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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI  QUOTIDIANE  SULLA

PAROLA  DI  DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

LUGLIO 1987

 

 

MERCOLEDI' 1  LUGLIO

“Lo pregarono che si Allontanasse dal loro territorio". (Mt. 8,34)

 

E’ questa l’amara Conclusione di un miracolo di Gesù: due ammalati due irrecuperabili sono davanti a Gesù. La medicina già scarsa abitualmente, non può far niente davanti ai demoni. Gesù li mette allo scoperto; Egli ama le persone, anche se indemoniate e li libera. Ma i demoni riescono ad opporsi a Gesù in un modo forte: entrano nei porci e li uccidono, ma entrano soprattutto nel cuore dei proprietari dei porci che pur essendo meravigliati dall'avvenimento, sbattono gentilmente Gesù fuori della città perché rovina la loro economia La nostra società cerca spesso il diavolo, anzi qualche volta fa il suo anche gioco vedendolo dove non c’è, eppure basta guardare nel nostro cuore a volte troppo attaccato al denaro, ai successo, al potere,

per vedere come il male ancora oggi, pur di ottenere il proprio interesse ci impedisce di vedere il bene.

 

 

GIOVEDI' 2  LUGLIO

"Prendi tuo figlio, e offrilo in olocausto". (Gen. 22,1—19)

 

Certe volte Dio è proprio imprevedibile, strano, difficile. Ricordiamoci la storia di Abramo, quest’uomo che tante difficoltà aveva avuto per poter diventare padre, ed ecco che Dio, il Padre del nuovo popolo, gli chiede di immolare suo figlio. D’accordo, Abramo viveva in mezzo a popoli in cui i sacrifici umani erano all’ordine del giorno, ma.. .chiedere di uccidere il proprio figlio! Dio fermerà la mano di Abramo che ha dimostrato la sua fede, però, intanto non è facile fidarsi di un Dio che ti chiede cose simili. Nella Bibbia, questo fatto succederà un’altra volta. Il protagonista sarà Dio Padre e questa volta la mano non sarà fermata: per Gesù, il Figlio di Dio, c’è una croce ad aspettarlo, e su di essa Egli morirà per la nostra salvezza. Dio è colui che si è rivelato, ma colui che rimane mistero, occorre proprio il dono del suo Spirito per dire: “signore, è buio, non capisco, ma mi fido di te!”

 

 

VENERDI' 3  LUGLIO

"Beati quelli,  che non avendo visto, crederanno". (Gv. 20,29)

 

La festa di San Tommaso ci invita ancora una volta alla riflessione sulla fede: questo Tommaso è simpatico perché fa un lungo cammino, in tutto simile al nostro, per giungere a credere. Egli è alla base un realista e anche a noi piace veder chiaro e non credere alle chimere, ma Gesù lo chiamerà a credere nello Spirito ed è la meta a cui dobbiamo arrivare anche noi. La fede non esclude l’esperienza, il realismo, anzi si fonda proprio su una rivelazione concreta di Dio all’umanità, ma non è neppure solo “toccare e vedere” perché Dio è ben più grande di noi. Il mio cammino di credente partirà allora da una realtà ben concreta: qualcuno che mi annuncia con fatti e parole il Salvatore, ma poi dovrà andare oltre, perché al di là dell’annuncio dovrò cogliere la presenza, la forza, la via di un Dio infinitamente più forte, più grande, più misterioso di me. Se saprò riconoscere in Lui il “mio Signore e mio Dio” il. mio cuore si immergerà nell’immensità dell’Amore.

 

 

SABATO 4  LUGLIO

"Giacobbe soppiantò Esaù e gli carpì la benedizione".  (Gn. 27,1—29V

 

“Padre, quando ho sentito l’invito di approfondire la mia fede leggendo la storia della Salvezza nella Bibbia, vi ho aderito. Pensavo di trovare un libro di “cose buone”, “edificante” e invece: peccati, uccisioni, adulteri, un fratello che defrauda l’altro.., e quello che lascia più perplessi ancora è che sembra che Dio ci stia, accetti la situazione. Per chi cerca nella Bibbia un libro “pio” è una delusione. La Bibbia è la storia di Dio che entra nell’umano e l’umano nella Bibbia c’è tutto, dalle cose belle a quelle terribili. Ma, anche attraverso gli errori appare che la grazia di Dio non è un qualcosa di dovuto, di obbligatorio, ma di gratuito. Qui dovrebbe essere Esaù l’erede delle promesse. Ma il disegno di Dio era diverso e per attuarlo egli si serve anche dei difetti umani, nel nostro caso di questa frode predisposta da Rebecca e Giacobbe (che tra l’altro aveva gia “comprato la primogenitura per un piatto di lenticchie”). Penso che questo ci inviti a far forse un po' meno progetti mani e ad affidarci un po’ di più alla volontà di Dio che le cose le fa bene.

 

 

DOMENICA 5  LUGLIO

“Ti benedico, o Padre, Signore del ciclo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli”. (Mt. 11,25)

 

Come prete, mi è capitato tante volte di andare a “giornate di studio” a “conferenze” con grandi nomi, mi è capitato di entrare in librerie cattoliche e di trovare magari decine di volumi su qualche brano della Scrittura. E mi è anche capitato a volte di tornare a casa, magari con un buon bagaglio di termini nuovi non del tutto digeriti e onestamente dicendo: “non ne ho capito niente!”. A parte la mia ignoranza che è grande, tenendo presente che è un dovere aggiornarsi culturalmente e approfondire, a me vengono in mente gli occhi di mio padre che “aveva la quarta elementare”, ma che ogni giorno leggeva o diceva lunghe preghiere. Mentre pregava i suoi occhi esprimevano a seconda delle preghiere, gioia, meraviglia, apprensione e quando pensava alla croce di Gesù sovente erano umidi di lacrime vere.

 

 

LUNEDI' 6  LUGLIO

“Se riuscirò, anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita”. (Mt. 9,21)

 

Solo qualche mese fa, passando da Padova, e facendo una visita al santuario del “Santo” mi capitò di vedere una donna che con una busta in mano la appoggiava e appoggiava la propria fronte sull’urna di S. Antonio. Una prima reazione spontanea fu proprio quella di pensare: “Guarda quanta superstizione”, poi mi è venuta in mente la figura di questa donna del Vangelo e mi sono detto: “Prima di tutto chi sei tu per giudicare la fede o non fede degli altri? E poi chissà quale problema e quale storia ci sono dietro ad un gesto di questo genere!”. E infine mi sono chiesto: “E tu che fede hai? Sei disposto a perdere la faccia davanti agli altri? Nel tuo razionalismo sei ancora capace di un gesto spontaneo come quello di questa  donna che crede fermamente che basta “toccare Gesù” per essere salvi?"

 

 

MARTEDI'  7 LUGLIO
"Perché  hai  combattuto con Dio e  con gli uomini e hai vinto".  
(Gen.32,29)

 

La figura di Giacobbe che lotta con Dio può lasciare perplessi, ma è senz’altro una figura avvincente perché è l’immagine della nostra vita. Dio ci ama, ma capirlo, crederlo, vivere secondo il suo insegnamento è difficile. Una ammalata bloccata da anni su una carrozzina, ma completamente cosciente, mi diceva: “lo tutti i giorni litigo con Dio, gli chiedo perché, gli grido che non è giusto. Ma alla fine vince sempre Lui: e il più forte. Ma vince non solo perché devi dargli ragione per forza, ma anche perché lottando con Lui scopri che ti ama. E’ come il papà che gioca alla lotta con il figlio più piccolo: le sue strette sono abbracci, i suoi colpi sono carezze e poi alla fine ti lega le braccia lungo i fianchi, ti alza all’altezza dei suoi occhi e tu, anche se immobilizzato non puoi non vedere l’amore risplendere nel suo volto".

 

 

MERCOLEDI' 8  LUGLIO

"I fratelli di Giuseppe vennero da lui. Non sapevano che li capiva. Allora egli si allontanò e pianse". (Gen. 42,1—24)

 

La storia di Giuseppe venduto per invidia dai fratelli che diventa il loro salvatore è chiaramente figura della storia di Gesù che venduto, per invidia, gelosia, diventa il Salvatore di tutti. Giuseppe pur essendo diventato grande in Egitto non ha dimenticato i suoi. Dio pur avendo a che fare con un “popolo dalla dura cervice “non si dimentica di esso. Giuseppe quando sente che i suoi fratelli sono pieni di rimorsi per quello che hanno fatto si ritira e piange. Gesù mentre lo crocifiggono prega invocando il perdono per i suoi persecutori. Ancora oggi, specialmente in tutti quelli che portano il nome di cristiani, questa storia deve ripetersi. Anche se traditi, abbandonati, i cristiani devono essere persone capaci di perdono: la strada di questo può essere lunga e difficile ma chi è segnato da Gesù non può fare a meno di percorrerla, e con amore!

 

 

GIOVEDI' 9  LUGLIO

"Non procuratevi oro, né argento, né monete, né due tuniche... perché l’operaio ha diritto al suo nutrimento". (Mt.10,9—10)

 

E’ sempre difficile parlare di soldi! ma il brano di oggi dovrebbe poterci dare due indicazioni molto concrete. La prima riguarda i “missionari”, “i pastori della Chiesa”. Essi dovrebbero ricordarsi di più che non è con le cose o con il denaro che si conquista il cuore della gente al Regno di Dio. S. Francesco convertiva con la sua povertà, il curato d’Ars con le sue patate bollite lottava contro il male più di tutto una Chiesa con le sue armate e con le sue curie, il Cottolengo, senza soldi suoi, ma con una grande fede nella Provvidenza, provvedeva ai suoi numerosi malati. Ma c'é anche un’altra indicazione che riguarda tutti noi nei confronti dei nostri pastori: loro bene o male ci donano i segni di Dio e la sua grazia; noi da parte nostra dobbiamo sentirci responsabili di loro. Amate i vostri preti, aiutateli, siate loro vicini, sappiate comprendere la loro povertà, partecipate al loro ministero. E’ l’unico modo per far cadere le barriere del potere e vedere una Chiesa di fratelli dove ogni uomo ha da Dio un compito particolare.

 

 

VENERDI' 10  LUGLIO

"Siate semplici come colombe, prudenti come serpenti". (Mt. 10,16)

 

Ancora un contrasto tipico del Vangelo o una forma di sano equilibrio? Come si può essere prudenti e semplici? Gesù certamente non vuole insegnarci il “buon senso del mondo”, anzi proprio in questi brani del discorso missionario mette in guardia i discepoli e noi nel confronto di un mondo che nel nome di “sani equilibri” si adagia nel benessere, svende profezie e profeti, toglie di mezzo tutti quelli che non la pensano con una mentalità terrena. Ci invita però ad essere attenti: è facile lasciarsi invischiare dai desideri unicamente umani, è facile trovare delle scuse per giustificare i propri peccati prima nel poco e poi nel molto. La semplicità non è da confondersi con la faciloneria o la stupidità o la facile arrendevolezza: un esempio per capirci. Giovanni Battista è un semplice perché si fida di Dio e della sua parola, ma è un forte, uomo tutto d’un pezzo, che non si arrende e che dice a ciascuno, quello che la parola di Dio gli comanda.

 

 

SABATO 11  LUGLIO

"Beato l’uomo che teme il Signore e trova gioia nei suoi comandamenti".  (Salmo 111,1)

 

Questa parola si realizza oggi in modo tutto particolare nella figura di Benedetto. Egli ha cercato il Signore per tutta la sua vita, prima attraverso la vita eremitica, poi attraverso la  fraternità monastica vivendo con semplicità e sapendo bene armonizzare il  lavoro con la preghiera. Temere il Signore non significa vivere con la paura di Lui ma riconoscere la sua grandezza, la sua paternità, la sua guida nella nostra vita. Ecco allora che i comandamenti che, se fossero solo leggi sarebbero un giogo pesante, diventando modo di amare, sono la gioia del cuore. Ecco la preghiera che perde la sua monotonia e ripetitività, ma diventa gioia di incontro, forza di comunione, momento necessario di confronto e di ricarica. Ed ecco che il lavoro non è solo più peso, fatica ma collaborazione con il Creatore, costruzione, donazione per i fratelli e quindi gioia.

 

 

DOMENICA 12  LUGLIO

"Parte del seme cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta per uno". (Mt. 13,9)

 

Siamo abituati a leggere e a sentire le interpretazioni di questa parabola, cominciando da Gesù stesso, e tutti sappiamo qual’è il terreno spinoso, la strada, il terreno buono... Ma c’è una cosa che spesso ci sconvolge nella vita e che noi stentiamo ad individuare in questa parabola. Spesso noi non accettiamo di non rendere il 100%. “lo so che dovrei fare così, so che dovrei essere capace di perdono; so che dovrei amare di più. Gesù non ci mette davanti mete piccole, ma è il primo a sapere che ci sono periodi della nostra vita in cui possiamo rendere il cento per uno e altri in cui nonostante il nostro desiderio possiamo solo rendere il 30 o il 60 per uno. Il Signore non pretende l’impossibile, ti chiede di saperti accettare con i tuoi limiti senza sederti in

essi, ma anche avendo, come Lui ha, tanta misericordia verso te stesso.

 

 

LUNEDI' 13  LUGLIO

"Chi ama il padre o la madre più di me, non è degno di me". (Mt. 10,37)

 

Sembra impossibile: Gesù ci ordina di andare contro uno dei principi fondamentali della natura: l’amore della famiglia e dei genitori! Gesù non ha mai condannato l’amore umano, anzi! Gesù ha degli amici con cui si trova bene (vedi Lazzaro, Marta, Maria), Gesù ama sua Madre fino al punto di affidarle, in Giovanni, la sua Chiesa, e proprio nel momento della croce. Gesù, però, mette davanti a tutto l’esigenza del suo Regno. Quando, dunque, l’amore umano cessa di essere segno o strumento dell’amore di Dio, diventa ostacolo. Chi non e capace di amore umanamente non è neanche capace di lasciarsi amare o di amare Dio, ma chi si lega troppo all’amore umano rischia di fermarsi ad esso e di non essere più in grado di cogliere la “profondità, l’altezza e la grandezza” dell’amore di Dio che chiama.

 

 

MARTEDI'  14  LUGLIO

“Gesù si mise a rimproverare le città nelle quali aveva compiuto il maggior  numero di miracoli”. (Mt. 11,20)

 

Un sacerdote dopo circa 30 anni di servizio nella nostra diocesi mi diceva: “Ogni tanto mi prende la tentazione di partire e di andarmene in missione: la fatica che compio nella mia parrocchia e che così spesso lascia indifferenti le persone a cui è indirizzata, forse là si tramuterebbe in lavoro concreto e forse sarebbe più apprezzato e porterebbe anche qualche frutto: qui sono pieni di tutto, anche di Dio e come si buttano via ogni giorno quintali di pane e di generi alimentari, così si butta via anche facilmente Dio, la sua Grazia; si perde la messa perché c’è da riposarsi e andare in montagna, si trascura una catechesi perché c’è altro da fare...”. “Guai a te. Quel guai qualche volta mi colpisce come uno schiaffo: quante cose ho ricevuto da Dio, dalla Chiesa, dai sacramenti... Mi sono convertito?... Cerco di convertirmi? Se quella persona su cui punto facilmente il dito avesse ricevuto tutto quello che ho ricevuto io, forse non saprebbe rispondere meglio di me alla grazia di Dio?

 

 

MERCOLEDI' 15  LUGLIO

“Il grido degli Israeliti è arrivato fino a me”. (Esodo 3,9)

 

Dio sembra lontano. Quando al mattino apro il giornale e vedo gli intrallazzi dei potenti. Quando entro in un ospedale o passo accanto al mutismo e all’odore di morte di un ospizio. Quando leggo di bambini poveri spariti (ma sembra venduti per organi di trapianto per bambini ricchi malati)... Dov’é Dio? “Dio è morto!”, come cantava una canzone degli anni 70? Dio non è la bacchetta magica che risolve i nostri problemi, ma Dio non e insensibile al grido del povero, dell’oppresso, del malato. Dio non è la vendetta: “Hai fatto questo? Pena del contrappasso: eccoti quest’altro”, ma Dio tiene conto del bene e del male fatto. Dio a volte è il silenzioso, colui che sembra lontano, ma non una delle tue lacrime va persa per Lui. Come può un Dio che Gesù e salito sulla croce essere indifferente davanti alle sofferenze dei suoi figli?

 

 

GIOVEDI' 16  LUGLIO

Mosè disse a Dio: Ecco io arrivo dagli Israeliti e dico loro: "Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi". Ma mi diranno: "Come si chiama?"  (Esodo 3,13)

 

Il primo guaio di Mosè sarà non quello di convincere il Faraone a lasciare libero il popolo ebreo, ma quello di dover lottare contro il suo stesso popolo ormai rassegnato al suo destino. Questo popolo stenterà a credere alla possibilità di liberazione, davanti alle difficoltà si prenderà paura, si ribellerà, rimpiangerà “le cipolle e la pentola del bollito”. E oggi? Se un profeta viene a scuoterci cosa ne facciamo? Anche oggi molti cristiani hanno dimenticato il. loro Dio, lo conoscono forse per stanche abitudini, ma non per nome, vivono come se fosse sulle nuvole, soffrono senza ricorrere a Lui, non sentono il bisogno della sua presenza. Mosè ha l’arduo compito di aiutare un “non popolo” a diventarlo. Invochiamo lo Spirito perché ci aiuti nella nostra parrocchia a diventare comunità che sente il bisogno di essere unita in Dio e che vuole allargare questa gioia ad altri.

 

 

VENERDI' 17  LUGLIO

“Ogni famiglia si procuri un agnello. Al tramonto lo immolerete io vedrò il sangue e passerò oltre”. (Es. 11,3.13)

 

Nella Bibbia tutta la natura e in primo luogo gli animali sono talmente legati all’uomo (e non solo da un punto di vista ecologico) che ne condividono la sorte (vedi paradiso terrestre, diluvio universale, l’arca di Noè...) e diventano per lui simbolo e segno. L’agnello, questo animale così importante nell'Israele pastorale, questo animale così mite e semplice diventa il segno della vittoria contro l’ “animale feroce”, cioè il Faraone e le sue armate come diventerà addirittura figura di Gesù, l’ “Agnello di Dio” che sgozzato riscatta gli uomini a prezzo del suo sangue (1Pt. 1,19). E diventa anche segno e simbolo del martirio cristiano. Martirio: una parola passata di moda? Chissà se noi cristiani di oggi possiamo essere ancora considerati semplici e puri come agnelli e se siamo ancora capaci di offrire la nostra vita per gli altri? A me, raramente, ma è capitato di trovare qualche malato che mi ha detto: “Le mie sofferenze per la salvezza del mondo!”.

 

 

SABATO 18  LUGLIO

"Gli Israeliti partirono in numero di seicentomila..."  (Es. 12,37)

 

Questa cifra, come altre che troviamo nel libro dell’Esodo, non sono cifre reali, sono volutamente “gonfiate”. Israele che parte dall’Egitto non è un gran popolo, ma un piccolo resto, ancora accozzaglia di persone che stenterà molto a diventare popolo e molto di più a diventare il Popolo di Dio. Anche oggi, epoca dell’informatica, del dato puro, la tentazione di contare e di contarci e sempre forte e, quando ci caschiamo corriamo oltre tutto il rischio del contarci più che con i numeri, con i presupposti ottimistici o pessimistici, seri o superficiali da cui partiamo (ad esempio è semplicistico dire che in Italia il 97% è cristiano, quando quel dato forse si riferisce a coloro che ricevono il Battesimo). Non conta tanto il numero, le associazioni, l’efficientismo delle parrocchie: conta che oggi, come al tempo dell’Esodo, è il Signore che veglia sul suo popolo, gli è vicino, lo libera e lo guida.

 

 

DOMENICA 19  LUGLIO

"Lasciate che la zizzania e il buon grano crescano insieme fino alla mietitura".  (Mt. 13,30)

 

Mi sembra che questa parabola di Gesù suggerisca fondamentalmente due cose a noi Chiesa. La prima è quella di liberarci da troppi facili ottimismi: il male c’è, anche nella Chiesa, e si vede. Non c’è bisogno di nasconderlo: non è falsando il volto della Chiesa che si porta altri alla fede; fare questo è ipocrisia che prima o poi viene a galla e allora è peggio. La seconda riflessione è che, mentre noi siamo di quelli che subito dividiamo il mondo in buoni e cattivi, giusti e ingiusti, che subito puntiamo il dito e vorremmo estirpare (pensiamo a certi giudizi o a certi zeli eccessivi o addirittura a certe intolleranze). Dio invece è il Dio paziente, che vede il male ma che ha ancora speranza che avvenga una conversione, che giudicherà alla fine la perseveranza, che brucerà la zizzania e premierà i buoni, ma che fin d’ora ci invita alla testimonianza, magari faticosa, perché Lui è l’ultimo a perdere la fiducia nell’uomo e nella sua possibilità di conversione.

 

 

LUNEDI' 20  LUGLIO

"Maestro, vorremmo che tu ci facessi vedere un segno". (Mt. 12,38)

 

Ricordo che all’epoca del Liceo, quando i primi incontri scontri con la filosofia e la storia, mi ponevano tutta la serie dei “cosiddetti interrogativi esistenziali”, mi capitò qualche volta di pregare (forse era quasi un imprecare): “Se ci sei devi farti sentire, farti vedere”. Ancora oggi, come ai tempi di Gesù c’è gente che “chiede un segno”, si pretende di giungere alla fede basandosi su fatti straordinari e sensazionali. Questa richiesta di segni era uno degli atteggiamenti che maggiormente indisponeva Gesù che diceva: “se non vedete segni e prodigi, voi non credete” (Gv. 4,48).

Se vogliamo essere fedeli al Signore dobbiamo fidarci di Lui. Non sono tanto le esteriorità o i miracoli o le apparizioni che ci confermano nella fede, quanto piuttosto sapere che quel salto nel buio che la fede comporta, non è un salto nel vuoto, ma anche se non ci vediamo, di là ci sono due braccia di Padre pronte ad accoglierci e sostenerci.

 

 

MARTEDI'  21  LUGLIO

"Chiunque fa la volontà del Padre mio, questi è per me fratello, sorella e madre". (Mt. 12,50)

 

Ad una prima lettura sembra quasi che Gesù voglia prendere le distanze dalla propria famiglia e disprezzi gli aspetti umani del rapporto familiare. Gesù invece non mette in questione la grandezza e la bontà della famiglia umana anche se prende le distanze da un clan familiare che forse preoccupato per lui voleva farlo ragionare troppo umanamente, ma allarga i confini della famiglia da quello del vincolo carnale a quelli di un rapporto di parentela in Dio, Padre di tutti. E così siamo realmente parenti di Dio! Parenti a tal punto che Egli l’Onnipotente si serve del tuo povero viso, delle tue mani, della tua testimonianza per essere presente e per farsi conoscere da altri. Bisogna allora cercare non di condizionare Dio ai nostri voleri, ma di essere disponibili a Dio affinché Egli in noi possa esprimere la sua paternità per tutti.

 

 

MERCOLEDI' 22  LUGLIO

"Nel deserto gli israeliti mormorarono contro Mosè e Aronne".  (Es. 16,2)

 

Penso che tutti noi, prima o poi abbiamo incontrato nella nostra vita la figura dell’eterno scontento: non ce n’è mai una che gli vada bene; quando è bianca: “Come era bello quand’era rossa”, quando è rossa rimpiange la bianca. Forse noi stessi molte volte siamo di quelli che preoccupati solo di migliorare, non ci fidiamo né di Dio, né degli altri, e, il più delle volte, non siamo neppure fiduciosi in noi stessi. il popolo di Israele è una lamentela continua: avevano visto le grandi opere del Signore e pensano alla pentola della carne mangiata sotto lo staffile degli Egiziani; hanno visto il portento dell’attraversamento del Mar Rosso e disperano sul fatto che Dio faccia loro trovare da bere. La fede è un viaggio, un cammino, un’avventura, non un sedersi abitudinario in formule o gesti stereotipati. Nel cammino della fede il passato e la radice ma nulla più ma il futuro che ci sprona è speranza e provvidenza perché è Dio stesso.

 

 

GIOVEDI' 23  LUGLIO

"Beati i vostri Occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono".  (Mt. 13,10-17)

 

Se noi la leggiamo senza vederla nel contesto, questa beatitudine ci appare senza senso, ma il vedere e sentire di cui parla Gesù va ben oltre al semplice problema della vista e dell’udito. Vedere e udire qui significa avere un rapporto, aprire il cuore, comprendere, condividere profondamente, amare. E Gesù fa l’esperienza dell’incomprensione, del rifiuto. C’è gente che potrebbe capirlo: ha tutte le doti! ma il cuore duro, l’ostinazione, il sentirsi già troppo buoni e giusti così come si è, non permette di capire e quindi tanto meno di amare. Mi chiedo: tu che parli tanto di religione, che discuti di fede hai occhi che vedono! e che cosa vedono? Te stesso? riesci a vedere gli altri, a vivere i loro problemi, a sentire le loro sofferenze? Ti lasci coinvolgere dal Vangelo o la paura della verità che sconvolge le tue sicurezze, ti fa chiudere in te stesso e non ti permette di accogliere Dio e l’altro? Sei disposto come i poveri del Vangelo, a gridare a Gesù: “Signore che io veda! Signore che io senta!”

 

 

VENERDI' 24  LUGLIO

"Colui che ascolta la parola e la comprende, questi dà frutto". (Mt. 13,23)

 

Ogni tanto mi prendono delle paure che mi vengono da fantasie che però mi danno la misura della mia povertà: se si potesse mettere su un quaderno tutta la Parola di Dio che ho letto o ascoltato nella mia vita questo sarebbe un libro che, senza scherzi, ci vorrebbe una scala per andare a girare le pagine. Eppure non mi sono ancora convertito! Quella parola che pure ha guidato alcune scelte della mia vita, mi trova ancora lontano, povero, incapace. E allora? Ci disperiamo? Diciamo che tutto è inutile? rimettiamo la Bibbia sullo scaffale più alto ed inaccessibile della libreria? Penso proprio di no. Perché? Perché Dio è misericordioso. Perché la parola opera anche al di là dei miei sforzi. Perché il Signore guarda più all’impegno che al risultato. Perché... “dove andremo Signore, tu solo hai parole di vita eterna!”

 

 

SABATO  25  LUGLIO

"Fratelli, noi abbiamo un tesoro in vasi di creta". (2Cor. 4,7)

 

Quando mi sento parlare di me stesso, facendomi importante, progettando conquiste, lavori, programmazioni pluriennali, mi viene da sorridere perché penso al vaso di creta che sono: basta uno scossone, un piccolo embolo o un grande timore e il vaso di creta si rompe. Così succede a Giacomo quando da incosciente chiede a Gesù di poter sedere alla sua destra (Mc.10,35-45).

Ma San Paolo dice anche che abbiamo un tesoro: quale sarà mai? La vita? eppure passa. Le ricchezze? Finiscono. Il successo? Come è fiorito, così sfiorisce il tesoro che posseggo, nonostante la mia debolezza, il mio peccato, è la grazia di Dio, è essere suoi figli, amati, protetti da Lui, chiamati a conoscerlo e a vivere con lui per tutta l’eternità. E’ un tesoro che non mi sono meritato io per “buona condotta” ma è un dono gratuito di Dio. S. Giacomo comprenderà questo quando primo tra gli apostoli, attraverso il dono dello Spirito troverà la capacità di testimoniare il suo Signore, dando per Lui la vita (At. 12,1—2).

 

 

DOMENICA  26  LUGLIO

"Il Regno dei Cieli è simile ad un tesoro nascosto in un campo: un uomo trovatolo vende tutti i suoi averi e compra quel campo".  (Mt. 13,44)

 

Questa parabola e le altre di questo capitoletto hanno il sapore di quelle meravigliose fiabe che accendevano la mia fantasia di bambino quando sentivo le mille avventure, i mille rischi di quell’uomo  partito per il paese lontano dove una regina prigioniera o un regno lo attendeva per premiarlo. Ma come nella fiaba anche nella parabola per raggiungere il tesoro bisogna lottare, bisogna abbandonare mille cose, bisogna purificarsi. La penitenza, il sacrificio visti in se stessi hanno sempre qualcosa di brutto, ma se fatti, offerti per conquistare qualcosa diventano senso di vita, gusto d’avventura, gioia di vivere. Quando poi il tesoro non è una cosa ma Dio stesso, non è un regno terreno ma il Regno di Dio, allora vale la pena lottare, rinunciare. Se noi guardassimo alla nostra vita così, altro che banalità del quotidiano! Ogni momento, anche quelli più banali e piatti potrebbero diventare gustosi e gioiosi perché per noi diventerebbero un avvicinarci a Dio e al suo Regno e questo non può che riempirci di

gioia.

 

 

LUNEDI'  27  LUGLIO

"I figli di Israele si fabbricarono un vitello e si prostrarono". (Salmo 105)

 

Quando oggi si sente parlare di idoli si pensa subito a popoli primitivi nei quali persone semiselvagge si prostravano davanti a statue e totem, ad esse facevano sacrifici, da esse traevano auspici per il futuro: cose del passato! Arrivano i Duran Duran e schiere di ragazzine perdono le bave, fanno file di ore e ore davanti alle biglietterie, superano sbarramenti pur di vederli, toccarli. L’idolo dell’automobile (necessaria, ma sempre più potente, alla moda). L’idolo delle vacanze che bisogna fare in quel determinato modo. L’idolo del benessere a cui si sacrificano volentieri i poveri; l’idolo del successo che ti fa calpestare i compagni di lavoro... Beh, qualche idoletto ce l’abbiamo pure noi e non solo i popoli primitivi. Eppure anche noi ogni domenica rinnoviamo un’alleanza: “Credo in un solo Dio”. Non sarà forse il caso di cominciare a fare un po’ di pulizia di idoli e idoletti?

 

 

MARTEDI'  28  LUGLIO

“il Signore parlava con Mosè faccia a faccia”. (Es. 33,11)

 

“Beato lui!” può essere la nostra prima reazione: che bello poter vedere Dio, parlare con Lui, chiedergli consigli, saper la strada... Ma poi penso bene alla storia di questo Mosè: chiamato da Dio ad una missione più grande di lui, mandato quasi contro la sua volontà, con un popolo “dalla dura testa” che spesso e volentieri mormora contro lui e Dio, penso a questo Mosè che dopo aver pregato, intercesso per questo popolo, per un misterioso piano di Dio, dovrà accontentarsi di vedere la terra promessa da una montagna e non vi potrà entrare, e allora non solo non lo invidio, ma capisco un po’ di più che cosa vuol dire pregare. Pregare vuol dire lasciarsi guardare in faccia da Dio e affidarsi totalmente a Lui: non è un parlare a vanvera, ma lasciarsi trasformare (dice la Bibbia che il volto di Mosè “diventava luminoso”) lasciarsi penetrare da Dio e fidarsi totalmente di Lui, anche quando i suoi piani diventano misteriosi e incomprensibili da parte nostra.

 

 

MERCOLEDI' 29  LUGLIO

"L’uomo trovato il tesoro nel campo, va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo". (Mt. 13,44-46)

 

Questa parabola, come quella seguente della perla preziosa per cui vale la pena di vendere tutti gli averi indicano certamente l’importanza assoluta che il Regno di Dio deve avere. Per questo regno si può perdere tutto, ci insegna la vita di tanti santi che hanno lasciato ogni cosa pur di seguire Gesù, e la vita dei martiri che hanno donato anche il proprio corpo pur di essere fedeli al Signore. Ma le parole di questa parabola che colpiscono maggiormente sono quelle due: “pieno di gioia”. Trovare un tesoro, vincere un premio, può riempire di gioia, ma può esserci altrettanta gioia nel vendere tutto? il Vangelo ci dice di sì: il Regno di Dio, il suo amore sono talmente forti, affascinanti, totalmente appaganti che non c’è bisogno di altro! Mi chiedo: “E’ proprio così anche per me?”.

 

 

GIOVEDI' 30  LUGLIO

"Ogni discepolo del Regno dei Cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche".

(Mt. 13,52)

 

Nella mia vita ho avuto la fortuna di incontrare tanti preti, preti buoni, preti saggi, preti tristi, preti arrabbiati, preti brontoloni, preti serafici ma ricorderò sempre un prete ormai vecchino, con tutti i capelli bianchi. Viveva in un paesetto. Non faceva grandi cose. Voleva bene a tutti. Quando faceva il catechismo, il gruppetto di frugoli discoli diventava silenzioso e attento perché il buon prete sapeva raccontare con dolcezza fiabe e storie che ti toccavano il cuore e facevano galoppare la fantasia. Al vecchio anarchico del paese sorrideva e il più grosso mangiapreti della zona se la prendeva con tutti i preti della terra meno che con lui perché lo aveva aiutato e nascosto “ai tempi della guerra”. Neppure le innovazioni del Concilio, che avevano mandato in crisi tanti suoi confratelli, lo avevano scosso, anzi era felice di parlare la lingua del suo popolo anche se qualche citazione nel suo bel latino continuava ad infiorare i suoi discorsi. Non abbiamo mai avuto grandi occasioni di parlare, ma tante altre figure di preti sono passate nella mia vita, lui invece rimane ancora là, come modello.

 

 

VENERDI' 31  LUGLIO

“Fate tutto per la gloria di Dio”. (1Cor. 10,31—11,1)

 

Una signora che mi diceva: “lo vorrei fare qualcosa per il Signore, ma ho in casa mio suocero, due figli, il marito malato e devo lavorare anche alcune ore al giorno per sbarcare il lunario... prego, ma poco, vado a messa, ma di corsa... Che cosa posso fare per il Signore?” Risposi: “Tutto quello che già fai, ma fatto con amore sapendo che anche l’amore più nascosto serve a tutta la Chiesa. Noi tante volte cerchiamo l’occasione per dire grazie di doni gratuiti di Dio, cerchiamo il gesto che ci faccia sentire importanti nella Chiesa e ci perdiamo le occasioni. Hai una famiglia? Comincia ad amarla. Hai dei figli? Non pensare a troppe altre cose e non far mancare loro la tua presenza discreta e amorosa. Sei nella gioia? gioisci e ringrazia. C’è sofferenza nella tua vita? Non sbuffare, ma cerca di viverla come un segno di amore, con pazienza e fortezza. Comincia di lì, se poi il Signore vorrà qualcos’altro, stai tranquillo, verrà a cercarti! Ma per lo meno tu sarai pronto perché già allenato ad amare.

     
     
 

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