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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

GENNAIO 1988

 

 

VENERDI' 1  GENNAIO

“Inizio del Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio”. (Mc. 1,1)

 

In questi giorni di festa abbiamo sentito da tanti le parole: “Auguri”, “Felicità”, “Buon Anno”... Oggi poi, dopo aver quasi esorcizzato l’anno passato “buttandolo dalla finestra” ci auguriamo “ogni bene” e auguriamo la pace al mondo intero. In mezzo a questi auguri di inizio anno c'é né uno che non delude, che non è una parola d’occasione.

Iniziamo oggi a meditare il Vangelo di S. Marco con gli auguri di Dio.

Dio ha un “Vangelo”, una “buona notizia per noi uomini”. Una notizia che se ascoltata riempie il cuore di gioia: non è una parola, un augurio, un regalo che fa piacere ma poi si mette via: è Gesù, è il Figlio, che accondiscendendo alla volontà del Padre viene a dirci che Dio è la pace con l’uomo, che la gioia è possibile se guardi la realtà con i suoi occhi, che non sei solo, perché Lui, Gesù è solidarietà completa con la nostra vita.

 

 

SABATO 2  GENNAIO

“Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio”. (Mc. 1,1)

 

Quest’estate, andando a messa come buon cristiano, ho capito quanto l’abitudine, la ripetitività, la distrazione possono ridurre la gioia della buona notizia di Gesù. 

Il prete aveva attaccato la messa a passo di carica e mentre leggeva il Vangelo della Maddalena perdonata, gettava occhiatacce al chierichetto che giocava con il cordone della tunica e (sono riuscito a capirlo dopo) si agitava perché il sacrestano non aveva ancora tirato fuori il sacchetto per passare a raccogliere la questua; un gruppo di vecchiette bisbigliava il rosario; gruppi di turisti entravano e uscivano stancamente dalla chiesa. Buona notizia o stanco rituale? La buona notizia è ciò che hai atteso con ansietà, è ciò che hai desiderato, è ciò che hai cercato con tutto te stesso! La buona notizia non è certo l’abitudine al solito tran tran quotidiano, ma ciò che lo ravviva, ciò che dà gusto alla banalità, ciò che infonde speranza. Ma se io sono già salvo” perché “non ho peccati”, perché assolvo a dei riti, se ho perso il desiderio della ricerca del bello e del giusto, possono anche gridarmelo che il Signore mi vuoi bene: “Tante grazie!” e continuerò nella tristezza della mia strada.

 

 

DOMENICA 3  GENNAIO

(Inizio) “Principio del Vangelo”. (Mc. 1,1)

 

Da sempre gli uomini hanno cercato e cercano il principio della propria esistenza, della storia. Quale “motore” avrà dato il    via all’universo? Quale il principio della vita? La filosofia, il pensiero, i sentimenti dell’uomo cercano una risposta. Marco, ricalcando la prima parola della Bibbia: “In principio”, ci mette davanti a una persona, non ad un’idea. E’ Gesù l’inizio, il principio: è solo attraverso il Cristo che puoi andare a Dio. Ricordo gli anni del liceo passati in seminario. Potrà sembrarvi  assurdo ma, pur essendo in un seminario e quindi preparandomi al sacerdozio, pur andando a messa tutti i giorni, io li considero anni di ateismo teorico. Cercavo il Dio della ragione e la ragione continuava a dirmi che quel Dio poteva esserci o non esserci, senza differenza. Ricordo le lunghe chiacchierate e discussioni con compagni ed amici, ma il risultato era il dubbio: che l’unica cosa sicura fosse il dubbio? Ma dubitavo anche di quello.

Il problema cominciò a non essere più problema quando uscendo dal cerchio della sola ragione cominciai a conoscere e ad amare un po’ Gesù. Non si trattava di leggere il Vangelo: lo leggevo già troppo, ma nel Vangelo (quello degli evangelisti e quello della storia degli uomini) si trattava di incontrare un Gesù non “storia lontana” ma un Gesù vivo. E quando, in nove mesi di ospedale lo incontrai, non bello e sfolgorante ma povero e ingiustamente maltrattato, molti dubbi sparirono e il Dio di Gesù smise di essere un motore immobile o un Dio conta peccati, ma divenne un Dio Padre col quale magari litigare, ma sapendo che ti vuol bene. (Mc. 1,2)

 

 

LUNEDI' 4  GENNAIO

“Come è scritto nel profeta Isaia”

 

“Padre, capisco leggere i Vangeli ma l’Antico Testamento, tutte quelle storie truculente, poco cristiane, piene di vendetta. Gesù è venuto, ha cambiato le cose, ha annunciato la legge dell’amore, del perdono. Lasciamo perdere quel vecchiume, ce n è basta e fin che si vuole del Nuovo Testamento.” E’  vero: Gesù è il principio di tutto “in Lui noi siamo, ci muoviamo, viviamo”. Ma Gesù non è un extraterrestre che arriva da un paese lontano, sconosciuto, passa come una meteora e se ne và. “Nella pienezza dei tempi” Dio mandò il suo Figlio in mezzo a noi. Tutta una storia lo ha preparato, lo ha atteso, tutta una storia è stata trasformata da Lui. Siccome è nato il nuovo pollone della pianta non per questo taglio le radici. La storia di Gesù non inizia con la sua nascita, ma con la storia dei tempi. Dio ha amato gli uomini; questi, testoni e ingrati, hanno voluto farne a meno; ma Dio ama troppo da lasciarsi scoraggiare da alcuni nostri no, e allora, con un linguaggio comprensibile agli uomini di allora, parlò loro nella storia e attraverso i suoi inviati fino a quando manderà suo Figlio che continua a parlare ancor oggi. Non solo non dobbiamo “buttar via” l’Antico Testamento ma da esso dobbiamo prendere la linfa per poter con Gesù leggere ed interpretare la nostra storia di oggi.

                                                      

 

MARTEDI' 5  GENNAIO

“Io  mando il mio messaggero innanzi a te”. (Mc. 1,2)

 

Un errore molto comune specialmente tra i cristiani è quello di confondere il messaggero e il messaggio, chi annuncia e l’annunciato. Ad esempio: quando vado al gruppo della parrocchia solo se c’è l’animatore tal dei tali, quando noi andiamo alla messa di don Pinco Pallino perché quello sì che sa predicare non come Tal Altro che si ripete! Quando succedono di queste cose vuoi dire che nella nostra fede c’è ancora una gran confusione. Che io mi trovi meglio con una persona più che con un’altra: è normale! Che una determinata predica possa piacermi e anche “darmi di più”: e vero! Ma è anche vero che al gruppo parrocchiale dovrei andarci per il Signore; è anche vero che una messa fosse la più scalcinata di questa terra, è pur sempre Eucaristia, rendimento di grazie, lode, parola donata, presenza eucaristica, atto di comunione con tutta la Chiesa. A me piace molto la figura di Giovanni il Battezzatore perché mette subito in chiaro le cose: egli è il”messaggero”, la “voce”, “dopo di lui viene uno più forte di lui”, Giovanni deve “sparire perché Lui cresca”, Giovanni manderà i suoi Apostoli dietro a Gesù. E allora io, prete, mi chiedo: quando predico, quando scrivo parlo per me o per Lui? Tu cristiano chiediti: il mio pregare è per me o per Lui? E’ un farmi vedere perché mi dicano: “Bravo!” o perché altri sentano la voglia di pregare? Il mio “fare qualcosa” nella comunità è perché mi dicano: “L’ammiro, non so dove trova il tempo di fare questo con tutti gli impegni che ha”, o perché qualcuno amando di più Gesù, si senta invogliato a fare qualcosa per i fratelli?

 

 

MERCOLEDI' 6  GENNAIO

“Voce di uno che grida nel deserto”. (Mc. 1,3)

 

Ciascuno di noi ha un’idea di deserto: la maggioranza forse ha in mente i deserti alla “Lawrence d’Arabia”: dune enormi, tempeste di sabbia, borracce vuote, sete, attacchi improvvisi di nemici, apparizioni, miraggi e “fate morgane”. Immaginarsi qualcuno che grida in quel deserto vuoi proprio dire: “Il colpo di sole è completo”. Ma anche per chi è stato nel deserto di pietra e di rovi del deserto di Giuda, sembra pazzia sentire la voce di qualcuno gridare, qualunque cosa annunci. E’ allora evidente che deserto, più che luogo, diventa soprattutto situazione. Se nella Bibbia era luogo maledetto della prova, per noi deserto può diventare luogo o momento di prova, di silenzio di Dio, di vuoto di vita che sembra non avere né principio né fine, di fantasmi allettanti che si dimostrano miraggi appena cerchi di prenderli. E allora ti accorgi che non c’è bisogno di partire e di andare nel deserto di Giuda, del Sahara o del Gobi per far l’esperienza del deserto.

Mentre scrivo sento pullman passare, ripetuti colpi di clacson ad un incrocio per avere precedenza, donne che chiacchierano andando al mercato. Eppure, a volte, il deserto è proprio qui in mezzo alla gente: si può far tanto rumore, vivere mille incontri, ma se non hai qualcosa dentro puoi essere completamente nel deserto.

 

                                                        

GIOVEDI' 7  GENNAIO
“Voce di uno che grida nel deserto: preparate la strada al Signore (Mc. 1,3)

 

Ieri pensavamo al deserto che tante volte c’è nelle nostre città o nei nostri cuori. Ma se quando ti senti solo, sperduto udissi improvvisamente una voce, una presenza, ti sentiresti rincuorato. Quella che sentiamo nel Vangelo di oggi è una voce di speranza ma anche una voce tanto strana che non soltanto parla, ma grida e invita a preparare una strada. Come se nel deserto fosse facile fare delle strade, far saltare delle rocce, spostare dune, tracciare percorsi!

Non è certo la voce che blandisce, è una voce dura che invita ad un lavoro duro, sotto il sole, tra mille difficoltà. Ma è anche una voce importante, rassicurante, amica. E’ una voce nel deserto: non sei più solo! Qualcuno sta per arrivare, anzi è arrivato; è proprio Colui che attendevi; costa fatica, ma la strada che ti stai mettendo a costruire porta all’acqua viva e alla festa.

 

 

VENERDI' 8 GENNAIO

Giovanni era vestito di peli di cammello… si cibava di locuste e di miele selvatico e predicava… (Mc. 1,4-8)

 

La figura del profeta: è sempre qualcuno estremamente scomodo ; non sta alle  norme;  non  veste  come  gli altri; compie gesti strani ;  invece di parlare urla. Nella   Bibbia   abbiamo   profeti   che ne hanno combinate di tutti i colori. La  loro  vita  familiare  diventa  un segno (vedi Osea), compiono gesti strani  come  aprire  varchi  nei  muri  di casa  per  uscirne  come  per  andare in   prigionia.   Conoscono   crisi   e depressioni (come Geremia ed Ezechiele). Per  queste  stranezze  più d'una volta sono  considerati pazzi,  presi  in giro e spesso muoiono per la loro vocazione. La  loro  chiamata però viene  da Dio, sono  servi  nella  sue  mani  e  anche quando   vorrebbero   fare   diverso Dio li  costringe  (vedi Giona).  11  loro messaggio  è sempre,  anche quando proclama castighi, araldo ed annunciatore di nuove alleanze. Oggi ci sono ancora i profeti?

Se parliamo di originali o di gente che si  autodefinisce  inviata  da  Dio, ce ne sono fin troppi : provate a pensare agli   originali   della   politica,   a quelli  che compiono gesti strani come incatenarsi  davanti  a  Montecitorio o a  fare  strani  e  quanto  mai  dubbi digiuni; oppure pensate agli originali della  religione:  conoscevo  una  donna a  cui  Dio,  a  sua  detta,  parlava ma solo  nell'orecchio sinistro e solo in determinate ore di certe notti; o pensate a certi "santi e santoni" che con la  scusa  di  essere  inviati  da Dio, mischiando magia, fantasia, credulonità e  una  buona  dose  di  burlonescheria riescono  a  strappare  soldi  e  altre cose  che  interessano  loro ai  "gonzi e creduloni". Ma  ci  sono ancora  dei  profeti veri ! "Li  riconoscerete  dai  loro  frutti". Mi  viene  in  mente  (questo  è  uno tra  i  tanti)  don  Milani  mandato per punizione a Barbiana, un piccolo paesino  dove  passa  la  vita  ad  insegnare la grammatica ai bambini dei contadini e braccianti perché "solo così potrete parlare  da  pari  con  i  figli  dei padroni"  e  dove  nonostante  tutte le prove subite continua ad essere fedele alla  Chiesa  perché  è  "solo  nella comunione con essa che posso avere la certezza del perdono dei miei peccati”.

 

 

SABATO 9  GENNAIO

“E si facevano battezzare confessando i loro peccati”. (Mc. 1,5)

 

“Una volta si insisteva tanto sul Battesimo che cancella il peccato originale; oggi si parla di scelta cristiana e io non so più se devo battezzare mio figlio o se devo insegnargli i miei valori e lasciare che poi sia lui a scegliere quando sarà grande”. Era la frase di un papà che, venuto agli incontri per la preparazione al Battesimo del figlio, esprimeva i dubbi e gli interrogativi di molti. Il Battesimo di Giovanni, diciamolo subito, non è il Battesimo che ci ha lasciato Gesù, ma un semplice rito di purificazione per prepararsi alla venuta del Salvatore, però, mi sembra armonizzi bene le due esigenze di quel papà: la venuta di Gesù è un dono, non dipende da noi (e allora, posso io privare di un dono di Dio?) ma per accogliere questo dono bisogna “convertirsi” cioè cambiare mentalità, invertire la rotta, renderci conto che non siamo autosufficienti, sentire di aver bisogno di Dio, lasciare che la sua grazia operi in noi e allora, proprio per il fatto di essere nato tra le creature, ho bisogno che la misericordia di Dio mi purifichi e che la sua grazia mi aiuti a ritrovare la giusta strada.

 

 

DOMENICA 10  GENNAIO

“Gesù venne.., e fu battezzato”(Mc. 1,10)

 

Marco mi è sempre piaciuto perché (forse al contrario di me) con quattro parole sa dirti tutto. Quante discussioni: “Ma se Gesù è senza peccato che bisogno aveva di conversione?”. “E’ un Battesimo simbolico?”. Gesù è uomo e pur non avendo peccati è solidale con l’uomo fino in fondo. Lui si è fatto peccato per noi. Lui morirà portando sulla croce i nostri peccati. E’ il mistero della solidarietà di cui non finiremo mai di ringraziare Dio. Ma esiste questa solidarietà anche tra noi cristiani? Noi ci chiamiamo fratelli, le nostre preghiere liturgiche sono tutte al plurale ma io, mi sento corresponsabile del mio fratello o sono come Caino che al Signore che gli chiedeva dove fosse suo fratello rispondeva: “Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?”. (Gen.4,1—9). Mi hanno sempre lasciato perplesso coloro che dicono: “lo peccati non ne ho” perché è certamente una bugia (se no sarebbe bugiarda la Bibbia e Dio che dice che “il giusto pecca sette volte al giorno” Proverbi 24,16), ma quanti di noi al proprio peccato personale uniscono il peccato dell’umanità? Io sono uomo e non posso lavarmi le mani delle nefandezze degli uomini e, come gioisco per le conquiste dell’uomo, per i suoi atti e slanci di bene, così sono corresponsabile del male, degli odi, delle violenze, delle guerre. Gesù pur non avendo peccato riceve un Battesimo di conversione. Noi abbiamo il dovere della riparazione. Ecco perché, ad esempio, la Chiesa ci invita a riparare il peccato e i peccati; ecco perché ad esempio la devozione al Sacro Cuore di Gesù e i venerdì riparatori, non devono diventare cose macchinali, o peggio, tesserini per l’ingresso al paradiso, ma possono essere segno di solidarietà, di lotta contro il male e di impegno, riparando, a portare un po’ di amore al mondo.

 

 

LUNEDI' 11  GENNAIO

“E uscendo dall’acqua vide aprirsi i cieli”. (Mc. 1,10)

 

Il desiderio insaziabile dell’uomo è la propria completezza, è la gioia, l’amore, la pace, la giustizia senza più ombre, è, come siamo abituati a dire: “il cielo”. S. Agostino diceva in altri termini: “Il nostro cuore non ha pace finché non riposa in te Dio aveva dovuto “chiudere il suo cielo e mettervi un cherubino di guardia perché l’uomo volendo fare a meno di Lui si era auto escluso. E l’uomo aveva continuato a camminare guardando in su. Dio mai aveva smesso di amare la sua creatura; era “sceso” parecchie volte, aveva liberato, fatto rinascere speranza, guidato, promesso. Ma ora, in Gesù, i cieli sono veramente aperti: Dio è sceso talmente da farsi uomo. E questi “cieli” in cui Cristo tornerà vittorioso saranno aperti per sempre; non perché Dio dall’alto con un colpo di bacchetta magica, risolva i nostri problemi, ma perché l’uomo, con Gesù che è con noi “fino alla fine dei tempi” e che è già asceso al cielo, possa, continuando a camminare tra le gioie e le prove quotidiane, essere
sempre pronto a “testimoniare la speranza che è in lui” e sappia che quel cielo ha di nuovo aperto i battenti e che “sperare di tornare a casa” non è una utopia.

                                                      

 

MARTEDI' 12  GENNAIO

“Lo  Spirito lo  spinse nel deserto”. (Mc. 1 ,12)

 

Stranezze di questo Spirito Santo: solo due versetti prima è proprio lo Spirito che scende su Gesù come colomba e che lo conferma nella sua missione: e fin qui ci sta bene! E’ lo Spirito di Dio, quello che dà gli incarichi, quello che smuove i profeti, quello che ha fatto inventare “cose pazze ai santi, quello dei miracoli. Ma in questo versetto,invece, è lo Spirito che porta Gesù nel deserto, per essere tentato. E qui ci piace di meno; vorremmo solo lo Spirito, quello forte, non quello che ci crea delle complicazioni. Vorremmo lo Spirito che ci illumina, che ci guida, che ci segue. Invece lo Spirito non ci lascia in pace, soffia dove vuole, ci toglie la tranquillità facendoci capire che non siamo autosufficienti,ci mette davanti alle nostre debolezze umane, ci lascia insoddisfatti del nostro pressapochismo e, qualche volta, mettendoci davanti alla tentazione,ci fa toccare con mano la nostra debolezza. Sento dentro di me un gran desiderio di amore, di dare tutto.., ma poi mi riscopro piccola, gretta e soffro per questo”, mi diceva una signora, ma è una frase che ho già sentito tante altre volte e che ho sperimentato in me stesso. E vorremmo che lo Spirito ci togliesse la patata bollente dalla mano, ci trasformasse con un tocco, come nelle fiabe. Normalmente non è così: lo Spirito ci porta nel deserto e ci mette alla prova. Ci fa sentire la solitudine, poi ci darà una mano, ma prima dobbiamo convincerci di non essere troppo forti, troppo sicuri. Gesù, come Dio, non poteva cedere alla tentazione ma come uomo sente e sentirà tutta la debolezza della sua umanità. Ogni giorno della sua vita ci sarà la tentazione di cedere, ma si fiderà di Dio e allora lo Spirito opererà in Lui “cose grandi”.

 

 

MERCOLEDI' 13  GENNAIO

"E vi rimase; tentato da Satana". ( Mc. 1,13 )

 

Quando torni indietro negli anni con il pensiero c’è un periodo molto indefinito in cui ti ricordi di esserti reso conto del significato e della portata dei vocaboli. Per me la parola “tentazione” mi fa risalire ai primi anni del seminario quando questa parola si colorava di tinte strane che dovevano sembrare a variopinti vestiti femminili o a fare qualcosa contro il “regolamento” e per “regolamento” non si pensava ancora ai dieci Comandamenti, ma alle piccole regole del seminario come il gran silenzio dalla sera la mattino, o il camminare in fila guardando o il capo o i garretti di quello che stava davanti a te. Crescendo mi sono accorto che tentazione non è soltanto quello che può riguardare la sfera sessuale della vita di un uomo né soltanto quello che riguarda piccoli regolamenti fatti a volte solo per accontentare la pace o la vanità di piccoli uomini.

Tentazioni sono le varie crisi in cui ci dibattiamo, dal desiderio di far da soli, a quello di essere solo noi i “primi della classe”, alla disperazione e la sfiducia, alle seduzioni e attrattive delle cose concrete che possono portarti alla perdita della fede, della speranza e dell’amore. La tentazione per Gesù è stata costantemente quella che Satana ha cercato di operare distogliendolo dalla sua missione ed è costantemente quella che Satana opera nei nostri confronti cercando di dirci che siamo abbastanza

autosufficienti da organizzarci da soli senza dover dipendere dalla “volontà di Dio”. Tentazione è quel continuo filo, è quella voce che continuamente ti dice: “Ma in fondo che male fai? ... Figurati se Dio va ad interessarsi di quelle cose ... Ma, in fondo è “a fin di bene” ... Se tutti fossero già bravi come me ... lo non faccio male a nessuno... Spero di essere di quelli che non vedono Satana dappertutto, ma la sua tentazione come per Gesù, è continuamente nella mia vita. Non mi atterrisce perché Dio è più forte di lei, ma mi dice anche che non devo smettere di stare in guardia.

 

 

GIOVEDI' 14  GENNAIO

“Gesù venne in Galilea”. (Mc. 1,14)

 

Una delle emozioni forti che provi durante un viaggio in Terrasanta è quella di salire su un piccolo battello e dal lago di Galilea vederne le sponde e quasi sentirti rieccheggiare nelle orecchie le parole di Gesù. Questo lago e questa terra, così dolci, questo verde che contrasta con le impressioni di aridità del deserto di Giuda, questo senso di semplicità ancora presente nelle figure di pescatori che oggi come ai tempi di Pietro buttano le reti ti avvicinano al Vangelo di Gesù. Poi, nel pellegrinaggio in Terrasanta si parte e si punta a Gerusalemme e, se pure questa città suscita nel cuore una marea di ricordi, qui ti trovi nell’ambiente diverso della città con tutti i suoi contrasti: l’antico e il nuovo, i centri di poteri con i loro idoli... E allora capisci perché Gesù annuncia la buona notizia partendo dalla Galilea: il Vangelo è fresco, è nuovo, ha bisogno di un terreno semplice disponibile, ha bisogno di gente anche

 

 

VENERDI' 15  GENNAIO

“Il tempo è compiuto”. (Mc. 1,15)

 

Ricordo una preghiera di Quoist in cui questo autore parlava del tempo: diceva che nella vita c’è un tempo per tutte le cose, che il nostro è un rincorrere il tempo fino a quando, dopo tante corse, ti accorgi di non avere più tempo. Quando Gesù diceva: “Il tempo è compiuto” non voleva principalmente dirci: “stai attento ad usare bene del tuo tempo che è poco” ma voleva dirci: “Tu non sai quanto tempo hai, ma questo è il tempo dell’incontro con Dio”. Dio ha un appuntamento con te nella tua storia ed è un appuntamento a cui non puoi mancare. Puoi rispondere in modi diversi:

1) Dicendo come Gesù e i profeti: “Eccomi, manda me”

2) Facendo orecchie da mercante e tergiversando tra fede e star comodi

3) Dicendo: “Prendo la mia strada senza pensare a Dio”.

La terza strada non è la mia perché ho troppo poco tempo per camminare da solo, la seconda è una vigliaccheria che non può sostenersi perché il tempo la smaschera. L’unica strada è la prima: è difficile! A tutta prima sembra un salto nel buio... ma stai tranquillo, se dici: “Eccomi, manda me”, atterri tra le braccia del Signore e ti accorgi non solo di non aver “perso tempo” ma di essere finito nel gioioso momento eternamente presente di Dio.

 

 

SABATO 16  GENNAIO

“Il Regno di Dio è vicino”. (Mc. 1,15)

 

Discutono i filologi e i biblisti su come tradurre questa frase: “Il Regno di Dio è qui” oppure “è prossimo Qualcuno dice: è venuto, altri verrà, qualcuno si interroga “se il Regno di Dio è qui come mai nel mondo c’è ancora il male?”. Gesù quando parla della presenza del regno non intende che Dio come i maghi trasformi improvvisamente il mondo in giardino di amore gioioso per tutti, ma con le parole e con i fatti annuncia la vicinanza, l’approssimarsi di questa grazia definitiva. Dio è fedele, ha mandato suo Figlio, in Lui accorda agli uomini la possibilità di salvezza definitiva. Gesù lotta con noi, i suoi miracoli, le guarigioni, la cacciata dei demoni sono segni di questa venuta. E’ vero che il male sembrerà avere il sopravvento: Gesù sarà tradito, abbandonato, morirà su una croce. Ma proprio da questa vittoria temporale del male ne nascerà la sconfitta definitiva. Anche nei discepoli e in noi i segni della vicinanza del regno possono realizzarsi. Tante e troppe volte noi cristiani ci permettiamo di essere pessimisti, di vedere solo il male. Il Regno di Dio è già operante, il male ha già la possibilità di essere vinto. Ogni volta che con un piccolo atto opero il bene, sconfiggo un dolore, dono speranza, soffro con amore, lascio spazio al Regno di Dio di crescere fino alla sconfitta definitiva del male.

 

 

DOMENICA 17  GENNAIO

“Convertitevi”. (Mc. 1,15)

 

Questa parola è dura, radicale, significa “ritornare, cambiare mentalità”; non è tanto un pio sentimento o un cambiare la qualità delle azioni ma cambiare proprio il mio orientamento globale verso Dio. Scrive E. Schweizer nel suo commento al vangelo di Marco: “A un corridore che corre nella direzione sbagliata non giova a nulla fare il massimo sforzo, fintanto che qualcuno lo induca a fare una conversione per andare in direzione opposta. Ma, io, ho bisogno di convertirmi? Io, che quando vado a confessarmi a stento riesco a mettere tre o quattro peccatucci che sono poi sempre gli stessi? Certo, un indirizzo di fondo, almeno per abitudine, per condizione sociale c’è, ma assomiglio poi proprio a Cristo? Come accetto ad esempio che le prostitute e i peccatori mi precedano nel regno dei cieli, mi sento veramente beato quando sono povero, sono poi proprio disposto a fare una “brutta fine” come Cristo per i miei fratelli? Riesco a trasformare il dolore, l’insuccesso, la solitudine in atti di amore offerto? Nella sincerità capisco di aver bisogno di conversione e capisco anche la mia incapacità a convertirmi: manda Signore il tuo Spirito, solo lui mi porterà sulla strada del cambiamento totale.

 

 

LUNEDI' 18  GENNAIO

“Mentre camminava lungo il mare di Galilea”. (Mc. 1,16)

 

Il Vangelo ci presenta Gesù sempre in cammino. Quasi mai è fermo. Non aspetta che la gente vada a Lui, ma va a cercarla là dov’è. E quando chiama a seguirlo non invita ad andare in Chiesa ma a mettersi in cammino dietro a Lui per imparare da Lui.

Dio è sempre in movimento e mette in movimento: sono i nostri disegni sbagliati che ci hanno rappresentato un Dio seduto sul trono a cui la barba è diventata bianca, ma la realtà non è questa: Cristo cammina, ci cerca dove siamo, è sulla strada con noi, si stanca, si affatica con noi, soffre e gioisce dei nostri dolori e delle nostre gioie. Tante volte mi chiedo come mai le nostre comunità cristiane soffrono di vecchiaia: la risposta è semplice: abbiamo preso a segno e simbolo la sedia, anzi meglio ancora, la poltrona. Noi preti, diventati pochi e con strutture mastodontiche da mantenere, aspettiamo la gente, invitiamo in Chiesa, facciamo gruppi che si chiudono sempre più in un buon borghesismo perbenista. Penso a Don Ciotti, quando fondando l’università della strada indirettamente ci ricordava dove Cristo continua a camminare.

 

 

MARTEDI' 19  GENNAIO

“Vi farò pescatori di uomini". (Mc. 1,17)

 

Quante volte nella predicazione abbiamo sentito questa frase a proposito di vocazioni. Ed ogni volta che questa parola suona alle nostre orecchie la prima immagine che ci viene in mente è che la vocazione sia qualcosa di tipico ed esclusivo di preti e suore: non è così: tutti abbiamo una vocazione. Prima o poi nella nostra vita ci siamo incontrati (o scontrati) o ci incontreremo con lo sguardo di Cristo che ci ama e con la sua voce che in modi molto diversi ma personali ci chiede di seguirlo. E’ sempre Lui che ha l’iniziativa. Ma seguirlo che cosa significa? Direi, prima di tutto, saper ascoltare; saper discernere la sua voce in mezzo alle mille voci del nostro mondo, significa anche un distacco (anche se solo apparente: il discepolo non è qualcuno che ha lasciato qualcosa, ma uno che ha trovato Qualcuno), significa una decisione. Da pescatori si diventa pescati da Gesù per diventare, nel suo amore, pescatori a modo suo. Gesù ci chiede un distacco da qualcosa, ma non si tratta di cambiar mestiere, si tratta di capire che seguendo quel Maestro si può imparare a pescare altro.

 

 

MERCOLEDI' 20  GENNAIO

“E subito, lasciate le reti, lo seguirono".  (Mc. 1,18)

 

Seguire Gesù! Certo tutti siamo chiamati ma è difficile. Le componenti della chiamata in questo brano sono:

Non siamo noi a fare il primo passo, è Lui che ti cerca. Le componenti della risposta:

 

GIOVEDI' 21  GENNAIO

“Entrato Gesù di sabato nella sinagoga...”. (Mc. 1,21)

 

Gesù lo fa proprio apposta: i gesti più importanti li realizza di “sabato”. Penso per tanti motivi. Il sabato ricordava la gloria e il riposo del Creatore e Gesù glorifica Dio con i suoi segni. Il sabato era giorno di preghiera e Gesù ci insegna a santificarlo con l’ascolto della Parola, la preghiera e l’attuazione pratica di essa. Il sabato era diventato un insieme di norme e di riti che non erano più legge di Dio ma peso per gli uomini e Gesù vuoI riportare le cose al suo giusto posto.

In Marco Gesù, di sabato, in questa sua giornata a Cafarnao “entra nella sinagoga” e libera un indemoniato destando meraviglia, vive nella semplicità della “casa di Pietro portandovi la gioia di una guarigione” e poi, “sulla porta” concretizza in guarigioni e aiuti la parola annunciata. Ecco come dovrebbe essere la nostra “domenica”, il giorno del Signore risorto.

E’ il buongiorno e il cristiano si mette in ascolto, nella comunità, della Parola.

E’ il giorno del riposo e il cristiano nella casa, nel riposo vive della gioia familiare.

E’ tempo da donare e il cristiano esce dal suo guscio per portare gioia ai fratelli: è il giorno della festa, della carità in cui tutti devono godere dei doni di Dio.

Quanta differenza dai nostri: domenica devo andare a Messa!” “tutti gli altri giorni mi comandano gli altri, la domenica è mia e me la gestisco io!”.

Quanta differenza dall’osservanza formalistica di norme perché “se no fai peccato”.

Il cristiano non è colui che deve non fare peccato, ma colui che amato da Dio, gioisce di questo e spande amore!

 

 

VENERDI' 22  GENNAIO

“Ed erano stupiti del suo insegnamento”. (Mc. 1,22)

 

Mi raccontava una signora che una domenica, all’uscita della Messa lei e suo marito cercavano con fatica di ricordarsi quale brano di Vangelo fosse stato letto: “Eppure è un brano facile.., lo sappiamo quasi a memoria. E’ vero, a forza di ascoltare la parola del Vangelo, dai giorni del catechismo fino a tutte le celebrazioni liturgiche e poi forse anche attraverso letture personali, si sa il Vangelo “talmente a  memoria che non ci stupisce più: raccontano la battuta di quell’uomo che il venerdì santo durante la lettura della passione vedendo la compassione dipingersi sul volto di sua moglie le diceva: “Ma intanto sappiamo già come finisce la storia: lo mettono in croce, ma risorge!”. L’abitudine e il nostro comodo hanno addormentato la parola di Dio. Invece dovremmo re-imparare a stupirci davanti alla Parola: è Dio che sì interessa a noi! E’ Gesù che con autorità mi parla oggi. E’ una buona notizia che può cambiare la mia vita. Quale il segreto per far sì che la parola non cada nel vento? Un suggerimento sentito una volta e utilizzato con frutto è questo:

 

SABATO 23  GENNAIO

"Gesù insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi". (Mc. 1,22)

 

Quanta gente oggi si arroga l’autorità di insegnare; quanti maestri nel moderno Israele!

I giornali spacciano per verità notizie e cose che a volte sono solo pettegolezzi, chiacchiere, eppure noi andiamo a cercare l’articolo con la firma famosa e beviamo. Mai come oggi la scienza progredendo scopre i suoi limiti e noi corriamo dietro all’ultima ipotesi scientifica; basta che uno psicologo si sia fatto un buon nome e nei suoi libri può contrabbandare per verità cose che nascondono la semplice idea di “fai quello che ti pare, intanto chi conta sei tu e nessun altro”... E noi confusi cerchiamo la verità lasciandoci condizionare, oppure, come sempre più spesso accade, non cerchiamo neppure più la verità ma svendiamo la nostra testa e la nostra vita all’ ultima moda ricorrente. Gesù non è come gli scribi che fanno “teoria sulla parola”, non è come i farisei che sfruttano la Parola per imporla come peso, ma sulle spalle degli altri, non è come il sacerdote della parabola del buon Samaritano che perché “non può contaminarsi” tira diritto davanti all’uomo ferito lungo la strada.

Gesù ha autorità perché è la Parola definitiva: è “l’Amen di Dio”. Lui non si ferma all’esteriore, al formalismo: Lui cerca    l’uomo dal di dentro; la sua Parola non è mai prepotenza, sopruso, ma forza, sicurezza, compagnia, invito netto al  cambiamento. La sua Parola è solidarietà,concretizzazione dell’ amore di Dio che lotta contro il. male a fianco dell’uomo, nel cuore dell’uomo. Chiediamo allo Spirito Santo di saper discernere tra le tante “autorità” di oggi, la Parola che con autorità, forza e amicizia può ridarci il nostro vero volto di uomini.

 

 

DOMENICA 24  GENNAIO

“Che c’entri con noi, Gesù Nazareno?”. (Mc. 1,24)

 

“lo sono un buon cristiano: sono osservante” diceva un operatore di Borsa e aggiungeva “ma quando lei dice che il Signore deve entrare in tutte le nostre azioni non ha il senso della realtà: bisogna ci siano dei compartimenti stagni ben sicuri: in quanto ad economia il Signore ha delle teorie per lo meno pazzoidi: non posso farlo entrare in Borsa con me: ne andrebbe della mia professionalità e soprattutto andrei in rovina io e chi rappresento”. Non si tratta di far dire o fare a Gesù cose che non ha detto o che non ha fatto e non si tratta neanche di essere talmente utopisti da dimenticare la realtà, ma confinare Gesù in Chiesa è la peggiore bestemmia che si possa dire, dirgli: che c’entri tu nella mia vita sentimentale, in quella economica, nelle faticose scelte politiche, significa non capire Cristo. Egli è venuto non per starsene comodo nel tempio a farsi onorare, ma è venu­to a sporcarsi le mani e ancora oggi è qui a stimolarci, a chiederci scelte coraggiose.

 

 

LUNEDI' 25  GENNAIO

“Gesù sgridò lo spirito immondo dicendo: Taci! Esci da quell’uomo.” (Mc. 1,25)

 

Nella società odierna, così materialista, sta crescendo la richiesta di religioso o pseudotale. Mai come oggi capita nelle parrocchie la richiesta di “esorcismi”, “acqua benedetta”, toccamenti vari di croci e di statue, insomma tutto quello che unendo buona fede e superstizione si avvicina molto al rito magico per esorcizzare il male. Anche nel giudaismo, al tempo di Gesù, esistevano questi tipi di rituali. Gesù non li usa. Gesù riconosce il male: e per Gesù tutti i mali, quelli materiali, quelli spirituali, quelli morali hanno un’ unica radice: l’opposizione a Dio, la divisione dell’uomo (queste parole sono la traduzione del termine Satana) il male riconosce Gesù: la parola vincente. Ed ecco allora che Gesù non ha bisogno di grandi segni, di rituali magici, di esorcismi: Gesù sgrida lo spirito immondo, come in altri casi sgriderà la febbre (Lc.4,39) o sgriderà le onde tempestose del lago. Per vincere il male, allora, sarà più importante seguire rituali che sanno di superstizione come cospargere di sale gli angoli della casa insieme ad acqua benedetta, tenere la catenina con Gesù, il gruppo sanguigno e un paio di corna, o abbandonarsi a chi ha l’autorità di vincere il male con una semplice “sgridata” e darsi da fare concretamente perché in noi e attorno a noi il. male dell’egoismo, del disinteresse, dell’ingiustizia sia vinto?

 

 

MARTEDI' 26  GENNAIO

"Subito gli parlarono di lei". (Mc. 1,30)

 

E’ la richiesta dei poveri! Quando una persona che può qualcosa, o un amico si rende disponibile ad ascoltare, ecco che subito si dà la stura a tutte quelle che sono le difficoltà, le prove affrontate o da affrontare, le malattie. Guardate nei santuari, quelle lunghe gallerie di ex voto a volte ingenui altre volte specchio di fede profonda: “Subito gli parlarono di lei”. La preghiera di richiesta ci sembra a volte che valga poco, ed è vero che purtroppo spesso sappiamo solo fare questa e dimentichiamo il grazie, la lode, l’offerta: però essa è segno di confidenza e di fiducia. Ci si confida con chi si sa che ci ascolta e si chiede aiuto a chi si pensa questo aiuto possa dare. Ed è ancora più bella quando non preghiamo per chiedere aiuto per noi ma per qualcuno che ci è caro e giunge ancor più al cuore del Signore quando non è solo invocazione di un singolo, ma espressione di un gruppo: “subito gli parlarono di lei”.

 

 

MERCOLEDI' 27  GENNAIO

“La sollevò prendendola per mano”. (Mc. 1,31)

 

Era il pomeriggio del giorno dei santi. Erano passati ormai tanti giorni: prima la notizia, poi l’ospedale, poi vedere il lento, ma inesorabile spegnersi, accompagnato anche dal degrado mentale e dal disfacimento biologico. Prima la ribellione, poi le speranze, poi le parole di conforto. Ora in questo pomeriggio sereno ma velato di tristezza restava solo più il silenzio e la mano nella mano. Era un modo di comunicare, di pregare, di trasmettere vicinanza e speranza, di accettare. Questo gesto successo a me mi è capitato di vederlo tante volte al capezzale di malati e moribondi e sempre mi ha ricordato il gesto di Gesù che guarisce la suocera di Pietro prendendola per mano. Noi non siamo capaci di guarire ma quella mano è più che solidarietà, guarigione, speranza; è una mano che diventa consegna nella mano grande, dolce, misericordiosa di Dio.

 

 

GIOVEDI' 28  GENNAIO

“La febbre la lasciò ed essa si mise a servirli”. (Mc. 1,31)

 

Tipico delle donne: appena hanno un po’ di fiato, eccole subito a sfaccendare, a rendersi utili, a servire. Ma non dovrebbe essere tipico solo delle donne: è tipico del discepolo quello di servire. il discepolo, quindi noi, siamo coloro che sono stati liberati dalla “febbre”. Cristo è venuto, ci ha dato la possibilità di lottare con la sua forza contro il male che è in noi. Siamo allora chiamati a seguire i gesti del Signore: egli si è fatto nostro servo, noi dobbiamo imparare la logica non del potere, ma del servizio: se sono genitore non lo sono per avere potere sui miei figli, ma devo esercitare il mio servizio senza farlo pesare (“ci siamo tolti il pane di bocca per te, e adesso fai quello che vuoi!), se ho delle responsabilità nel lavoro, nella comunità quanto più devo esercitare il mio ruolo non per ricevere salamelecchi o onori (il più delle volte ipocriti), ma il bene concreto delle persone che mi sono affidate. Come imparare a servire? Partendo dal ragionamento: che meriti avevo perché Cristo mi servisse, mi liberasse? Eppure Lui, il Figlio di Dio lo ha fatto.

 

 

VENERDI' 29  GENNAIO

“Non permetteva che i demoni parlassero, perché lo conoscevano”. (Mc. 1,34)

 

Sembra proprio strano: Gesù viene al mondo per farsi conoscere e poi non lascia che i demoni parlino di Lui! Noi nel nostro modo utilitaristico di pensare diremmo: “propaganda gratuita!” Gesù invece sa che dal male non può venire il bene, sa che “i demoni” dicono: “E’ Gesù”, per far cadere nella tentazione dell’idolatria, per far vedere in Lui non il Figlio di Dio, ma il santone libera mali e allora prende le distanze. Ma credo ci sia anche un altro motivo: Gesù vuole che l’uomo giunga alla fede da solo, non per il bisogno o il legame a diavoli o a santi. Non sono né i diavoli, né i santi, né le apparizioni che mi danno la fede. E’ Dio che dona la fede e che chiede una risposta libera da parte nostra.

 

 

SABATO 30  GENNAIO

“Al mattino si alzò quando era ancora buio, e uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava”. (Mc. 1,35)

 

La televisione ci ha abituati a tutto e, pur di vendere spettacolo e detersivi riesce a mettere insieme le cose più disparate. Ricordo una trasmissione (penosa!) in favore della vita. C’era gente dello spettacolo, cardinali e anche Madre Teresa di Calcutta. Mi ha stupito la sua presenza lì; certamente lei è la prima a cercare di salvare la vita di tanti bambini! Ma abbassarsi a questo tipo di spettacolo, sia pur per il bene di molti! Tutte le volte che riprendevano il suo volto, durante lo spettacolo, sembrava essere assorta, impenetrabile. Poi, quando l’hanno fatta salire sul palco ho scoperto il suo segreto: essa aveva tra le mani un rosario che non aveva mai abbandonato, aveva continuato a pregare per tutto il tempo! L’azione e la preghiera: se c’è una donna di azione al mondo, è proprio quella piccola fragile donnetta. Ma perché fa tanto? Perché mentre le sue mani operano, i suoi piedi corrono, il suo cuore è con Qualcun Altro e allora anche le sue opere sono di Qualcun Altro.

 

 

DOMENICA 31  GENNAIO

“Gli dissero: Tutti ti cercano!”. (Mc. 1,37)

 

E’ facile cedere alla tentazione del successo anche nel ministero: “Reverendo, ma che bella predica!” “Non mi mandi i laici a portare la comunione, venga lei". E poco per volta ti senti indispensabile, diventi tu a contare e non Lui. Non hai neppure tempo per pregare: è una perdita di tempo! Ho tanto da fare! Gesù non si ritira davanti al lavoro, alla predicazione, ma non si lascia invischiare dal successo e dal facile applauso. Trova il tempo per la preghiera perché è solo nel rapporto con Dio che si realizza la sua missione: “sono venuto per fare la volontà del Padre mio!”. E allora bisogna proprio non lasciarsi prendere dall'efficientismo, bisogna riscoprire il valore della preghiera. Quando, cercandoti, non ti troveranno, ma ti vedranno pregare forse la smetteranno di cercarti.

     
     
 

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