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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

MAGGIO 1988

 

 

 

DOMENICA 1  MAGGIO

"Chiedevano un segno dal cielo per metterlo alla prova".  (Mc. 8,11)

 

“Se ci sei batti un colpo”. E’ la frase con cui nei racconti o nei film umoristici si invocava la presenza di uno “spirito” a cui chiedere qualcosa. Ma se pur sorridiamo davanti a questo tipo di infantilismo, noi viviamo in un’epoca assetata di segni e di desiderio di prodigioso e meraviglioso. L’uomo ha bisogno di segni per aiutare la propria fede, ma la ricerca di piccoli segni o di conferme continue rischia di buttare l’uomo nel magismo. Noi cerchiamo segni particolari quando abbiamo un segno continuo sotto i nostri occhi: Gesù Cristo, figlio di Dio fatto uomo. E’ Lui il segno di Dio, un segno talmente reale che salva. Un segno non lontano nella storia ma attualmente vivo e presente in mezzo a noi. E in Lui, allora, anche tutta la realtà creata può diventare segno; nella sua storia, la nostra storia diventa segno di amore di Dio ed anche i sacramenti e la vita della Chiesa sono allora segni di salvezza.

Se tutto questo e vero, chiediamoci, ho ancora bisogno di qualche piccolo prodigio per credere che Dio mi vuole bene?

 

 

LUNEDI' 2  MAGGIO

“Non capite ancora?”. (Mc. 8,21)

 

Ci sono momenti della vita in cui tutto sembra chiaro: ti sembra di aver capito perché stai al mondo, riesci persino a darti una ragione della sofferenza, il messaggio di Dio ti sembra così evidente che c’é solo da viverlo. Poi basta un niente, una preoccupazione materiale, e tutto crolla, diventa difficile, incomprensibile. Gli Apostoli erano contenti di seguire Gesù che dava da mangiare alle folle, che faceva miracoli, erano felici di aver trovato un “profeta” che stava con i poveri, riuscivano a comprendere il senso della loro vita donata per seguire un uomo di tal fatta, ma non capiscono ancora chi è quel Gesù che sta con loro sulla barca ma che non si preoccupa come loro che hanno dimenticato di comprare il pane.

Anche noi tante volte ci troviamo confusi perché troppo attenti alle cose materiali ci dimentichiamo di chi sia quel Gesù che si è fatto nostro compagno di viaggio. Ancora una volta Gesù ci invita a pensare che se Lui, il Pane della vita eterna, è con noi, perché perdere tempo a preoccuparsi per poche pagnotte?

 

 

MARTEDI' 3  MAGGIO

“Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite”. (Mc. 8,18)

 

Signore, è triste essere sordi, gli altri parlano e tu fatichi a comprendere dal movimento delle loro labbra, è brutto essere muti perché hai dentro tante cose e non riesci a comunicarle. Nella fede io sono sordo quando leggo la tua Parola ma essa scivola su di me, quando vedo la sofferenza e il bisogno ma con la scusa che non odo il grido di aiuto, tiro diritto. Sono muto quando la mia vita non parla più, quando cado negli stereotipi della banalità e del salottiero e mi chiudo senza speranza nel “ma intanto non serve a niente”. Aiutami ad incontrarmi con te e ad accettare che tu, a modo tuo, parli ancora al mio cuore e che poi “la mia lingua proclami la tua lode”.

 

 

MERCOLEDI' 4  MAGGIO

“Disse il cieco: Vedo gli uomini, poiché vedo come degli alberi che camminiamo”. (Mc. 8,24)

 

Questo cieco che riacquista la vista trova difficoltà a dare un significato a ciò che comincia a vedere e c’è confusione in lui nell’applicare alla realtà che ora vede quello che la sua fantasia di cieco aveva prima immaginato. Così può capitare a noi quando vogliamo a tutti i costi applicare le nostre idee, il pensiero di questo mondo alla realtà trasfigurata da Cristo: confondiamo conoscenza con sapienza, sentimento con amore, persone con cose. Per imparare a vedere devo prima essere profondamente convinto di essere cieco, di aver bisogno di qualcuno che mi insegni a vedere. Per pochi la strada della conversione poi è un colpo di fulmine che cambia immediatamente la vita, deve essere, invece, un graduale affidarsi a chi ti aiuta a vedere giusto. Allora, poco per volta, riuscirai anche a vedere e capire cose che oggi ti sembrano enormi e incomprensibili come il fatto che guadagnare è perdere, che morire è vivere, che Dio non è da obbedire ma da amare, che perdonare è meglio che vendicarsi.

 

 

GIOVEDI' 5  MAGGIO

“Chi dice la gente che io sia?”. (Mc. 8,27)

 

Siamo al centro del Vangelo di Marco e al centro della nostra fede cristiana. “Chi è Gesù per me?” è la domanda alla quale ognuno di noi deve rispondere. La risposta può sembrare ovvia, ma non lo è affatto. Se ne volete una prova, provate a fare questa domanda a più persone, anche tra coloro che si dicono cristiani e poi confrontatene le risposte. “Gesù è un grande maestro di vita morale”. “Anche se non fosse esistito il suo insegnamento è così universale da doversi confrontare con esso “E’ uno dei più grandi personaggi storici che da quasi duemila anni ha condizionato pensiero e cultura “E’ un’invenzione dei preti: ci sono così poche prove storiche della sua esistenza. “E’ il mio tutto... (!?)"... Provate poi a chiedere tra “cristiani” quante persone hanno letto almeno una volta per intero uno dei quattro Vangeli e anche qui, se le risposte sono sincere troverete delle sorprese. Ma, al di là di ciò che pensano gli altri: “Chi sei tu, Gesù, per me?”

 

 

VENERDI' 6  MAGGIO

"Tu sei il Cristo". (Mc. 8,29)

 

Pietro fa la sua confessione di fede: Gesù è l’unto, l’incaricato di Dio, il Messia, l’atteso, colui del quale tutta la Scrittura ha parlato, colui sul quale puntano tutte le speranze degli uomini.

Gesù ha parlato, ha fatto miracoli, ha camminato con i suoi discepoli per condurli fino a questo atto di fede. Ora, dopo aver conosciuto in Lui il mandato di Dio devono cominciare a seguirlo dove Egli vorrà condurli.

A che punto sono del cammino della fede? Ho già fatto abbastanza esperienza di Gesù da saperlo riconoscere come Cristo?

Se vuoi avere una prova del punto in cui sei, guarda dentro di te e vedi: nei fatti che spazio dai al Signore, alla sua Parola e quale a te stesso, ai tuoi diritti? Fino a che punto ad esempio sei disposto a riconoscere Cristo quando devi perdonare? Il tuo amare il prossimo ti rende disponibile a dare come Cristo, la tua vita per Lui?

Non scoraggiamoci! Anche Pietro, dopo aver detto che Gesù è il Cristo lo rinnegherà davanti ad una serva! Questa nostra povertà, però, ci aiuti a comprendere che di strada dob­biamo farne ancora tanta e che non basta riempire la bocca di parole anche cristiane se poi in noi non c’è lo sforzo di provare almeno a calcare le orme di Gesù.

 

 

SABATO 7  MAGGIO

"E cominciò a insegnar loro che il Figlio dell’uomo doveva molto soffrire...". (Mc. 8,31)

 

Si potrebbe dire che da questo versetto ricomincia il vangelo di Marco. Pietro ha riconosciuto che Gesù è il Messia, ora bisogna capire chi sia e che cosa debba fare questo Gesù, non secondo la mentalità degli uomini, ma secondo l’amore di Dio per essi. Si tratta anche di capire che cosa significhi per noi che Gesù è il Cristo. E Gesù, senza mezzi termini, (il versetto 32 dice che “ne parlava apertamente”) comincia a svelare il mistero della sua missione.

L’uomo cerca di costruirsi un Cristo su una misura sua: Dio lo smentisce, perché è Dio e non uomo.

Ho sempre provato un senso di imbarazzo nei confronti dei mistici ed anche un po’ un pensare a loro come a persone che non hanno piedi per terra, ma più vado avanti negli anni, più mi accorgo che il mistero di Cristo sofferente più che ragionato umanamente, va semplicemente contemplato, accettato, amato.

 

 

DOMENICA 8  MAGGIO

“Pietro lo prese in disparte, e si mise a rimproverarlo”. (Mc. 8,33)

 

Quante volte apertamente o velatamente dentro di noi rimproveriamo Dio! “Questo non dovevi permetterlo! Avresti dovuto premiare quell’altro! Ti ho pregato con tanta fede e non mi hai ascoltato!” E qualche volta arriviamo al punto da voler quasi essere noi al posto di Dio per fare le cose meglio di Lui.

E’ patetico vedere l’atteggiamento di Pietro che con mille buone intenzioni sgrida Gesù ma dimostra unicamente di non aver ancora capito che il discepolo non può stare davanti al maestro, ma deve andargli dietro.

Penso che l’atteggiamento di Pietro si prolunghi ancora oggi e determini la radicale opposizione tra la mentalità di Cristo e quella di molti che pure si richiamano a Lui e per principio si definiscono "suoi".

Non basta che i fini siano belli, che le intenzioni siano buone, lodevoli. Bisogna che i mezzi impiegati siano quelli adottati da Cristo. Non basta che le battaglie siano giuste, bisogna combatterle con i mezzi “poveri” scelti da Gesù: debolezza, umiliazione, sofferenza, sconfitta, non-considerazione, opposizione da parte dei notabili di questo mondo. Non basta essere dalla parte di Dio, proclamare la sua gloria, rivendicare i suoi diritti. Occorre passare attraverso la stessa strada per la quale Lui è passato: la passione.

                                                        

 

 LUNEDI' 9  MAGGIO

"Ma Gesù rimproverò Pietro dicendogli: Lungi da me Satana...". (Mc. 8,33)

 

Gesù non ha peli sulla lingua e chiama Satana (l’avversario) Pietro, il primo papa, colui che sarà la pietra su cui Lui fonderà la Chiesa, colui che avrà le chiavi per “sciogliere e per legare”. Noi oggi, tutti presi a difendere i poteri della Chiesa, ci scandalizzeremo a sentir chiamare così un vescovo o un papa. Gesù ama Pietro, ne conosce le intenzioni anche “buone” ma quando il primo papa si oppone alla volontà di Dio lo rimette nei ranghi. Nessuno di noi può giudicare un’altra persona al punto da definirlo o santo o diavolo, perché nessuno conosce l’altro nelle intenzioni profonde, ma una cosa è certa: quando si vuol essere più del maestro, quando pensiamo di essere gli unici e assoluti detentori della verità, quando ci fidiamo unicamente delle nostre forze, anche noi meritiamo il titolo di “Avversario Ricordiamo però una cosa: anche se Gesù ci chiama: “Satana” non è per mandarci via ma per aiutarci a ritrovare il nostro giusto posto e per aiutarci a ‘‘pensare come Dio e non come gli uomini.

 

 

MARTEDI' 10  MAGGIO

"Se qualcuno vuoi venire dietro a me... prenda la sua croce e mi segua". (Mc. 8,34)

 

Quante volte, al mattino, alla sera, prima del pranzo, passando davanti a una chiesa, facciamo il segno di croce! Eravamo ancora bambini e sul nostro capo, il giorno del battesimo è stato fatto il segno di croce, il giorno della nostra sepoltura qualcuno metterà una croce sulla nostra tomba... Avete mai pensato a che cosa è una croce? E’ un segno di tortura, di cattiveria umana che ha escogitato delle atrocità per far morire un condannato. La croce in sé è un segno brutto, di dolore, di violenza. Anche Gesù suderà sangue prima di abbracciare la sua croce. Dovremmo pensarci bene quando ci segniamo con essa o quando per facile consolazione diciamo ad un altro: “E’ la tua croce!”. L’unico significato positivo è che Gesù con la sua croce , brutta, cattiva, piena di dolore ha amato.

Il cristiano se vuole essere tale, allora deve essere uno marcato dalla croce non perché la croce sia bella ma perché con Gesù la croce può diventare segno di amore.

 

 

MERCOLEDI' 11  MAGGIO

"Se qualcuno vuoi venire dietro a me... prenda la sua croce e mi segua". (Mc. 8,34)

 

Parlare della croce significa anche parlare di Martirio; questa parola sembra lontana nel tempo, invece è vicina a noi e alla realtà della Chiesa: per alcuni giorni con riflessioni ed esempi veri ci fermeremo a parlare del martirio oggi.

Accanto a Gesù Cristo, “testimone fedele e vero” (Apocalisse 3,14), a Paolo, a Maria... vi e una schiera di testimoni che hanno pagato con la propria vita la loro fedeltà al Vangelo, il cui sangue è stato seme di nuovi cristiani, “testimoni fedeli e veri”. Il vero cristiano è scomodo; la sua vita è un continuo rimprovero contro quelle forze che ostacolano la costruzione del Regno di Dio e l’affermarsi dei suoi valori di giustizia, pace, fratellanza, dignità umana, libertà, amore... E’ naturale che nella Chiesa vi siano ancora dei martiri, cioè dei testimoni che vengono perseguitati e messi a morte per il Vangelo di Cristo. Non è un motivo di paura, ma di beatitudine il martirio è il sigillo dell’autenticità del messaggio di Cristo, è un dono che lo Spirito effonde dove e come vuole, anche fuori della sua Chiesa. Anche se non tutti ricevono tale carisma, ogni cristiano, tuttavia, in forza del battesimo è chiamato a testimoniare la sua speranza nella costruzione di un mondo migliore, riconciliato e libero: i martiri sono uno stimolo, una sfida, un esempio di fedeltà, una garanzia che, nonostante tutto, nonostante la morte, i valori eterni del piano di Dio non possono essere soffocati. Il loro sangue fortifica la Chiesa e dilata la sua missione.

 

 

GIOVEDI' 12  MAGGIO

“Se qualcuno vuoi venire dietro a me... prenda la sua croce e mi segua”. (Mc. 8,34)

 

Una forma di martirio non cruento ma quotidiano è voler far sparire Dio togliendogli il posto. Ecco alcuni articoli del programma

di azione, emanato nel 1981 dal Centro di formazione dei quadri politici di Addis Adeba, contenente le norme e la strategia per sradicare la religione cristiana dall'Etiopia. Designate cristiani militanti a compiere il lavoro volontario nella comune: in tal modo non avranno il tempo di svolgere alcuna opera cristiana. La prigione a chi si rifiuta. Fate dichiarare agli abitanti di ogni comune se sono o no credenti. Poi invitate chi si è detto cristiano a rinnegare la fede, se rifiuta fategli provare almeno qualche giorno di prigione. Poi saranno i familiari a fargli pressione perché rinneghi la fede o se la tenga segreta per non creare danni alla famiglia.

... Se il divieto di andare in chiesa non è seguito, arrestate i dirigenti delle comunità cristiane, ma tutti allo stesso tempo, in modo che non ci sia nessuno che possa prendere decisioni, ed impedite loro ogni contatto con l’esterno.

... Vietate ogni raggruppamento religioso: imponete alle comunità cristiane l’obbligo di chiedere autorizzazione per riunioni pubbliche e poi voi rifiutatele e rinviatele a data imprecisata. Lasciate aperta qualche chiesa perché non si dica che non c'é più libertà di religione. Nell’insegnamento sia ben sottolineato che chi ama il proprio paese più di tutto non ha posto per Dio.

 

 

VENERDI' 13  MAGGIO

"Se qualcuno vuoi venire dietro a me... prenda la sua croce e mi segua". (Mc. 8,34)

 

Un’altra forma di martirio è privare della libertà mirando il senso della speranza. Ecco un’intervista a Peter Reucka, francescano, cecoslovacco arrestato nel marzo del 1983 e carcerato per un anno e quattro mesi.

 

SABATO 14  MAGGIO

"Se qualcuno vuoi venire dietro a me... prenda la sua croce e mi segua". (Mc. 8,34)

 

Quando uno, seguendo Gesù, si schiera dalla parte dei poveri, il potere e i ricchi fanno di tutto per farlo fuori e per infangarne il nome. I martiri non giovano ai proprietari terrieri. Seguendo un copione che fa parte ormai dei sistemi di persecuzione, cercano di screditare i missionari e di infangare la loro credibilità. Così hanno fatto con un’altra vittima, uccisa dagli squadroni della morte a servizio dei latifondisti: p. Maurizio Maragio, mantovano di 44 anni, missionario in Brasile da meno di quattro anni, assassinato il 28 ottobre 1986.

Secondo la versione fornita dalla polizia locale, p. Maurizio sarebbe morto per cause naturali, dopo un incontro con una prostituta in un motel. L’infamia fu presto smascherata: l’autopsia, i vestiti macchiati di fango, il corpo ricoperto di lividi ed ecchimosi, i 75 Km. in più segnati dal contachilometri (invece dei 9 Km. tra la casa dove predicava gli esercizi spirituali e la parrocchia) fanno crollare il referto medico ottenuto con la corruzione. Le contraddittorie spiegazioni della polizia confermano la certezza dei confratelli e dei suoi parrocchiani: p. Maurizio, in realtà, era stato sequestrato, portato in zona paludosa, massacrato di botte. La stessa stampa locale, che lo aveva infamato, è costretta a fare marcia indietro e a riconoscere la realtà del suo martirio: è stato ucciso perché si occupava dei diritti dei poveri.

 

 

DOMENICA 15  MAGGIO

“Se qualcuno vuoi venire dietro a me... prenda la sua croce e mi segua". (Mc. 8,34)

 

Fare la scelta di Gesù in certi casi comporta anche il Martirio:

“Ho brutte notizie per te” mi disse una suora, appena finimmo di cantare a conclusione della celebrazione liturgica. “Hanno ammazzato p. Tullio Favali”. La notizia mi arrivò proprio alla fine di una giornata di riflessione e di preghiera in cui avevamo avuto come tema: “Il prezzo che dobbiamo pagare per seguire Gesù”. Un altro cristiano ha offerto la sua vita per i suoi amici. Un altro credente segue le orme del Signore. Un’altra vittima del regime repressivo che vorrebbe far tacere l’uomo giusto, la cui vita è una testimonianza per la giustizia.

Abbiamo avuto la notizia il giorno dopo che il delitto era stato commesso. Nei giorni successivi venimmo a conoscere i dettagli e le circostanze dell’atroce crimine. Non solo p. Tullio fu ucciso, ma fu ucciso con brutalità e ferocia. E il suo corpo fu dissacrato da esseri perversi (membri del gruppo paramilitare chiamato Civil Home Defense Force), che hanno il compito di eliminare i profeti dei nostri giorni nelle Filippine. Il nome di padre Tullio fa ora parte della lunga lista, che cresce di continuo, dei martiri della Chiesa di Mindanao. Egli va ad aggiungersi al gruppo di coloro che sono stati arrestati, torturati, uccisi perché volevano dare testimonianza profetica al Vangelo.

 

 

LUNEDI' 16  MAGGIO

“Se qualcuno vuoi venire dietro a me... prenda la sua croce e mi segua". (Mc. 8,34)

 

Ci sono anche tante altre forme di piccolo martirio quotidiano per chi vuoI essere al seguito di Gesù e per i poveri. Dal genero di un anziano che deride apertamente il suocero, il quale, senza farlo pesare, ogni giorno si reca alla messa. Dal classico “fatti furbo” che viene detto a chi cerca in qualche modo concreto di aiutare il suo prossimo rinunciando a qualcosa per se stesso. Dagli amici che quando dici di pregare, ti snobbano e con aria beffarda ti dicono: “Sveglia bambino, crederai mica ancora alle frottole dei preti”. A chi quotidianamente dai giornali e dal la televisione ti dice che tutto e lecito, giusto, buono.., eccetto che la legge di Dio. A chi,infangando la Chiesa cerca di non lasciarti vivere in essa, comunità peccatrice ma santa perché santificata da Dio.

Io penso di non essere nato con la vocazione al martirio ma se voglio seguire Gesù devo prendere la croce. Se il mio cristianesimo è troppo facile, senza croce, devo cominciare a preoccuparmi: forse ho annacquato troppo Gesù!

 

 

MARTEDI' 17  MAGGIO

“Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà”. (Mc. 8,35)

 

Mai come oggi con il progresso della scienza e della medicina si pensa a salvare la vita dell’uomo e si studiano tecniche per prolungare la vita, per agevolare la vecchiaia. Tutte cose molto buone ma la morte ha ancora e sempre il sopravvento. Nonostante tutti i nostri sforzi la vita è destinata allo scacco finale. Gesù questo lo sa. Non disprezza la vita: è Lui stesso la Vita, vive la sua vita gustandola nella natura, nell’amicizia, ma non tenendosela per sé, donandola: dona la sua Parola, dona il  suo corpo, dona anche il suo dolore offerto con amore e guadagnerà la sua vita nella Risurrezione e donerà vita a noi. E’ la logica giusta per affrontare la vita. I milioni non fanno felici, la carriera, il successo possono sparire in un momento, addirittura gli affetti che sono dono di Dio possono passare e lasciare vuoto e dolore. Gesù non ci dice di disprezzare la vita ma ci invita a viverla non possedendola, ma donandola. Donare è distaccarsi da qualcosa e questo costa ma e anche guadagnare se stessi, scoprire la gioia dell'amore disinteressato, imparare a vivere non per valori che sappiamo finire ma per dei valori che durano per sempre.

                                                        

 

MERCOLEDI' 18  MAGGIO

"Chi si vergognerà di me e delle mie parole...". (Mc. 8,38)

 

Il rispetto umano, la vergogna, la paura giocano a volte brutti scherzi ma c’è anche chi non si vergogna, anzi, ha sempre il suo nome sulla bocca. Quel nome, in certi casi, li autorizza a dominare gli altri, a strumentalizzarli, a ricattarli, a giudicarli (quale contraddizione col discorso di Gesù, il quale parla di venire giudicati a motivo di lui, e non di autorizzazione a giudicare gli altri in nome suo...). Esistono persone che aprono e chiudono immancabilmente un discorso nel suo nome. Soltanto che dentro ci mettono falsità, cattiverie, parole non certo evangeliche. Cristiani che si dichiarano tali, che non si sognerebbero mai di rinnegare Cristo, a parole. I comportamenti, poi, non hanno niente a che vedere col suo insegnamento. Furbastri che usano il suo nome per coltivare meglio i propri affari. Tutti costoro non si vergognano di Lui. E sono condannati proprio perché non si vergognano. Un po’ di rossore, un’esitazione a usare quel nome, e sarebbe l’inizio della salvezza anche per loro.

 

 

GIOVEDI' 19  MAGGIO

“Pietro disse: Facciamo tre tende”. (Mc. 9,5)

 

E’ curioso come l’uomo si preoccupi sempre di costruire una casa a Dio che, invece, è sceso sulla terra proprio per abitare nella casa dell’uomo. Troppa gente religiosa, quando vuole onorare Dio, quando crede di farGli cosa gradita, non trova di meglio che costruirGli una chiesa. Non la sfiora il pensiero che Lui vorrebbe tanto installarsi a casa nostra, nella nostra vita, nel centro dei nostri “affari” quotidiani. “Dio ha bisogno di metri quadrati” si leggeva in un annuncio pubblicitario (!) apparso sui giornali per la costruzione di nuove chiese. E’ probabile che si accontenti di meno e, al tempo stesso, pretenda di più. Il cuore dell’uomo è il “luogo” preferito da Dio. E non è questione né di mattoni, né di metri quadrati. ‘‘Non c’era posto per loro nell’albergo! (Lc. 2,7). C’è gente che, evidentemente, si sente ancora in colpa per quello sgarbo e vorrebbe rimediare. Ma Gesù, a questo punto, non accetta più l’albergo. L’ospitalità che pretende è quella domestica. La progettazione della tenda, forse, risponde al desiderio inconscio di tenere Dio a distanza, circoscrivere la sua presenza in luoghi e tempi ben definiti. Lui, però, non sta al nostro gioco. Con l’incarnazione ha scelto un altro gioco, che è poi quello, piuttosto serio, della nostra realtà di tutti i giorni. Troppi cristiani preferiscono andare a trovare Dio nella sua casa, piuttosto che farsi trovare da Lui nella propria abitazione miserabile. Preferiscono rimanere in ginocchio per un certo tempo, e poi, una volta alzati, fare la propria strada senza il rischio di trovarselo accanto tutti i momenti. Certo. Un Dio sotto la tenda non ingombra, non disturba nessuno.

 

 

VENERDI' 20  MAGGIO

“Questi è il Figlio mio prediletto, ascoltatelo”. (Mc. 9,7)

 

Nella trasfigurazione di Gesù c’è un po' tutta la Bibbia e un po’ tutto il presente e il futuro della vita. Il Monte e Mosè ci richiamano l’Antica Alleanza, Elia, l’amicizia di Dio con noi attraverso la profezia; il volto brillante di Gesù e le vesti splendenti come la luce, lo splendore della divinità e la luce che diventa guida: le tre tende la Trinità... E’ Cristo che dà la prova di se stesso; è Dio che conferma Gesù e noi nella sua missione, è sguardo al futuro dell’uomo che potrà vedere il volto di Dio; è figura dell’Eucaristia, pane “trasfigurato”, è impegno a trasfigurarci nel prossimo... Ma quello che mi colpisce di più (anche perché è sempre la cosa più difficile da realizzare) è quel “Ascoltatelo”. Ascoltare il Cristo non è sedersi e sentire una lezione, è lasciarsi penetrare da Lui che è la Parola, è lasciarsi cambiare, “trasfigurare” il cuore; è un ascolto che non diventa conoscenza solo intellettiva ma che diventa pensare come Lui e vivere come Lui.

 

 

SABATO 21  MAGGIO

“Mentre scendevano dal monte ordinò loro di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risuscitato dai morti”. (Mc. 9,9)

 

C’é sempre un monte, un Tabor, nella vita di ognuno, un momento di estasi, di gioia, a volte profonda1 inaspettata. Anche nella fede ci sono momenti pro fondi in cui ti sembra di capire tutto di Dio, di viverlo così intensamente che lo senti, lo tocchi, ne resti inebetito e con Pietro dici: "Facciamo tre tende". Povero Pietro: è talmente preso che ama veramente, non pensa neanche a se stesso, pensa solo a questi tre personaggi che sanno di Bibbia, di storia passata, di promesse, di futuro. Ma bisogna scendere dal monte e alla nostalgia del momento meraviglioso trascorso si unisce un altro presentimento che il prossimo monte sia diverso, difficile. Non più tre tende ma tre croci, non personaggi della Bibbia ma della cronaca; eppure anche su questo secondo monte si resterà inebetiti davanti all’Amore crocifisso che difficile da comprendere, annuncerà però un’altra Ascensione, quella definitiva al cielo.

 

 

DOMENICA 22  MAGGIO

“Disse Gesù: O generazione incredula, fino a quando starò con voi?” (Mc. 9,19)

 

Gesù sbotta. Davanti ai suoi segni, alle sue parole, scoprire l’incredulità, le discussioni, le false appropriazioni delle proprie parole, fa cader le braccia anche a Gesù. Ma questa frase ha già dei precedenti biblici: quante volte nell’Esodo o nei profeti Dio, davanti alla “testa dura” del suo popolo ha sbottato cosi. E con me il Signore non ha forse ragione di sbottare? E con la Chiesa? Abbi ancora pazienza con me: sbotta pure, ne hai pienamente ragione: stento a capirti; dico di aver fede e poi mi arrendo alle prime difficoltà; come Pietro prometto di seguirti ovunque ma poi più che seguire te, seguo me stesso... Hai ragione, ma non lasciarmi solo! E Gesù non ci lascia soli. Rimprovera giustamente, ma poi, subito, fa il miracolo per quel padre disperato. Fa, o Signore, che i tuoi rimproveri mi servano e tu, o Signore, dopo avermi rimproverato, stammi ancora vicino perché “senza di te non posso nulla”.

 

 

LUNEDI' 23  MAGGIO

“Tutto è possibile per chi crede”. (Mc. 9,23)

 

So di aver poca fede ma continuo a ribellarmi e ad incapparmi sempre sugli stessi chiodi e, davanti a questa affermazione di Gesù invece di gridare come questo padre: “Credo, aiutami nella mia incredulità”, continuo a sindacare con Dio: conosco una persona malata da un anno, sta soffrendo molto. Lui e la sua famiglia hanno molta fede e nonostante questa lunga prova non hanno perso la fiducia nel Signore. Ma se tutto e possibile per chi ha fede, se basta un granello di fede per dire ad un monte: “Alzati e gettati nel mare”, perché questo succede, Signore perché?

La moglie di quest’uomo mi diceva l’altro giorno: “Il Signore ci sta aiutando molto perché ci dà tanta forza!’. E allora proprio io, chiamato da te ad essere tuo ministro, chiamato ad aiutare gli altri nella fede mi scopro povero e misero nella fede. Ho un estremo bisogno di Te. Credo che Tu puoi aiutarmi, aumenta la mia fede!

 

 

MARTEDI' 24  MAGGIO

"Questa specie di demoni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera". (Mc. 9,29)

 

Qualcuno approfitta di una troppo facile lettura di questa frase per cominciare a fare le varie categorie di demoni: quelli più cattivi, quelli da esorcismo, quelli invincibili. Gesù non vuole dividere qui diavoli in categorie, specie competenze ma vuoi farci capire l’importanza della preghiera. Perché la preghiera aiuta a vincere ogni specie di male? Perché, al di là delle parole che diciamo, è un atto di fiducia, è un riconoscere la nostra povertà e la grandezza di Dio, è un fidarsi sempre meno delle nostre deboli forze e un affidarsi sempre più alla potenza del Signore. Certo, anche qui non dobbiamo far diventare la preghiera un talismano, un feticcio antiscongiuri; non servirebbe a nulla! Chi nella preghiera impara più che a recitare formule, a contemplare con umiltà e fiducia il Dio Padre Creatore, il Figlio che offre la sua sofferenza e che in essa salva, lo Spirito garante della risurrezione e anima del mondo, si carica della forza di Dio che lo aiuta a lottare contro ogni forma di male, che riesce nella fede a dare senso ad ogni fatto della vita, che lo rende più simile al Cristo e, “Cristo ha vinto il mondo”.

 

 

MERCOLEDI' 25  MAGGIO

“Di che cosa stavate discutendo lungo la via?” (Mc. 9,33)

 

I discepoli stanno seguendo uno che va verso il Calvario, verso il “fiasco” umano più grande e segretamente stanno cercando di “dividersi la torta”: chi è il più grande? chi sarà che comanda tra noi?

E come succede in politica, quando la lotta per il posto di sottosegretario è senza esclusioni di colpi, così quando si sente che presto una ventina di vescovi dovranno dare le dimissioni per sopraggiunti limiti di età, si comincia anche nella Chiesa, da destra e da sinistra, ad appoggiare questo e quello. E nelle comunità, quando si dimentica il vero perché dell’essere uniti nascono i partiti, i gruppi gruppettari. Ma quello che è peggio è che spesso tutto è mascherato da perbenismo o da motivazioni che hanno apparenza di serietà, di vero amore disinteressato per la Chiesa. La domanda di Gesù interpella e ci mette allo scoperto. Il regno di Gesù ha pur esso delle gerarchie: anche lì ci sono primi e ultimi, ma guarda caso: gli ultimi sono i primi, gli inutili si identificano con Cristo. Gesù sceglierà come capo della Chiesa non il più intelligente, il più pio ma colui che lo ha rinnegato.

 

 

GIOVEDI' 26  MAGGIO

“Se uno vuoi essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti”. (Mc. 9,35)

 

Ogni uomo considera se stesso come il centro di tutti e di tutto. Questa porta a cercare di prevalere sull’altro. Sovente l’altro non è considerato come persona ma solo come mezzo e strumento. In un tipo di società simile è indispensabile che ci siano divisioni e gerarchie ben precise: bisogna che ci sia l’inferiore perché ci sia il superiore, l’oppresso perché ci sia il libero, il povero perché ci sia il ricco, lo stupido perché ci sia l’intelligente, il brutto perché ci sia il bello, chi non vale niente perché ci sia chi vale tutto. In una parola è necessario che ci sia il non uomo perché ci sia l’uomo e, al limite, che nessuno sia uomo perché ci sia il superuomo. In fondo, senza valli e senza abissi non ci sono monti e cime!

Il Regno di Dio è il capovolgimento di questo mondo di disvalori. L’atteggiamento di fondo non è più quello dell’asservimento, ma quello del servizio. L’altro (comprese anche le cose!) non è mezzo o strumento, ma è fine: l’altro è il valore in sé, che io devo promuovere, servire e far crescere nel suo valore. Questo rompe sempre i miei progetti, le mie pianificazioni, i miei interessi anche sacrosanti: per l’altro bisogna che io sappia interrompere il viaggio, fermarmi, rimandare o scartare le mie realizzazioni, dare e perderci del tempo, come il samaritano della parabola... Dare e perdere infine anche se stessi, come Cristo, accettando di mettere tutto ciò che è nostro e noi stessi ai piedi dell’altro.

 

 

VENERDI' 27  MAGGIO

"Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me". (Mc. 9,37)

 

Gesù usa la categoria bambino. Rifacciamoci ad essa: il bambino conta molto e poco. Molto perché è il futuro, poco perché non produce. I bambini non chiedono di nascere, li si può uccidere facilmente ancor prima che vengano al mondo, sono tanto cari da tener sulle braccia, ma proprio perché non dotati di logica e di “buon senso comune” spesso danno fastidio; hanno esigenze

ma non producono, hanno sempre bisogno di tutto.

Eppure Gesù si identifica con il bambino come si identificherà con chi ha fame, sete, con chi soffre ingiustizia. Accogliere Gesù significa allora comprendere il senso dell’incarnazione. Siamo noi che dobbiamo per primo sentirci bambini, figli di Dio ma bisognosi di tutto. La seconda cosa è quello di accogliere con scelta preferenziale chi è nella situazione di bisogno. Dalla teoria alla pratica: nelle nostre comunità chi conta di più? Nei nostri gruppi quale accoglienza hanno coloro che non hanno una determinata cultura? Quando mi seggo magari intorno ad una tavola, con in mano il Vangelo sono disposto ad accogliere l’intuizione, la sferzata che viene a me da uno più povero, più umile di me?

 

 

SABATO 28  MAGGIO

“Maestro, abbiamo visto uno che scacciava i demoni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato perché non era dei nostri”.

(Mc. 9,38)

 

Ci siamo di nuovo! Si parla di nuovo di “è dei nostri” o è dall’altra sponda. Gesù non è colui che nel nome di un facile pluralismo dice: “Va tutto bene!” No, Gesù dice di “credere in Lui”, dice ai discepoli voi siete miei” però Gesù non divide in categorie, è venuto non per costruire dei gruppi di opposizione ma per abbattere le divisioni.

Noi tendiamo a chiudere il nostro essere cristiani in gruppi specifici in cui diventa giocoforza cercare poi di difendere le proprie prerogative e i propri diritti. E allora adottando la tecnica del mondo cominciamo a ragionare in termini di potere ed ecco che allora questo essere dei ‘‘nostri’’ o degli t’altri” diventa motivo di divisione.

Gesù guarda l’uomo. E’ venuto a salvare l’uomo nella sua realtà quotidiana. Non si tratta allora di uniformarci tutti (e di solito si diventa o qualunquisti o ci si uniforma verso il basso) ma si tratta di mantenere la propria identità senza per questo farne un abito tale che non ci permetta di tendere la mano agli altri o, peggio ancora, che non ci permetta di scoprire i valori nell’altro solo perché non è dei miei.

 

 

DOMENICA 29  MAGGIO

"Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che si metta una macina da asino al collo e venga gettato in mare". (Mc. 9,42)

 

Il termine “scandalo” che Gesù usa qui non va inteso nel senso che oggi diamo alla parola e cioè un fatto che ha una vasta risonanza e provoca turbamento dell’opinione pubblica, ma nel linguaggio biblico indica “un pericolo per la salvezza”. Letteralmente la parola significa inciampo, trabocchetto, ostacolo posto sulla strada di qualcuno per cui chi scandalizza è un individuo che vuoi farne cadere un altro, sviano dalla sua fede, rendergli difficile la strada della sua adesione a Cristo.

Mi chiedo: quando sono di scandalo ai semplici? Ad esempio, quando con la mia vita non dimostro la carità, la giustizia, l’amore di Dio che annuncio con le mie parole, quando non tenendo conto del mio prossimo rendo Dio inaccessibile, quando pretendo di avere l’esclusiva della fede e non lascio spazio allo Spirito che “soffiando dove vuole” apre a tutti la possibilità di Dio e dell’amore. E poi mi chiedo anche: quando io mi scandalizzo? Quando vedo un prete o un cristiano che non si comporta bene, o non dovrei forse essere più scandalizzato da quelle persone che si propongono come esemplari, che hanno la pretesa di sbandierarsi — oh, molto umilmente... — davanti ai nostri occhi come modelli. Modelli di regolarità, rispetto dell’autorità, spirito di fede, ortodossia ma che nello stesso tempo stando nel loro castello, si rendono inaccessibili come persone e rendono inaccessibile la fede se non ai “buoni” come loro?

 

 

LUNEDI' 30  MAGGIO

"Se la tua mano ti scandalizza, tagliala...". (Mc. 9,42)

 

Se queste parole fossero prese alla lettera, quante persone, io per primo, dovrebbero andare in giro monche, con stampelle o mutilate. Sappiamo già che la parola “scandalo” vuoi dire nel Vangelo, ciò che impedisce di essere cristiano, allora con queste frasi Gesù vuoi dirci: devi dare la preminenza a Dio e se ci sono cose che ti allontanano da lui, tu allontanale da te, liberati da tutto ciò che costituisce ostacolo alla comunione con Dio. Gesù dunque non vuole che mi tagli una mano ma che la usi per qualcosa d’altro che non sia il solito arraffare, tenere, accumulare. Gesù non vuole che mi tagli i piedi ma che li usi per camminare verso i fratelli. Gesù non vuole che mi cavi l’occhio ma che non chiuda gli occhi davanti ad una realtà che brucia e che mi interpella.

 

 

MARTEDI' 31   MAGGIO

"Abbiate sale in voi stessi". (Mc. 9,50)

 

Scherzando, un papà di un bambino che doveva essere battezzato mi diceva:

“Da quando voi preti non imponete più il sale sulla testa dei bambini al momento del battesimo, quanto qualunquismo!” Al di là della battuta, Gesù ci dice di essere sale e di avere sale. Il simbolo dei sale indica diverse cose: il sale purifica, conserva, dà gusto. Il cristiano deve continuamente purificarsi dai suoi peccati (non è masochismo, è realtà se la Bibbia dice che anche il giusto pecca sette volte al giorno) e deve lasciarsi “salare” dalla Parola di Dio. Aver sale in noi stessi poi significa non tanto essere furbi (anche questo è evangelico ed essere “semplici come colombe ma astuti come serpenti” farebbe bene a molti cristiani addormentati) quanto piuttosto mantenere la propria identità, essere lievito. A volte, in nome di un semplicistico pluralismo, noi credenti perdiamo il nostro specifico e diventiamo “senza spina dorsale”, ci adattiamo talmente alla mentalità di questo mondo da confonderci, anche per via di comodità, con la massa. Il sale si mescola con le vivande ma dà anche gusto al cibo, il cristiano vive la quotidianità ma in essa ha il compito di portare il gusto di Dio. Non deve esagerare (il cibo troppo salato diventa immangiabile) ma deve anche vivacizzare e non correre il rischio di diventare acqua scaldata e insipida ma gusto della vita riscoperta in tutti i suoi aspetti come dono di Dio.

     
     
 

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