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PICCOLE SCINTILLE NATALIZIE

raccolte da don Franco Locci

 

 

 

Carissimi

Quest’anno non vi mando la solita lettera di auguri, anche se, rivisitando quello che vi ho scritto negli anni scorsi, anche quest’anno non finisco di meravigliarmi della bontà e misericordia di Dio che non si stanca di noi, ci manda suo Figlio che accetta e vive la nostra povertà, ci dà la buona notizia della sua pace e ci invita a non perdere la speranza nell’uomo. Tutto questo ho cercato di dirvelo in una altro modo attraverso gli auguri di Gesù e a Gesù, attraverso qualche leggenda natalizia e qualche storia per riflettere. Spero che tutto questo susciti in voi qualche sentimento e atteggiamento che ci aiutino a dire grazie del dono di Gesù e a dirlo con una vita vissuta pienamente e con gioia non solo per noi ma anche per chi ci vive attorno, buona lettura e buon Natale,  don Franco

 

 

 

 

Gesù bambino, dai piedini rosa
(Adriana Zarri, La scala di Giacobbe)

 

Gesù bambino, dai piedini rosa
come la nostra carne,
come la nostra speranza,
come la nostra vita;
hai fatto bene a dimenticare la tua gloria
accanto alle trombe degli angeli
e a spegnere
quel concerto del cielo.
Hai fatto bene
a camminare come noi,
a faticare come noi,
ad aver fame e sete,
stanchezza e sonno,
gioia e dolore;
e a piangere con i nostri occhi.
Hai fatto bene
a mostrarci così
gli occhi di Dio,
la fame di Dio,
l'amore di Dio,
l'impotenza di Dio;
a dare un volto
a Colui che non ha volto,
a dare voce
al silenzio del Verbo.
Dio dai piedini rosa,
Dio che ha freddo e che piange;
piccolo cucciolo eterno,
caduto nello scorrere del tempo;
e che s'acquieta
in braccio a sua madre,
come un cucciolo d'uomo...

 

 

 

LETTERA DI GESU’ BAMBINO

Cari uomini, beh! Non state a sgranare gli occhi.
Sono io, e non è proprio il caso di fare tante storie.
Siete cosi abituati a tenermi imprigionato nei vostri schemi e, fra poco, nei vostri presepi,

che non vi rendete conto che sono diverso dai vostri schemi, che non sono un bambino di gesso,

innocuo, ma sono in carne ed ossa, capace di parlare, o addirittura, come in questo caso, di strillare.
Ho deciso di invertire le parti.
Siete sempre voi a domandarmi qualcosa, e visto che si avvicina il Natale, sarete voi a scrivermi delle lettere.

La lettera questa volta, se non vi dispiace, la scrivo io.

E, a scanso di equivoci, vi anticipo che non sarà affatto una letterina gentile.
Ho ascoltato milioni e milioni di vostre richieste, ho letto milioni e milioni di vostre lettere.

Per una volta, almeno, voglio essere io a dirvi qualcosa, a esprimere desideri, a formulare precise richieste.
E pretendo naturalmente la vostra attenzione.
Pochi di voi, a quanto mi risulta, e credo di essere ben informato,

si sono preoccupati di sapere quali sono i miei progetti su di loro, se lo hanno fatto,

lo hanno fatto un po' per retorica; pochi si sono preoccupati di sapere quale speranza ho nutrito e nutro,

facendomi uomo, venendo ad abitare in mezzo a voi; pochi si sono preoccupati di sapere se il mio "sogno" fosse realizzabile;

sì confessatelo, piuttosto avete pensato che sono "cose" campate in aria.
Vi devo dire che siete molto abili a "trasformare", ma con quella trasformazione che mi esclude.

Volete un esempio?!
Io sono nato per portare la salvezza, sono nato per portare la speranza, sono nato in povertà.

E voi la salvezza, la speranza, la povertà le avete "trasformate" in una faccenda dove io sono stato messo da parte,

in feste dove io non c'entro e con me non entra la speranza, la salvezza, la povertà, il "sogno" che Dio mio Padre ha per voi uomini.
Non è attraverso l'uso del mio nome che si realizza il "sogno" di Dio per voi, non attraverso i bei canti, i "formalismi",

i "bei discorsi" attraverso le cose sporadiche, che la speranza del Dio-con-noi si vive e si realizza.
E cosi, cari uomini, la storia si ripete.

Ed è sempre la triste storia che mi fa trovare porte chiuse.

Quando sono venuto in mezzo a voi per condividere la vostra situazione, per partecipare alle vostre vicende,

per essere insomma uno di voi, per me non c'era posto nelle vostre abitazioni, perché erano già piene.
Allora come oggi, dopo duemila anni, devo constatare che non c'è posto per me nel vostro cuore:

è già pieno di altri affetti, è occupato da molti idoli, è distratto dai molteplici impegni;

e ciò che più mi dispiace è che non c'è posto nemmeno là dove si pronuncia con frequenza e disinvoltura il mio nome.
La mia presenza è gradita, a patto che venga circoscritta, limitata nel tempo e nello spazio, relegata ad alcuni istanti,

soprattutto neutralizzata nei suoi elementi più impegnativi.
Non sono venuto sulla terra come occasione per la vostra vanità, superficialità, gusto del chiasso;

o soprattutto, visto che si avvicina il Natale, perché vi poteste "abbuffare", oppure perché vi sentiate,

almeno una volta l'anno, buoni e generosi; non era proprio il caso che mi scomodassi per così poco, non vi pare?...
Sia ben chiaro: o mi accettate come Protagonista e quindi subordinate tutto il resto al mio "sogno",

oppure vi diffido formalmente dall'usare ancora il mio nome. Sulla terra ci sono venuto e ci vengo,

ci rimango volentieri. In mezzo a voi mi trovo benissimo, sono uno dei vostri ormai.

Desidero camminare con voi, condividere pene e gioie, portare pesi, successi e fallimenti.

L'unica cosa che non ammetto è di diventare pretesto per un gioco di vanità che finirebbe per lasciarvi ancora più soli,

più poveri, più insoddisfatti, più disperati.
Quindi d'ora innanzi sapete a quali condizioni potete contare su di me.

Vi ho parlato con chiarezza, forse vi ho ferito.

Ma dopo, ne sono sicuro, le cose andranno molto meglio, con comune soddisfazione.

E non si ripeteranno certi equivoci...
Comunque statene certi: per un "sogno" vero e autentico, per un "sogno" di porte e cuori spalancati,

per un "sogno" di pace, per un "sogno" che frantumi le barriere, per un "sogno" di gioia,

desiderato e costruito da tutti gli uomini di buona volontà, per un "sogno" di perdono per individui che si riconoscono peccatori,

per un "sogno" di salvezza, per un "sogno" di speranza, è sempre disponibile il vostro .  

                                                                                                                              Gesù Bambino

 

 

 

PERCHE’ SONO NATO, DICE DIO

(Lambert Nolen)

 

Sono nato nudo, dice Dio,

perché tu sappia spogliarti  di te stesso

Sono nato povero,

perché tu possa considerarmi l'unica ricchezza.

Sono nato in una stalla, perché tu impari a santificare ogni ambiente.

Sono nato debole, dice Dio, perché tu non abbia mai paura di me.

Sono nato per amore, perché tu non dubiti mai del mio amore.

Sono nato di notte, perché tu creda che io posso illuminare qualsiasi realtà.

Sono nato persona, dice Dio,

perché tu non abbia mai a vergognarti di essere te stesso.

Sono nato uomo,

perché tu possa essere "dio".

Sono nato perseguitato, perché tu sappia accettare le difficoltà.

Sono nato nella semplicità, perché tu smetta di essere complicato.

Sono nato nella tua vita, dice Dio, per portare tutti alla casa del Padre.

 

 

 

RIFLESSIONI PER UN NATALE VERO

 

 

 

Il mio Dio
(Juan Arias)
 

Il mio Dio non è un dio duro, impenetrabile,  insensibile, stoico, impassibile.
Il mio Dio è fragile.
E' della mia razza.
E io della sua.
Lui è uomo e io quasi Dio.
Perché io potessi assaporare la divinità
Lui amò il mio fango.

L'amore ha reso fragile il mio Dio.
Il mio Dio ebbe fame e sonno e si riposò.
Il mio Dio fu sensibile.
Il mio Dio si irritò, fu passionale,
e fu dolce come un bambino.

Il mio Dio fu nutrito da una madre,
ne sentì e bevve tutta la tenerezza femminile.
Il mio Dio tremò dinnanzi alla morte.
Non amò mai il dolore, non fu mai amico
della malattia. Per questo curò gli infermi.
Il mio Dio patì l'esilio,
fu perseguitato e acclamato.

Amò tutto quanto è umano, il mio Dio:
le cose e gli uomini, il pane e la donna;
i buoni e i peccatori.
Il mio Dio fu un uomo del suo tempo.
Vestiva come tutti,
parlava il dialetto della sua terra,
lavorava con le sue mani,
gridava come i profeti.

Il mio Dio fu debole con i deboli
e superbo con i superbi.
Morì giovane perché era sincero.
Lo uccisero perché lo tradiva la verità che era
nei suoi occhi.
Ma il mio Dio morì senza odiare.
Morì scusando più che perdonando.

Il mio Dio è fragile.
Il mio Dio ruppe con la vecchia morale
del dente per dente,
della vendetta meschina,
per inaugurare la frontiera di un amore
e di una violenza totalmente nuova.

Il mio Dio gettato nel solco,
schiacciato contro terra,
tradito, abbandonato, incompreso,
continuò ad amare.
Per questo il mio Dio vinse la morte.
E comparve con un frutto nuovo tra le mani:
la Resurrezione.
Per questo noi siamo tutti sulla via
della Resurrezione:
gli uomini e le cose.

E' difficile per tanti il mio Dio fragile.
Il mio Dio che piange,
il mio Dio che non si difende.

E' difficile il mio Dio abbandonato da Dio.
Il mio Dio che deve morire per trionfare.
Il mio Dio che fa di un ladro e criminale
il primo santo della sua Chiesa.
Il mio Dio giovane che muore
con l'accusa di agitatore politico.
Il mio Dio sacerdote e profeta
che subisce la morte come la prima vergogna
di tutte le inquisizioni della storia.

E' difficile il mio fragile amico della vita.
Il mio Dio che soffrì il morso
di tutte le tentazioni.
Il mio Dio che sudò sangue
prima di accettare la volontà del Padre.

E' difficile questo mio Dio,
questo mio Dio fragile,
per chi pensa di trionfare soltanto vincendo,
per chi si difende soltanto uccidendo,
per chi salvezza vuol dire sforzo e non regalo,
per chi considera peccato quello che è umano,
per chi il santo è uguale allo stoico
e Cristo a un angelo.

E' difficile il mio Dio Fragile
per quelli che continuano a sognare un Dio
che non somigli agli uomini.

 

 

 

Imparare la tristezza del Natale
(Alessandro Pronzato, Vangeli scomodi)

 

Tre righe in tutto.

Per raccontarci l'avvenimento più straordinario della storia del mondo, Luca impiega tre righe.

Un Dio che viene a "piantare la propria tenda in mezzo a noi".

E l'evangelista ce lo riferisce in tre righe.

Probabilmente la sua penna deve aver lottato parecchio per resistere alla tentazione di dire di più.

Tre righe in cima alla pagina. Quindi tutto un foglio bianco.

E noi ci precipitiamo a imbrattarlo con le nostre parole.
Eppure proprio queste tre righe di Luca, se riusciamo a spazzare via le nebbie di un equivoco sentimentalismo,

risultano terribilmente scomode.

Infatti costituiscono una spietata condanna per il nostro Natale gonfio di retorica,

per il nostro Natale zeppo di cattiva poesia, per il nostro Natale ricco di cianfrusaglie multicolori e commozione a buon mercato.

Tre righe. E noi, invece, abbiamo imbastito un copione mastodontico e interminabile, imbottito di pacchianerie.
Gli abbiamo rovesciato sopra tonnellate di sentimentalismi.
Il silenzio è l'elemento naturale per la discesa della Parola sulla terra.

E noi abbiamo pensato di rompere quel silenzio che ci impacciava con gli scoppi di milioni di tappi champagne.

 

 

 

E' Natale, Signore, o già subito Pasqua?
(don Luigi Serenthà)
 

E' Natale, Signore, o già subito Pasqua?
Il legno del presepe è duro, come legno di croce.
Il freddo ti punge, quasi corona di spine.
L'odio dei potenti ti spia e ti teme.
...quanti segni di morte, Signore in questa tua nascita,
comincia così il tuo cammino tra noi, la tua ostinata decisione
di essere Dio, non di sembrarlo.
Grazie, Signore, per questa ostinazione,
per questo sparire, per questo ritirarti
che schiude un libero spazio
per la mia libera decisione di amarti.
Dio che ti nascondi, Dio che non sembri Dio,
Dio degli stracci e delle piaghe,
Dio dei pesi e delle infamie,
io ti amo.
Non so come dirtelo, ho paura di dirtelo
perché talvolta mi spavento e ritiro la parola;
eppure sento che devo dirtelo:
io ti amo!
In questa possibilità di amarti che la tua povertà mi schiude
divento veramente uomo,
scopro di essere uomo, non di sembrarlo.
Il tuo Natale è il mio Natale.
Nella gioia di questo nascere,
nello stupore di poterti amare,
io accetto, io voglio, io chiedo che anche per me,
Signore,
sia subito Pasqua.

 

 

 

Non abbiamo spaventato Dio
(Luca Peyron)

Silenzio.
Attesa.
Sì: non abbiamo spaventato Dio.
Nonostante le nostre guerre, le nostre urla, i nostri schiamazzi inutili non abbiamo spaventato Dio.
Nonostante gli sprechi, gli scandali e la tecnocrazia non abbiamo spaventato Dio.
Nonostante la fame, l'ignoranza, l'inadeguatezza della nostra povera umanità non abbiamo spaventato Dio.
Silenzio.
Attesa.
Ma ne sei sicuro?
Sì: nonostante l'uomo si sia abituato a tutto, perfino a se stesso, non abbiamo spaventato Dio.
Ancora una volta si apre la notte del tempo, ancora una volta Lui non rinuncia a farsi piccolo,

a spezzarsi per poterci accompagnare, di nuovo, su quei frantumati sentieri che abbiamo minato,

su cui ci smarriamo, su quei sentieri che in salita, a fatica, percorriamo.
Silenzio.
Attesa.
Grazie, Signore, per essere quella unità che tanto ci manca, anche quest'anno.
Con tutto il cuore, che la carezza dell'eterno sorrida al tuo tempo.

 

 

 

QUEL GIORNO E’ NATALE

 

Quando al mattino ti svegli con il desiderio di fare del bene agli altri, quel Giorno è Natale

Quando ti senti spinto a dare la mano a chi ti ha offeso, quel giorno è Natale.

Quando doni un po’ del tuo tempo ad anziani, a chi soffre nel fisico e nello spirito, quelle ore sono Natale.

Quando decidi di fare una rinuncia per donare qualcosa a chi manca di tutto,

PER TE COMINCIA NATALE

Quando capisci che questa brutta vita di rancori, di violenza, di mal costume si può rendere bella con l’amore,

con il perdono, con la generosità, con la preghiera,

ALLORA E’ ENTRATO NEL TUO CUORE NATALE

Quando la parola di Dio scende dentro di te, e cambia, anche solo un poco, la tua vita, esulta! PERCHE’ VIVI IL NATALE

 

 

 

Sarà Natale, quale Natale?

 

Signore nostro,
in un mondo in cui tutto è in vendita
ricordaci che la verità non si compra.

Signore nostro,
in un momento in cui si compra di tutto
ricordaci che l'amore è gratuito.

Signore nostro,
in giorni in cui si è buoni per obbligo
ricordaci che la carità è pratica quotidiana.

Signore nostro,
in un momento in cui si fanno doni intelligenti
ricordaci che una riconciliazione è il dono più intelligente.

Signore nostro,
in mezzo a un'orgia di panettoni farciti
ricordaci che non si sfama il povero con la pubblicità.

Signore nostro,
quando riuniamo le nostre famiglie a fare festa
ricordaci che potremmo farlo molto più spesso.

Signore nostro,
mentre orniamo i nostri alberi luccicanti
ricordaci lo splendore discreto della tua croce.

Signore nostro,
mentre andiamo festanti alla messa di mezzanotte
ricordaci che non è il cenone di capodanno.

Signore nostro,
mentre ci affanniamo ad agghindarci per le feste
ricordaci che davanti a quel Bambino cade ogni mascherata.

Signore nostro,
mentre ci confessiamo a te per una volta all'anno
ricordaci che tu sei la nostra gioia e il nostro regalo,
ogni giorno dell'anno, di ogni anno, per l'eternità.

Perché tu ci sei sempre, Signore
.

 

 

 

Viene per chi sta dietro la porta chiusa
(don Primo Mazzolari)

 

"Ecco sto alla porta e busso..."
Egli non viene né per onorare il suo nome
né per salvare la sua dignità:
viene per chi sta dietro la porta chiusa.
E chi ci sta dietro la porta chiusa?
Io ci sto: in tanti ci stanno; ci sta il mondo.
Il quale mi sembra ancor più sprangato
in questo Natale...
Da secoli, non da decenni, Egli attende...
Ma anche se tardasse un po’..., aspettatelo:
Egli verrà e lo vedrete tutti e ne godrà il vostro cuore
poiché Egli viene a portare la pace al suo popolo
e a restituirgli la vita.

 

 

 

 

RACCONTI E LEGGENDE NATALIZIE

 

 

 

ARRIVARE DA GESU’

C’era una volta, in quella notte in cui fu pronunciata la parola estrema del Padre, una grande agitazione fra tutti gli animali del mondo. Tutti si affannavano nella più affascinante corsa mai vista sulla faccia della terra, verso quella grotta dove era nato il Figlio di Dio. Il primo che fosse arrivato, sarebbe rimasto sempre con Lui. “Nessuno mi può battere” diceva il focoso cavallo arabo. L’aquila dalle penne forti e maestose guardava con superiorità i vari bipedi e quadrupedi arrancare faticosamente verso la grotta: “sciocchini” pensava, “arriveranno, sì, ma dopo di me”.

Arrivarono tutti ad uno ad uno: l’aquila, il destriero, il leopardo, la lepre ma... che sorpresa!!!

Nella mano della Madre, sotto gli occhi divertiti del Bambino, c’era una lumachina, una chioccioletta, ancora tutta stranita e stupita per quel grande trambusto. “Ma come hai potuto? Cos’hai fatto per arrivare prima?”. “Io? Niente!”, disse la lumaca, “io semplicemente ero già qui, da sempre. Ci sono nata e qui per sempre resterò”. Disse allora l’Angelo: “Il modo più facile per cercare è essere trovati; la strada più breve per arrivare è essere incontrati”

Siamo noi a cercare Dio o è Dio a cercare noi?

 

 

 

LA LEGGENDA DEL VISCHIO
(di I. Drago)

 

Il vecchio mercante si girava e rigirava, senza poter prendere sonno. Gli affari, quel giorno, erano andati benissimo: comprando a dieci, vendendo a venti, moneta su moneta, aveva fatto un bel mucchietto di denari. Si levò. Li volle contare. Erano monete passate chissà in quante mani, guadagnate chissà con quanta fatica. Ma quelle mani e quella fatica a lui non dicevano niente. Il mercante non poteva dormire.

Uscì di casa e vide gente che andava da tutte le parti verso lo stesso luogo. Pareva che tutti si fossero passati la parola per partecipare a una festa. Qualche mano si tese verso di lui. Qualche voce si levò: "Fratello, - gli gridarono - non vieni?"

Fratello, a lui fratello? Ma che erano questi matti? Lui non aveva fratelli. Era un mercante; e per lui non c'erano che clienti: chi comprava e chi vendeva. Ma dove andavano? Si mosse un po' curioso. Si unì a un gruppo di vecchi e di fanciulli.

Fratello! Oh, certo, sarebbe stato anche bello avere tanti fratelli! Ma lui cuore gli sussurrava che non poteva essere loro fratello. Quante volte li aveva ingannati? Comprava a dieci e rivendeva a venti. E rubava sul peso. E piangeva miseria per vender più caro. E speculava sul bisogno dei poveri. E mai la sua mano si apriva per donare. No, lui non poteva essere fratello a quella povera gente che aveva sempre sfruttata, ingannata, tradita.

Eppure tutti gli camminavano a fianco. Ed era giunto, con loro, davanti alla Grotta di Betlemme. Ora li vedeva entrare e nessuno era a mani vuote; anche i poveri avevano qualcosa. E lui non aveva niente, lui che era ricco.

Entrò nella grotta insieme con gli altri; s'inginocchio insieme agli altri. "Signore, - esclamò - ho trattato male i miei fratelli. Perdonami." E proruppe in pianto. Appoggiato a un albero, davanti alla grotta, il mercante continuò a piangere, e il suo cuore cambiò.

Alla prima luce dell'alba quelle lacrime splendettero come perle, in mezzo a due foglioline. Era nato il vischio.

 

 

 

La nascita del Gelsomino

Una leggenda racconta com’è nato il gelsomino. La notte in cui Gesù  nacque a Betlemme nevicava e soffiava un vento terribile. Nella stalla il Bambino giaceva sulla paglia, il bue e l’asinello lo riscaldavano con il loro fiato, mentre la Madonna e San Giuseppe vegliavano. Ad un tratto, una raffica di vento impetuoso investì la capanna, e la porta mal connessa si spalancò all’improvviso. Una folata d’aria gelida e di neve candida entrò nella stalla. Presto San Giuseppe corse a chiudere la porta, ma intanto un fiocco di neve era riuscito a passare e si era posato sulla fronte del Bambino Gesù. Temendo che si destasse, la Madonna si chinò su di lui, e con un bacio rimosse dalla fronte il bianco fiocco. Miracolo! Il fiocco si disciolse al calore delle labbra e si trasformò in un pic­colo fiore dal profumo intenso e dai petali candidi come la neve. Il gelsomino era sbocciato col bacio della Madonna sulla fronte del Bambino.

I genitori che baciano il proprio bambino lo fanno fiorire!

 

 

  

L'asino e il bue
(di Bruno Ferrero)
 

Mentre Giuseppe e Maria erano in viaggio verso Betlemme, un angelo radunò tutti gli animali per scegliere i più adatti ad aiutare la Santa Famiglia nella stalla.

Per primo, naturalmente, si presentò il leone.
"Solo un re è degno di servire il Re del mondo", ruggì "io mi piazzerò all'entrata e sbranerò tutti quelli che tenteranno di avvicinarsi al Bambino!".
"Sei troppo violento" disse l'angelo.
Subito dopo si avvicinò la volpe.

Con aria furba e innocente, insinuò: "Io sono l'animale più adatto. Per il figlio di Dio ruberò tutte le mattine il miele migliore e il latte più profumato. Porterò a Maria e Giuseppe tutti i giorni un bel pollo!"

 "Sei troppo disonesta", disse l'angelo.

Tronfio e splendente arrivò il pavone.  

Sciorinò la sua magnifica ruota color dell'iride: "Io trasformerò quella povera stalla in una reggia più bella dei palazzo di Salomone!".

"Sei troppo vanitoso" disse l'angelo.
Passarono, uno dopo l'altro, tanti animali ciascuno magnificando il suo dono. Invano. 

L'angelo non riusciva a trovarne uno che andasse bene.

Vide però che l'asino e il bue continuavano a lavorare, con la testa bassa, nel campo di un contadino, nei pressi della grotta.    

 L'angelo li chiamò: "E voi non avete niente da offrire?".

"Niente", rispose l'asino e afflosciò mestamente le lunghe orecchie, "noi non abbiamo imparato niente oltre all'umiltà e alla pazienza. Tutto il resto significa solo un supplemento di bastonate!".

Ma il bue, timidamente, senza alzare gli occhi, disse: "Però potremmo di tanto in tanto cacciare le mosche con le nostre code".

L'angelo finalmente sorrise: "Voi siete quelli giusti!".

 

 

VALORI DI NATALE E DI SEMPRE

 

 

IL SEME PIU' PICCOLO


Non si sa come fosse capitato là, ma nella manciata di grossi e lucidi grani di frumento c'era un granellino nero nero, così piccolo che era quasi invisibile. Il contadino buttò la manciata di semi nella terra aperta dall'aratro. I semi di grano si sistemarono con molta dignità nei loro lettini di buona e profumata terra.

Ma quando arrivò il semino nero, scoppiò tra le zolle una gran risata.

" Pussa via, sgorbietto inutile! ", brontolò stizzito un grosso seme di frumento che si era ricevuto il semino proprio sulla pancia.

" Chiedo scusa, signore ", mormorò il granellino. Sono spiacente ".

" E' il seme più ridicolo che mi sia mai capitato di vedere! " sbraitò il bulbo di una cipolla selvatica. Il piccolo seme si sentì avvilito da quelle voci di disprezzo. Ma mentre gli altri semi si crogiolavano pigramente prendendolo in giro per la sua piccolezza, affondò subito le radici nel terreno umido.

Fu un inverno faticosissimo per lui. Gli altri semi si godevano il tepore profumato della terra, giocavano a carte o agli indovinelli per passare il tempo. Il piccolo seme si impegnava con tutte le sue forze.
Venne l' estate. I viandanti che percorrevano la stradina accanto al campo di grano si fermavano e additavano meravigliati una pianta alta e rigogliosa che dominava la distesa del grano.

Un mattino dorato passò Gesù.

Chiacchierava con i suoi amici, ma giunto davanti alla pianta si fermò e la
guardò con intensità. I passerotti smisero di far chiasso e anche il vento, che si divertiva a far frusciare gli steli del grano e ad arruffare l' erba del fosso, tacque sospeso. Gesù sapeva l' enorme fatica del piccolo seme nell' inverno e volle coronare la fiducia che aveva avuto in sé stesso. Disse:

" Guardate il granello di senape, è il più piccolo di tutti i semi, ma quando è cresciuto, è più grande di tutte le piante dell' orto. Diventa un albero, tanto grande che gli uccelli vengono a fare il nido in mezzo ai suoi rami ".

Poi aggiunse: “Se il chicco non cade nella terra e muore rimane solo, ma se muore porterà molti frutto”. Il piccolo seme, là sotto, moriva di gioia: era diventato simbolo della Chiesa e ancor di più di Gesù stesso, fattosi piccolo e venuto a regalarci se stesso.

 

 

 

IL BAMBU’

 

C’era una volta un bellissimo e meraviglioso giardino, Il signore di questo giardino aveva l’abitudine di farvi una passeggiata ogni giorno,

quando il caldo della giornata era più forte.

C’era in questo giardino un bambù di aspetto nobile; era il più bello di tutti... e  il  Signore  amava questo  bambù più  di  tutte  le  altre  piante.

Anno  dopo  anno, questo  bambù  cresceva e  diventava  sempre più  bello e  più  grazioso. Il bambù sapeva che il Signore lo amava e ne godeva.

Un giorno il Signore, molto in pensiero, si avvicinò al suo amato albero e l’albero, in gran venerazione chinò la testa.

Il  Signore disse:

“Mio caro bambù ho bisogno di te”.

Sembrò  al  bambù  che  fosse  venuto il  giorno  di  tutti  i  giorni,il  giorno  per  cui  era  nato.

"O Signore,  sono pronto. Fa’ di me  l'uso che vuoi!"

"Bambù" ,  la  voce  del  Signore era  più  seria, "Per  usarti  devo  abbatterti".

Il  bambù  spaventato rispose:

"Abbattermi, Signore, dopo che  mi hai  fatto diventare il  più  bel  albero  del  tuo  giardino?"

"No  per  favore, no! Fa’  uso  di  me  per  la  tua  gioia, Signore,  ma  per  favore,  non  abbattermi!"

"Mio caro bambù", disse il Signore molto dispiaciuto, "Non devo  solo  abbatterti, ma  anche  tagliarti le  foglie  e  i  rami"

Nel  giardino ci  fu  un  grande  silenzio. Il  vento  non  soffiava  più, gli  uccelli  non  cantavano.

Lentamente, molto lentamente, il bambù chinò la sua  meravigliosa chioma e  sussurrò:

"Signore se non  puoi  usarmi  senza abbattermi e  tagliarmi tutto,  fa’ di me quello che vuoi".

"Caro bambù, devo farti ancora di più. Devo spaccarti in due e strapparti il cuore.

Se non posso farti questo, non posso usarti!"

Il  bambù  non  poté  parlare. Chinò  fino  a  terra la  sua  gloriosa  chioma.

Così il signore del giardino abbatté il bambù. Tagliandolo fino a terra, segò i rami e levò le foglie, lo spaccò in due e ne estirpò il cuore.

Poi  portò  il  bambù  alla  fonte di  acqua  fresca vicino  ai  suoi  campi  inariditi.

Là, delicatamente, il Signore dispose l'amato bambù a terra: un'estremità del tronco la collegò alla fonte, l'altra la diresse verso il suo campo arido.

La fonte dava acqua,  e l'acqua si riversava sul campo che aveva tanto aspettato. E nacque la vita.

Quando era ancora grande, bello e grazioso, il bambù viveva solo per se stesso e amava solo la propria bellezza,

ora invece, nel suo stato povero e distrutto, era diventato un canale che il Signore usava per rendere fecondo il suo regno.

Così il meraviglioso bambù,  nelle mani del suo Signore, divenne una grande benedizione per tutti!

 

 

 

Il tocco dell'artista

        

Un uomo aveva deciso di curare il praticello davanti alla sua casetta,

per farne un perfetto tappeto verde "all'inglese".

Dedicava al suo prato tutti i momenti liberi.
Era quasi riuscito nel suo intento, quando,una primavera,scoprì che nel suo prato

erano nati alcuni "tarassachi", pianticelle dai brillanti fiori gialli.

Si precipitò a sradicarli.

Ma il giorno dopo altri due fiori gialli spiccavano nel verde prato.
Comprò un veleno potente.

Niente da fare.

Da quel momento la sua vita divenne una lotta contro i tenaci fiori gialli,

che ad ogni primavera diventavano più numerosi.
"Che posso fare?"
confidò scoraggiato alla moglie.
"Perché non provi ad amarli?"
gli rispose tranquilla la moglie.
L'uomo ci provò.

Dopo un po', quei brillanti fiori gialli gli sembrarono un toccò d'artista

nel verde smeraldo del suo prato.
Da allora visse felice.

Quante persone ti irritano!
Perché non provi ad amarle?

 

 

INTERVISTA A DIO

 

 

Ho sognato d’intervistare Dio.

 

“Ti piacerebbe intervistarmi?”, Dio mi domandò.

“Se hai tempo" gli dissi.

Dio sorrise. “Il mio tempo è eterno, che cosa vuoi domandarmi?”

“Che sorprese hai per l’umanità?...”

 

E Dio rispose...

“Siete così ansiosi per il futuro, perché vi dimenticate del presente.

Vivete la vita senza pensare al presente o al futuro.

Vivete la vita come se non dovreste morire mai, e morite come se non aveste mai vissuto....

Avete fretta perché i vostri figli crescano, e appena crescono volete che siano di nuovo bambini.

Perdete la salute per guadagnare i soldi e poi usate i soldi  per recuperare la salute.”

Le mani di Dio presero le mie e per un momento restò in silenzio, allora gli domandai...

 

“Padre, che lezione di vita desideri che i tuoi bambini imparino?”

 

Dio rispose con un sorriso:

“Che imparino che non possono pretendere di essere amati da tutti, però ciò che possono fare è lasciarsi amare dagli altri.

Imparino che ciò che vale di più non è quello che hanno nella vita, ma che hanno la vita stessa.

Imparino che non è buono paragonarsi con gli altri.

Imparino che una persona ricca non è quella che ha di più, ma è quella che ha bisogno di meno.

Imparino che in alcuni secondi si ferisce profondamente una persona che si ama, e che ci vogliono molti anni per cicatrizzare la ferita.

Imparino a perdonare e a praticare il perdono.

Imparino che ci sono persone che vi amano profondamente, ma che non sanno come esprimere o mostrare i loro sentimenti.

Imparino che due persone possono vedere la stessa cosa in modo differente.

Imparino che non si perdona mai abbastanza gli altri, però sempre bisogna imparare a perdonare se stessi.

E imparino che IO sono sempre qui.” “SEMPRE”

 

 

 

L'aquila e il falco

 

Una volta un uomo decise di mettere alla prova la provvidenza del Signore Dio. Molte volte aveva sentito dire che il Signore è un Padre amoroso e che si occupa di tutte le sue creature. L'uomo voleva sapere se realmente Dio si sarebbe occupato anche di lui e se gli avesse mandato ogni giorno quello di cui aveva bisogno.

Allora decise di andare su una collina che si trovava in mezzo ai campi e lì aspettare che Dio gli inviasse il suo sostegno giornaliero per mano di qualcuno che fosse incaricato dalla provvidenza. E così fece. Una mattina si incamminò verso la collina  che aveva scelto senza portarsi nulla al seguito, e si sedette aspettando.

La prima cosa che vide lo lasciò meravigliato. Vide a terra un povero falco ferito: aveva una zampa e un'ala rotte. Non poteva camminare e nemmeno volare. In quelle condizioni non aveva altra prospettiva che morire di fame a meno che la Provvidenza di Dio non fosse venuta in suo soccorso. Rimase a guardare aspettando di vedere quello che sarebbe successo. All'improvviso vide volare un'aquila molto grande che aveva tra i suoi artigli un pezzo di carne. Volò sopra il falco ferito e lasciò cadere la carne proprio davanti al suo becco, cosicché il falco poté mangiarla senza fatica.

Realmente il fatto dimostrava che Dio si occupava di tutte le sue creature, e persino si stava interessando del povero falco ferito.  "Quindi - pensò - non ho nulla da temere. Sicuramente anche a me il Signore prima o poi invierà per mezzo di qualcuno quello di cui ho bisogno per vivere." Rimase lì aspettando tutto il giorno con una grande fede nella Provvidenza.

Aspettò tutto quel giorno e non venne nessuno a portargli qualche cosa da mangiare. Anche il giorno seguente non venne nessuno. L'aquila veniva ogni giorno a portare qualche cosa al povero falco, ma nessuno si preoccupava di lui, e questo cominciò a farlo dubitare seriamente sul fatto che la Provvidenza del Signore Dio per i suoi figli fosse esistita realmente e si occupasse di tutti indistintamente.

Però il terzo giorno sentì che i suoi desideri finalmente si stavano per realizzare perché si stava avvicinando, cavalcando verso la collina dove si trovava lui, un forestiero.  Era sicuro che si trattava della stessa Provvidenza di Dio in persona e tutto sorridente si diresse verso il forestiero. La sua amarezza  fu enorme nel constatare però che si trattava di una povera persona che aveva tanta fame come la sua, e come a lui mancava delle cose necessarie al suo sostentamento.

Allora cominciò a maledire Dio e la sua Provvidenza che si preoccupava sì di un povero falco ferito, ma si dimenticava di lui, che era suo figlio.

Il forestiero allora gli chiese il perché di tanta rabbia e perché stesse maledicendo Dio. Allora il pover'uomo gli raccontò tutto quello che era successo. Il forestiero gli rispose, molto seriamente: "Ah no, amico. Tu in qualche cosa ti sei sbagliato: la Provvidenza esiste realmente. Il fatto del falco e dell'aquila lo dimostra. La realtà è che tu ti sei confuso immedesimandoti nell'uccello sbagliato! Tu sei giovane e forte... NON DEVE RIMANERE INERME COME IL FALCO, MA DEVE IMITARE L'AQUILA!"

 

SE NOI CI PREOCCUPASSIMO DI PIU'  DELLE NECESSITA' DEGLI ALTRI, CERTAMENTE CI RISULTEREBBE PIU' FACILE CONSTATARE LA PROVVIDENZA DI DIO.

 

 

 

La cosa che più conta

Racconta la leggenda che una donna con il suo bimbo in braccio, passando davanti ad una caverna sentì una voce misteriosa che la chiamava dall’interno:

"Entra e prendi tutto quello che desideri, però non ti dimenticare di ciò che più conta. Inoltre ricorda che avrai solo otto minuti dopo i quali la porta si chiuderà per sempre. Non ti dimenticare di ciò che più conta....”.

La donna entrò nella caverna e vi trovò immense ricchezze. Affascinata dall’oro e dai preziosi depose il bambino in un angolo ed arraffò tutto ciò che poteva.

La voce misteriosa disse.

"Hai solo otto minuti "

Angosciata dagli otto minuti la donna corse fuori della caverna e la porta si chiuse dietro di lei. In quell’istante si ricordò ... del suo bambino, ma la porta era chiusa per sempre.

La ricchezza durò poco, la disperazione la accompagnò per tutta la vita.

Lo stesso accade spesso a noi. Abbiamo 90 anni da vivere a questo mondo ed una voce ci ricorda: “Non ti dimenticare di ciò che più conta!"

Ciò che davvero conta sono i valori spirituali: la preghiera, l’amicizia, la famiglia, l’amore, la vita.

Invece il possesso, le ricchezze, il piacere materiale, ci affascinano così tanto da mettere tutto il resto in un angolo. Così sprechiamo il nostro tempo dimenticando: “Il tesoro dello Spirito".

 

 

 

La Felicità

Martin Luther King Jr.

 

Quando la porta della felicità si chiude, un'altra si apre,

ma tante volte guardiamo così a lungo quella chiusa,

che non vediamo quella che è stata aperta per noi.

La miglior specie di amico è quel tipo con cui puoi stare seduto in un portico 

e camminarci insieme, senza dire una parola, e quando vai via senti come se fosse stata la miglior conversazione mai avuta.

E' vero che non conosciamo ciò che abbiamo prima di perderlo,

ma è anche vero che non sappiamo ciò che ci è mancato prima che arrivi.

Dare a qualcuno tutto il tuo amore non è un'assicurazione che sarai amato a tua volta! 

Non ti aspettare amore indietro, aspetta solo che cresca nei loro cuori, 

ma se non succede accontentati che cresca nel tuo.

Ci vuole un minuto per offender qualcuno, un'ora per piacergli,

e un giorno per amarlo, ma ci vuole una vita per dimenticarlo.

Non cercare le apparenze, possono ingannare.

Non cercare la salute, anche quella può affievolirsi.

Cerca qualcuno che ti faccia sorridere perché ci vuole solo un sorriso

per far sembrare brillante una giornataccia.

Trova quello che fa sorridere il tuo cuore.

Ci sono momenti nella vita in cui qualcuno ti manca così tanto

che vorresti proprio tirarlo fuori dai tuoi sogni per abbracciarlo davvero!

Sogna ciò che ti va, vai dove vuoi, sii ciò che vuoi essere,

perché hai solo una vita e una possibilità di far le cose che vuoi fare.

Puoi avere abbastanza felicità da renderti dolce,

difficoltà a sufficienza da renderti forte, dolore abbastanza da renderti umano,

speranza sufficiente a renderti felice.

Mettiti sempre nei panni degli altri. Se ti senti stretto,

probabilmente anche loro si sentono così.

Le più felici delle persone non necessariamente hanno il meglio di ogni cosa,

soltanto traggono il meglio da ogni cosa che capita sul loro cammino.

La felicità è ingannevole per quelli che piangono, quelli che fanno male,

quelli che hanno provato, solo così possono apprezzare l'importanza

delle persone che hanno toccato le loro vite.

Il miglior futuro è basato sul passato dimenticato, non puoi andare

bene nella vita prima di lasciare andare i tuoi fallimenti passati e i tuoi dolori.

Quando sei nato stavi piangendo e tutti intorno a te sorridevano.

Vivi la tua vita in modo che quando morirai tu sorrida.

Alla fine non ricorderemo le parole dei nostri nemici,

ma i silenzi dei nostri amici.

 

  

 

E' proprio... curioso...

 

Curioso... com’è facile per l’uomo negare Dio, e di seguito meravigliarsi perché il mondo va all’inferno.

Ama la verità: mostrati quale sei, senza finzioni, senza paure e senza riguardi. E se la verità ti costa la persecuzione, tu accettala; se ti costa il tormento, tu sopportalo. E se per la verità dovessi sacrificare te stesso e la tua vita, tu sii forte nel sacrificio.

Curioso... che possiamo credere a quello che è scritto sui giornali, ma dubitare di quello che sta scritto nella Bibbia.

La fiducia che abbiamo in noi stessi dà vita a gran parte della fiducia che abbiamo negli altri. Ripensiamo a quello che dice S. Girolamo: chi non conosce la Sacra Scrittura, non conosce Gesù Cristo...

Curioso... che tutti vogliono andare in cielo, pensando di non dover credere, pensare, dire e fare ciò che sta scritto nella Bibbia. Oppure questo è inquietante?

Nonostante le mie limitatezze, fragilità, preoccupazioni e paure, sono anche un frammento di cielo, creato e amato da Dio, e mi convinco che i limiti di questo mondo non avranno la parola definitiva...

Curioso... che qualcuno possa dire “ Io credo in Dio”, seguendo tuttavia il diavolo (che a parte tutto ‘crede’ in Dio).

"Non capisco infatti le paure di chi grida: "Demonio, demonio!" mentre potrebbe gridare "Dio,Dio!" e riempire l'inferno di spavento. Non sappiamo forse che i demoni non possono neppure muoversi senza il consenso di Dio? Che cosa sono dunque questi vani timori?" (Teresa d'Avila, Vita, cap.25)

Curioso... come si possano inviare tramite e-mail mille barzellette anche di dubbio gusto, le quali si diffondono come fuoco di paglia, ma quando si inviano notizie sul Signore, ci si pensa due volte prima di divulgarle.

Il giorno che avrai il coraggio di dire al mondo, senza paura e senza vergogna: "Dio è mio padre", sarà il giorno nel quale inizierà la tua guarigione interiore. Perché in quel giorno tu incomincerai a valorizzarti, a riconoscere da dove vieni e ciò che sei; tu sei il capolavoro di Dio. Sei unico, sei unica!

Curioso... come qualcuno può infiammarsi per Gesù durante la Messa, ma nel resto della settimana rimanga un cristiano invisibile.

Conserva la gioia del Dio dell'amore nel tuo cuore, e dividi questa gioia con tutti coloro che incontri e così trasformati in uno strumento di pace.

(Madre Teresa di Calcutta)

Curioso... come posso preoccuparmi di più di quello che pensa la gente di me, che di quello che Dio pensa di me...

L'uomo è visibile, toccabile: la risposta oppure il giudizio sono immediati. Soltanto con gli occhi della vera fede si riesce a vedere anche l'invisibile e averne timore.

 

LA LEZIONE DELLA FARFALLA

 

Un giorno, apparve un piccolo buco in un bozzolo;

un uomo che passava  per caso,

si mise a guardare la farfalla che per varie ore,

si sforzava per  uscire da quel piccolo buco.

Dopo molto tempo,  sembrava che essa si fosse arresa

ed il buco fosse sempre della stessa dimensione.

Sembrava che la farfalla ormai avesse  fatto tutto quello che poteva,

e che non avesse più la possibilità di fare niente altro.

Allora l’uomo decise di aiutare la farfalla: prese un temperino ed aprì il bozzolo.
La farfalla uscì immediatamente.

Però il suo corpo era piccolo e rattrappito e le sue ali erano poco sviluppate e si muovevano a stento.

L’uomo continuò ad  osservare perché sperava che, da un momento all’altro,

le ali della farfalla si aprissero e  fossero capaci di sostenere il corpo, e che essa cominciasse a volare.

Non successe nulla! In quanto, la farfalla passò il resto della sua esistenza

trascinandosi per terra con un corpo rattrappito e con le ali poco sviluppate.

Non fu mai capace di volare.

Ciò che quell’uomo, con il suo gesto di gentilezza e con l’intenzione di aiutare non capiva,

era che passare per lo stretto buco del bozzolo era lo sforzo necessario affinchè la farfalla

potesse trasmettere il fluido del suo corpo alle sue ali, così che essa potesse volare.

Era la sforzo con cui Dio la faceva crescere e sviluppare.

A volte, lo sforzo é esattamente ciò di cui abbiamo bisogno nella nostra vita.

Se Dio ci permettesse di vivere la nostra esistenza senza incontrare nessun ostacolo, saremmo limitati.

Non potremmo essere così forti come siamo. Non potremmo mai volare.

Chiesi la forza... e Dio mi ha dato le difficoltà per farmi forte.

Chiesi la sapienza... e Dio mi ha dato  problemi da risolveve.

Chiesi la prosperità... e Dio mi ha dato cervello e muscoli per lavorare.

Chiesi di poter volare... e Dio mi ha dato ostacoli da superare.

Chiesi l’amore... e Dio mi ha dato persone con problemi da poter aiutare.

Chiesi favori... e Dio mi ha dato opportunità.

Non ho ricevuto niente di quello che chiesi...

Però ho ricevuto tutto quello di cui avevo bisogno.

Vivi la vita senza paura, affronta tutti gli ostacoli e dimostra che puoi superarli.

 

 

 

La pace                     
(L. Housman)

La pace guardò in basso
e vide la guerra,
"Là voglio andare" disse la pace.
L'amore guardò in basso
e vide l'odio,
"Là voglio andare" disse l'amore.
La luce guardò in basso
e vide il buio,
"Là voglio andare" disse la luce.
Così apparve la luce
e risplendette.
Così apparve la pace
e offrì riposo.
Così apparve l'amore
e portò vita.

 

 

 

La pace come cammino
(don Tonino Bello)

 

A dire il vero non siamo molto abituati a  legare il termine PACE a concetti dinamici.
Raramente sentiamo dire: "Quell'uomo si affatica in pace",
"lotta in pace", "strappa la vita coi denti in pace"...
Più consuete, nel nostro linguaggio, sono invece le espressioni:

"Sta seduto in pace", "sta leggendo in pace", "medita in pace" e, ovviamente, "riposa in pace".
La pace, insomma, ci richiama più la vestaglia  da camera che lo zaino del viandante.
Più il comfort del salotto che i pericoli della strada.
Più il caminetto che l'officina brulicante di problemi.
Più il silenzio del deserto che il traffico della metropoli.
Più la penombra raccolta di una chiesa che una riunione di sindacato.
Più il mistero della notte che i rumori del meriggio.
Occorre forse una rivoluzione di mentalità per capire  che la pace non è un dato, ma una conquista.
Non un bene di consumo, ma il prodotto di un impegno.
Non un nastro di partenza, ma uno striscione di arrivo.
La pace richiede lotta, sofferenza, tenacia.
Esige alti costi di incomprensione e di sacrificio.
Rifiuta la tentazione del godimento.
Non tollera atteggiamenti sedentari.
Non annulla la conflittualità.
Non ha molto da spartire con la banale "vita pacifica".
Sì, la pace prima che traguardo, è cammino.  E, per giunta, cammino in salita. 

Vuol dire allora che ha le sue tabelle di marcia e i suoi ritmi, i suoi percorsi preferenziali

ed i suoi tempi tecnici, i suoi rallentamenti e le sue accelerazioni.

Forse anche le sue soste.
Se è così, occorrono attese pazienti.

E sarà beato, perché operatore di pace,

non chi pretende di trovarsi all'arrivo senza essere mai partito, ma chi parte.

Col miraggio di una sosta sempre gioiosamente intravista,
anche se mai - su questa terra s'intende - pienamente raggiunta.

 

 

 

LA PACE VERRA'

 

Se tu credi che un sorriso è più forte di un'arma,

Se tu credi alla forza di una mano tesa,

Se tu credi che ciò che riunisce gli uomini è più importante di ciò che li divide,

Se tu credi che essere diversi è una ricchezza e non un pericolo,

Se tu sai scegliere tra la speranza o il timore,

Se tu pensi che sei tu che devi fare il primo passo piuttosto che l'altro, allora...

………. LA PACE VERRA'

 

 

 

Se lo sguardo di un bambino disarma ancora il tuo cuore

 

Se tu sai gioire della gioia del tuo vicino

Se l'ingiustizia che colpisce gli altri ti rivolta come quella che subisci tu

Se per te lo straniero che incontri è un fratello,

Se tu sai donare gratuitamente un po' del tuo tempo per amore,

Se tu sai accettare che un altro, ti renda un servizio,
Se tu dividi il tuo pane e sai aggiungere ad esso un pezzo del tuo cuore, allora...

……. LA PACE VERRA'

Se tu credi che il perdono ha più valore della vendetta,
Se tu sai cantare la gioia degli altri e dividere la loro allegria,
Se tu sai accogliere il misero che ti fa perdere tempo e guardarlo con dolcezza,

Se tu sai accogliere e accettare un fare diverso dal tuo,
Se tu credi che la pace è possibile, allora...

…. LA PACE VERRÀ

 

 

 

La pipa e il pettine

 

Era un matrimonio povero.

Lei filava alla porta della sua baracca, pensando a suo marito.

Tutti quelli che passavano rimanevano attratti dalla bellezza dei suoi capelli, neri, lunghi, luccicanti.

Lui andava ogni giorno al mercato a vendere un po' di frutta e si sedeva sotto l'ombra di un albero per aspettare i clienti.

Stringeva tra i denti una pipa vuota, non aveva i soldi per comprare un pizzico di tabacco.

Si avvicinava il giorno del loro anniversario di matrimonio e lei non smetteva di chiedersi che cosa avrebbe potuto regalare al marito.

E con quali soldi?

Le venne un'idea. Mentre la pensava, ebbe un brivido, però dopo aver deciso, si riempì di gioia:

avrebbe venduto i suoi capelli per comprare il tabacco al suo marito.

Già immaginava il suo uomo nella piazza, seduto davanti alla frutta, dando lunghe boccate alla sua pipa:

aromi di incenso avrebbero dato, al padrone della piccola bancarella, la solennità e il prestigio di un vero commerciante.

Vendendo i suoi capelli ottenne solo alcune monete, però scelse con attenzione il tabacco più pregiato. 

Alla sera, ritornò il marito, arrivò cantando.

Portava nelle sue mani un piccolo pacchetto, c'erano alcuni pettini per la sposa, li aveva acquistati dopo aver venduto la sua pipa.

L'amore è puro dono,
pura gioia di pensare all'altro, di togliersi dal centro della propria vita, per lasciare all'altro lo spazio d'onore.
Nel puro sguardo delle mani vuote, che si donano e si accolgono, si realizza il mistero infinito di un amore eterno che non muore
perché "... solo l'amore rimane per sempre".

                                                                                                                             Tagore

 

 

 

LA PREGHIERA DEGLI ANIMALI

 

Così pregava il gallo ogni mattina:

“Signore, sono orgoglioso di me stesso perché con il mio canto ogni giorno faccio sorgere il sole.

Non senti, Signore, come sono bravo nell'eseguire il mio chicchirichì?

Tutti mi lodano per la mia splendida voce… come faresti, Signore senza di me?”.

Mentre il superbo volatile così si rivolgeva all'Onnipotente, il pavone,

mettendo in bella mostra la sua variopinta coda, gli faceva eco:

“Signore, il gallo è veramente superbo. Certe volte non lo sopporto proprio,

soprattutto perché non vuole arrendersi alla realtà, anzi all'evidenza.

Tutti infatti possono testimoniare che io sono infinitamente più bello di lui.

Io, contrariamente al gallo, non ho bisogno nemmeno di aprire bocca:

è sufficiente che io apra la mia splendida coda perché tutti subito mi ammirino.

E devo dirti che mi fa veramente un gran piacere ricevere l'ammirazione degli altri.

Se devo essere sincero, ti dirò che mi piace anche farli schiattare di invidia,

perché loro non possono essere così belli come lo sono io.

Tu Signore, hai saputo fare le cose veramente per bene:

hai creato me nella bellezza e gli altri nella bruttezza.

Sei decisamente bravo, Signore!”.

In un angolo del cortile, stava nascosta una puzzola.

Non osava venire allo scoperto, perché si trovava veramente orribile.

Non si permetteva neanche di avvicinarsi agli altri perché, le poche volte che lo aveva fatto,

tutti si scostavano subito da lei, proferendo sonori insulti.

La povera puzzola di tanto in tanto si rivolgeva all'altissimo, dicendo:

“Signore, io non so perché mi hai fatto così: brutta, puzzolente e scostante.

Sono però sicura che anche così io servo a qualcosa, perché tu non mi avresti creata se io fossi del tutto inutile.

Sapere questo mi basta, Signore.

Gli altri non possono ammirare le mie doti nascoste, ma a me basta capire che tu sei contento di me

e del lavoro che quotidianamente svolgo. So che ai tuoi occhi sono bella, utile e preziosa.

E questo, credimi Signore, mi rende felice e mi dà la forza ogni giorno di sopportare i miei difetti”.

 

 

 

LA SEDIA

 

In un villaggio della Spagna, la figlia di un uomo chiese al sacerdote che si recasse a casa sua

per un momento di preghiera con suo padre che era molto malato.

Quando  il sacerdote arrivò alla camera trovò questo pover’uomo nel suo letto con il capo sollevato da due cuscini.

C’era una sedia) a lato del suo letto, per cui il sacerdote pensò che l’uomo sapesse che sarebbe venuto a trovarlo.

Suppongo che mi stesse aspettando?, gli disse.

No, chi è lei?, disse l’uomo malato.

Sono il sacerdote che sua figlia ha chiamato perché pregasse con lei;

quando sono entrato ed ho notato la sedia vuota a lato del suo letto ho supposto che lei sapesse che sarei venuto a visitarla.

Ah sì, la Sedia.

Le dispiace chiudere la porta?

Disse l’uomo malato,

Il sacerdote, sorpreso, chiuse la porta.

L’uomo malato gli disse:

Questo non l’ho mai detto a nessuno, però ho trascorso tutta la mia vita senza sapere come pregare.

Quando sono stato in chiesa ho sempre ascoltato quanto mi veniva detto circa il rispetto della preghiera,

come si deve pregare ed i benefici che porta...

...però sempre tutto questo della preghiera; non so...!

Mi entra per un orecchio e mi esce dall’altro.

Comunque non ho idea di come fare. Allora... molto tempo fa abbandonai completamente la preghiera.

Ho continuato così dentro di me fino a circa quattro anni fa, quando, conversando con il mio migliore amico, egli mi disse:

Giuseppe, la preghiera è semplicemente avere una conversazione con Gesù, ti suggerisco di fare così:

Ti siedi su una sedia e collochi un’altra sedia vuota davanti a te, quindi con fede guardi Gesù seduto davanti a te.

 Non è una scemenza farlo poiché lui ci disse:

“Io sarò sempre con voi”.

Quindi parlagli ed ascoltalo allo stesso modo in cui lo stai facendo con me ora.

Così ho fatto una volta e mi è piaciuto talmente che ho continuato a farlo per almeno un paio d’ore al giorno da allora.

Presto sempre molta attenzione a non farmi vedere da mia figlia... altrimenti mi internerebbe subito in un manicomio.

Il sacerdote provò una grande emozione ascoltando tutto questo e disse a Giuseppe che ciò che faceva

era qualcosa di molto buono e che non avrebbe dovuto mai smettere di farlo.

Quindi pregò con lui. Gli impartì la benedizione e tornò alla sua parrocchia.

Due giorni dopo, la figlia di Giuseppe chiamò il sacerdote per dirgli che suo padre era morto.

Il sacerdote le chiese:

E’ morto in Pace?

Sì, Quando ritornai dal fare alcune commissioni lo trovai morto.

C’è tuttavia qualcosa di strano rispetto alla sua morte,

poiché proprio prima di morire si avvicinò alla sedia che era a lato del suo letto ed appoggiò la sua testa su di essa,

ed infatti così l’ho ritrovato.

Che cosa crede lei che possa significare questo?.

Il sacerdote profondamente commosso, si asciugò le lacrime dell’emozione e le rispose:

”Magari tutti noi potessimo andarcene in questo modo”.

 

 

  

LA VERA RICCHEZZA

 

Un giorno un padre di famiglia benestante portò suo figlio in viaggio con il fermo proposito

di mostrargli quante persone vivessero in modo differente da loro, e quanto povere fossero alcune famiglie.
Arrivati passarono tutto un giorno e una notte in una umile casa di una famiglia molto povera.
Quando tornarono da questa esperienza, il padre chiese a suo figlio:
-Come ti è sembrato il viaggio?
-Molto bello, papà!

-Hai visto come vivono i poveri?
-Si !!!!

- E cosa hai imparato?  gli chiese

Suo figlio, allora gli rispose:
- Ho visto che noi abbiamo un cucciolo di cane in casa e loro ne avevano quattro.

- Noi abbiamo una piscina che occupa mezzo giardino e loro hanno un fiumiciattolo infinito.
- Noi abbiamo un solarium illuminato con luce, loro avevano il cielo, con tutte le stelle e la luna.

- Noi abbiamo un giardino con un cancello di ingresso,
loro avevano un bosco intero.

Mentre il piccolo stava rispondendo, il padre, stupito, non poteva articolare una sola parola. Suo figlio aggiunse:
Grazie papá, per avermi mostrato quanto siamo poveri...

 

 

 

MORALE DELLA STORIA

 

Quando misuriamo ciò che possediamo, il risultato del calcolo dipende solo da come guardiamo le cose.

Se abbiamo amore, amici, salute, buon umore e virtù positive per tutta la vita, abbiamo tutto!

Se siamo “poveri di spirito” non abbiamo niente.
Ho conosciuto una persona talmente povera, ma talmente povera che aveva solo denaro!!



 

Le cose che ho imparato nella vita
(Paulo Coelho)

 

Ecco alcune delle cose che ho imparato nella vita:
Che non importa quanto sia buona una persona, ogni tanto ti ferirà. E per questo, bisognerà che tu la perdoni.
Che ci vogliono anni per costruire la fiducia e solo pochi secondi per distruggerla.
Che non dobbiamo cambiare amici, se comprendiamo che gli amici cambiano.
Che le circostanze e l'ambiente hanno influenza su di noi, ma noi siamo responsabili di noi stessi.
Che, o sarai tu a controllare i tuoi atti, o essi controlleranno te.
Ho imparato che gli eroi sono persone che hanno fatto ciò che era necessario fare, affrontandone le conseguenze.
Che la pazienza richiede molta pratica.
Che ci sono persone che ci amano, ma che semplicemente non sanno come dimostrarlo.
Che a volte, la persona che tu pensi ti sferrerà il colpo mortale quando cadrai, è invece una di quelle poche che ti aiuteranno a rialzarti.
Che solo perché qualcuno non ti ama come tu vorresti, non significa che non ti ami con tutto se stesso.
Che non si deve mai dire a un bambino che i sogni sono sciocchezze: sarebbe una tragedia se lo credesse.
Che non sempre è sufficiente essere perdonato da qualcuno. Nella maggior parte dei casi sei tu a dover perdonare te stesso.
Che non importa in quanti pezzi il tuo cuore si è spezzato; il mondo non si ferma, aspettando che tu lo ripari.
Forse Dio vuole che incontriamo un po' di gente sbagliata prima di incontrare quella giusta,

così quando finalmente la incontriamo, sapremo come essere riconoscenti per quel regalo. 
Sogna ciò che ti va; vai dove vuoi; sii ciò che vuoi essere, perché hai solo una vita e una possibilità di fare le cose che vuoi fare.
 

 

 

LE QUATTRO CANDELE

 

Le quattro candele, bruciando,

si consumavano lentamente.

Il luogo era talmente silenzioso,

che si poteva ascoltare la loro conversazione.

 

La prima diceva:

“IO SONO LA PACE"

Ma gli uomini non riescono

a mantenermi: penso proprio

che non mi resti altro da fare

che spegnermi!

Così fu, e a poco a poco, la candela

si lasciò spegnere completamente.

 

La seconda disse:

“IO SONO LA FEDE"

Purtroppo non servo a nulla.

Gli uomini non ne vogliono sapere di me,

e per questo motivo

non ha senso che io resti accesa.

Appena ebbe terminato di parlare,

una leggera brezza soffiò su di lei e la spense.

 

Triste triste, la terza candela, a sua volta disse:

“IO SONO L’AMORE"

Non ho la forza per continuare

a rimanere accesa.

Gli uomini non mi considerano

e non comprendono la mia importanza.

Essi odiano perfino coloro

che più li amano, i loro familiari.

E senza attendere oltre, la candela

si lasciò spegnere. Inaspettatamente...

Un bimbo in quel momento entrò nella stanza e vide le tre candele spente.  

Impaurito per la semi oscurità, disse:

 

“ MA COSA FATE! VOI DOVETE RIMANERE ACCESE, IO HO PAURA DEL BUIO!”

 

E così dicendo scoppiò in lacrime.

Allora la quarta candela impietositasi disse:

“NON TEMERE, NON PIANGERE:

FINCHE’ IO SARO’ ACCESA, POTREMO SEMPRE RIACCENDERE  LE ALTRE TRE CANDELE:

Io sono LA SPERANZA”

Con gli occhi lucidi e gonfi di lacrime,

il bimbo prese la candela della speranza, e riaccese tutte le altre.

 

 

 

Trucco di bellezza per la tua anima

 

Per avere labbra attraenti, pronuncia parole di tenerezza.

Per avere occhi preziosi, cerca quello che c’è di buono nella gente.

Per avere una silhouette snella, condividi il tuo cibo con chi soffre la fame.

Per avere bei capelli, lascia che un bambino passi le sue dite tra di essi una volta al giorno.

Per avere una buona posa, cammina sapendo che non cammini mai sola.

La gente, molto più che nelle le cose, deve essere restaurata, rivissuta, reclamata e redenta; non rifiutare mai nessuno.

Ricorda sempre che una mano che ti aiuta la trovi sempre all’estremo del tuo braccio.

Man mano che invecchi, scoprirai di avere due mani, una per aiutare te stesso e l’altra per aiutare gli altri.

La bellezza di una persona non sta nei vestiti che porta, la figura che ha o come si pettina.

La bellezza di una persona deve essere cercata nei suoi occhi che sono la porta di accesso al suo cuore, il posto dove risiede l’amore.

La bellezza di una persona non sta nei tratti del suo viso, la sua vera bellezza si riflette nella sua anima.

Sta nell’attenzione che da con amore, nella passione che mostra.

La bellezza di una persona aumenta col passare degli anni.

 

 

 

Un chicco di caffè

 

Una ragazza andò da sua madre e le disse che la sua vita era così difficile che non sapeva se sarebbe ancora valsa la pena continuare a viverla.

Desiderava abbandonare, era stanca di combattere.

Le sembrava che, non appena risolveva un problema subito un altro si affacciasse.

La madre la condusse in cucina.

Riempì tre pentole di acqua e le mise sul fornello a fuoco alto.

Ben presto l’acqua cominciò a bollire.

Nella prima pentola mise delle carote, nella seconda delle uova e nella terza dei grani di caffè solubile.

Lasciò bollire il tutto per venti minuti senza dire nulla.

Passato il tempo tornò in cucina e mise su di un piatto le carote, su di un altro le uova e versò il caffè in una tazza. 

Rivolgendosi alla figlia le chiese: ¨Dimmi, cosa vedi ?¨

¨Carote, uova e del caffè¨, rispose la figlia.

La donna invitò la ragazza a toccare le carote. La figlia notò che erano molli e si disfacevano. La madre, allora, le porse le uova.

La ragazza tolse un pezzetto del guscio e vide che l’uovo era diventato duro.

Alla fine la madre la invitò a gustare il caffè.

La figlia sorrise inalando il ricco aroma del caffè.

La figlia allora domandò:¨Che cosa mi hai voluto dire, mamma?¨

Sua madre le spiegò che ogni oggetto ha dovuto fare i conti con l’acqua bollente, ma ognuno ha reagito in modo differente.

La carota, in origine, era dura e solida.

Dopo essere passata nell’acqua bollente, si è rammollita ed è diventata friabile.

L’uovo era fragile ed aveva l’interno liquido.

Dopo essere passato nell’acqua, il suo interno è divenuto duro.

I grani di caffè solubile hanno reagito in modo unico.

Dopo essere stati nell’acqua bollente, hanno cambiato l’acqua!.

“Chi sei  tu?¨domandò la madre a sua figlia.

Quando le avversità bussano alla tua porta, come rispondi? Sei una carota, un uovo od un grano di caffè? Ci hai pensato?

Sei come la carota che sembra forte, ma nel dolore e nell’avversità diventa molle e perde la sua forza ? 

Sei come un uovo, che ha il cuore tenero e malleabile,  ma cambia con i problemi ?

Hai uno spirito flessibile che nelle avversità diventa duro ed inflessibile ?

O sei come un grano di caffè? Il grano cambia l’acqua, cambia la fonte del suo dolore.

Non appena l’acqua diventa calda rilascia la sua fragranza ed il suo sapore.

Se sei come il grano di caffè, diventerai migliore e, quando le cose volgono al peggio, cambierai il mondo intorno a te ¨

Come reagisci, tu che leggi, di fronte alle avversità?

Come una carota, un uovo od un grano di caffè ?

 

 

 

MESSAGGIO D’AMORE

 

Il giorno più bello? Oggi!

La cosa più facile da fare? Sbagliare!

Il maggiore ostacolo? La paura!

L’errore più grande? L’abbandono!

La migliore distrazione? Il lavoro!

La sconfitta più grande? Scoraggiarsi!

La prima necessità? Comunicare!

Il peggior difetto? Il malumore!

La persona più pericolosa? L’ignorante che presume di sapere!

Il sentimento peggiore? Il rancore!

Il miglior regalo? Il perdono!

La sensazione più gradevole? La pace interiore!

L’arma veramente efficace? Il sorriso!

La miglior medicina? L’ottimismo!

La forza più potente del mondo? La fede!

La cosa più bella? L’amore!

L’intelligenza priva di amore, ti rende perverso.
La giustizia senza amore, ti rende spietato.
La diplomazia senza amore, ti rende ipocrita.
Il successo senza amore, ti rende arrogante.
La ricchezza senza amore, ti rende avaro.
La docilità senza amore, ti rende sottomesso.
La povertà senza amore, ti rende orgoglioso.
La bellezza senza amore, ti rende ridicolo.
L’autorità senza amore, ti rende tiranno.
Il lavoro senza amore, ti rende schiavo.
La semplicità senza amore, ti toglie valore.
La preghiera senza amore, ti rende introverso.
La legge senza amore, ti schiavizza.
La politica senza  amore, ti rende egoista.
La fede senza amore, ti rende fanatico.
La croce senza amore diventa tortura.

LA VITA SENZA AMORE... NON HA SENSO.........

 

 

 

E ADESSO… TANTI AUGURI!

 

 

Augurio  (anonimo)

 

Auguri a tutti di essere:
Abbastanza giovani per essere sempre allegri.
Abbastanza adulti per fare le cose seriamente.
Abbastanza forti  per non essere subito stanchi.
Abbastanza saggi  per sapersi moderare.
Abbastanza sereni  per riconoscere i propri limiti.
Abbastanza impegnati per cercare di superarli.
Abbastanza spiritosi  per non prendersi troppo sul serio.

Io ti auguro del tempo
(Fonte non specificata)

Io ti auguro non tutti i possibili regali. Io ti auguro solo quello che la maggior parte della gente non ha
Io ti auguro del tempo per gioire e per ridere, e quando lo usi puoi cambiare qualcosa là fuori.
Io ti auguro del tempo per il tuo fare, per il tuo pensare, non solo per te stesso, ma anche per regalarlo.
Io ti auguro del tempo per non avere fretta e per correre, ma il tempo per poter essere soddisfatto.
Io ti auguro del tempo non solo così per poterlo sprecare.
Io ti auguro che ti possa restare del tempo per stupirti, e del tempo per avere fiducia, invece che guardare come passa il tempo nell'orologio.
Io ti auguro del tempo per poter afferrare le stelle e tempo per crescere, cioè per maturare.
Io ti auguro del tempo per sperare di nuovo e per amare, non ha senso rinviare questo tempo.
Io ti auguro del tempo per trovare te stesso, ogni giorno, ogni ora per trovare la felicità.
Io ti auguro del tempo anche per perdonare gli altri.
Io ti auguro di avere tempo per vivere..

 

 

 

NATALE  AUGURI SCOMODI

(Tonino Bello)

 

Non farei il mio dovere se vi dicessi “Buon Natale” senza darvi disturbo.

Io invece vi voglio infastidire.

Non posso sopportare l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla ‘routine’ di calendario.

Mi lusinga, addirittura, l’ipotesi che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati.

Tanti auguri scomodi, allora!

Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali.

E vi conceda la forza di inventarvi un’esistenza carica di donazione, di preghiera, di silenzio e di coraggio.

Il Bambino che dorme nella paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno,

finché non avrete dato ospitalità ad uno sfrattato, ad uno straniero, ad un povero di passaggio.

Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la carriera diventa idolo della vostra vita;

il sorpasso, il progetto dei vostri giorni; la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate.

Maria che trova solo nello sterco degli animali la culla dove deporre con tenerezza il frutto del suo grembo,

vi costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggimento di tutte le nenie natalizie
finché la vostra coscienza ipocrita accetterà che lo sterco degli uomini, o il bidone della spazzatura,

o l’inceneritore di una clinica diventino la tomba senza croce di una vita soppressa.

Giuseppe che nell’affronto di mille porte chiuse è il simbolo di tutte le delusioni paterne,

disturbi le sbornie dei vostri cenoni, rimproveri i tepori delle tombolate, provochi cortocircuiti allo spreco delle vostre luminarie,

fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di tanti genitori che versano lacrime segrete con i loro figli senza fortuna,

senza salute, senza lavoro.

Gli angeli che annunziano la pace portino guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che,

poco più lontano di una spanna con l’aggravante del vostro complice silenzio ,si consumano ingiustizie,

si sfrutta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si condannano popoli allo sterminio per fame.

I poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nella oscurità e la città dorme nell’ indifferenza,

vi facciano capire che, se anche voi volete vedere ‘una gran luce’ dovete partire dagli ultimi.

Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillanti inutili.

Che le pellicce che comprate con le tredicesime di stipendi multipli fanno bella figura ma non scaldano.

Che i ritardi dell’edilizia popolare sono atti di sacrilegio, se provocati da speculazioni corporative.

Che i poveri, i poveri veri, hanno sempre ragione, anche quando hanno torto.

I pastori che vegliano nella notte ‘facendo la guardia al gregge’ e scrutando l’aurora,

vi diano il senso della storia, l’ebbrezza delle attese,il gaudio dell’abbandono in Dio.

E vi ispirino il desiderio profondo di vivere poveri : che è poi l’unico modo di morire da ricchi.  …Buon Natale!

…Sul vecchio mondo che muore, nasca la speranza.

     
     
 

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