Si accostò all’unica finestrella e riprese a contemplare il cielo stellato. Commentò:“Pover’uomo! Mi sarebbe piaciuto potergli regalare questa stupenda luna... L’avesse potuto sentire, il ladro avrebbe scoperto dove Ryokan. tenéva nascosti i suoi tesori.

 

 

VENERDI' 9  SETTEMBRE

“Dov’eri tu quando io ponevo le fondamenta della terra”. (Giobbe 38,4)

 

L’astronomo Kirchner teneva nel suo gabinetto scientifico un globo celeste di piccole dimensioni, ma di un’esattezza e una finizione veramente notevoli.

Un giorno ricevette la visita d’un amico, incredulo dichiarato, che pretendeva che l’universo si fosse formato da solo, per una sequenza di casi. Quell’amico si fermò a lungo davanti al piccolo globo che non cessava di ammirare. “Chi è l’autore di questa meraviglia?” domandò. Non lo so, rispose l’astronomo. Deve essere un prodotto del caso... Tu mi prendi in giro! Allora, riprese tranquillamente Kirchner, tu trovi assurdo che questa piccola sfera dipinta sia uscita dal nulla, e ammetti che i cieli che essa rappresenta provengano dal caso?”.

 

 

SABATO 10  SETTEMBRE

“Dobbiamo noi ritenerci superiori ai pagani? Non v’è distinzione in fatti, tutti hanno peccato”. (Romani 3,9—22)

 

“Non riesco a capire, diceva una signora ad un credente, come sia possibile che una persona che si sia sforzata di vivere onestamente e religiosamente, non entri più facilmente nel cielo di un’altra dalla vita e condotta sregolata. Come può la Bibbia dire che non c’è distinzione?”. Il credente rispose: “Cercherò di spiegarglielo con un paragone. Tutti e due desideriamo visitare un museo. L’ingresso costa duemila lire. Lei ha solo mille lire ed io non ho denaro con me. Chi di noi ha il diritto di visitare il museo?”.

— Nessuno di noi.

— E’ giusto. Non c’è dunque alcuna differenza fra noi. L’uomo onorevole e religioso, benché la sua situazione sia molto meno triste di quella di un uomo depravato, non può da solo arrivare comunque all’altezza della gloria e della santità di Dio.

Per il primo, come pure per il secondo, un’altra persona deve pagare, e anche a questo punto non c’è differenza fra i due. Gesù è colui che dando la sua vita dà a tutti la possibilità, se sappiamo coglierla, di avere la salvezza eterna.

 

 

DOMENICA 11   SETTEMBRE

“Sappiate che il vostro peccato vi raggiungerà”. (Num. 32,23)

 

Nel giorno nascente, un piccolo peschereccio avanzava lentamente, rallentato dal pesante carico di tabacco di contrabbando che trasportava. “All’improvviso, racconta il capitano, un motoscafo guardacoste puntò diritto verso di noi, in un batter d’occhio, vedemmo ciò che ci aspettava: stavamo per essere raggiunti, il carico e il battello per essere confiscati, e noi messi in prigione! Ci guardavamo tutti costernati. Io gridai: Presto, ragazzi! Non devono trovare niente quando arriveranno! Fate la catena. Portate tutta la merce dietro, e giù in mare. Poco dopo non s'udivano che i tonfi delle balle di tabacco che cadevano nell’acqua. Ma a un certo punto, un uomo gridò: Non affonda! Che spettacolo desolante! Tutte le balle galleggiavano un po’ più lontano e ballavano sulle onde! E il motoscafo ci era ormai addosso! Disperati, restammo immobili! Impossibile sfuggire.

Questa avventura, che condusse i suoi protagonisti davanti al tribunale, ci dà da riflettere. Si può navigare per lungo tempo nella vita, tranquillizzando se stessi e cercando di nascondersi il proprio male, ma ecco! “Non affonda!” Impossibile far sparire agli occhi di Dio il male che ho commesso. Per Lui resta in superficie, in piena luce. Solo Dio, che ha contato tutti i miei peccati, può gettarli per sempre “nel fondo del mare”. (Michea 7:19)

 

 

LUNEDI' 12  SETTEMBRE

"Non si vanti il ricco delle sue ricchezze, chi vuol gloriarsi si vanti di conoscere me". (Ger. 9,23—24)

 

Un bambino aveva collezionato dei francobolli. Un giorno si accorse che molti di essi, assai quotati sul catalogo, riportavano un’iscrizione in minutissimi caratteri: “Fac-simile”. Egli non ne conosceva il significato, ma quella parola suscitò in lui una certa inquietudine. Pose la domanda a uno zio che gli spiegò che i suoi più bei francobolli noti valevano assolutamente nulla. Quante persone accumulano così dei beni senza valore! Non è tragico accorgersene solo al momento in cui bisogna lasciarli? Ma allora, quali sono le vere ricchezze? Giacomo, nella sua lettera, definisce così quelli che le posseggono: sono “ricchi in fede” (Giacomo 2:5).

Essere ricco è conoscere Dio e servirlo con fedeltà. Essere ricco significa conoscere Gesù Cristo, il Figliuolo di Dio come Salvatore e come ragione di vita. Questa è la ricchezza che non inganna, quella che ci si porta via quando si lascia questo mondo. Facciamo bene il conto delle nostre ricchezze. E se possedessimo solo dei “fac-simile”?

Ebbene, oggi è ancora tempo per prendere dalla mano di Dio ciò che Egli offre gratuitamente: le ricchezze della fede.

 

 

MARTEDI' 13  SETTEMBRE

"Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore". (Salmo 89,12)

 

Mi raccontava un giorno un contadino:

“Quando ero ancora piccolo un giorno mio padre mi chiamò per insegnarmi a leggere l’ora. Dopo di che tornai ai miei giochi, ma lui mi richiamò: “Figlio mio, ti ho insegnato come contare le ore del giorno; bisogna anche che ti insegni a coritare il tempo della tua vita”. Questo per me era come parlar cinese ed aspettavo la spiegazione. L’età media della vita umana è di settant’anni o di ottanta per i più robusti. La nostra esistenza è d’altronde molto incerta e possiamo entrambi morire oggi. Ma se dividiamo una durata normale della vita come il quadrante di un orologio, ogni ora corrisponde a sei anni circa. Tu hai sette anni; dunque sul quadrante della tua vita è un po’ più dell’una. Quando avrai dodici anni saranno le due; se arrivi a diciotto, saranno le tre e così via. Secondo il calcolo il mio bisnonno è morto verso mezzogiorno, mio nonno alle undici e mio padre alle dieci. L’ora in cui moriremo tu ed io è conosciuta soltanto da Dio. Da quel giorno ho raramente sentito chiedere: “Che ore sono?” o guardato il quadrante dell’orologio senza pensare a quelle parole di mio padre. Non abbiamo da vivere che una vita sola. Contare i nostri giorni dà un cuore savio, dice la Bibbia. Saggezza che consiste nel prepararci per l’ora che seguirà la nostra morte, ora che avrà una durata eterna.

 

 

MERCOLEDI' 14  SETTEMBRE

“Siete stati riscattati.., col prezioso sangue di Cristo”. (1Pietro 1,18—19)

 

Erano le dieci passate e quella sera due infermiere erano ancora al lavoro. Un operato stava causando loro serie preoccupazioni. Aspettavano il chirur­go con impazienza. Ogni minuto era prezioso, era in gioco la vita di un uomo. Finalmente il medico arrivò. Dopo aver esaminato il malato e riflettuto alcuni secondi, dichiarò: “Presto, quattro flaconi di sangue!” ed usci. Bisognava agire, nella scorta c’era soltanto un flacone del gruppo richiesto. Una delle infermiere apparteneva a quel gruppo sanguigno; decise di dare il proprio sangue. Due ore più tardi ella era sola nella sua camera. Benché stanca, non si addormentò subito. Pensava a Colui che, per amore per lei, aveva dato molto di più, tutto il suo sangue, quel sangue di cui la Bibbia dice: “li sangue di Gesù. . .ci purifica da ogni peccato”. (1Gv 1:7).

Con una trasfusione si era potuta prolungare una vita. Con il sangue di Cristo, il peccato, quella malattia che rode tutta l’umanità, può essere perdonato. Non esiste altro rimedio a questo male: “In nessun altro è la salvezza; poiché non v’è sotto il cielo alcun altro nome che sia stato dato agli uomini, per il quale noi abbiamo ad essere salvati” (At. 4:12).

 

 

GIOVEDI' 15  SETTEMBRE

“Il Signore ti chiede di praticare la giustizia, amare la pietà, camminare umilmente con il tuo Dio”. (Michea 6,8)

 

Si racconta la storia di un monaco del Medio Evo che economizzava un soldo alla volta per recarsi a Gerusalemme e andare a prostrarsi dinanzi alla tomba di Gesù. Pensava così di attirare su di sé una particolare benedizione. Dopo molti anni, ritenendo sufficiente il suo gruzzolo, con lo zaino a spalle, partì per il lungo viaggio. Lasciato il monastero, fu avvicinato da un mendicante che gli chiese dove andava e qual'era lo scopo del suo viaggio. Il monaco glielo spiegò dicendo anche quanto si rallegrava al pensiero di calcare ben presto le strade in cui era passato Gesù. Il poveraccio lo guardò e con voce persuasiva gli disse: “Cosa serve questo viaggio così lungo e faticoso? Ascolta, lo vedi che io muoio di fame e di freddo. Apri il tuo cuore e soccorrimi: vedrai il Cristo meglio di quanto lo potresti vedere girando attorno alla sua tomba”. Il monaco fu   sconvolto da queste semplici parole. Aprì il suo cuore, slegò la sua borsa, gli diede tutto il suo denaro. In quel momento il monaco non vide la tomba di un morto ma il volto di Cristo risorto.

 

 

VENERDI' 16  SETTEMBRE

"Il mio bene é stare vicino a Dio". (Salmo 72,28)

 

Raccontava un papa:

“Mio figlio, quando aveva circa sei anni, se aveva bisogno di qualcosa, aveva l’abitudine di correre nel mio ufficio per cercare aiuto e consiglio. Un giorno in cui ero molto preso dal lavoro, sento bussare alla porta: “Avanti”, dico. Ed ecco il mio ometto in erba che avanza verso di me. “Allora? cosa desideri?”

— Nulla, papà, vorrei solamente stare un po’ vicino a te. Si sedette tranquillamente in un angolo, tutto contento di essere vicino a me.

Mio figlio quel giorno mi diede una grande lezione. Ci rivolgiamo volentieri al nostro Padre celeste quando abbiamo bisogno di soccorso: Egli non ci respinge mai né ci rimprovera la nostra importunità. Può talvolta farci attendere o anche rifiutarci ciò che domandiamo, ma non ci allontanerà mai dalla sua presenza benedetta. Andiamo talvolta a Lui anche senz’alcun altro desiderio che quello di dimorare nella sua comunione! Sediamoci ai suoi piedi, come Maria ai piedi di Gesù per assaporare la sua prossimità. Quanto sarà grande la sua gioia! Dissetati alla fonte sempre zampillante, saremo rinfrescati e resi capaci di portare la benedizione ai altri.

 

 

SABATO 17  SETTEMBRE

“Tutto posso in Colui che mi dà forza”. (Filipp. 4,13)

 

Trascriviamo qui la preghiera di una giovane madre colpita da un cancro, poco prima di essere chiamata presso il Signore.

 

Una preghiera

“Imploro la tua misericordia, mio Dio! Abbi pietà di me.

Ignoro, Signore, se tu vuoi che io viva o che muoia, che sia a lungo ammalata o che guarisca.

Fa’ di me quello che giudicherai buono, purché io non cessi di amarti, di temerti e di adorarti qualunque sia il mio stato e che né la vita, né la morte non mi separino mai da te, né dall’amore che mi hai testimoniato nel tuo Figlio.

Tu vuoi, o mio Dio, che durante questa malattia dia ai miei amici esempio di fiducia e di fermezza per edificarli.

Non permettere che li scandalizzi con i miei mormorii, le mie impazienze, le mie esigenze.

Fa piuttosto che vedano in me di che cosa è capace una natura debole e fragile come la mia quando è sostenuta dalla tua grazia e diretta dalla luce del tuo Vangelo.

Possa io imitare l’esempio di Gesù, la sua pazienza, la sua sottomissione, la sua umiltà e fammi grazia per amore del tuo nome. Amen.”

 

 

DOMENICA 18  SETTEMBRE

“Torni la polvere alla terra e lo spirito a Dio che lo ha dato”. (Ecclesiaste 12,9)

 

Un uomo era all’ospedale colpito da un cancro. Un amico gli fece visita e gli disse con compassione: “Sei molto cambiato da qualche tempo”. “Sì, rispose l’ammalato, e so bene che sto per morire. Ancora qualche giorno, forse soltanto qualche ora e tutto sarà finito”. Si fermò, poi riprese guardando fissamente il visitatore: “So quel che avverrà, mi sembra di assistervi. Sì, mi vedo steso su questo letto ormai cadavere; vedo degli uomini entrare nella camera, mettermi su una barella, passare da questa porta, prendere l’ascensore fino all’obitorio e mettermi in una bara, Il feretro sarà poi portato al cimitero, messo in una fossa, ricoperto di terra...”. L’amico ascoltava, stupito. Il quadro era impressionante. Era la realtà terribile, spogliata da tutto ciò che può addolcirla. Tutto ciò stava per compiersi immancabilmente; colui che aveva pronunciato queste parole l’anticipava con una lucidità spaventosa. Ma all’improvviso, i grandi occhi del malato si aprirono, un sorriso di una bellezza che non era più della terra gli illuminò i tratti del volto e riprese: “Ma non sarò io ad essere coricato nella terra, lo guardo lassù... Mi vedo lassù, con Cristo, mio Salvatore, là dove lui è. Ascoltami bene, puoi dire anche tu altrettanto? Posso darti appuntamento lassù?”.

 

 

LUNEDI' 19  SETTEMBRE

"Le vergini sagge, insieme alle lampade, presero anche dell’olio in piccoli vasi". (Mt. 25,4)

 

Un certo principe aveva un buffone al proprio servizio. Gli diede un bastone incaricandolo di conservarlo finché non avesse trovato uno più sciocco di lui. Qualche tempo dopo, il principe cadde ammalato il suo buffone venne a trovarlo. “Parto per il grande viaggio, gli annunciò il principe

— E quando ritornerai? Fra un mese?

— No. — Fra un anno?

— No. — Quando allora?

— Mai.

— E che preparativi hai fatto per una tale spedizione?

— Nessuno.

— Tu parti per sempre e non ti sei preparato?

Tieni, prendi il mio bastone, ho trovato qualcuno più sciocco di me!”.

 

 

MARTEDI' 20  SETTEMBRE

“Contempla il cielo e osserva, considera le nubi: sono più alte di te”. (Giobbe 35,5)

 

L’orgoglio di voler sapere tutto, di voler sindacare persino su Dio fa sì che l’uomo perda la sua vera dimensione, quella di creatura!

Si racconta che il pittore greco Apelle esponeva i suoi quadri in pubblico e prendeva buona nota di tutte le critiche alle sue opere. Un giorno, un calzolaio trovò da ridire al sandalo di un personaggio. La sera stessa l’artista corresse il difetto della calzatura. Il giorno dopo, lo stesso ciabattino, incoraggiato dal fatto che la sua scienza era stata riconosciuta, si permise di estendere le sue critiche ad altre parti del quadro. In tal modo dimostrò la sua ignoranza in materia d’arte e si attirò questa frase severa e giusta del pittore: “Calzolaio, non più in alto della scarpa”.

 

 

MERCOLEDI' 21  SETTEMBRE

“Rifiuteranno di dar ascolto alla verità per volgersi alle favole”. (2Tim. 4,4)

 

Il re Luigi XIV, spinto dalla curiosità, desiderava udire il celebre predicatore Massillon. Il suo nome era su tutte le bocche ed i suoi discorsi attiravano un numero sempre crescente di uditori. Anche sul re la seria predicazione di Massillon fece una grande impressione. Lo chiamò in udienza privata e gli disse: “Ho già sentito un gran numero di oratori ed in generale sono stato contento di loro, ma come mai, dopo aver udito la sua predicazione, sono tanto scontentò di me stèsso?”. Così quel re bigotto, e nello stesso tempo tanto colpevole, risentiva del lato tagliente della Parola di Dio. Questa non solletica le orecchie, non lusinga, ma rivela all’uomo quello che egli è alla luce di Dio: un peccatore degno della condanna, che può essere salvato solo dal sangue di Gesù Cristo. Luigi XIV, sotto la prima impressione della predicazione, espresse la sua intenzione di ascoltare il predicatore Massillon almeno una volta all’anno. Ma, in realtà, questi non ricevette mai nessun altro invito da parte sua.

Quando la verità ti tocca dentro e vuoi cambiarti, per qualcuno e meglio non ascoltarla.

 

 

GIOVEDI' 22  SETTEMBRE

“C’è più gioia nel dare che nel ricevere”. (At 20,35)

 

Racconta l’Abbè Pierre:

La gioia di donare

Ricordo un giorno, in una bidonville di Rio de Janeiro, dove da qualche anno una giovane francese missionaria laica si prende cura di quei poveri negri... Un giorno, mentre rigovernava la sua stanzetta, le si avvicina una povera mamma negra, le mette sul tavolo un pacchetto e se ne va: la giovane la richiama e le chiede che cosa ci sia in quel pacco. La donna risponde: “E’ per te”. La giovane si avvicina, apre il pacco: dentro, c’è un chilo di patate. La giovane missionaria dice: “Ma non è logico: io, non sono ricca, ma ho il necessario, e poi, non ho bambini; a casa tua, hai dei bambini che sono sempre affamati.. .riprendi dunque le tue patate e portale a loro.. La donna rifiuta.., e la giovane insiste. Allora la povera donna negra si mette a piangere e dice queste parole meravigliose: “Allora tu non vuoi che anch’io per una volta, possa avere la gioia di donarti qualcosa?”.

 

 

VENERDI' 23  SETTEMBRE

“Fratelli, non amiamo a parole né con la lingua ma coi fatti e nella verità”. (1 Gv. 3,18)

 

Una lezione importante

C’era una volta in Giappone un vecchio sapiente, governatore di una grande città. Questi, un giorno, invitò tutte le persone importanti della città a un grande banchetto che aveva preparato per loro. Sulle lunghe tavole erano preparati cibi variopinti e gustosi, ma la grande sala del banchetto restava silenziosa e un’ aria di imbarazzo e di tristezza gravava sui convitati il governatore, infatti, aveva preparato cibi squisiti, ma si dovevano mangiare con i bastoncini e non erario stati preparati che bastoncini tanto lunghi che non era possibile adoperarli per portare il cibo alla propria bocca.

L’imbarazzo andava crescendo e con esso la rabbia impotente degli invitati. Ad un tratto, però, uno di essi ebbe una idea geniale: con i suoi lunghi stecchetti, prese un bocconcino di carne e lo accostò alle labbra del commensale che gli stava davanti. Questi mangiò con gioia e fece altrettanto, offrendo da mangiare a un altro invitato. Tra risate ed approvazioni, tutti cominciarono a servire i commensali vicini. La gioia si diffuse rapidamente, e fu ben più grande di quanto sarebbe stata se ciascuno avesse pensato solamente a se stesso. Verso la fine del pranzo singolare, il governatore prese la parola e disse: Vi ho raccolti per darvi un grande insegnamento. La nostra vita assomiglia a questo banchetto: non troveremo la felicità che servendo il nostro prossimo, come voi non avete trovato la gioia del pranzo che servendovi gli uni gli altri.

 

 

SABATO 24  SETTEMBRE

“in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti”. (Fil. 4,6)

 

La preghiera del capo lebbroso

Khartum, Sudan — Suor Enrica Ederle, che fa parte di un’équipe di Missionarie Comboniane incaricate dal governo della cura della lebbra in una vastissima zona del Sudan meridionale, ha confidato ad un redattore dell’AIMIS una sua esperienza in un villaggio di lebbrosi nel distretto di Yrrol (Rimbèk):

“Avevamo distribuito medicine, sapone, latte e vestiti perché faceva freddo. Per i lebbrosi è sempre festa quando arrivano le suore. Ma quando si deve partire e bisogna lasciarli così lontani, soli, senza risorse, ti senti veramente triste ed impotente davanti a tanta miseria. Prima di salutarli sostiamo con loro per una preghiera. Il capo, lui pure lebbroso, così prega con i moncherini alzati: “O Dio grande, noi ti ringraziamo per tutto quello che le suore ci hanno portato. Ti ringraziamo perché hai dato loro le mani ed i piedi e glieli hai lasciati. Grazie o Dio, per le loro mani e per i loro piedi perché noi non li abbiamo più. Forse tu ce li hai tolti in punizione dei nostri peccati”. In quel momento — commenta la suora  mi sono sentita veramente piccola e miserabile. Chissà se io potrei avere ancora mani e piedi se Dio mi avesse punita per i miei peccati... Da allora mi sento molto più povera dei malati di lebbra perché meno capace di capire ed apprezzare i doni di Dio”.

 

 

DOMENICA 25  SETTEMBRE

“Lo spirito immondo disse: tornerò nella mia casa, da cui sono uscito”. (Mt. 12,43—45)

 

Questo breve racconto di Piero Gribaudi è un invito alla vigilanza; la prova e la tentazione sono sempre in agguato:

 

Bisogna fare attenzione alle piccole crepe!

Un giorno il diavolo ebbe fame. Prese con sé un sacco e decise di andar per anime. Naturalmente ambiva un bocconcino prelibato. S’acquattò dunque tra le fronde di un albero di fronte alla finestra di un sant’uomo. E aspettò. La giornata del sant’uomo trascorreva davvero nitida come il cristallo, fra preghiere, gesti di bontà e sentimenti di prim’ordine. Non una sbavatura. Non un cedimento. Tanto che anche il diavolo lo ammirò. E il suo appetito crebbe. Pareva davvero non ci fosse nulla da fare. Ma un giorno, mentre stava scrutando quell’anima tutta bianca, il diavolo notò che anch’essa, come tutte, aveva una piccolissima crepa: verso il tramonto, il sant’uomo s’affacciava alla finestra a guardare il sole sparire: e provava un breve attimo di malinconia. Al diavolo questo bastò. Concentrò tutti i suoi sforzi verso quell’attimo, lo scavò, lo dilatò e, quando divenne una buca profonda, vi riversò dentro tutti i suoi intrugli più efficaci: prima l’angoscia, poi l’amarezza, infine la disperazione. Così che non ebbe che allungar la mano per fare un ottimo pranzo.

 

 

LUNEDI' 26  SETTEMBRE

“L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente”. (Salmo 41,3)

 

C’è dentro di noi un vero desiderio di Dio oppure il nostro è solo un desiderio di appagamento intellettuale, a un voler superare le paure del mistero della vita sentendoci “buoni” e “a posto davanti a Dio e agli uomini”? Ogni giorno il discepolo poneva la stessa domanda: “Come posso trovare Dio?”. E ogni giorno riceveva la stessa misteriosa risposta: “Attraverso il desiderio”. “Ma io desidero Dio con tutto il mio cuore, no? Allora perché non lo trovo?”. Un giorno il maestro si stava bagnando nel fiume con il discepolo. Spinse la testa dell’uomo sott’acqua e ve la tenne mentre il poveretto lottava disperatamente per liberarsi.

Il giorno dopo fu il maestro a iniziare la conversazione: “Perché ti dibattevi in quel modo quando ti tenevo la testa sott’acqua?”. “Perché cercavo disperatamente aria”. “Quando ti sarà data la grazia di cercare disperatamente Dio come cercavi l’aria, lo avrai trovato”.

 

 

MARTEDI' 27  SETTEMBRE

“Convertitevi e vivrete” (Ezechiele 18,32)

 

Spesso abbiamo una soluzione per tutti i problemi. “Se gli altri la pensassero come me il mondo andrebbe bene”. Cambiare gli altri è certamente più facile che cambiare noi stessi.

 

A un discepolo che si lamentava continuamente degli altri, il maestro disse: “Se è la pace che vuoi, cerca di cambiare te stesso, non gli altri. E’ più facile proteggersi i piedi con delle pantofole che ricoprire di tappeti tutta la terra”.

 

 

MERCOLEDI' 28  SETTEMBRE

“Una parte del seme cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta”. (Mt. 13,8)

 

Una volta un baro disse al maestro:

“Sono stato sorpreso a barare a carte ieri e i miei compagni di gioco mi hanno picchiato e gettato dalla finestra. Cosa mi consigli di fare?”. Il maestro osservò seriamente l’uomo e disse: “Se fossi in te, d’ora in poi giocherei a piano terra. La risposta sbalordì i discepoli. “Perché non gli hai detto di smettere di barare?”, chiesero. “Perché sapevo che non l’avrebbe fatto”, fu la semplice e sagace risposta del maestro.

I grandi mistici mi hanno sempre spaventato. Facevano, per amor di Dio, cose che non “posso permettermi La saggezza di Gesù è di chiederti con realismo a seconda di quello che sei capace. Però se sei da trenta, trenta devi rendere.

 

 

GIOVEDI' 29  SETTEMBRE

“Sia il vostro parlare sì, sì;. no, no; il di più viene dal maligno”. (Mt. 5,37)

 

Se potessimo, alla fine di una giornata avere il conto delle parole buone dette, di quelle inutili e di quelle cattive, le cifre delle ultime due ci stupirebbero. Il discepolo non vedeva l’ora di riferire al maestro le chiacchiere che aveva sentito al mercato.

“Aspetta un momento”, disse il maestro. “Quello che vuoi dirci è vero?”.

“Non credo”.

“E’ utile?”.

“No”.

“E’ divertente?”.

“No”.

“Allora perché dovremmo starle a sentire?”.

 

 

VENERDI' 30  SETTEMBRE

“Voi dunque pregate così: “Padre nostro… (Mt. 6,9)

 

Quando Gesù ci ha insegnato a pregare chiamando Dio con il nome di Padre, voleva certamente indicarci la fiducia che dobbiamo avere in un Dio che si interessa a noi ma non voleva invitarci (e lo dimostra il tenore della preghiera) a buttare tutti i nostri problemi dicendo: “Se è mio Padre ci pensi Lui”. Questo raccontino ci aiuta in questa riflessione.

 

A un discepolo che pregava incessantemente il maestro disse:

“Quando smetterai di appoggiarti a Dio e ti reggerai sulle tue gambe?”

Il discepolo era sbalordito: “Ma proprio tu ci hai insegnato a guardare Dio come padre!”.

“E quando imparerai che un padre non è qualcuno a cui appoggiarsi, ma qualcuno che ti libera dalla tendenza ad appoggiarti?”.

     
     
 

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