Archivio

 
     
     

UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

AGOSTO 1988

 

 

LUNEDI' 1  AGOSTO

“Questo è il mio corpo”. (Mc. 14,22)

 

Una volta, vista la lingua diversa e l’abituale distrazione era il suono del campanello, che durante la messa ci richiamava la consacrazione. Oggi, con la nostra lingua dovrebbe essere più facile fare memoria viva dell’Ultima Cena di Gesù, ma anche qui spesso la ritualità e l’abitudine hanno il sopravvento, per cui rischiamo, come gli apostoli, di non capire il vero senso dell'Eucaristia. Cenacolo e Getzemani sono profondamente uniti, Cenacolo e Calvario sono una cosa sola, Cenacolo e Risurrezione non possono essere indipendenti. E’ lo stesso corpo che qui si fa pane, che è donato nella sofferenza, che vive per sempre. Per vivere bene l’Eucaristia non basta dire: “Qui c’è Gesù!”. Bisogna comprendere il significato di questo dono. Comunicare al Suo corpo è partecipare alla sua Passione, morte e Risurrezione, fare la Comunione allora non è tanto un intimistico “stare con Lui” ma donare, patire, risorgere, andare, con Lui. Arturo Paoli, calcando un po’ le tinte, racconta che: “Durante il noviziato avevo un confratello, molto serafico che mi chiedeva continuamente: “Che cosa dici a Gesù quando fai la Comunione?” A me, sinceramente dava fastidio, perché non sapevo che cosa dire. “E tu che cosa gli dici?” “Ah, come ti amo!” “E io, sai che gli dico? gli dico: “Come sei pesante Signore! come pesi, come pesi!”.

 

 

MARTEDI' 2  AGOSTO

“Se anche dovessi morire con te, non ti rinnegherà”. (Mc. 14,31)

 

Povero Pietro! Così sicuro di sé, così pieno di entusiasmo. E pensare che questa esperienza l’aveva già fatta una volta; quando, davanti alla domanda di Gesù: “Voi chi dite chi io sia?” aveva lasciato parlare in sé lo Spirito Santo era arrivato alla professione di fede, quando aveva ragionato con la sua testa e con il suo buon senso umano si era meritato da Gesù un “Vattene da me, tu mi sei Satana!” Ora si fida di sé, non riesce a capire il dramma e il mistero di Gesù e ci casca di nuovo. E’ facile davanti alla povertà di altri dire: “Se ci fossi stato io al suo posto!” E’ facile addirittura pensare, leggendo la Passione di Gesù: “Se al posto di quegli apostoli ci fossi stato io non sarebbe successo.” Qualche volta, poi (e ci fa sentire importanti vogliamo riparare nella preghiera per chi offende Gesù, sentendoci cosi buoni e superiori agli altri. E’ anche facile dire: “Quel povero, se vuoi uscire dalla sua situazione deve comportarsi così e cosa oppure dire che se si ha fede si deve affrontare la malattia in quei modo. Quando pen­siamo e ragioniamo così una voce dovrebbe ricordarci che anche per noi ci può essere un gallo in agguato pronto a cantare sulla nostra debolezza.

 

 

MERCOLEDI' 3  AGOSTO

“E cominciò a sentire paura e angoscia”. (Mc. 14,33)

 

Il cammino di Gesù, nella passione, è un inoltrarsi nella solitudine. Quella solitudine che toccherà l’abisso più profondo sulla croce, allorché Cristo si sentirà abbandonato anche dal Padre. Al Getsemani, la solitudine di Gesù appare soprattutto in rapporto a quelli che dovrebbero essergli vicino, e che poco prima gli avevano giurato che non l’avrebbero abbandonato. Gesù è solo soprattutto al momento dell’arresto, allorché si ritrova in compagnia degli avversari, mentre i discepoli si danno alla fuga.

Gesù prova la solitudine della vita e della morte che provano milioni di uomini. Solitudine di interi popoli abbandonati alla loro sorte, alla morte di fame perché non rientrano nella logica produttiva dei potenti, solitudine di bambini abbandonati o trascurati perché la necessità del lavoro (o altre volte anche solo la logica del profitto e del successo) lascia soli per intere giornate, solitudine degli emarginati e dei poveri che nelle megalopoli rumoreggianti magari trovano le mille lire ma difficilmente qualcuno che abbia un po’ di tempo per loro, solitudine degli anziani che hanno solo più nei ricordi il loro unico sfogo, solitudine de i moribondi che dietro un pio (o ipocrita) paravento muoiono in una corsia di ospedale. Gesù ha provato la solitudine e ne ha provato l’angoscia attanagliante ma nonostante questo è rimasto fedele a Dio suo Padre: la sua solitudine è per noi.

 

 

GIOVEDI' 4  AGOSTO

“Abbà, Padre: tutto a te è possibile. Allontana da me questo calice. Però non quello che io voglio ma ciò che vuoi tu”.

(Mc. 14,36)

 

Proprio nel momento dell’abbandono, dell’angoscia, della tentazione, scaturisce una delle più belle e profonde preghiere di Gesù che diventa esempio di come dovrebbe essere la nostra preghiera. Anzitutto: “Padre” (il termine è ancora più familiare: “Papà buono”). Gesù non parla ad un Dio lontano, né al dio dei filosofi. Anche se Dio è misterioso nei suoi piani è un Padre. Ed è un Padre a cui tutto è possibile. Gesù si fa presente al Padre e fa il suo atto di fede in Lui, poi gli presenta la sua situazione angosciosa: la morte, l’angoscia, la delusione gli fanno paura; Gesù nella sua umanità non vuol morire. Ma la sua preghiera va oltre. Si fida totalmente del Padre: è venuto nel mondo per fare la sua volontà! Mi chiedo se le mie preghiere sono così: semplici, poche parole ma essenziali; una preghiera che è sempre atto di presenza, una preghiera che dice quello che si desidera ma che ha fiducia che Dio, Padre andrà oltre alla nostra richiesta. Quando prego ho veramente tanta fiducia da dire: “Padre non come voglio io, ma come vuoi Tu?” E se Dio mi prende sul serio?

 

 

VENERDI' 5  AGOSTO

“Li trovò addormentati”. (Mc. 14,40)

 

Questi occhi pesanti non sono solo frutto di un pranzo abbondante ma sono occhi ciechi, incapaci di vedere, di vegliare, di cogliere il mistero che si sta compiendo. Sono i nostri occhi che diventano incapaci di cogliere l’amore di Dio, di vedere il volto vero di Cristo oggi. Siamo noi che, talmente abituati da televisione e giornali, vediamo ogni giorno la passione di Gesù negli uomini, ma dormiamo. Quando al mattino apro il giornale mi ripropongo di leggerlo da cristiano che si informa, che prega, ché cerca di andare al di là dei semplici fatti. Ma le notizie, le cattiverie, gli odi, sono talmente tanti che qualche volta ti trovi a pensare: “Beh, oggi nella cronaca non c’e niente di importante” e hai appena finito di registrare le solite quattro o cinque piccole rapine, i due o tre scippi, il barbone a cui hanno incendiato il cartone su cui dormiva, la sporcizia degli ospedali, gli orari non rispettosi dei cimiteri... E siccome “non c’é niente di speciale”, a parte le solite guerre, le rappresaglie, i rapimenti, i ricchi che arricchiscono sempre di più, i popoli costretti alla migrazione, guardi i programmi della televisione per vedere come ti stordirai questa sera o il risultato della partita su cui è più facile discutere. E’ vero che per il 90 per cento di questi casi non si può fare niente ma è giusto essere addormentati quando Gesù viene ed ha bisogno di te?

 

 

SABATO 6  AGOSTO

"e lo baciò". (Mc. 14,45)

 

Ogni volta che vedo una mamma baciare il suo bambino rimango colpito dal profondo rapporto che questo gesto così semplice instaura: rapporto dì sicurezza e protezione, rapporto affettivo e senso di pace, gusto di vita e di serenità. Così, spesso, vedendo due fidanzati o sposi baciarsi è facile capire che questo gesto parte dal cuore, passa attraverso gli occhi e i sensi e comunica più di lunghi discorsi. Giuda sceglie il bacio come segno del tradimento e prima di tradire Gesù tradisce questo segno di amore. Giunge ancora una volta a noi un profondo insegnamento evangelico da questo “bacio tradito”: neppure i segni più grandi sono immuni dal rischio di falsità e di ipocrisia. Ogni segno ha senso se dietro al segno c e una persona che dà senso al gesto. Noi cristiani spesso abusiamo di parole e di gesti. Qualche esempio: preghiamo dicendo “ti amo,mio Dio, con tutto il cuore” ma il mio cuore  è tutto di Dio o delle mie preoccupazioni? Ci scambiamo in Chiesa la stretta di mano augurandoci la pace ma qualche volta stiamo macchinando contro qualcuno che ci ha offeso per fargliela pagare “non per vendetta... ma per senso di giustizia!”. Ho visto certi incontri tra cristiani (e anche tra preti) pieni di sorrisi, di pacche sulle spalle, di parole più grosse di noi e poi ho visto gli stessi, nel quotidiano, neppure salutarsi per la strada. Quel bacio di Giuda è segno di innumerevoli tradimenti dell'amore.

 

 

DOMENICA 7  AGOSTO

“Con spade e bastoni siete venuti a prendermi”. (Mc. 14,48)

 

A chi fa paura Gesù? Gesù fa paura a Giuda infatti egli si raccomanda di portarlo via "sotto buona scorta". Quella di Giuda non è malvagità. La paura di Giuda è per se stesso. E’ la paura di doversi incontrare con Gesù faccia a faccia. La “buona scorta” deve servire a rendere inoffensivo non un delinquente particolarmente pericolo, ma un innocente che Giuda non si osa guardare in faccia. Gesù fa paura ai capi del popolo. Hanno visto i miracoli, sanno che Gesù ha un buon numero di seguaci, potrebbe esserci un’insurrezione popolare. Essi calcolano in termini di potere, e chi non ragiona come loro diventa un’incognita, un rischio e quindi fa paura. E a noi Gesù fa paura? Gesù non è venuto nel mondo per far paura ma per aiutarci a vincere le paure. L’unica paura dovrebbe essere quella di non essere fedeli alla sua Parola.

 

 

LUNEDI' 8 AGOSTO

"Alcuni si alzarono per testimoniare il falso contro di Lui". (Mc. 14,57)

 

Il resoconto del processo davanti al Sinedrio è come  il resoconto di tanti falsi processi e di tante ingiustizie perpetrate contro gli uomini. Quando si vuole fare del male a qualcuno, la scaltrezza degli uomini trova tutto ciò che le è necessario e anche l’atto più nefando si riveste di forme di giustizia. Gesù accetta in silenzio e vede sfilare queste tristi persone che però non riescono a trovare l’accordo. Mi sembra di leggere tra le righe ciò che Marco vuole insinuare: quando ci si mette contro la verità, è difficile trovare un accordo ed esplodono le contraddizioni. Non è possibile mettersi contro Gesù e dire il vero. E il silenzio di Gesù è il maggior rimprovero. Il suo non è il silenzio della passività o della protesta, ma è l’amore che prende su di sé ogni ingiustizia. Gesù è veramente “il servo innocente che non aprì bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca”.

 

 

MARTEDI' 9  AGOSTO

“Allora alcuni cominciarono a sputargli addosso”. (Mc. 14,65)

 

Le stesse persone che con una forma di giudizio hanno cercato di essere formalmente inappuntabili ora danno sfogo alla bestia che c’è in loro. L’uomo abbandonato ai suoi istinti fa emergere l’aspetto più negativo di se stesso. Si arriva alla beffa, a non considerare più la persona che hai davanti. Gesù velato viene invitato a indovinare, a fare il profeta.

Davanti a Gesù bendato e beffeggiato cosi prega Alessandro Pronzato: Abbiamo bisogno che tu tenga ben stretta la benda sul volto. Te l’abbiamo messa apposta. E’ il nostro atto di pietà verso noi stessi, non verso il condannato. Vogliamo poter continuare il nostro gioco malvagio senza incrociare il tuo sguardo. Abbiamo bisogno dell’anestesia per poter fare del male. Quella benda, tra l’altro, la dice lunga sul nostro coraggio. E’ rassicurante, per noi. Siamo sicuri che, così, non vedi da dove parte il colpo. E non ci accorgiamo che, invece, tu dovresti vedere. Non è questione di “indovinare” il colpevole. Devi sapere a chi regalerai il perdono.

 

 

MERCOLEDI' 10  AGOSTO

“Non Conosco quell’uomo”. (Mc. 14,71)

 

Mentre il maestro è processato anche Pietro subisce un processo. i due interrogatori sono quindi collegati tra loro e sono specifici e complementari: l’uno riguarda Gesù e l’altro il discepolo. Si svolgono inoltre con una certa simmetria. A Gesù si chiede: “Sei tu il Cristo il figlio di Dio benedetto?” e a Pietro: “Tu eri con Gesù?”. Gesù conferma: “lo lo sono” e si rivela pienamente; mentre Pietro nega e non sa. Come il sommo sacerdote si rivolge ai circostanti dicendo: “Che ve ne pare?” così la serva si rivolge agli ostanti dicendo: “Costui è di quelli”. E come infine l’assemblea del sinedrio sentenzia la morte di Gesù, così la servitù sentenzia di Pietro: “Tu sei certo di quelli”. L’episodio del processo e del rinnegamento di Pietro ci dice che il cristiano deve essere sempre pronto alla testimonianza, sia nella grande occasione che davanti alla persona più insignificante e ci richiama ancora alla vigilanza perché nessuno, sia come singoli che come comunità possiamo ritenerci, immuni, garantiti da cedimenti e compromessi. L’umile riconoscimento della propria debolezza vale più di tutte le dichiarazioni altisonanti di coraggio e di fedeltà.

 

 

GIOVEDI' 11  AGOSTO

“E lo consegnarono a Pilato”. (Mc. 15,1)

 

difficile avere notizie precise su Pilato. Gli scrittori guidaicì, forse con esagerazione lo presentano come persona crudele. Dai vangeli ne viene fuori un breve ritratto di uomo ambizioso ed opportunista. A me fa venire in mente l’uomo della politica di oggi. Dall’uomo dei grandi partiti fino ai “piccoli politici” delle aziende e degli uffici che si occupano di far carriera, senza troppe grane, per questo disposti a “fare le scarpe” ai piccoli che danno loro fastidio condendo il. tutto di rispettabilità, untuosità e privilegi di classi sociali. Pilato in un primo tempo tenta di sfuggire “la grana Gesù” proponendone la liberazione. Non essendoci riuscito deve scegliere e in questo non tiene conto di Gesù, ma da “buon politico” deve tener conto della folla, delle autorità locali, della propria popolarità, della carriera. Gesù vuoi portare gli uomini a sceglierlo o a rifiutano. Pilato non sceglie Gesù o la sua negazione, sceglie se stesso e la sua politica. La non scelta è quella peggiore. Quante volte io sono Pilato davanti ai miei fratelli! Quanti Pilato ci sono nel mondo!

 

 

VENERDI' 12  AGOSTO

‘Rilasciò loro Barabba e consegnò loro Gesù”. (Mc. 15,15)

 

Pilato con un colpo solo riesce a liberarsi di due ingombranti problemi; egli regala al popolo due prigionieri: e affare loro! Anche di Barabba sappiamo poco. Spesso restiamo stupefatti di questo scambio: Barabba, un omicida sedizioso viene liberato al posto di Gesù, il figlio di Dio. Non ci siamo ancora resi conto, evidentemente che Barabba siamo noi. Ciascuno di noi è il criminale che ha avuto la vita salva in cambio di Cristo. Questo baratto non e tanto una proposta di Pilato quanto la proposta di Dio stesso. E la scelta tra i due non è tanto da parte della folla o dei capi del popolo che istigano la gente, è una proposta offerta che Gesù stesso fa. Lui si è dichiarato colpevole al nostro posto. Lui, l’innocente, ha preso su di sé la pena che era stata comminata a noi. E può stupire una “coincidenza”: il nome Barabba significa “Figlio del Padre”; grazie a Gesù in quel momento ciascuno di noi è diventato Barabba, cioè figlio del Padre.

 

 

SABATO 13  AGOSTO

“E intrecciata una corona di spine gliela misero sul capo”. (Mc. 15,17)

 

Gesù vestito da Re, incoronato di spine: sembra una penosa burla fatta da uomini privi di umanità. Ma anche questa scena oltraggiosa racchiude e illumina il mistero di Cristo. Gesù è veramente il Re dell’Universo: “Tutto è stato creato per Lui e in vista di Lui” dice S. Paolo. Gesù è realmente “Re” nel significato vero della parola: colui che regge, sostiene, governa. Gesù non è come certi re o potenti della terra che reggono il proprio potere, se stessi e usano solo dei propri sudditi per fini personali o di prestigio; Egli, “da ricco che era si fece povero per noi per fare noi ricchi con Lui. Quella corona di spine che fora i). capo di Gesù allora non è solo una beffa, ma è la vera corona del Cristo Signore, quello scettro, non usato per comandare, ma che segna con i suoi colpi il re, è lo scettro del servizio che Gesù ha scelto. I soldati godono di uno scherzo volgare e cattivo ma non si accorgono che sono proprio loro a realizzare la vera regalità di Cristo. “Non sono venuto per essere servito, ma per servir&’, dovremmo ripetercelo anche noi che fin dal giorno del battesimo siamo stati consacrati “Re” come Gesù non per onore ma per reggere con Lui e come Lui, pagando di persona e con amore.

 

 

DOMENICA 14  AGOSTO

“CostrinSero un tale, un certo Simone di Cirene, a portare la croce di Gesù”. (Mc. 15,21)

 

Ecco un altro personaggio di cui conosciamo poco di lui, sia della sua vita, sia delle sue intenzioni o reazioni nel portare la croce di Gesù. L’avrà fatto volentieri? Sarà stato un discepolo di Gesù? Avrà imprecato? Una cosa è certa: mentre gli apostoli sono fuggiti è lui che, primo tra una innumerevole schiera, porta la croce dietro a Gesù. Gesù lo aveva detto: “Chi vuoI essere mio discepolo, prenda la mia croce e mi segua” e Simone, materialmente, fa questo gesto.

Portare le croci: la nostra, quelle dei fratelli, quella di Gesù è certamente una cosa difficile, sgradevole, eppure non c’è vita senza croce e non possiamo essere insensibili davanti alle croci dei nostri fratelli.

Ma ogni volta che ti carichi una croce e faticando la porti dietro a Gesù ti accorgi che ad un certo punto è Lui che ci morirà sopra, e anche se non capisci il mistero, e proprio da quella croce che nasce salvezza.

 

 

LUNEDI' 15  AGOSTO

“Condussero Gesù al luogo del Golgota”. (Mc. 15,22)

 

Guardando a qualche vecchio crocifisso, forse ci siamo chiesti il perché ai piedi della croce si rappresenti un teschio. E’ una antica leggenda priva di storicità che racconta che sui Golgota (che significa luogo del Cranio) ci fosse stata la tomba del nostro progenitore Adamo. Ma se da un punto di vista storico, questo racconto rappresenta una costruzione immaginaria, dal punto di vista teologico è una magnifica verità: il sangue di Cristo, nuovo Adamo ha purificato quello del primo Adamo. La località poi si trova appena fuori dalla cinta delle mura della città. Gerusalemme non ha accolto Gesù, lo ha cacciato fuori, come un impuro; per motivi religiosi di purità, colui che è venuto a purificarla deve essere allontanato. E qui mi chiedo se non succeda ancora così qualche volta. Cristo offre la sua vita per la Chiesa e per noi, però è un profeta scomodo che stravolge le nostre abitudini, rischia di mandare in crisi le nostre sicurezze e baluardi. E allora è molto più comodo starsene comodi in usi e abitudini consolanti, in facili preghiere gratificanti... e Cristo? Fuori del nostro territorio è molto facile metterlo in croce senza neanche sporcarci le mani.

 

 

MARTEDI' 16  AGOSTO

“Lo crocifissero”. (Mc. 15,24)

 

Mi ha sempre colpito la sobrietà di Marco: tutto il suo Vangelo porta qui, o meglio tutto il suo Vangelo parte di qui e la crocifissione è raccontata solo con un verbo ricordo di aver letto o sentito racconti lunghi e particolareggianti (qualcuno con la presunzione di essere rivelazione particolare) pieni di scene agghiaccianti di aver visto artistiche crocifissioni (anche opere d’arte) con tutto un susseguirsi di particolari, di scene. Marco ha solo una parola. Davanti alla croce del figlio di Dio le parole non servono: serve solo contemplare e capire il suo amore, e lasciarsi invadere da esso.

 

 

MERCOLEDI' 17  AGOSTO

“E con lui crocifissero due ladroni, uno alla sua destra e l’altro alla sinistra”. (Mc. 15,27)

 

Ricordiamo tutti il brano di Mc. 10,37, dove Giacomo e Giovanni erano andati da Gesù a chiedergli: “Concedici di sedere nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra”. Ora alla destra e alla sinistra, non seduti sulla sedia del comando, ma crocifissi con Lui, sono due briganti. Giacomo e Giovanni ed anche noi siamo allora in grado, adesso di comprendere che cosa significa “sedere alla destra e alla sinistra di Gesù”. La croce rivela anche il cristiano. Inutile cercare altrove che sul Calvario l’identità del cristiano. Seguire Gesù senza accettare la croce diventa recita, non vita.

Il cristianesimo senza sacrificio si riduce a chiacchiera inconcludente. La croce certo non va cercata per se stessa: essa è fatta di sofferenza, di solitudine, incomprensione, abbandono, ingratitudine, umiliazione, rifiuto ma è fatta soprattutto di amore. Occorre portare la croce nella direzione in cui l’ha portata e vissuta Lui, soffrire nella stessa linea di dono e pienezza.

 

 

GIOVEDI' 18  AGOSTO

“Ha salvato altri, non può salvare se stesso?”. (Mc. 15,31)

 

Queste persone che beffeggiano Gesù ai piedi della croce non sanno di essere dei veri e propri teologi. Gesù ha veramente salvato “gli altri” non soltanto perché, facendo qualche miracolo ha liberato da mali terreni materiali o spirituali, ma perché donando la sua vita ha veramente raccolto tutta la nostra povertà, malattia ed egoismo e le ha inchiodate per sempre su quella croce. E’ per questo che “non può salvare se stesso”: perché pur soffrendo e pur potendo dire il suo “no” forte e deciso alla sofferenza e alla croce, dice il suo difficile “sì” al Padre e agli uomini che ama.

Guardando alla croce e al crocifisso anche noi ripetiamo quella frase dei suoi beffeggiatori ma con il suono della riconoscenza: “Gesù, Tu potevi salvare te stesso ma ti sei reso impotente ed hai accettato di portare a compimento la tua sofferenza. Tutto questo l’hai fatto per noi. Quelle tue braccia sono inchiodate sulla croce. Quei chiodi non salteranno. La tua misericordia avrà  le braccia  aperte per sempre.

 

 

VENERDI' 19  AGOSTO

"Ma Gesù, dando un forte grido, Spiro". (Mc. 15,37)

 

Quante volte questo grido è stato elevato dall’uomo. Nel suo lamento risuonano l’abbandono di tutti i perduti, il grido di tutti gli oppressi e di tutti gli uomini senza speranza, la disperazione del fallito, l’urlo dell’ucciso proditoriamente che si vede sottratta la vita in cui credeva e sperava: è l’abisso dell’uomo senza salvezza e senza Dio, di colui che vive oltre il limite delle leggi... è il grido disperato a volte gridato con gli occhi, come quella mamma che in India non ha pane per i suoi figli e li vede morire, come quegli occhi grandi, dilatati dei prigionieri dei campi di sterminio, comandati a scavarsi la fossa.

Sì, è il grido di chi muore ma è anche e soprattutto il grido di uno che nasce. Quel grido è il grido di uno che passa attraverso il buio della morte, ma saluta, al tempo stesso, il “Giorno di Dio” che spunta sul mondo. In fondo quel grido può essere anche il grido della mia nascita nello Spirito. Lo Spirito che, dal fondo del mio essere, mi suggerisce la preghiera del neonato: “Abbà, Padre!”

 

 

SABATO 20  AGOSTO

“Veramente quest’uomo era Figlio di Dio”. (Mc. 15,39)

 

Ci può stupire: per tutto il Vangelo di Marco è corsa una domanda: “Chi è questo Gesù?” La gente si meraviglia di Lui, si stupisce; i diavoli lo riconoscono, i discepoli ora lo affermano Figlio di Dio, ora dubitano, la gente ora grida: “Osanna” ora “in croce” e in questo momento di croce, di morte un pagano grida la sua fede.

Tutto il Vangelo di Marco porta qui: la rivelazione di Dio nel crocifisso. Marco non si preoccupa di dimostrare che il Crocifisso è risorto, ma proprio ai piedi della croce raccoglie la fede di questo pagano. E’ il Crocifisso che fa nascere la fede non la forza, la potenza dei miracoli, ma la povertà di una croce sofferta e vissuta nell’amore.

 

 

DOMENICA 21  AGOSTO

“Cerano alcune donne”. (Mc. 15,40)

Attorno alla morte di Gesù sembra essersi creato il vuoto. Ma loro c’erano! E’ una specie di vittoria di gruppo di queste donne. I religiosi, i saggi, gli apostoli sono altrove. Le donne, invece, come tutti i poveri, gli oppressi sono realmente vicine al Cristo crocifisso: esse lo possono vedere e credere perché, almeno in parte, vivono e quindi comprendono la sua stessa situazione. Esse hanno capito fino in fondo che cosa vuoi dire “seguire Gesù”: vuoi dire mettere i piedi là dove li ha messi, vuoi dire non fare strepito, ma contemplare in silenzio ciò che si è manifestato sulla croce. Vuoi dire “stare con Lui”, gioire e soffrire con Lui. Ai piedi della croce non c’è soltanto l’esclamazione nell’atto di fede del centurione ma c e anche una affermazione di fede silenziosa, partita nell’umiltà da lontano ed ora realizzata in questa silenziosa sofferenza che prefigura il silenzio della tomba ma anche l’attesa fiduciosa della risurrezione.

 

 

LUNEDI' 22  AGOSTO

“Lo depose in un sepolcro scavato nella roccia (Mc. 15,46)

 

Una sepoltura di corsa, il grembo della terra si apre e sembra inghiottire il suo creatore. Silenzio. Tristezza. Anche la speranza più radicata sente il colpo secco di quella pietra che si chiude. E’ l’esperienza del buio, della notte, del dolore che non trova risposta, del Dio a lungo invocato che sembra assente, è la paura che tutto nella vita sia solo morte, è la vittoria del male, è l’odio che vince l’amore... Quante volte abbiamo fatto questa esperienza! Basta leggere la Bibbia e crederci per capire: “Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi risuscito dalle vostre tombe, o popolo mio, vi riconduco nel paese di Israele. Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi risusciterò dai vostri sepolcri, o mio popolo. Farò entrare il mio Spirito in voi e rivivrete; vi farò riposare nel vostro paese; sapete che io sono il Signore... (Ezechiele 37, 12—14).

Ma quando è buio e difficile credere, fidarsi, affidarsi... eppure Tu lo hai detto: “Se il chicco di frumento non muore...”.

 

 

MARTEDI' 23  AGOSTO

“Chi ci rotolerà via il masso dall'ingresso?”. (Mc. 16,2)

 

Una pietra aveva chiusa la tomba, ma una pietra più grossa era stata posta sul cuore. Quella pietra per gli ebrei chiudeva l’ingresso al “regno dei morti”, sigillava la fine della loro vita e salvaguardava indirettamente i viventi dal loro mondo. E la pietra posta sul cuore sembrava la parola fine. Le donne vogliono spostare questa pietra, forse non per fede nella risurrezione, ma per un gesto tipico di pietà proprio di chi sa amare con gesti umili e semplici. C’è questa pietra e c’è l’incapacità di rimuoverla da soli. Essa ostruisce l’accesso, lascia forse passare qualche barlume di luce ma impedisce di entrare e di uscire. E soprattutto è grande, immobile, pesante.

Ancora una volta queste donne diventano nostra figura. I ragionamenti, le filosofie, le teologie non bastano a rimuovere la pietra che sul nostro cuore ci impedisce l’accesso alla fede, ma se noi cominciamo a camminare come queste donne anche solo per un gesto d’amore e se, cammin facendo ci sentiamo talmente poveri da accorgerci di aver bisogno di qualcuno che ci rimuova quella pietra, perché da soli non ce la facciamo, stiamo sicuri, il Dio della vita proromperà dal sepolcro per dirci in Gesù: “La tua fede ti ha salvato!”.

 

 

MERCOLEDI' 24  AGOSTO

“Non abbiate paura”. (Mc. 16,6)

 

E’ la prima parola dell’angelo della risurrezione ma è anche una delle parole dette sovente da Gesù; l’aveva rivolta in forma interrogativa ai discepoli quando lo avevano svegliato durante la tempesta (4,40); è la stessa parola di Gesù ritenuto assente e creduto fantasma nella sua presenza notturna, rivolta ai discepoli in difficoltà sul mare (6,50). Sono le parole con le quali Dio si presenta nell’Antico Testamento, quando si rivela all’uomo. La paura è la grande costante dell’uomo: paura di se stesso, paura del mondo, paura del mistero. Cristo risorto e vivente è la vittoria della luce sull’ombra e sulla notte; è la vittoria della vita sulla morte. L’uomo che crede nel risorto non ha più paura, non perché abbia risolto tutte le paure e le difficoltà della vita ma perché la luce del risorto illumina ogni dimensione, anche la più nascosta della vita, e tutto, anche dolore e morte, alla sua luce perdono l’aspetto della paura e del timore per acquistare luce di vita.

 

 

GIOVEDI' 25  AGOSTO

“Non è qui!”. (Mc. 16,6)

 

Come le pie donne sovente anche noi andiamo a cercare Gesù nel posto sbagliato. I cristiani  per quel sepolcro vuoto hanno  fatto le guerre, ma Gesù non è li. Certe nostre riunioni parrocchiali che sanno di conventicole segrete, dovrebbero essere per qualcuno il meglio della presenza del Signore ma Gesù non è lì perché quelle persone non sono riunite nel suo nome ma in nome di interessi personali. Certe celebrazioni sfarzose, piene di preghiere e canti altisonanti ma che non portano alla carità e alla concretizzazione dell’amore di Cristo per i poveri ci gridano: Cristo non è qui! perché Egli è là dove è il povero, il sofferente, l’operatore di giustizia e di pace. Cristo non è nella tua preghiera stantia, piena di verbalismo e di abitudine dove tu pure stenti ad incontrarti con te stesso. Cristo non va cercato nella tomba: “Dio non è il Dio dei morti, ma dei viventi”.

 

 

VENERDI' 26  AGOSTO

“Apparve prima a Maria Maddalena”. (Mc. 16,9)

 

Chissà se gli apostoli, a cose avvenute, non hanno avuto un po’ di invidia per questa prima apparizione del risorto: “E come, siamo noi i dodici, i rappresentanti delle tribù di Israele, gli scelti, la Chiesa gerarchica, garante della verità e Gesù va apparire ad una donna e neanche dalla reputazione troppo pulita!” Ma se questa idea è entrata nella loro mente si saranno anche detti: “Ma chi ha amato veramente? Dove eravamo noi quando Gesù è stato messo in croce?” Ancora una volta, anche nell’annuncio della risurrezione prevale la logica del Vangelo, la logica dell’amore contro quella della potenza. Gesù non si serve di chi strombazza parole, ma di chi sa amare sul serio, perché colui che ama gioisce talmente che pieno di gioia non può tenersela per sé ma la porta agli altri.

 

 

SABATO 27  AGOSTO

"Dite ai discepoli... Egli vi precede in Galilea". (Mc. 16,7)

 

Questa preoccupazione di Marco di ricordarci che le apparizioni e le prime predicazioni apostoliche avvengono in Galilea, non mi sembra solo una preoccupazione geografica. E’ in Galilea che Gesù si è manifestato la prima volta ed è là che è avvenuta in gran parte la sua predicazione. Questo ritornare in Galilea mi sembra allora un invito specifico di Marco, ora che abbiamo fatto l’esperienza della Passione e Risurrezione di Gesù, a rivisitare tutto il Vangelo. Perché è proprio attraverso l’esperienza della Croce e della vittoria sulla morte che capiremo a fondo le parole e i gesti di Gesù. Dopo questa esperienza non chiederemo più a Gesù con i discepoli di “sedere alla destra o alla sinistra”, non discuteremo più su chi “fosse il più grande”; se la nostra barca sarà sballottata sapremo che c’è un Signore con noi; se la morte ci colpirà, in Cristo morto e risorto sapremo che “non è morto, ma dorme”; impareremo a seguire Gesù sapendo che ci porterà alla croce ma che essa è segno di vita... E qui mi assale il dubbio: tutte queste cose sono anni che le so ma come le vivo?

 

 

DOMENICA 28  AGOSTO

"Li rimproverò". (Mc. 16,14)

 

Siamo in chiusura del Vangelo ma c’è ancora un giusto rimprovero per i discepoli e per noi. Per otto mesi, con non poca fatica, ci siamo lasciati interpellare dal Vangelo di Marco. Il Signore la sua parte l’ha fatta. Ci ha riproposto la sua parola e se stesso come “buona notizia”, ci ha invitati alla fiducia, ci ha assicurato la sua presenza e la sua forza, ci ha indicato la strada dell’umiltà, del nascondimento, dell’amore fino a dare la nostra vita... Ora Gesù mi rimprovera e ci rimprovera: “Anche davanti a questo piccolo seme quotidiano che ti ho regalato, come hai reagito? Che tipo di terreno sei stato? Spinoso, sassoso, strada, o terra fertile?” Ancora una volta io e voi facciamo l’esperienza degli Apostoli: abbiamo visto scorrere avvenimenti, abbiamo avuto dei doni, ma forse al momento buono non c’eravamo come loro. Gesù ci rimprovera e a ragione ma subito dopo ci manda. E io e voi con senso di meraviglia, ancora una volta con tanti piccoli, umili e semplici del Vangelo diciamo: “Signore, abbi pietà di me, peccatore”.

 

 

LUNEDI' 29  AGOSTO

“Andate in tutto il mondo”. (Mc. 16,15)

 

Un mistero sconvolgente: proprio mentre gli apostoli sono non credenti, preferiscono rifugiarsi nel lutto piuttosto che credere alla vita, Cristo li raggiunge e li fa uscire proiettandoli verso la missione. Si direbbe che li faccia guarire dalla incredulità promuovendoli “missionari. E questa è la vera figura del “missionario”: uno che reca una buona notizia non sua e che è sostenuto non da forze sue ma dalla potenza di un Altro. Ma per “andare” bisogna alzarsi, bisogna partire. La strada non la si compie con le parole, le discussioni, le dotte dispute teologiche o ecclesiali, la si compie con il movimento, la fatica delle gambe e del corpo. Chiesa seduta o Chiesa in cammino? L’imperativo di Gesù non lascia dubbi! Una buona notizia se non è trasmessa non è neppure una notizia. Ma, particolarmente per la nostra chiesa occidentale e per me, il Vangelo è ancora una buona notizia che ti riempie il cuore e scuote dal torpore e smuove le gambe impigrite dal troppo immobilismo?

 

 

MARTEDI' 30  AGOSTO

“E questi saranno i segni”. (Mc. 16,17)

 

Questa frase è stata usata da coloro che sostengono che i miracoli, le guarigioni sono un segno proprio della Chiesa missionaria. Altri sono invece portati a non prenderla alla lettera ma a leggerla in chiave simbolica. Ma i miracoli ci sono o no? Certo che ci sono! e se dobbiamo fare attenzione e non cadere in un facile miracolismo dobbiamo anche ammettere che da sempre, soprattutto grazie alla fede di persone umili e semplici i miracoli hanno accompagnato e accompagnano il cammino della Chiesa. Ma oltre a quelli che sono fatti prodigiosi evidenti, ci sono anche tanti altri miracoli: faccio alcuni esempi. Non è forse un miracolo che la Chiesa, nonostante tutti gli errori interni e tanti sforzi da parte dei suoi nemici, ci sia ancora dopo circa duemila anni? Non è forse un miracolo la misericordia di Dio che sempre e nonostante i nostri peccati è disposta a perdonarci? E l’attività di suore come Madre Teresa, come le suore del Cottolengo a servizio degli ultimi e abbandonati non è un miracolo continuo di vita? E quando al posto di odiare e vendicarsi, un uomo per amore di Cristo, sa perdonare, non è forse un miracolo più grande di altri prodigi? Che il Signore ci faccia cogliere i suoi segni e ci aiuti ad essere disponibili perché attraverso noi e nonostante noi possa ancora compiere i miracoli del suo amore per gli uomini.

 

 

MERCOLEDI' 31  AGOSTO

"Mentre il Signore operava con loro...". (Mc. 16,20)

 

Se guardo il mondo vedo che non è migliorato; mai come oggi ci sono tante guerre e violenze e mai come oggi si è vicini alla autodistruzione. Se guardo la Chiesa vedo ancora in essa tante ingiustizie, poca carità, tanta fame di potere, tanta paura e abitudinarietà. Se guardo a me stesso, ancora e sempre più mi trovo con una fede vacillante, con una carità che ha poca voglia di comprometterSi e con una speranza quasi uccisa dal pessimismo. Ma “il Signore operava con loro” e allora ricomincio a rileggere il Vangelo perché solo Gesù può darmi speranza:

“lo sono con voi tutti i giorni”

“lo ho vinto il mondo”

“Vi do la mia vita”

“Chi vuoi venire dietro di me prenda la sua croce e mi segua”

“Vai, vendi quello che hai e dallo ai poveri”

“impossibile presso gli uomini ma non presso Dio”

…E con Lui cerco di riscrivere, meno male che posso, la buona notizia di “Gesù Cristo Figlio di Dio”. (Mc. 1,1)

     
     
 

Archivio