DOMENICA
DELLE PALME
Antifona
d'ingresso
Sei
giorni prima
della
solenne celebrazione della Pasqua,
quando
il Signore entrò in Gerusalemme,
gli
andarono incontro i fanciulli:
portavano
in mano rami di palma,
e
acclamavano a gran voce:
Osanna nell'alto dei cieli:
Gloria
a te che vieni,
pieno
di bontà e di misericordia.
Sollevate,
porte, i vostri frontali,
alzatevi, porte antiche,
ed entri il re della gloria.
Chi
è questo re della gloria?
Il
Signore degli eserciti è il re della gloria.
Osanna
nell'alto dei cieli:
Gloria
a te che vieni,
pieno di bontà e di misericordia.
Vangelo
alla benedizione dei rami d’ulivo (Mc11,1-10)
Dal
Vangelo secondo Marco
Quando
si avvicinarono a Gerusalemme, verso Betfage e Betania presso il monte degli
Ulivi, Gesù mandò due dei suoi discepoli e disse loro: "Andate nel
villaggio che vi sta di fronte, e subito entrando in esso troverete un asinello
legato, sul quale nessuno è mai salito. Scioglietelo e conducetelo. E se
qualcuno vi dirà: Perché fate questo?, rispondete: Il Signore ne ha bisogno,
ma lo rimanderà qui subito".Andarono e trovarono un asinello legato vicino
ad una porta, fuori sulla strada, e lo sciolsero. E alcuni dei presenti però
dissero loro: "Che cosa fate, sciogliendo questo asinello?". Ed essi
risposero come aveva detto loro il Signore. E li lasciarono fare. Essi
condussero l’asinello da Gesù, e vi gettarono sopra i loro mantelli, ed egli
vi montò sopra. E molti stendevano i propri mantelli sulla strada e altri le
fronde, che avevano tagliate dai campi. Quelli poi che andavano innanzi, e
quelli che venivano dietro gridavano: "Osanna! Benedetto colui che viene
nel nome del Signore! Benedetto il regno che viene, del nostro padre Davide!
Osanna nel più alto dei cieli!"
Colletta
Dio
onnipotente ed eterno, che hai dato come modello agli uomini il Cristo tuo
Figlio, nostro Salvatore, fatto uomo e umiliato fino alla morte di croce, fa che
abbiamo sempre presente il grande insegnamento della sua passione, per
partecipare alla gloria della risurrezione. Egli è Dio...
1^
Lettura
Is 50, 4-7
Dal
libro del profeta Isaia
Il
Signore Dio mi ha dato una lingua da iniziati, perché io sappia indirizzare
allo sfiduciato una parola. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io
ascolti come gli iniziati. Il Signore Dio mi ha aperto l'orecchio e io non ho
opposto resistenza, non mi sono tirato indietro.
Ho presentato il dorso ai flagellatori, la guancia a coloro che mi strappavano
la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi.Il Signore Dio mi
assiste, per questo non resto confuso, per questo rendo la mia faccia dura come
pietra, sapendo di non restare deluso. Parola di Dio
Salmo
Sal
21 "
Mio Dio, mio Dio,
perché mi hai abbandonato?"
Mi
scherniscono quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
"Si
è affidato al Signore, lui lo scampi;
lo liberi, se è suo amico". R
Un
branco di cani mi circonda,
mi assedia una banda di malvagi;
hanno
forato le mie mani e i miei piedi,
posso contare tutte le mie ossa. R
Si
dividono le mie vesti,
sul mio vestito gettano la sorte.
Ma
tu, Signore, non stare lontano, mia forza, accorri in mio aiuto. R
Annunzierò
il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all'assemblea.
Lodate
il Signore, voi che lo temete,
gli dia gloria la stirpe di Giacobbe,
lo
tema tutta la stirpe di Israele. R
2^
Lettura
Fil
2, 6-11
Dalla
lettera di San Paolo Apostolo ai Filippesi
Cristo
Gesù, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua
uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e
divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l'ha
esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché
nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra;
e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre.
Parola di Dio
Canto
al Vangelo
Gloria
e lode a te, o Cristo!
Per
noi Cristo si è fatto obbediente
fino
alla morte, e alla morte di croce.
Per
questo Dio l'ha esaltato
e gli ha dato il nome che è sopra ogni altro nome.
Gloria
e lode a te, o Cristo!
Vangelo
Mc 14, 1- 15, 47
Dal
Vangelo secondo Marco
Mancavano
due giorni alla Pasqua e agli Azzimi e i sommi sacerdoti e gli scribi cercavano
il modo di impadronirsi di lui con inganno, per ucciderlo. Dicevano infatti:
“Non durante la festa, perché non succeda un tumulto di popolo”.
Gesù si trovava a Betània nella casa di Simone il lebbroso. Mentre stava a
mensa, giunse una donna con un vasetto di alabastro, pieno di olio profumato di
nardo genuino di gran valore; ruppe il vasetto di alabastro e versò l'unguento
sul suo capo. Ci furono alcuni che si sdegnarono fra di loro: “Perché tutto
questo spreco di olio profumato? Si poteva benissimo vendere quest'olio a più
di trecento denari e darli ai poveri!”. Ed erano infuriati contro di lei.
Allora Gesù disse: “Lasciatela stare; perché le date fastidio? Ella ha
compiuto verso di me un'opera buona; i poveri infatti li avete sempre con voi e
potete beneficarli quando volete, me invece non mi avete sempre. Essa ha fatto
ciò ch'era in suo potere, ungendo in anticipo il mio corpo per la sepoltura. In
verità vi dico che dovunque, in tutto il mondo, sarà annunziato il vangelo, si
racconterà pure in suo ricordo ciò che ella ha fatto”.
Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai sommi sacerdoti, per
consegnare loro Gesù. Quelli all'udirlo si rallegrarono e promisero di dargli
denaro. Ed egli cercava l'occasione opportuna per consegnarlo.
Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli
dissero: “Dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare la
Pasqua?”. Allora mandò due dei suoi discepoli dicendo loro: “Andate in città
e vi verrà incontro un uomo con una brocca d'acqua; seguitelo e là dove entrerà
dite al padrone di casa: Il Maestro dice: Dov'è la mia stanza, perché io vi
possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli? Egli vi mostrerà al piano
superiore una grande sala con i tappeti, gia pronta; là preparate per noi”. I
discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e
prepararono per la Pasqua.
Venuta la sera, egli giunse con i Dodici. Ora, mentre erano a mensa e
mangiavano, Gesù disse: “In verità vi dico, uno di voi, colui che mangia con
me, mi tradirà”. Allora cominciarono a rattristarsi e a dirgli uno dopo
l'altro: “Sono forse io?”. Ed egli disse loro: “Uno dei Dodici, colui che
intinge con me nel piatto. Il Figlio dell'uomo se ne va, come sta scritto di
lui, ma guai a quell'uomo dal quale il Figlio dell'uomo è tradito! Bene per
quell'uomo se non fosse mai nato!”.
Mentre mangiavano prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo
diede loro, dicendo: “Prendete, questo è il mio corpo”. Poi prese il calice
e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse: “Questo è il mio
sangue, il sangue dell'alleanza versato per molti. In verità vi dico che io non
berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel
regno di Dio”.
E dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. Gesù disse
loro: “Tutti rimarrete scandalizzati, poiché sta scritto: Percuoterò il
pastore e le pecore saranno disperse. Ma, dopo la mia risurrezione, vi precederò
in Galilea”.
Allora Pietro gli disse: “Anche se tutti saranno scandalizzati, io non lo sarò”.
Gesù gli disse: “In verità ti dico: proprio tu oggi, in questa stessa notte,
prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai tre volte”. Ma egli, con
grande insistenza, diceva: “Se anche dovessi morire con te, non ti rinnegherò”.
Lo stesso dicevano anche tutti gli altri.
Giunsero intanto a un podere chiamato Getsèmani, ed egli disse ai suoi
discepoli: “Sedetevi qui, mentre io prego”. Prese con sé Pietro, Giacomo e
Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Gesù disse loro: “La mia
anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate”. Poi, andato un po'
innanzi, si gettò a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse da lui
quell'ora. E diceva: “Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me
questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu”. Tornato
indietro, li trovò addormentati e disse a Pietro: “Simone, dormi? Non sei
riuscito a vegliare un'ora sola? Vegliate e pregate per non entrare in
tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole”. Allontanatosi di
nuovo, pregava dicendo le medesime parole. Ritornato li trovò addormentati,
perché i loro occhi si erano appesantiti, e non sapevano che cosa rispondergli.
Venne la terza volta e disse loro: “Dormite ormai e riposatevi! Basta, è
venuta l'ora: ecco, il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani dei
peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino”.
E subito, mentre ancora parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una
folla con spade e bastoni mandata dai sommi sacerdoti, dagli scribi e dagli
anziani. Chi lo tradiva aveva dato loro questo segno: “Quello che bacerò, è
lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta”. Allora gli si accostò
dicendo: “Rabbì” e lo baciò. Essi gli misero addosso le mani e lo
arrestarono. Uno dei presenti, estratta la spada, colpì il servo del sommo
sacerdote e gli recise l'orecchio. Allora Gesù disse loro: “Come contro un
brigante, con spade e bastoni siete venuti a prendermi. Ogni giorno ero in mezzo
a voi a insegnare nel tempio, e non mi avete arrestato. Si adempiano dunque le
Scritture!”. Tutti allora, abbandonandolo, fuggirono. Un giovanetto però lo
seguiva, rivestito soltanto di un lenzuolo, e lo fermarono. Ma egli, lasciato il
lenzuolo, fuggì via nudo.
Allora condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei
sacerdoti, gli anziani e gli scribi. Pietro lo aveva seguito da lontano, fin
dentro il cortile del sommo sacerdote; e se ne stava seduto tra i servi,
scaldandosi al fuoco. Intanto i capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano
una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano. Molti
infatti attestavano il falso contro di lui e così le loro testimonianze non
erano concordi. Ma alcuni si alzarono per testimoniare il falso contro di lui,
dicendo: “Noi lo abbiamo udito mentre diceva: Io distruggerò questo tempio
fatto da mani d'uomo e in tre giorni ne edificherò un altro non fatto da mani
d'uomo”.
Ma nemmeno su questo punto la loro testimonianza era concorde. Allora il sommo
sacerdote, levatosi in mezzo all'assemblea, interrogò Gesù dicendo: “Non
rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?”. Ma egli taceva e
non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli:
“Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio benedetto?”.
Gesù rispose: “Io lo sono! E vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra
della Potenza e venire con le nubi del cielo”.
Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: “Che bisogno abbiamo
ancora di testimoni? Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?”. Tutti
sentenziarono che era reo di morte. Allora alcuni cominciarono a sputargli
addosso, a coprirgli il volto, a schiaffeggiarlo e a dirgli: “Indovina”. I
servi intanto lo percuotevano.
Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una serva del sommo sacerdote e,
vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo fissò e gli disse: “Anche tu eri con
il Nazareno, con Gesù”. Ma egli negò: “Non so e non capisco quello che
vuoi dire”. Uscì quindi fuori del cortile e il gallo cantò. E la serva,
vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: “Costui è di quelli”. Ma egli
negò di nuovo. Dopo un poco i presenti dissero di nuovo a Pietro: “Tu sei
certo di quelli, perché sei Galileo”. Ma egli cominciò a imprecare e a
giurare: “Non conosco quell'uomo che voi dite”. Per la seconda volta un
gallo cantò. Allora Pietro si ricordò di quella parola che Gesù gli aveva
detto: “Prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai per tre volte”. E
scoppiò in pianto.
Al mattino i sommi sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio,
dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo condussero e lo
consegnarono a Pilato. Allora Pilato prese a interrogarlo: “Sei tu il re dei
Giudei?”. Ed egli rispose: “Tu lo dici”. I sommi sacerdoti frattanto gli
muovevano molte accuse. Pilato lo interrogò di nuovo: “Non rispondi nulla?
Vedi di quante cose ti accusano!”. Ma Gesù non rispose più nulla, sicché
Pilato ne restò meravigliato. Per la festa egli era solito rilasciare un
carcerato a loro richiesta. Un tale chiamato Barabba si trovava in carcere
insieme ai ribelli che nel tumulto avevano commesso un omicidio. La folla,
accorsa, cominciò a chiedere ciò che sempre egli le concedeva. Allora Pilato
rispose loro: “Volete che vi rilasci il re dei Giudei?”. Sapeva infatti che
i sommi sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. Ma i sommi sacerdoti
sobillarono la folla perché egli rilasciasse loro piuttosto Barabba. Pilato
replicò: “Che farò dunque di quello che voi chiamate il re dei Giudei?”.
Ed essi di nuovo gridarono: “Crocifiggilo!”. Ma Pilato diceva loro: “Che
male ha fatto?”. Allora essi gridarono più forte: “Crocifiggilo!”. E
Pilato, volendo dar soddisfazione alla moltitudine, rilasciò loro Barabba e,
dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.
Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e
convocarono tutta la coorte. Lo rivestirono di porpora e, dopo aver intrecciato
una corona di spine, gliela misero sul capo. Cominciarono poi a salutarlo:
“Salve, re dei Giudei!”. E gli percuotevano il capo con una canna, gli
sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano a lui. Dopo averlo
schernito, lo spogliarono della porpora e gli rimisero le sue vesti, poi lo
condussero fuori per crocifiggerlo.
Allora costrinsero un tale che passava, un certo Simone di Cirene che veniva
dalla campagna, padre di Alessandro e Rufo, a portare la croce.
Condussero dunque Gesù al luogo del Gòlgota, che significa luogo del cranio, e
gli offrirono vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese.
Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse
quello che ciascuno dovesse prendere. Erano le nove del mattino quando lo
crocifissero. E l'iscrizione con il motivo della condanna diceva: Il re dei
Giudei.
Con lui crocifissero anche due ladroni, uno alla sua destra e uno alla sinistra.
I passanti lo insultavano e, scuotendo il capo, esclamavano: “Ehi, tu che
distruggi il tempio e lo riedifichi in tre giorni, salva te stesso scendendo
dalla croce!”. Ugualmente anche i sommi sacerdoti con gli scribi, facendosi
beffe di lui, dicevano: “Ha salvato altri, non può salvare se stesso! Il
Cristo, il re d'Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo”.
E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.
Venuto mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del
pomeriggio. Alle tre Gesù gridò con voce forte: Eloì, Eloì, lemà sabactàni?,
che significa: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Alcuni dei
presenti, udito ciò, dicevano: “Ecco, chiama Elia!”. Uno corse a inzuppare
di aceto una spugna e, postala su una canna, gli dava da bere, dicendo:
“Aspettate, vediamo se viene Elia a toglierlo dalla croce”. Ma Gesù, dando
un forte grido, spirò.
Il velo del tempio si squarciò in due, dall'alto in basso. Allora il centurione
che gli stava di fronte, vistolo spirare in quel modo, disse: “Veramente
quest'uomo era Figlio di Dio!”.
C'erano anche alcune donne, che stavano ad osservare da lontano, tra le quali
Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di ioses, e Salome, che lo
seguivano e servivano quando era ancora in Galilea, e molte altre che erano
salite con lui a Gerusalemme.
Sopraggiunta ormai la sera, poiché era la Parascève, cioè la vigilia del
sabato, Giuseppe d'Arimatèa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava
anche lui il regno di Dio, andò coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo
di Gesù. Pilato si meravigliò che fosse gia morto e, chiamato il centurione,
lo interrogò se fosse morto da tempo. Informato dal centurione, concesse la
salma a Giuseppe. Egli allora, comprato un lenzuolo, lo calò giù dalla croce
e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia. Poi
fece rotolare un masso contro l'entrata del sepolcro. Intanto Maria di Màgdala
e Maria madre di Ioses stavano ad osservare dove veniva deposto. Parola del
Signore
RIFLESSIONE
Sono
ormai moltissimi anni che l’esperienza mi porta a dire che c’è molta più
gente in chiesa (o nei dintorni di essa) la domenica delle Palme che non la
domenica di Pasqua. Perché? Tra i vari motivi, forse sarà perché oggi si
respira già il clima di festa, ma non si è ancora legati ai vincoli del
"ponte" o della festa da trascorrere secondo canoni prefissati, oppure
perché oggi c’è il richiamo del rametto di ulivo da portare a casa, per
qualcuno invocazione di pace e segno di benedizione e per altri quasi un
talismano allontana guai… o non sarà anche perché è più facile
accompagnare Gesù nel suo ingresso trionfale a Gerusalemme che accettare la
difficile risurrezione che passa prima attraverso la croce?Ma è poi proprio
stato un ingresso trionfale quello di Gesù a Gerusalemme? Certo, in molti,
specialmente nei più umili, si era creata tutta un’aspettativa nei confronti
di Gesù, da chi vedeva in Lui colui che aveva dato da mangiare gratis alle
folle, a chi aveva sentito le sue parole di attenzione ai poveri e agli ultimi,
parole di speranza, a chi lo vedeva come il giusto riformatore della religiosità,
a chi aspettava per vedere come sarebbe andato a finire il suo rapporto
burrascoso con i Sommi Sacerdoti, agli zeloti che forse si aspettavano da Lui un
segnale per la riscossa nei confronti dei romani invasori ed oppressori. Questi
desideri terreni e religiosi si intrecciano intorno al piccolo corteo che avanza
verso la città santa e anche gli Osanna e i titoli che vengono usati nei
confronti di Gesù, risentono di queste aspettative. Ma questo ingresso in
Gerusalemme non è il trionfo dell’eroe, l’accoglienza al conquistatore,
l’ingresso del Re che prende possesso del potere. È Gesù, il Figlio di Dio
che va verso il suo destino di sofferenza con forza, con desiderio di
"ricevere questo battesimo", ma anche con debolezza, con coraggio ma
con paura, con fiducia in Dio, ma anche con consapevolezza che dovrà in questa
settimana "spogliarsi" di tutto per tutto donare.Dimostra questo
atteggiamento la scelta dell’asinello preso a prestito e poi restituito. Non
è il cavallo delle imprese di guerra, è l’animale mite, silenzioso,
testardo, lavoratore, semplice, come è semplice, deciso a tutto, silenzioso in
mezzo alle acclamazioni Colui che lo monta. Non sarà proprio questo asinello
colui che oggi ha più diritto di parlarci? Vi ripropongo poche righe di
Alessandro Pronzato a questo riguardo: "Il Signore ha bisogno di te. Ha
bisogno di un asino per qualche ora. Nient’altro che questo. Se ne fossimo
convinti, saremmo sempre disponibili, senza tuttavia prenderci troppo sul serio,
e senza darci arie da padreterni…Quell’asino dovrebbe entrare di diritto in
un trattato sull’umiltà. Essere l’asino che sta lì, pronto a venire
utilizzato come e quando e quanto a lui piacerà, e poi rimandato indietro,
perché non serve più, ed è contento lo stesso, il trionfo (o la donazione
totale) è dell’Altro, lui torna al suo posto, "vicino alla porta",
non pretende il primo piano della televisione, un asino da niente, però sempre
pronto nel caso lo venissero ancora a requisire un’altra volta, purché sia
per un servizio, non per una premiazione. Un asino, tra l’altro, che ha il
grosso merito di stare zitto. Dobbiamo metterci bene in testa che il Signore ha
bisogno soltanto di un asino per qualche ora. Mentre noi non possiamo fare a
meno di Lui neppure per un minuto". Questa domenica, dunque, più che
invitarci a celebrare trionfi terreni gloriosi di Cristo, ci anticipa il mistero
ed anche lo ‘scandalo’ della croce. Sì, perché noi preferiamo il trionfo
alla croce. La croce non è mai bella, né quella di Cristo, né quella degli
uomini. Per avvicinarsi alla croce, per tentare di capirla, per cercare di
trasformarla, occorre uno sguardo diverso. E’ lo sguardo di gratuità e di
amore che abbiamo visto nel volto e nei gesti di quella donna che sente la gioia
di poter fare un gesto di amore, ringraziamento, riconoscenza nei confronti di
Gesù, e gli unge i piedi con quell’olio profumato. Lei non lo sa che anticipa
la sepoltura di Gesù, ma ha imparato che Lui è dono gratuito, misericordioso,
al quale non si può rispondere che con altrettanta gratuità. E’ lo sguardo
delle pie donne che con apprensione, paura, dolore, ma anche partecipazione e
coraggio (gli apostoli sono scappati) seguiranno Gesù, e pur non comprendendo
saranno con Lui sia ai piedi della croce che la mattina di Pasqua. E’ lo
sguardo di Maria, sua Madre, che nel suo cuore addolorato ripercorre il cammino
che Dio le ha dato di fare. Chiamata ad essere Vergine e Madre, chiamata a
generare quel "frutto benedetto del suo grembo" che ora è frutto
maturato e arrossato nel sangue versato per amore; chiamata ad essere educatrice
all’amor di Dio e del prossimo che ora vede pienamente manifestato in quel suo
Figlio; chiamata a vivere il Mistero di un Dio - uomo e di un figlio, Figlio di
Dio; chiamata, proprio davanti a quella Croce, ad essere Madre di coloro che lo
crocifiggono e la Madre di tutti i crocifissi del mondo; chiamata, proprio lì
sul Calvario a ridire il ‘sì’, quello più duro e difficile della sua vita,
ma anche chiamata ad avere speranza, proprio mentre la morte sembra aver vinto
definitivamente. E’ lo sguardo di Simone di Cirene, che mentre brontola perché
hanno requisito proprio lui a portare la croce, incrocia lo sguardo sofferente
di Gesù e, allora, è disponibile a dare un po’ di sollievo. Ma è
soprattutto lo sguardo di Gesù. Colpisce, nell’ascolto del racconto
drammatico della passione, la varietà dell’umanità che attornia Cristo. Ci
sono gli apostoli, ci sono le guardie, i giudici, i governanti, il popolo che si
lascia sobillare e chiede la liberazione di Barabba, le donne che piangono, gli
scaltri e i semplici, i sensibili e gli indifferenti, i poveri e i ricchi, i
religiosi ufficiali e i non credenti ufficiali... Gesù ha incontrato e guardato
questa nostra umanità nell'orto dell’agonia, nel tribunale, lungo il cammino
del supplizio, dall’alto della croce. Ha guardato e abbracciato tutta la
storia, ogni uomo nato nel mondo in ogni tempo passato e futuro: il debole e il
forte, lo sconfitto e il vincitore. Ma dalla croce il suo sguardo è lo sguardo
della misericordia di cui l’uomo mai potrà compiutamente rendersi conto.
Aveva detto: "Ho pietà di questa folla". La croce è il momento della
verità. La pietà di Gesù non è sentimento ostentato o istintivo, quasi
obbligato o subito per obbedienza, è forza concreta di donazione per gli altri.
La croce, attraverso lo sguardo di chi sopra vi sta morendo diventa allora
rivelazione della misericordia di Dio. Il nostro sguardo che ha accompagnato
oggi l’ingresso di Gesù nella città santa e che ha seguito il cammino
doloroso del Salvatore diventi come lo sguardo di quel centurione che di fronte
alla croce, "vistolo spirare in quel modo disse: Veramente quest’uomo era
Figlio di Dio".
Sulle
offerte
Dio
onnipotente, la passione del tuo unico Figlio affretti il giorno del tuo
perdono; non lo meritiamo per le nostre opere, ma l'ottenga dalla tua
misericordia questo unico mirabile sacrificio. Per Cristo nostro Signore.
Dopo
la Comunione
O
Padre, che ci hai saziati con i tuoi santi doni, e con la morte del tuo Figlio
ci fai sperare nei beni in cui crediamo, fa che per la sua risurrezione possiamo
giungere alla meta della nostra speranza. Per Cristo nostro Signore.