Archivio

 
     
     

UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

LUGLIO 1988

 

 

VENERDI' 1  LUGLIO

“Un uomo pianta una vigna”. (Mc. 12,1)

 

Questa parabola allegoria inizia col presentarci una figura cara agli Ebrei e cara alla Bibbia: la vigna.

Già Isaia vedeva Israele come la vigna del Signore, Dio ha stretto la sua alleanza attraverso un popolo, nella storia. Noi oggi se vogliamo riscoprire le nostre radici dobbiamo ripercorrere le tappe di questa lunga storia d’amore di Dio con gli uomini. Sovente quando parlo di Bibbia mi sento fare questa obiezione: “Se Gesù è la parola definitiva di Dio, che bisogno abbiamo ancora di tirar fuori queste vecchie storie che oltretutto sono difficili da capire?” E’ un po’ come se volessimo far vivere una pianta tagliandole le radici. Gesù si inserisce in una storia concreta. Noi facciamo parte della storia della salvezza che proprio come ci illustra questa parabola è un crescendo d’amore da parte di Dio. Penso che ogni cristiano dovrebbe ripercorrere con senso di ammirazione, gratitudine e contemplazione ogni pagina della Bibbia. E anche quando ci troviamo davanti a pagine difficili e oscure impariamo a vedere, al di là dei fatti, quel lungo filo d’amore intessuto da Dio che, partendo dalla creazione, nonostante i tanti “no” degli uomini, giunge fino a noi.

 

 

SABATO 2  LUGLIO

“Diede la vigna in affitto a dei vignaioli e se ne andò”. (Mc. 12,1)

 

Può stupire e persino preoccupare il fatto che “Dio se ne vada”, ma è proprio questa “apparente assenza di Dio” che garantisce il lavoro dell’uomo. Il Dio di Gesù non è un Dio paternalista o peggio un Dio sempre pronto, fucile alla mano, a sparare contro le mancanze degli uomini. Egli ha fatto col suo popolo un patto, in cui dà e chiede e quindi rispetta l’uomo proprio lasciandolo libero di essere fedele a questa amicizia. Non è quindi un Dio che deresponsabilizza l’uomo, ma lo immerge più profondamente nella storia. L’assenza di Dio significa soltanto che Dio ci lascia campo libero, che ci prende sul serio. “Non si tratta né di abbandono, né di evasione, né di diserzione. E’ un segno d’amore. Si potrebbe dire che se ne va il Dio dei filosofi e dei sapienti. E resta in mezzo a noi unicamente il Dio fiducioso, ma debole, della Rivelazione. Il Dio che intende agire esclusivamente attraverso l’amore che porta agli uomini". (Maillot)

 

 

DOMENICA 3  LUGLIO

“Aveva ancora uno, il Figlio prediletto, lo inviò loro per ultimo”. (Mc. 12,6)

 

Sembra che Dio nella sua immensa pazienza si sia ridotto all’orlo della povertà. A forza di mandare servi, non gli è rimasto più nessuno, tranne questo Figlio prediletto. Noi non comprendiamo questo modo di fare. Noi siamo gretti, egoisti. Noi avremmo organizzato una bella spedizione punitiva, al massimo avremo mandato il Figlio, ma a capo di uno stuolo di armati per far giustizia. “Lo inviò loro per ultimo” E lo manda anche nella povertà: “E il Verbo si fece carne. Adesso Dio è veramente il Povero per eccellenza. Povero perché ha donato tutto. Nella sua inguaribile passione per gli uomini, non ha tenuto per sé neppure il Figlio. Si è “giocato” anche quello. Questo significa “amare da Dio” altro che i nostri calcoli nel dare! Che differenza dal Dio di Gesù che ama così all’immagine del Dio “ragioniere, calcolatore di peccati” che spesso noi abbiamo.

 

 

LUNEDI' 4   LUGLIO

"... e darà la vigna ad altri". (Mc. 12,9)

 

Dio è proprio inguaribile nel suo sperare negli uomini. Dopo tanti no, potrebbe rendersi conto che gli uomini sono tutti uguali, che anche gli uomini nuovi a cui affida la vigna sono della stessa pasta degli altri, ma invece Egli si fida e rinnova la sua scommessa di su noi. Noi abbiamo tutto: Gesù è venuto, ci ha regalato la sua vita, adesso sta a noi lavorare nella sua “vigna”, nel suo regno. Siamo noi a dover accogliere la sua Parola, i suoi messaggeri, a dover portare frutto secondo i doni che ci ha dati, ora “del trenta, del sessanta, del cento per uno Non dobbiamo “appropriarci della vigna”, cioè non dobbiamo voler pensare di essere noi padroni di Dio a tal punto da imporlo ad altri o addirittura da poterne fare a meno. Di fronte all’inguaribile speranza e misericordia di Dio non possiamo rispondere con lo stesso errore e con la stessa crescente cattiveria dei capi del popolo di Israele.

 

 

MARTEDI' 5  LUGLIO

“E’ lecito o no dare il tributo a Cesare?” (Mc. 12,14)

 

Ci sono tanti modi per ricercare la verità e tutti possono essere buoni ma ad una condizione: essere onesti. Qui ci troviamo chiaramente davanti a gente in mala fede: sono andati da Gesù avendo già deciso di trovar motivi per toglierlo di mezzo e la domanda che gli fanno, posta in questo modo voleva costringerlo ad inimicarsi o il popolo o il potere romano. Ma quello che mi impressiona di più è quel “E’ lecito?” perché tante volte anche noi ce lo chiediamo: dove c'é una legge c’è quello che è lecito e quello che non lo è. Ma noi sappiamo anche che “trovata la legge, trovato l’inganno” per cui per i furbastri proprio grazie al legalismo, quello che è illecito per altri diventa lecito per loro. Gesù lo sa benissimo. Ed è proprio per questo che non ci darà delle ricette precise. Il cristiano, guardando a Gesù, per le scelte morali non dovrà più chiedersi: “E’ lecito?” ma e secondo l’amore di Dio e del prossimo?”.

 

 

MERCOLEDI'  6  LUGLIO

“Portatemi un denaro perché io lo veda”. (Mc. 12,15)

 

Ecco una prima risposta di Gesù alla domanda che gli hanno fatto. Chiedendo di portargli una moneta, dimostra di non averne. Invece coloro che si premuravano di essere “puri davanti alla legge”, portandogli la moneta dimostrano chiaramente di essere persone che non esitano per i loro interessi a sporcarsi le mani con monete che recano incise l’immagine dell’Imperatore e una frase (Tiberio, Cesare, figlio del divino Augusto) che erano per lo meno blasfeme nei confronti della religiosità ebraica. E qui mi faccio un esame di coscienza che mi fa arrossire: Sono anch’io di quelli che dicono molto della povertà della Chiesa, che sventolano questo emblema ma che hanno tutto il necessario e molto di superfluo. Ricordo di aver visto per televisione delle immagini che facevano vedere lunghe automobili e ricchi signori che nel nome di un altisonante e prestigioso Club si recavano ad un convegno dal quale uscirono dati allucinanti sulla mortalità per fame nel mondo. Io oggi ho mangiato, e ne ho anche avanzato.

 

 

GIOVEDI' 7  LUGLIO

“Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio”. (Mc. 12,17)

 

Quando si tratta di interessi, di soldi, siamo in gamba a far dire a Gesù anche quello che non ha detto. Questa frase a volte è stata interpretata come principio di divisione tra ordine materiale e ordine spirituale, come a dire: Dio lo chiudiamo bene in chiesa e fuori usiamo le tecniche del mondo. Per capire bene la frase di Gesù, bisogna ricordare che l’immagine impressa sulla moneta è il sigillo di appartenenza a Cesare: chiunque possiede, o meglio è posseduto da tale moneta, gli appartiene, perché in essa si esprime il volto palpabile e concreto del dio dominatore di questo mondo. Ma, secondo Gesù, l’uomo non può servire a due padroni (Mt. 6,24), quindi è solo liberandosene che l’uomo esce da questa schiavitù, ritrovando la piena dignità di figlio di Dio e può finalmente rendersi a Dio, fonte della sua libertà. Tutto è per l’uomo, se l’uomo è per Dio e trova in Lui solo il proprio volto: quel volto che Cristo ha rivelato.

 

 

VENERDI' 8  LUGLIO

“Nella risurrezione a chi apparterrà la donna?”. (Mc. 12,23)

 

Siamo alle solite! Sia per i Sadducei che per noi continua in ogni campo a venire fuori l’idea di possesso. Anche a Dio vogliamo fare i conti in tasca! Invece di gioire per il dono della Risurrezione vogliamo programmare anche l’aldilà. L’uomo non era ancora arrivato sulla luna che già le compagnie vendevano appezzamenti di luna. Se il paradiso fosse quantificabile sarebbe lo stesso! (Un modo sbagliato di intendere le indulgenze, ad esempio, le ha ridotte ad una compravendita di giorni, mesi, anni, di purgatorio e di paradiso). Ci interessiamo alle cose che Dio ci deve dare e non badiamo a Lui. Se noi puntiamo la nostra attenzione su di Lui ci preoccuperemo di meno del desiderio del possesso dell’aldilà ma ci fideremo di più di questo Padre che dona la vita perché è vita.

 

 

SABATO 9  LUGLIO

“Quando risusciteranno i morti non prenderanno moglie né marito”. (Mc. 12,25)

 

Un giorno un signore, vedovo da pochi mesi, venne a dirmi: “Leggendo il Vangelo ho trovato questa frase e mi ha profondamente rattristato. Ho passato una vita con mia moglie, ci siamo amati. Come dice la Bibbia, siamo stati una cosa sola umanamente e spiritualmente, ed ora pensare ad un paradiso ascetico in cui tutto è spirituale mi sembra non sia neppure secondo lo spirito del Vangelo che valorizza la nostra vita umana. Gesù dicendo questo non voleva escludere il valore dei sentimenti e dei valori umani né in questa vita né nell’aldilà ma voleva affermare che il Dio della vita è risurrezione. Se poi l’aldilà è, in Dio, il compimento di tutto il bene, di tutte le aspirazioni e le cose buone della vita, proprio i sentimenti, i rapporti umani più cari dovranno essere mortificati? Gesù non ci dice come, ma ci dà una dimensione nuova (l’amore perfetto in Dio) in cui tutto troverà il suo vero compimento. Quindi non è sbagliato pensare ai nostri morti e pensare di ritrovarli in Dio nella loro dimensione più vera e più completa.

 

 

DOMENICA 10  LUGLIO

“Dio non è un Dio dei morti, ma dei viventi”. (Mc. 12,27)

 

Gesù dimostra ai Sadducei che non sanno leggere la Sacra Scrittura e potrebbe dire altrettanto di noi quando con incrostazioni plurisecolari abbiamo ridotto il Dio della vita al Dio dei morti. Qualche esempio? La troppa insistenza su Dio che vuole sacrifici da noi quasi che ci godesse a farci soffrire; la mancanza di speranza nel leggere la storia dell’uomo, il voler nascondere e nasconderci la morte affermando così la sua vittoria sulla vita, le parate di falsità delle nostre sepolture che evidenziano la nostra non fede nella risurrezione, le culture di morte degli aborti, delle droghe, delle guerre e delle violenze. Dio è il Dio dei viventi, qui sulla terra e poi nell’eternità! Dio ama la vita e la dà a piene mani! Ogni volta che attento alla vita (pensate alle strade, all’ecologia...) attento all’integrità di Dio; ogni volta che non rispetto il dono della salute e non la curo, ogni volta che intristisco è come uccidere il Dio della vita che è in me. Solo chi ama la sua vita qui e riconosce che essa è un dono di Dio, in Lui apprezza l’eternità. Quindi chi ha detto: “Brutta terra, bel paradiso”, fosse anche un santo canonizzato, se intendeva disprezzare i doni della vita, non era certamente secondo il Vangelo!

 

 

LUNEDI' 11  LUGLIO

“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente, con tutta la tua forza”. (Mc. 12,30)

 

Il bisogno fondamentale dell’uomo è l’amore. Tutti, in tutti i nostri gesti, palesemente o nascostamente manifestiamo questo bisogno di dare e ricevere amore. Gesù, il Figlio di Dio incarnato, ci dice concretamente che Dio ci ama e quanto grande sia questo amore che si fa per noi solidarietà e donazione totale. Senza questo amore che viene da Dio il nostro amore sarebbe incomprensibile e impossibile. Afferma S. Giovanni: “Amiamoci, miei cari, amiamoci l’un l’altro perché l’amore viene da Dio e ognuno che ama è generato da Dio e ha conosciuto Dio” (1Gv. 4,7). Se dunque mi sento amato da Dio so anche che posso ricambiare questo amore e che lo posso e lo devo concretizzare nell’amore del prossimo infatti “Come posso dire di amare Dio che non vedo se non amo il prossimo che vedo?” (1Gv. 4,20). Se parto da questi presupposti cadono allora tutte le discussioni sulle dimensioni verticali e orizzontali del cristianesimo, quel chiedersi continuo: “Bisogna prima amare Dio e poi il prossimo o prima il prossimo e poi Dio?”. La grande “novità” di Cristo è proprio questa: aver riportato l’uomo all’unità di se stesso nell’amare.

 

 

MARTEDI' 12  LUGLIO

"Guardatevi dagli scribi" (Mc. 12,38)

 

Sarebbe ipocrita da parte nostra dire: “Ben gli sta a questi scribi vanitosi e superbi” e non guardare se in quella categoria non ci siamo anche noi. Gesù non ce l’ha con gli scribi come gruppo religioso e sociale (tra l’altro ha appena lodato uno scriba onesto) ma bolla invece la vanità, l’ipocrisia e la cupidigia nell’uso della propria scienza e della propria religiosità. Vanità religiosa è sentirsi sicuri della propria fede al punto di ritenere la propria religiosità come unica e pavoneggiarsi e sentirsi superiori agli altri a causa della propria cultura religiosa, è infilare citazioni bibliche e documenti ecclesiali non per una onesta ricerca di verità ma per comprovare ideologie o movimenti propri; è usare il proprio ruolo non per servizio ma per autoaffermazione. Ipocrisia è apparire per qualcosa di più o di diverso da quello che si è, è ostentazione di perbenismo quando invece non si è così, è mascherare a se stessi o ad altri la propria realtà di ingiustizia e di cattiveria. Cupidigia è adorare il proprio io mascherandolo da Dio. "Guardatevi dagli scribi" significa allora fate attenzione a questi tipi di persone perché non solo non vi danno niente di buono ma vi sono di intralcio, ma anche guardatevi dall’essere o diventare voi “scribi” vanitosi, ipocriti, e pieni di cupidigia magari mascherati di falsa e affrettata religiosità.

 

 

MERCOLEDI'  13  LUGLIO

"E osservava come la folla gettava monete nel tesoro". (Mc. 12,41)

 

La giornata di discussioni e di controversie causate dagli scribi e farisei termina per Gesù con l’osservazione di alcuni gesti di religiosità e con l’esaltazione di una povera vedova che nella sua fede semplice, bisognosa di tutto, manifesta la sua sconfinata fiducia in Dio. Gesù osserva ma vede al di là delle cose. Gettare denaro nelle cassette del tempio era un atto di religiosità (e notiamolo bene: Gesù non condanna questo gesto, non sta a chiedersi se è giusto, se il denaro verrà usato bene o no). Esteriormente però si vedono i ricchi ostentare la propria ricchezza ma la contabilità per Gesù non è secondo le regole della matematica, ma secondo quelle del cuore. “Padre, se il Signore mi fa andare bene quell’affare, vedrà che bella offerta faccio alla Chiesa!”. Se l’offerta e per riconoscere la grandezza di Dio a cui dobbiamo tutto ed è per venire incontro a necessità di altri è gradita a Dio, se è per comprarsi il Padre Eterno, Egli non ci sta, se è per farsi vedere, la ricompensa è già immediata e quindi non gradita a Dio. Mi chiedo: Faccio la carità? Quando do qualcosa sono un calcolatore? Uso sempre la frase evangelica: “Non sappia la tua destra ciò che fa la tua sinistra?”.

 

 

GIOVEDI' 14  LUGLIO

“Una vedova vi gettò due spiccioli”. (Mc. 12,42)

 

Quelle due monetine che cadono nel recipiente delle offerte, forse hanno un sapore, o un profumo, oppure, nel momento che toccano il fondo della cesta, hanno una loro musicalità. O tutte queste cose insieme. Comunque, qualcosa di bello, di pulito, di pacificante. Dite quel che volete, sarà poesia... non m’importa. Anche Gesù, a pensarci bene, era stanco, quel giorno, di troppa teologia. E si è concesso una pausa poetica. Ha mostrato di gradire questa musica.

 

 

VENERDI' 15  LUGLIO

"Questa vedova nella sua povertà ha messo tutto quanto aveva". (Mc. 12,44)

 

Mi immagino se questa vedova fosse andata prima di fare il suo gesto, a chiedere consiglio a qualche Padre spirituale, forse si sarebbe sentita dire con logica prudente: “Basta l’intenzione! Pensa a comprarti un po’ di pane e poi muori in pace! Ma che cosa vuoi che contino due spiccioli nel ricco tesoro del Tempio!”. La vedova invece non e prudente”, dà tutto, si fida di Dio. Non aveva sentito Gesù dire: “Va’, vendi ogni cosa e seguimi!” ma lo mette in pratica. Gioca tutta la sua vita su Dio: sembra che nessuno si accorga di questo! Sono tutti ammirati dalle abbondanti elargizioni dei ricchi: che cosa può voler dire una piccola, insignificante figura nera con due spiccioli che non fanno neppure rumore? Qualcuno se ne accorge! Gesù legge dentro e vede la fede, quella fede che non fa rumore e non si esibisce davanti a platee per riceverne l’applauso. Se qualche volta proviamo a leggere gli eventi della storia con gli occhi di Gesù (noi non siamo Lui, ma in buona misura, se vogliamo, possiamo avvicinarci a Lui) troveremo anche noi tante sorprese: scopriremo in mezzo all’egoismo, alla melma quotidiana questi piccoli e nascosti tesori e poco per volta comprenderemo che la vera fede è ancora viva, non tanto per le grandi cattedrali costruite nei secoli ed ora ridotte a museo di Dio e della fede, ma per "piccole, nere, vedove" che ancora giocano tutto sulla fiducia che Dio ci sia e ci ascolti.

 

 

SABATO 16  LUGLIO

"Maestro, guarda che pietre e che costruzioni !".(Mc. 13,1)

 

Quando gli Ebrei vollero costruire la torre di Babele pensavano la stessa cosa! E quando i cristiani, usciti dalla prova delle persecuzioni si stabilizzarono e cominciarono a costruire templi grandiosi, pensarono di glorificare Dio ma rischiarono di confondere la grandezza di Dio con quella degli uomini e, quasi senza accorgersi, cominciarono a voler chiudere Dio in chiesa e oggi spesso queste sono dei musei artisticamente belli, pieni di turisti, sovente vuote di cristiani. E penso anche a me tutte le volte che sentendomi indispensabile e dimenticando di essere "un servo inutile" mi arrabatto e fatico per costruire cose che oggi ci sono, ma che poi, prive di vero spirito perché fatte nell’affanno e nell’egoismo di voler apparire, restano ben presto "pietre inutili". Penso a noi cristiani che calcoliamo la fede dal numero: “Padre, ha visto che ripresa di fede?! Alla processione dell’Ausiliatrice c’era il doppio della gente dello scorso anno!”. Il Tempio di Israele era la gloria del popolo. Ma questo va bene fino a quando esso è il segno reale di un popolo che vi vede il segno della pre­senza viva di Dio; quando Dio viene dimenticato le pietre, belle fin che si vuole, non sono che fredde pietre.

 

 

DOMENICA 17  LUGLIO

“(Del Tempio) non resterà qui pietra su pietra”. (Mc. 13,2)

 

Con la venuta di Gesù il Tempio cessa di avere il suo scopo. Il nuovo Tempio non sarà più una costruzione ma Dio risiederà nel suo stesso popolo. Questo nuovo tempio ha la base in Gesù, “la pietra che i costruttori hanno scartato” e la gloria di Dio abiterà tra gli uomini perché “Dio è amore: chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui (1Gv. 4,16).

Ma allora i nostri templi sono inutili? Il tempio è un segno della presenza di Dio. I credenti, nella chiesa, trovano in esso il luogo privilegiato della celebrazione dei sacramenti. Hanno un segno reale della presenza di Gesù nell’Eucaristia. Hanno il loro luogo d’incontro. Senza togliere niente al mistero della presenza del Signore “che pose la sua tenda tra gli uomini non dobbiamo però correre il rischio di voler esclusivizzare la chiesa tempio come l’unico luogo di presenza di Dio. "Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, lì ci sono io". “lo sono con voi tutti i giorni”. “Avevo fame e mi avete dato da mangiare. ‘‘Qualunque cosa avrete fatto al più piccolo dei miei fratelli, l'avete fatto a me.

 

 

LUNEDI' 18  LUGLIO

“Quando accadrà questo?”. (Mc. 13,4)

 

Siamo arrivati al discorso escatologico (parola difficile che vuol dire: discorso per quello che riguarda le cose finali) ed ecco la domanda nostra e dei discepoli: Quando sarà la fine del mondo? Il credente non è uno che viaggi col calendario in mano. Semmai ha in mano una bussola. Cristo dà la direzione del cammino. Non ci offre la descrizione anticipata di ciò che ci accadrà lungo la strada. La sua parola quella che non passa non è una chiave magica per risolvere gli enigmi della storia, i rebus della cronaca quotidiana. E’ luce che permette di cogliere il significato degli avvenimenti. Il cristiano non è affatto uno che sa già tutto prima. E’ uno che riesce ad afferrare il filo conduttore delle diverse vicende. La colpa del cristiano non è quella di non essere informato. Ma quella di non essere preparato. Al posto della curiosità, la vigilanza. Al posto delle informazioni, le esortazioni. Gesù non dice: “State tranquilli”. Dice: “Badate”. Non ci avverte:“Mettete la sveglia a quella determinata ora”. Impone: “Non dormite”.

 

 

MARTEDI' 19  LUGLIO

"Molti verranno in nome mio dicendo: Sono io". (Mc. 13,6)

 

Fin dall’inizio della Chiesa è stata presente questa tentazione. Impostori, approfittando della creduloneria, e della ricerca del facile miracolismo, hanno imposto se stessi approfittando del nome di Gesù. Oggi poi, in questa epoca di dilagante materialismo, proprio approfittando del fatto che il sentimento e il bisogno di spiritualità e di religiosità sono stati troppo a lungo costretti, emergono irruenti tutta una schiera di maghi e di santoni, che uniscono parole evangeliche e rituali esoterici, miracoli (o presunti tali) con congreghe che hanno il culto della personalità. E quello che è peggio è che tante volte queste aberrazioni vengono presentate come opera vera di fede in Cristo. Come fare a conoscere i veri profeti da quelli falsi? Il criterio fondamentale è quello della Parola di Dio vissuta e interpretata nella Chiesa. Gesù è venuto e per salvarci ha dato la sua vita: primo criterio è chiederci se certi “santoni” sono disposti a dare la vita o non piuttosto a farsi soldi alle spalle dei poveri. Gesù ha fatto una proposta rispettando l’uomo e lasciandolo libero. Gesù ha amato la vita rispettandola. Gesù non ha insegnato riti magici e si potrebbe andare avanti a lungo: “Li conoscerete dai frutti” ma attenzione anche qui: ci possono essere frutti belli a vedersi, ma velenosi e frutti bruttissimi ma squisiti.

 

 

MERCOLEDI'  20  LUGLIO

"Sarete odiati da tutti a causa dei mio nome". (Mc. 13,13)

 

Il Vangelo è un annuncio di gioia, di fedeltà di Dio, di liberazione ma non è il passaporto per l’incolumità, per la pace. Anzi, Gesù nel suo realismo ce lo dice, il “mondo”, il “nemico” si accanisce contro esso e contro i suoi rappresentanti. Basta guardare Gesù: chi c’è stato più buono di Lui? Chi è passato "beneficando e facendo bene ogni cosa" eppure dà fastidio. La verità, la giustizia, l’amore vero danno fastidio a chi si nasconde dietro maschere di falsità, a chi preferisce amministrarsi una giustizia piena di tornaconti, a chi pensa che amore significhi solo voler bene a se stessi. E allora ecco la persecuzione e il martirio per una fede che invece vorrebbe essere solo liberazione dell’uomo. Qualche volta, pensando a questa profezia di Gesù mi chiedo: come mai oggi i cristiani qui in Italia non hanno grosse persecuzioni? E mi viene da rispondere: “Perchè i cristiani sono sempre meno cristiani. Quando mi rendo conto che la mia vita di fede non mi crea delle difficoltà, quando mi accorgo che la mia testimonianza del Vangelo e troppo salottiera, devo chiedermi: “Sono ancora cristiano o vivo un vangelo troppo addormentato?” Non è che dobbiamo andare a cercarci persecuzioni e nemici e neanche dobbiamo fare crociate tali da diventare esclusivisti della fede, ma però non dobbiamo neanche accontentarci di una fede che non avendo più nulla da dire a noi e agli altri, ci lascia in pace e non tocca più il cuore di nessuno.

 

 

GIOVEDI' 21  LUGLIO

“Chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato”. (Mc. 13,13)

 

Spesso al mattino, quando con un po’ di preghiera, cerco di affidare la mia giornata al Signore, tutto mi sembra facile: “oggi amerò il Signore, dedicherò del tempo alla preghiera, sarò paziente con quella persona. Alla sera facendo il bilancio sono quasi sempre al punto di prima. Vale ancora la pena di ritentarci? Quel difetto non fa forse parte del carattere? e allora? Non ce la farò mai! Costruire giustizia, condividere i propri beni, sforzarsi per la pace, è bello, entusiasmante ma vale la pena quando sappiamo che l’ingiustizia ci sarà sempre, che il giusto sarà sempre bastonato, che tolto un armamento se ne ha già un altro pronto e più terribile del primo? E viene voglia di abbandonare tutto e cadere nel più nero pessimismo. Signore, la fede è difficile! Vivere la carità è ancora più arduo, ma perseverare in essa senza scoraggiarsi lo possiamo fare solo se tu continui a sostenerci. Fa che, guardando a te, non ci perdiamo d’animo.

 

 

VENERDI' 22  LUGLIO

“State attenti, vegliate”. (Mc. 13,33)

 

E’ un luogo comune dire che la religione funziona da oppio e rende disattenti alla realtà. E ciò è fondamentalmente vero. Basta guardarsi un poco attorno. D’altronde, se non ci fosse stato questo pericolo, Gesù avrebbe potuto risparmiarsi i ripetuti appelli alla vigilanza e all’attenzione, che sono come il ritornello di tutto questo discorso di addio. Di fronte alle difficoltà insormontabili è istintivo chiudere gli occhi e sognare. I sogni sono sempre più belli o almeno più a buon mercato della realtà. Salvo poi la triste sorpresa del risveglio! E’ capitato lo stesso anche agli apostoli nell’ora decisiva, e hanno lasciato solo il Signore. La vigilanza è la prima caratteristica del cristiano. Diversamente è vera la caratteristica contraria: l’oppio. Ma il cristiano è tenuto desto dai morsi del lungo digiuno e dalla sete profonda dell’attesa dì ciò che deve venire e che è il senso della sua vita. Ciò che lo sazia e lo appaga non c e ancora: la cosa principale deve ancora venire, e non può essere soddisfatto. E’ come chi ha scavato un pozzo profondo nella roccia: non può fermarsi a un metro dall’acqua e non è contento prima di averla raggiunta. Altrimenti tutta la sua fatica è inutile!

 

 

SABATO 23  LUGLIO

“Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!”. (Mc. 13,37)

 

Parlando di attesa è facile che la fantasia corra alle desolate sale di aspetto delle stazioni ferroviarie, del dentista o degli uffici statali: lunghe panche, sedie, vecchissimi giornali. Dopo tutto, l’attesa è inerte, passiva, significa solo per quello che viene dopo ed è, appunto, attesa! Non è questo che suggerisce il Vangelo, o l’atteggiamento di fondo con cui viveva la prima comunità. Vegliare per Gesù significa stare al proprio posto in senso attivo, ossia darsi da fare. Il padrone che parte non lascia individui che lo aspettano ma individui ai quali ha dato qualcosa da fare. Quando ritornerà non gli interesserà tanto sapere se lo stavano aspettando, ma se hanno svolto il compito per il quale li aveva lasciati.

 

 

DOMENICA 24  LUGLIO

"I capi dei sacerdoti cercavano di  impadronirsi di Lui con l'inganno". (Mc. 14,1)

 

Con il capitolo 14 iniziano in Marco i due capitoli narranti la passione, morte e risurrezione di Gesù. Cercheremo, almeno nei passi principali di contemplare Gesù al centro della sua missione in questi giorni nei quali esplode per intero il suo amore per noi e il compimento della sua missione. La prima cosa che stupisce è il fatto che Gesù, che in altre occasioni sapendo dell’odio contro di lui aveva evitato Gerusalemme e le trappole dei capi del suo popolo, ora non fa niente perché la sua sorte trovi compimento. E’ proprio “l’agnello immolato” che va ‘"mansueto" ad offrire la sua vita. Non che questo non gli costi, ma Gesù sa di “essere venuto per questo”, sa di dover “bere il calice” fino in fondo, vuole bene al Padre e vuole bene agli uomini e proprio mentre si compie la Pasqua ebraica, Egli la rinnova offrendo se stesso. Il mistero del male, della delazione, della lotta politica trionfa, ma proprio in questo trionfo, mentre si distrugge il giusto e e il germe del bene che rinasce e mina all’interno le così ben oliate macchine del male.

 

 

LUNEDI' 25  LUGLIO

“Dicevano i capi dei sacerdoti: Non durante la festa perché non succeda un tumulto di popolo”. (Mc. 14,2)

 

La decisione di uccidere Gesù era già stata presa da tempo (vedi Mc.3,6). Gesù dà fastidio, mina le sicurezze religiose e politiche del suo paese, soprattutto non lascia tranquilli e tocca negli interessi e nel potere i capi. Nella grande corte del potere (di qualunque potere) si sopporta anche un giullare che tra un lazzo e l’altro dice qualche brandello di verità, ma una voce schietta, onesta, sincera dà fastidio e bisogna farla tacere. Oltretutto è anche facile trovare una motivazione politica che copre la malefatta con una forma di perbenismo: “E’ meglio che uno solo muoia piuttosto che tutto il popolo debba soffrire” e così uccidendo Gesù, abbiamo ancora fatto del bene al popolo! Rimane un ultimo particolare: come si comporterà il popolo? Ma anche qui vedremo che la folla sarà facile preda del potere e anche questo sarà appianato. Mi è capitato poche volte di partecipare a riunioni di organizzazione politica e di strategia sindacale, qualche volta in più a quelle di “programmazione ecclesiale” ma in esse spessissimo ho ritrovato lo stesso linguaggio e atteggiamento “molto umano” e “strategicamente corretto” dei capi dei sacerdoti e degli scribi.

 

 

MARTEDI' 26  LUGLIO

“Giunse una donna con un vasetto di alabastro”. (Mc. 14,3)

 

Il ministero di Gesù era terminato con la figura di una donna, la vedova che con fiducia offriva le sue due ultime monetine. I capitoli della passione iniziano con un’altra figura di donna di cui non viene detto neppure il nome ma che compie, in silenzio, un grande gesto di amore che va addirittura oltre le intenzioni conosciute dalla donna stessa. Le donne in tutto il Vangelo hanno un compito centrale: Gesù ha veramente superato per primo le barriere della discriminazione. Questa donna entra e fa scandalo tra i benpensanti con il suo atteggiamento, ma questa donna ama sul serio. Non conta, come tutte le donne, davanti agli occhi di una ipocrita mentalità maschilista, ma conta davanti agli occhi di Gesù che leggono dentro e anticipa non solo la morte di Gesù per amore, ma anche il fatto che succederà tra breve e cioè che mentre gli uomini scapperanno, le uniche ad essere ai piedi della croce saranno proprio loro, le donne, e a loro sarà per prime rivelata la risurrezione di Gesù e, ancora, saranno loro per prime ad essere chiamate ad essere testimoni e messaggere della risurrezione.

 

 

MERCOLEDI'  27  LUGLIO

"Si poteva vendere quest’olio a più di trecento denari e darli ai poveri". (Mc. 14,5)

 

La donna compie un gesto d’amore e subito, nel nome della religiosità e dell’amor di Dio, c’è qualcuno pronto a criticare. Gesù ha amato i poveri, li ha beneficati, li ha chiamati “beati”, Gesù per noi, poveri, si appresta a dare la vita, ma Gesù non è un pauperista” e come da una parte sa che la povertà è beatitudine che può portare a Dio, sa anche che la povertà può diventare cattiva consigliera tanto quanto la ricchezza. Quindi Gesù non è un gretto contabile al punto di accusare una donna come sprecona quando questa donna sta compiendo un gesto così grande d’amore. Ancora una volta Gesù legge i fatti dal di dentro, gli altri con la contabilità religiosa. Pensiamo anche a questo: nell’aiutare i poveri anche il superfluo, in certe circostanze, può risultare indispensabile. Un povero, talvolta, può aver bisogno di un fiore prima ancora che di un piatto di minestra, di un sorriso più che di un’elemosina, di un po’ del nostro tempo e della nostra attenzione, più che del nostro aiuto. Il povero richiede dignità, prima ancora che compassione. Una carità sciatta, burocratica, che si limita al dovere, allo stretto necessario, è l’opposto dell'amore. A Cana la Madonna s'é accorta che mancava non il necessario, ma il superfluo, non il pane ma il vino. Ed è intervenuta per rimediare a questo vuoto intollerabile (Gv. 2,1—11). Non è possibile amare senza un pizzico di fantasia. Non si tratta soltanto di rispondere alle attese. Il compito più urgente può essere quello di “sorprendere”, ossia di produrre l’inatteso, l’imprevedibile.

 

 

GIOVEDI' 28  LUGLIO

“I discepoli trovarono come aveva detto loro e prepararono per la Pasqua”.(Mc. 14,16)

 

In queste pagine che preludono la passione di Gesù c’è tutto un clima di preparativi e di attesa. Gesù attende il suo momento con tensione ma anche con desiderio di compiere la volontà del Padre, i capi del popolo attendono l’occasione di arrestare Gesù, Giuda attende “il momento opportuno per consegnarlo”. In questo clima si prepara la celebrazione della Pasqua che ricorda la fedeltà e l’alleanza, la liberazione e la speranza, e anticipa la nuova e definitiva Pasqua in Cristo morto e risorto. Da allora ogni giorno per noi è Pasqua. Gesù ha offerto se stesso liberamente e “una volta per tutte”, le braccia della misericordia di Dio sono spalancate. Dio vincendo definitivamente la morte dice all’uomo che può raggiungerlo. Ma da allora la Pasqua di Gesù ci è riproposta nelle sue componenti storiche di mistero, di amore, di tradimento. Una semplice domanda può aiutarci: “Quando nell’Eucaristia e nella mia vita celebro la Pasqua di Cristo in quale ruolo mi sembra di potermi identificare: gli apostoli? Giuda? Pietro? Maria?

 

 

VENERDI' 29  LUGLIO

“Uno di voi mi tradirà”. (Mc. 14,18)

 

La figura di Giuda è uno dei grandi misteri del Vangelo. Come mai avrà tradito Gesù? Si fanno tante ipotesi: perché Gesù avrà disatteso le sue aspirazioni politiche di liberazione dal potere dei romani? Perché non riuscì a condividere la figura di Gesù mite, umile, povero? Perché era attaccato al denaro? Perché gli sembrava l’unico modo per spingere Gesù ad agire?  Attorno a questa figura rimane il mistero: sarà un forzato del destino al tradimento? E’ una reincarnazione del male, del nemico? E’ un calcolatore? E’ un uomo che soffre? Anche il “guai” che Gesù dice nei suoi riguardi non chiarisce la sua figura. Di una cosa siamo certi: il mistero di Giuda può compiersi ancora in noi in ogni momento, ogni volta che il cristiano (Giuda era “uno dei dodici”) rimane cieco davanti a Gesù, cioè non accetta Gesù e il   suo piano che non è conforme al nostro pensiero. Il peccato di Giuda è il nostro quando invece di metterci a seguire Gesù ci mettiamo davanti a Lui preferendo il nostro pensiero, i nostri ragionamenti, le nostre strategie al pensiero di Cristo.

 

 

SABATO 30  LUGLIO

“Sono forse io?”. (Mc. 14,19)

 

A prima vista, questa domanda dei discepoli può sembrare strana. Lo sanno bene se sono loro o meno a voler tradire Gesù. E’ invece la domanda più giusta: ciascuno di loro, pur non sentendosi attualmente colpevole di tradimento, non ne esclude la possibilità futura. E’ l’atteggiamento che deve avere ciascuno di noi. Non quello di cercare il colpevole (noi ovunque cerchiamo la colpevolezza degli altri, spesso per nascondere e nasconderci le nostre responsabilità) ma interrogarsi profondamente su noi stessi, accettare che questa parola di Gesù ci colpisca, ci giudichi, ci metta in discussione. Questa è in fondo la strada della salvezza: quando si sente parlare di un colpevole, non guardare in direzione del vicino ma guardati dentro! La fedeltà, in certi casi, si può anche esprimere riconoscendoci capaci di qualsiasi tradimento.

 

 

DOMENICA 31  LUGLIO

“Gesù prese il pane, lo spezzò e lo diede loro”. (Mc. 14,22)

 

Anche se il gesto dello spezzare il pane e distribuirlo doveva essere un abitudine per Gesù che aveva spezzato il pane per cinquemila persone e che in tutta la sua vita pubblica si era fatto pane nelle parole, nell’amicizia e solidarietà, nelle guarigioni, non ci risulta che abbia istituito l’Eucaristia se non in questo momento, cruciale, in cui Lui dona tutto e in cui gli apostoli scopriranno la propria sonnolenza, incapacità di fede e il proprio tradimento.

Ecco due riflessioni aperte su cui tornare oggi nella preghiera:

     
     
 

Archivio