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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

NOVEMBRE 1987

 

 

DOMENICA 1 NOVEMBRE  -  FESTA DI TUTTI I SANTI                        

"Vidi una moltitudine immensa di ogni nazione, razza, popolo e lingua". (Ap. 7,9) 

 

Mi ha sempre fatto una enorme impressione il pensare alla moltitudine dei santi. Pensare un giorno di poter essere alla festa insieme con tante persone di ogni epoca, essere a fianco dei martiri, dei monaci, poter essere con S. Francesco, con S. Domenico, poter scoprire finalmente la santità nascosta di tanta gente. Sono chiamato alla santità: faccio anch’io parte di questo immenso popolo. Ma come faccio a farmi santo io che faccio un lavoro di ufficio, freddo, arido, ripetitivo, o io madre di famiglia che devo far la spesa, spentolare, correre dietro a tutti e che la sera, quando vado a dormire, già grazie se riesco ad arrivare alla fine del “Padre nostro”? A volte la santità ci sembra lontana e la lasciamo volentieri a chi ne ha la stoffa e anche la possibilità. Invece noi facciamo già parte del popolo santo, santificato da Cristo e siamo chiamati, attraverso i doni che ciascuno ha ricevuto, non a sognare una santità lontana ed irrealizzabile, ma, vivendo l’amore, anche nella banalità quotidiana, ad essere santi, oggi, nel posto dove viviamo.

 

 

LUNEDI'  2 NOVEMBRE  -  COMMEMORAZIONE DEI FEDELI DEFUNTI

"Il Signore eliminerà la morte per sempre”. (ls. 25,8)

 

Celebrazione di tristezza e nostalgia quella del 2 novembre? Penso per un certo verso sì, perché la mancanza di vicinanza  umana dei nostri defunti, o forse anche solo per tradizione, si sente di più in questi giorni. Ma direi anche che questa commemorazione cristiana dei defunti deve diventare un inno alla vita. Il problema della morte, irrisolto dalla filosofia, dalla logica e dal sentimento, trova invece risposta nella fede ed in particolare nella fede cristiana. La nostra non è l’ “utopia del poi” come qualcuno ha creduto di vedere nelle religioni e nel cristianesimo. Noi crediamo “oggi” che la morte èvinta. Noi “oggi” celebriamo in Cristo risorto dai morti. Noi oggi facciamo memoria dei nostri morti come viventi in Dio. La promessa di Isaia: “Il Signore eliminerà la morte per sempre” per loro è già realtà. E per noi, anche se si tratterà di attraversare la morte corporale che pur sempre riveste un senso di mistero, di paura, di rispetto, se avremo la semplicità di S. Francesco, la chiameremo “nostra sorella morte”, come chiamiamo fratello il sole, la luna e le stelle perché come queste creature ci parlano di Dio, così la morte, persa la sua veste nera e la sua falce inesorabile, è colei che non solo non ci toglie la vita ma ci fa entrare nella vita che non finisce più e nell’abbraccio amorevole di un Dio che ci è Padre.

 

 

MARTEDI'  3  NOVEMBRE

"Un uomo diede una grande cena, e fece molti inviti. Ma tutti cominciarono a scusarsi". (Lc.14,16.18)

 

Essere invitati alla festa e non andarci, sapere di avere un posto nel luogo più desiderato e cercare scuse per non partecipare: un assurdo! Ma questo assurdo si ripete ancora oggi e in tanti modi: “Beati gli invitati alla mensa del Signore”. Signore non ho tempo per venire a messa, vedi oggi mi è arrivata gente”. “Signore, perché andare a messa? per essere cristiani basta pregare nel cuore “Beati gli invitati alle nozze dell’Agnello” dice il libro dell’Apocalisse e noi lo sappiamo, desideriamo l’eternità con Dio, però non abbiamo tempo e voglia ora, e così rischiamo di “perdere il posto”. Non entrano nel regno di Dio le persone troppo prese da impegni, che si ritengono già troppo giuste, che non hanno “tempo da perdere” che si fanno scusare dalla propria segretaria. I poveri, i pezzenti, gli ultimi entreranno: nessuno li ha mai invitati qui in terra, hanno “tempo”, non hanno altri inviti da disdire e allora sono felici dell’invito del Signore.

 

 

MERCOLEDI'  4   NOVEMBRE

“lo sono il buon pastore”. (Cv. 10,11)

 

La liturgia riportandoci queste parole di Gesù e applicandole a San Carlo ci ricorda che ogni parola del Vangelo può e deve essere applicata e vissuta. E’ Gesù il Buon Pastore che ama fino in fondo le sue pecore: è Lui che guida gli uomini con la sua Parola, è Lui “la via, la verità, la vita”, è Lui che dà la sua vita per le pecore. E’ Lui ancora che diventa modello di come amare il prossimo. E mi piace oggi ricordare alcuni aspetti del Cardinal Pellegrino. Nella sua vita più che parroco pastore era stato prete studioso; chiamato ad essere vescovo, pastore di una diocesi come quella di Torino, in anni non facili cercò di modellarsi a Gesù Buon Pastore, da una parte con la fermezza della verità (davanti alla Parola di Dio era particolarmente rigido con se stesso e con gli altri) e d’altra parte con la dolcezza, la misericordia, il dialogo. Questo gli costò enormi sacrifici nei confronti di se stesso, del suo carattere, e gli causò anche l’incomprensione e l’odio di molti: era il suo modo di dare la vita per le sue pecorelle.

 

 

GIOVEDI'  5  NOVEMBRE

"Ciascuno di noi renderà conto a Dio di se stesso: cessiamo dunque dal giudicarci gli uni gli altri: pensate invece di non essere di inciampo o di scandalo al fratello". (Rom. 14,12—13)

 

Una volta si parlava molto di scandalo, forse troppo, anche perché scandalo era legato quasi unicamente a qualcosa di cattivo che riguardava il sesso o i rapporti interconiugali. Oggi forse si parla meno di scandalo, ma quanto male e quanti cattivi esempi: non è forse scandaloso che la ricchezza e il potere siano accumulati nelle mani di pochi (e, guarda caso, quasi sempre di estrazione culturalmente cristiana) mentre nel mondo interi popoli soffrono ancora di povertà? Non è forse scandaloso all’interno di una comunità che alcuni nel nome del bene, della verità di cui si sentono possessori, tarpino le ali a chi con fatica, magari con modi non del tutto ortodossi, sta però cercando di fare qualcosa per gli altri? Lo scandalo c’è dunque ancora ma non deve spaventarci, anzi forse vedere il male, deve aiutarci ancora di più nel cammino del bene e sempre più suggerirci le vie non solo per non giudicare il prossimo ma per essere disponibili a incoraggiare ogni granello di bene.

 

 

VENERDI'  6  NOVEMBRE

"E lodò quell’amministratore disonesto". (Lc. 16,8)

 

Il brano intero del Vangelo di oggi ci presenta un amministratore infedele che è addirittura lodato da Dio, e la parola che abbiamo scelto per oggi ci suggerisce ad usare per il regno di Dio la stessa astuzia che i cattivi usano per fare i propri interessi a scapito di altri. Questo sembra quasi scandalizzarci: come mai Dio loda un disonesto? e poi il cristiano non deve essere quello che per amore subisce, abbassa gli occhi? Dio non loda la disonestà ma ammira chi sa usare bene dei propri doni e ci invita a guardare anche a chi palesemente è disonesto per imparare a metterci con tutte le nostre capacità a servizio di Dio. il cristiano è colui che deve perdonare settanta volte sette, ma questo non significa che debba essere uno stupido; il cristiano deve essere disposto a rinunciare a tutto, ma non per questo è un “coniglio rinunciatario”, Il regno ha bisogno di noi, dei nostri doni, e noi pur sapendo che Dio può tutto anche al di là di noi dobbiamo mettere a sua disposizione le nostre capacità non dimenticando mai l’amore, ma usando bene e fino in fondo tutti i doni umani di cui Dio ci ha dotati.

 

 

SABATO  7  NOVEMBRE

“Nessun servo può servire a due padroni... Non potete servire a Dio e a mammona!’’. (Lc. 16,13)

 

Lungo i secoli ed anche oggi sembra che la strada del compromesso, del “buon senso”, dell'accomodamento indolore, sia stata la più seguita: “Seguiamo Gesù, ma il denaro serve alla Chiesa per annunciare meglio il Salvatore” e quando poi si ha avuto il denaro, le maggiori preoccupazioni sono state per lui e il buon Dio, il suo annuncio sono passati in secondo piano. Quando in una parrocchia le maggiori preoccupazioni e i maggiori sforzi sono per mantenere le istituzioni, i muri, la comunità passa in secondo piano e il Signore pure. Quando in una famiglia, pur nel piccolo, ci si preoccupa troppo del conto in banca, del cambiare i mobili, del comprarsi l’alloggio o dei BOT e CCT. si rischia di lasciare poco spazio ai componenti e quasi niente a Dio. Ecco allora che la “pazzia dei santi poveri volontari” non è più pazzia, ma saggezza: Non lascio il denaro perché e sterco del diavolo” ma amo il Signore, voglio lasciargli spazio e tempo, Lui riempie talmente la mia vita, che proprio il resto passa automaticamente in secondo piano, e poi, un cristiano sa che la ricchezza non è dei ricchi dello Stato, o del popolo, ma che il mondo con tutti i suoi beni è di Dio e che noi al massimo dobbiamo essere buoni amministratori per il bene di tutti.

 

 

DOMENICA  8  NOVEMBRE

“Le stolte presero le lampade, ma non presero con sé l’olio”. (Mt. 25,3)

 

Bisogna essere proprio “stolte”,”distratte” per prepararsi ad una fiaccolata notturna preparando solo le lampade e dimenticando l’olio! Eppure succede a queste ragazze invitate a fare da damigelle d’onore allo sposo e succede tante volte ai cristiani. i cristiani sono invitati a una festa: è la festa di Gesù Redentore, vincitore della morte; sono invitati fin da adesso ad essere coloro che accompagnano e partecipano, ma proprio per partecipare non bisogna lasciarsi cogliere impreparati, distratti, “senz’olio” per le lampade. Un cristiano è “senz”olio” quando per lui la messa, i sacramenti sono dei doveri e non più momenti di gioiosa festa e di ricarica. Un cristiano è “senz’olio”, quando passa vicino ai fratelli ma li considera solo come potenziali nemici e disturbatori della sua quiete e non riesce a scoprire in essi il volto di Cristo Signore. Ancora siamo “senz’olio” tutte le volte che ci addormentiamo, che perdiamo l’entusiasmo, che ci accontentiamo della mediocrità.., e allora a che serve avere la lampada se non possiamo accenderla per andare alla festa?

 

 

LUNEDI'  9 NOVEMBRE

 “Carissimi, stringendovi a Cristo, pietra viva, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale.”  (1Pt.2,4.5)

 

“Ma è poi proprio necessaria la Chiesa?” Una domanda che tante volte si sente fare o che noi stessi ci siamo fatti: “Non basta la fede, la carità?” Gesù poteva salvarci in mille modi diversi. Ha scelto la strada dell'incarnazione, è voluto entrare nella Storia, ci parla con un linguaggio umano, vuole che realizziamo la nostra salvezza qui nel mondo, concretamente; vuole che la sua grazia e la sua salvezza ci giunga attraverso mani di fratelli, poveri uomini come noi. Però tutto questo ci esalta: “Il Signore mi ha scelto perché anche attraverso me vuol portare salvezza ad altri.” Ed allora come dice S. Pietro: “Sono pietra viva”, destinato pur nella mia piccolezza a costruire, insieme a tanti altri fratelli l’edificio di Gesù. E allora ecco la Chiesa, necessaria perché voluta dal Signore, povera perché fatta da uomini poveri e peccatori, santa perché Santificata da Dio, famiglia dove ognuno ha il suo posto e il suo ruolo. Questo tipo di Chiesa allora non solo non mi è più di fastidio nel cammino della fede ma diventa invece necessaria, luogo di incontro e di conforto, grazia mediatrice per essere sicuro di non correre a vuoto o individualmente.

 

 

MARTEDI'  10 NOVEMBRE

“Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”. (Mt. 16,18)

 

Pietro, figura dell’uomo, amato da Dio. Prima fa il pescatore, si chiama Simone, poi un incontro cambia tutta la sua vita. Non farà più il pescatore ma il “pescatore di uomini”, non sarà più Simone ma Pietro, su questa pietra si fonderà la Chiesa di Gesù e Pietro ne sarà testimone al punto “che sarai portato dove tu non vorrai. Un incontro ha cambiato la sua vita. Non gli ha tolto la sua peccabilità (verrà ancora chiamato “Satana”, rinnegherà Gesù...) ma lo ha messo in comunione con Dio, ascolterà Lui, riceverà il Suo perdono, svolgerà la Sua missione. Anche la nostra vita può essere cambiata da un incontro. Incontrarsi realmente con Gesù cambia la nostra vita. (vedi i santi). Se per me cristiano la vita è ancora sciatteria, se non c'é gusto alla preghiera, desiderio alla carità, gioia di salvezza per il perdono ricevuto forse ho solo incontrato il Cristo delle apparenze e delle tradizioni o il Cristo della filosofia e della teologia. Ma il Signore che tanto mi ama, sta in “agguato” per incontrarsi con me, vuol cambiarmi il nome, darmi un compito, riempirmi il cuore di gioia. Devo stare attento a non perdere questo appuntamento.

 

 

MERCOLEDI'  11 NOVEMBRE

"Ho avuto fame e mi hai dato da mangiare".  (Mt. 25,35)

 

Sono ormai innumerevoli le storie e le leggende che come nel caso di S. Martino ci ricordano la rivelazione di Gesù presente in un povero beneficiato. Queste storie partono tutte dal fondamento di questo brano evangelico: l’incarnazione di Gesù continua nel mondo, il volto di Cristo non è quello dei dipinti o delle icone ma è il volto di ogni uomo e in ogni uomo ricco o povero ma sempre bisognoso di amore si affaccia alla porta di casa nostra, viene allora spontaneo oggi pregare con quella bella preghiera di Raul Follereau che dice così: “Signore, insegnaci a non amare noi stessi, a non amare soltanto i nostri, a non amare soltanto quelli che ci amano. Insegnaci a pensare agli altri, ad amare anzitutto quelli che nessuno ama. Concedici la grazia di capire che ad ogni istante, mentre noi viviamo una vita troppo felice, protetta da te, ci sono milioni di esseri umani, che sono pure tuoi figli e nostri fratelli, che muoiono di fame senza aver meritato di morire di fame, che muoiono di freddo senza aver meritato di morire di freddo. Signore, abbi pietà di tutti i poveri del mondo. Abbi pietà dei lebbrosi ai quali tu così spesso hai sorriso. E non permettere più, o Signore, che noi viviamo felici da soli. Facci sentire l’angoscia della miseria universale e liberaci dal nostro egoismo.”

 

 

GIOVEDI'  12  NOVEMBRE

“Voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io”.  (Gv. 17,24)

 

Nella grande preghiera di Gesù prima della passione ci siamo anche noi, li cristiano è là dove è il suo maestro. Ma Gesù oggi dov’è? Proviamo a rileggere alcune frasi di Gesù: “Qualunque cosa avrete fatto al più piccolo dei miei fratelli, voi l’avete fatto a me”. “Quando due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro. Gesù è in Paradiso dove contempla la gloria del Padre, ma è anche qui sulla terra, nei tabernacoli, nelle corsie d’ospedale, amato da molti, maltrattato e vilipeso da altri. Allora, quando Gesù prega che i cristiani siano dove è Lui ci chiede di prendere il suo posto, di rappresentarlo nel nostro mondo, ci chiede di salire con Lui sulla croce per poter poi essere con Lui per sempre nel gaudio. Il paradiso allora non è qualcosa che ci allontana dalla realtà, ma un qualcosa che ci insegna ad essere già oggi in qualunque posto ove il Cristo “pose la sua tenda in mezzo a noi.

 

 

VENERDI'  13  NOVEMBRE

"Dalla grandezza e bellezza delle creature, per analogia si conosce l’autore". (Sap. 13,5)

 

Una di queste sere, a casa di un amico ingegnere, egli mi faceva vedere un grande atlante, di quelli che solo gli americani (qualche volta un po’ megalomani) riescono a fare: in un enorme paginone cercavano di tracciare la pianta dell’universo: da un piccolo puntino partiva un altro disegno: la nostra galassia; da un altro puntino quasi invisibile in questa, il sole col suo sistema e finalmente il pallino terra. L’amico mi diceva: “Ogni volta che posso, guardo la volta stellata e ogni volta che lo faccio non posso far a meno di contemplare Dio.” Ecco perché da sempre quando gli uomini hanno voluto indicare un luogo come residenza di Dio hanno pensato ai cieli, perché per analogia ci dicono quanto è grande e perfetto il loro creatore. Noi, qualche volta, diciamo: “Dio è muto, non ci parla”; dovremmo forse più giustamente dire: “lo sono cieco, io sono sordo, perché Dio continuamente si fa vedere e parla!”.

 

 

SABATO  14  NOVEMBRE

"Disse una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi...". (Lc. 18,1)

 

“Non c’è bisogno di dire tante cose: Dio sa già tutto!” “Bisogna dire il Rosario tutti i giorni: l’ha detto la Madonna”. “Chi lavora, prega”. “Noi chiediamo sempre, impariamo a ringraziare!”. “La vera preghiera è quella contemplativa...” “Gesù ha detto di pregare insieme: l’unica preghiera è quella comunitaria”... Quante frasi sulla preghiera, quanti trattati, quante contraddizioni! Ogni affermazione ha una parte di verità ma non dice tutto. E allora? La prima cosa è che è “necessario pregare sempre, senza stancarsi” quindi la preghiera non è un hobby, o per “chi ha tempo”: è necessaria come il pane quotidiano. Ma come pregare? Quando ami una persona e stai bene in sua compagnia non ti chiedi: “Che cosa dirò? che cosa farò?” Anche le parole più semplici, come le riflessioni più profonde, le chiacchiere come i silenzi sono importanti perché tu sei con qualcuno che ti ama e a cui tu vuoi bene.

 

 

DOMENICA  15 NOVEMBRE

 “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi.” (Gv. 15,16)

 

Tante volte, rileggendo il Vangelo, noi ci troviamo spiazzati davanti ad esso proprio perché partiamo da un presupposto inesatto. Pensiamo di essere noi i principali personaggi della fede: “Io ti amo, Signore... Io rispondo con le mie scelte... Io ho dei diritti nei tuoi confronti perché prego... Noi siamo la Chiesa quindi noi facciamo il Regno di Dio...” Se Dio nella sua immensa grandezza, bontà, misericordia non “avesse pensato a me dall’eternità”, io neppure esisterei. Se Gesù non si fosse fatto uomo, come potrei salvarmi? Come entrare in comunione con Dio? I sacramenti, la grazia me li posso dare da solo? Il Regno di Dio lo costruisco io con le mie forze? Basta guardare ai disastri della storia della Chiesa quando gli uomini di chiesa hanno pensato di sostituirsi alla misericordia di Dio! E’ Lui che mi ha pensato, scelto, amato; è Lui che mi manda, mi sostiene, mi guida, è Lui che costituisce e regge il suo Regno fino al suo compimento decisivo. Io sono importante, ma solo per un motivo: è Lui che mi ama, che mi chiama Figlio e che ha talmente fiducia in me da chiedermi di diventare suo collaboratore.

 

 

LUNEDI'  16  NOVEMBRE

“Che vuoi che io faccia per te?” (Lc. 18,41)

 

Il racconto dell’attenzione di Gesù per il cieco di Gerico, la sua disponibilità ad ascoltarlo e a guarirlo mi hanno fatto ritornare in mente una malata che andavo a trovare spesso quando ero in un’altra parrocchia. Da anni era immobilizzata su una carrozzina, non poteva neppure coricarsi di notte, per di più, in certi periodi aveva delle fitte talmente forti che, pur non volendolo mostrare, le deformavano il volto in smorfie di dolore. Quando andavo da lei, alla mia stupida e impacciata domanda: “Come va?” mi rispondeva dicendomi: “La vedo affaticato... ha tanto da fare in parrocchia... Sua mamma come sta?”. Con lei era diverso dagli altri malati che qualche volta ti scaricano addosso il racconto di tutte le loro sofferenze. Lei quasi nascondeva le sue sofferenze ed era attenta agli altri. Gesù sta andando a Gerusalemme per morire e lo sa! Passa in mezzo alla folla festaiola vacanziera di Gerico: potrebbe lamentarsi e invece riesce a sentire la voce di questo cieco che invoca, anche se altri cercano di farlo tacere, e si rende disponibile a Lui. So guardare agli altri? So essere attento e poi disponibile? Nel momento del dolore, della prova, esisto solo più io o il mio dolore diventa servizio e amore per il mio prossimo?

 

 

MARTEDI'  17  NOVEMBRE

"Zaccheo, per poterlo vedere, sali su un sicomoro". (Lc. 19,4)

 

Zaccheo mi è sempre stato simpatico, non solo perché è come me piccolo di statura, ma perché ha il coraggio di perdere la faccia, di fare il matto, di arrampicarsi sulla pianta, lui, capo degli esattori e ricco, pur dì veder Gesù. E questo gesto di “pazzia” viene premiato da Gesù che lo sceglie “per mangiare a casa sua”, ma soprattutto perché Gesù lo aiuterà a fare una “pazzia” ancora più grande: liberarsi delle ricchezze, scoprire i poveri, vincere le ingiustizie con atti di Amore. Ci sono ancora dei Zaccheo nel nostro mondo? lo ho il coraggio di perdere la faccia per Gesù? Mi sembra che io e noi cristiani troppe volte siamo da “piano terreno”, marciamo con la massa, pensiamo con le idee di tutti, compromettiamo volentieri cristianesimo e nostri interessi. Ma dal basso non si vede Gesù, specialmente se piccoli e dietro le spalle di tanti altri: bisogna aver il coraggio di andare contro Corrente, di “salire su una pianta”: di lì si vede Gesù e li ti trova Gesù e si invita a casa tua. E se Lui entra ed è accolto, sta sicuro che cambierà qualcosa: ti farà fare altre “pazzie” ma “pazzie d’amore”.

 

 

MERCOLEDI'  18  NOVEMBRE

Ma per la violenza del vento si impaurì e cominciando ad affondare gridò: “Signore, salvami!” (Mt. 14,30)

 

Ditemi quello che volete, ma davanti al la fede troppo sicura, mi è molto più vicino questo Pietro. Gesù aveva detto: “Sono io . E la sua parola, dovrebbe bastare, dovremmo fidarci... ma il più delle volte come Pietro anch’io dico: “Se sei tu... dammi un segno”. “Un piccolo miracolo personale mi basta. Ed ecco che l’ “uomo di poca fede” comincia a camminare sulle acque. Ma lo straordinario, il miracoloso non basta a Pietro e la mia fede fondata sull’esteriore “affonda”. Anche i santi ebbero i loro dubbi. Si dice che Bernardetta, diventata suora ebbe ad un certo punto della sua vita, persino il dubbio sulle apparizioni di Maria. E allora, se sovente, per la mia poca fede mi trovo con Pietro a dire a Gesù: “Se sei tu, fatti vedere”, spero di trovarmi con Pietro nel momento in cui affondo e gridare: “Signore, salvami” e ritrovare come lui, nella mia povertà e nella mano di Gesù l’unica ancora e fondamento della fede.

 

 

GIOVEDI'  19  NOVEMBRE

"Gesù alla vista di Gerusalemme pianse su di essa".  (Lc. 19,41)

 

A tutti è capitato di vedere o in cartolina o alla televisione, le mura della città di Gerusalemme. Se poi amiamo la Bibbia e la sua storia passata e presente e se abbiamo avuto la fortuna di andarci, un groppo in gola sale pensando che lì c’è una parte dell’Amore di Dio realizzato, che lì c’è il nostro Amore e odio di uomini, e che ci sarà una “nuova Gerusalemme” pronta “adorna come una sposa” che ci aspetta alla fine dei tempi. Gesù sa tutte queste cose, ama profondamente Gerusalemme, sa anche che è la meta del suo pellegrinaggio terreno: vede il Tempio, le mura, le case dei poveri, il palazzo di Erode, quello di Caifa, vede il Calvario.., vede al di là delle mura i cuori dei profeti, degli apostoli, di noi, vede i tradimenti, gli abbandoni, gli urli, i pianti, vede la sua tomba e vede la sua risurrezione e piange. Non è solo l’umanità di Gesù che lo fa piangere, le sue sono lacrime di un Dio che ama, che vede l’ingratitudine e l’amore nascosto e che per tutti è pronto a sacrificare se stesso.

 

 

VENERDI'  20  NOVEMBRE

"Sta scritto: la mia casa, sarà casa di preghiera, ma voi ne avete fatto una spelonca di ladri". (Lc. 19,46)

 

Il tempio è importante nella vita di Gesù: è la casa del Padre (Lc. 2,49) è il cuore della fede di Gerusalemme e il richiamo continuo all’alleanza, lì Lui è stato presentato al Padre (Lc. 2,22); lì il vecchio Simeone ha gioito di una storia passata realizzata nel presente in quel bambino speranza di un nuovo futuro, lì è cominciata l’attività di Gesù con i dottori del suo popolo (Lc. 2,41—52). Ma ora, al termine della sua vita, Gesù grida, Gesù vuoi purificare il tempio, vuol togliere le false superstizioni, vuole cancellare in questo luogo di Dio, l’ateismo imperante dettato dalla legge del commercio, e qui Gesù, con questo gesto si fa gli ultimi nemici. Mi chiedo: Gesù ama le nostre chiese, ci abita nel sacramento eucaristico; le pietre di tante Chiese raccontano storie meravigliose di Dio e degli uomini, ma in esse, moderne o antiche riusciamo a incontrare Dio? Certe superstizioni, certe commercializzazioni religiose, certe manifeste professioni nel culto del dio denaro non andrebbero purificate?

 

 

SABATO  21  NOVEMBRE

“Ecco, tua madre, i tuoi fratelli, ti cercano.” (Mc. 3,32)

 

All’epoca di Gesù più che la singola persona contava il clan di appartenenza: il singolo doveva agire secondo lo stile del clan, doveva presentarsi e agire in suo nome, se sbagliava era lo stesso clan a sbagliare. Gesù prende le distanze da questo modo di pensare e di agire. Nel Regno che annuncia non ci sono gruppi che hanno l’esclusiva. Gesù non ha bisogno di essere sponsorizzato da nessuno né esclusivizzato da nessuno. Allora come oggi. Diffido sempre da gruppi o gruppuscoli che mi dicono (forse con parole più tornite): “Il Gesù, quello buono l’abbiamo noi” “Se vieni con noi nel nostro gruppo, con le nostre apparizioni, con il nostro carisma ti assicuriamo il paradiso!” Gesù è per tutti, non per qualcuno: nessuno, neppure i santi; neppure la Chiesa che agisce in suo nome e in suo potere può esclusivizzarlo e questo è estremamente bello perché ognuno ha la garanzia di poter diventare “parente” di Gesù al di là di ogni barriera umana solo ascoltandolo e mettendo in pratica la sua parola.

 

 

DOMENICA  22    NOVEMBRE  -  GESU’ CRISTO RE DELL’UNIVERSO

“Ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri” (Mt. 25,32)

 

Mentre negli anni passati, il racconto del giudizio finale era “preso d’assalto da predicatori e direttori di coscienza per inculcare il timore (leggi pure spesso: “la paura”) di Dio e quindi: “Fai ben attenzione, osserva le norme se no Dio ti giudica e ti manda all’inferno, oggi si è passati all’apposto: “Dio è buono, perdona sempre. Gesù parla di un giudizio non tanto per raccontarci per filo e per segno quello che avverrà alla fine, quanto piuttosto per presentarsi Lui al centro dell’universo e della vita: è Lui la discriminante della Storia: non possiamo fare a meno di stare con Lui o contro di Lui. Lui, il Giudice della fine dei tempi non farà altro che constatare il tipo di scelta che noi abbiamo fatto e che confermare le conseguenze: “Hai vissuto solo per te stesso? continua a vivere così, lontano da Dio. Hai cercato di riconoscere i diritti del tuo prossimo, hai visto nel sofferente, nel povero, nel diseredato il volto di Gesù? Continuerai a vederlo per l’eternità.

 

 

LUNEDI'  23  NOVEMBRE

"Vide una vedova, povera che gettava due spiccioli nelle offerte del tesoro". (Lc. 21,1)

 

A Gesù non sfugge nulla: poteva passare inosservata quell’ombra nera che quasi con vergogna metteva i suoi spiccioli nelle anfore delle offerte del tempio in mezzo a tuniche e mantelli sgargianti che ostentavano ricchezza e davano apparenza di giustizia e di generosità nello sbattere davanti a tutti un’offerta generosa. Quando hai cinquanta, cento milioni in banca, quando sei proprietario di alloggi che affitti a “equo canone” solo dopo compenso nascosto perché ‘il denaro deve rendermi”, puoi permetterti il lusso di far la bella figura, di essere generoso. Quando hai l’armadio pieno di vestiti puoi anche permetterti di dare quelli usati ai poveri e dopo puoi anche cercare di ingannarti di essere buono. Quella vedova non aveva niente: dà, con un gesto “pazzo”, i suoi due ultimi spiccioli, diremo noi, ad un Tempio gia ricco. Ma lei non fa questi ragionamenti e pensa di offrire tutto a Dio. Nessuno la vede eccetto l’occhio di Gesù che capisce “la pazzia” e la ama profondamente.

 

 

MARTEDI'  24  NOVEMBRE

Molti verranno sotto il mio nome, dicendo: “Sono io” e “il tempo è prossimo”,  non  seguiteli! (Lc. 21,8)

 

Da sempre l’uomo cerca la Divinità, ma da sempre in questa ricerca a volte affannosa, faticosa, rischia di farsi ingannare, di perdere di vista i valori e le cose che ha, per correre dietro a fantasie, superstizioni, santoni e maghi più o meno in buona fede.

Abbiamo Gesù, la sua parola, i suoi sacramenti: che bisogno c’è di cercare “visioni di conferma” o di correre dietro a sette vaneggianti e sempre minaccianti futuri più o meno imminenti di morti e distruzioni. Sappiamo che il nostro futuro è Dio stesso, e che bisogno abbiamo di andare a guardare in sfere di cristallo, in fondi di caffè, in segni zodiacali inventati dall’uomo, in sedute medianiche, per sapere se saremo ricchi, troveremo l’amore, o ci romperemo una gamba? E che dirne dei novelli Gesù che ogni tanto appaiono? Qualcuno può anche insegnarmi qualcosa di buono! Ma non pensi che nella parola di Dio c’è già tutto? Non ti basta che Gesù sia già morto e morto per te?

 

 

MERCOLEDI'  25  NOVEMBRE

"Con la vostra perseveranza, salverete le vostre anime". (Lc. 21,19)

 

Spesso al mattino, quando con un po’ di preghiera, cerco di affidare la mia giornata al Signore, tutto mi sembra facile: “oggi amerò il Signore, dedicherò del tempo alla preghiera, sarò paziente con quella persona...”. Alla sera facendo il bilancio sono quasi sempre al punto di prima. Vale ancora la pena di ritentarci? Quel difetto non fa forse parte del carattere? e allora? Non c'é la farò mai! Costruire giustizia, condividere i propri beni, sforzarsi per la pace, è bello, entusiasmante ma vale la pena quando sappiamo che l’ingiustizia ci sarà sempre, che il giusto sarà sempre bastonato, che tolto un armamento se ne ha già un altro pronto e più terribile del primo? E viene voglia di abbandonare tutto e cadere nel più nero pessimismo. Signore, la fede è difficile! Vivere la carità è ancora più arduo, ma perseverare in essa senza scoraggiarsi lo possiamo fare solo se tu continui a sostenerci. Fa che, guardando a te, non ci perdiamo d’animo.

 

 

GIOVEDI'  26  NOVEMBRE

“La vostra liberazione è vicina”. (Lc. 21,28)

 

Sarà capitato a ciascuno di noi di sentire o forse di dire, davanti ad un malato grave, che soffre, del quale i medici hanno decretato non esserci nulla da fare: “Che il Signore lo liberi!” Forse è una frase fatta che nasconde benevolenza, commiserazione e anche un pizzico di fatalismo o la rabbia dell’impotenza. Sentirlo dire in piena coscienza da un ammalato che sai essere un uomo di fede assume un altro significato. Era un uomo che aveva combattuto tante battaglie nella sua ditta per la liberazione e la giustizia nei confronti dei più poveri, aveva operato in un gruppo di S. Vincenzo (e non solo quella del pacchettino) per aiutare le famiglie in necessità. Ora anche lui aspettava la liberazione ma non solo come cessazione di un dolore, ma come speranza coltivata tutta la vita di un incontro definitivo con il LIBERATORE, colui per il quale aveva corso a favore dei più poveri. Ora sapeva che sarebbe venuto a portare a compimento le sue opere. Lui, educato alla religione delle paure, del le colpe e della morale, non aveva paura di questo incontro, ma attendeva con gioia il suo liberatore.

 

 

VENERDI'  27  NOVEMBRE

"Il  cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno". (Lc. 21,33)

 

Ci sono pagine del Vangelo esaltanti, piene di bellezza, pagine confortanti, pagine che ti aiutano in momenti di particolare difficoltà, Invece ti trovi poi davanti a pagine che vorresti cancellare: Gesù diventa esigente: abbandonare tutto, essere poveri, amarlo più dei familiari, perdonare settanta volte sette, non voltare mai il capo, dopo la scelta del regno, tagliarsi la mano che scandalizza, porgere l’altra guancia, amare il nemico, dire: “Sia fatta la Tua volontà”... Qualche volta mi è venuta la tentazione di censurare dal Vangelo alcune frasi. Prova però a pensare ad un Vangelo senza questo! il Vangelo perderebbe il suo gusto, Gesù il suo volto, e noi la capacità di alzare il capo per tentare l’impossibile umano di “essere perfetti come è perfetto il Padre nostro che è nei cieli”, ma anche la capacità di sperare oltre i nostri poveri limiti.

 

 

SABATO  28  NOVEMBRE

"Vegliate e pregate in ogni momento". (Lc. 21,36)

 

L’anno liturgico termina oggi con questo invito di Gesù: è un po’ il riassunto di tutto il cammino di questo anno di sequela di Gesù. Gesù è colui che ha cambiato e cambia il mondo, ma è anche colui che passa silenzioso, che giunge di notte a bussare alla tua porta: è facile perdere l’appuntamento, è facile trovarsi impreparati o peggio sonnolenti e allora l’unica strada è stare attenti, vegliare, non con addosso la paura ma con la trepidazione di essere desti per cogliere gli avvenimenti della nostra storia della salvezza. E pregare sempre non come mormorazione continua di preghiere o formule ma come cuore sempre rivolto a lui, come vita che trasforma il banale quotidiano in inno di lode e di ringraziamento, come comunione di vita fraterna che diventa anche comunione con Dio. La vigilanza è dunque la capacità cristiana di leggere in profondità gli avvenimenti e la preghiera colei che ci aiuta a leggerli con Dio e a lui farli tornare.

 

 

DOMENICA  29  NOVEMBRE

"Fedele è Dio". (1Cor. 9)

 

In questa 1^ Domenica di Avvento, mentre ancora Gesù nel Vangelo ci invita alla vigilanza e mentre questo tempo è quello dell’attesa, S. Paolo ci ricorda la fedeltà di Dio. L’uomo dice di sì e poi spesso fa “no”, Dio invece è fedele sempre. E’ stato fedele nell’Antico Testamento all’Alleanza, è stato fedele mandandoci suo Figlio, Gesù è fedele al compito affidatogli dal Padre, è fedele all’uomo e lo salva. Gesù è fedele anche alle sue promesse e quindi è con noi tutti i giorni, ma è fedele anche alle promesse future, quindi verrà alla fine del mondo per portare a compimento il suo regno, per giudicare gli uomini. Non posso dunque permettermi di dubitare della sua misericordia che perdona, della sua Grazia che aiuta, della sua presenza nel fratello, del suo Spirito che ci è dato. Anche davanti alle nostre infedeltà Dio continua a volerci bene perché egli “è” il fedele.

 

 

LUNEDI'  30 NOVEMBRE

 "Gli Apostoli partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro". (Mc. 16,20)

 

Il Vangelo di Marco  sembra oggi cadere in una contraddizione. Al versetto 19 dice che “Gesù fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio” e al 20 che Gesù opera insieme e con gli Apostoli che predicano. Mi sembra invece molto bello poter pensare in questo modo: Gesù è glorificato, è il Re, è con Dio suo Padre, è il Signore ma i passi di Gesù itinerante per la Palestina calcano adesso altre terre, il suo volto sofferente o gioioso assume adesso i mille volti dell’uomo. No! Gesù non è solo lassù, sulle nuvole, in attesa di essere il Giudice Finale: è qui in mezzo a noi, agisce nella fatica, nei missionari, in chi opera la carità, si serve addirittura di me per essere presente. Quale grande responsabilità: essere la presenza di Cristo per il mondo, ma quale grande consolazione nel sapere di non essere soli ma con Lui.

     
     
 

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