ESPOSIZIONE


Immaginiamo che la pellicola sia come un secchio. Per riempire d'acqua questo secchio avremo bisogno di un rubinetto e del tempo necessario a riempirlo. Con il rubinetto tutto aperto si riempirà impiegandoci poco tempo, oppure possiamo aprire pochissimo il rubinetto ed il secchio si riempirebbe ugualmente ma in un tempo sicuramente maggiore.

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Il rubinetto si comporta come il diaframma di una macchina fotografica, se è molto aperto passerà molta luce e il tempo d'esposizione sarà sicuramente minore che chiudendolo, nel qual caso si avrà bisogno di aumentare il tempo. Il risultato finale non cambia in nessuno dei due modi, l'esposizione sarà adeguata, come nell'esempio del secchio che si sarà riempito ugualmente sia con il rubinetto quasi chiuso / tempo lungo sia con il rubinetto aperto / tempo breve. L'illuminamento di un'emulsione dipende dall'intensità dell'illuminazione del soggetto e dall'apertura del diaframma, perciò generalmente per esposizione si intende l'insieme dell'apertura e del tempo di posa. L'esposizione dipende, oltre che dall'illuminazione del soggetto, dalla sensibilità del materiale impiegato e da diversi altri fattori che possono intervenire in casi particolari, come l'inserzione di filtri, l'allungamento del soffietto, il livello d'illuminazione e il tempo di posa (a livelli d'illuminazione molto bassi o con tempi di posa molto brevi si verifica, infatti, il fenomeno, noto come effetto Schwarzschild, della perdita di sensibilità delle emulsioni). L'esposizione, che deve essere la minima possibile compatibile con la resa desiderata dei toni e dei dettagli del soggetto, in modo da sfruttare al massimo la sensibilità della pellicola e la sua acutanza, deve essere valutata in funzione della latitudine di posa e del contrasto del materiale sensibile impiegato. La giusta esposizione viene determinata mediante un esposimetro, che legge la luce riflessa ed è tarato per ottenere un'immagine di media densità. Quando si preferisce invece rispettare i valori tonali del soggetto occorre misurare la luce incidente. Ne consegue che per ogni soggetto esistono più esposizioni corrette e tra le tante bisogna effettuare la scelta in base al risultato desiderato, anche in relazione alla curva sensitometrica dell'emulsione usata. Uscendo da questa gamma si entra nelle zone di sovraesposizione e di sottoesposizione. Una determinata esposizione può essere ottenuta impiegando diverse coppie tempo/diaframma, a patto che rimanga costante il prodotto del tempo di posa per l'illuminamento dell'emulsione. La scelta della coppia migliore va effettuata in base al movimento del soggetto e/o alla profondità di campo desiderata. Per essere sicuri di avere un fotogramma correttamente esposto, si effettuano scatti con maggiore e minore apertura del diaframma ritenuto giusto. Tale tecnica è chiamata delle esposizione a forcella. Viene appunto chiamata forcella in quanto si effettuano degli scatti con diaframma maggiore e minore di quello che si ritiene sia giusto. Si arriva a fare cinque scatti con diaframma sempre più aperto ogni volta di mezzo stop e altre cinque con diaframma più chiuso sempre di mezzo stop ogni volta. Se si aggiunge lo scatto con il diaframma consigliato dall'esposimetro, si arriva a scattare ben undici volte lo stesso soggetto per poi scegliere l'esposizione più adatta. Potrebbe sembrare uno spreco di pellicola ma, se bisogna avere la certezza di tornare a casa con una fotografia esposta correttamente... comunque con le emulsioni che oggi si trovano in commercio che hanno una notevole latitudine di posa e gli esposimetri incorporati delle moderne macchine fotografiche non si arriverà mai a tanto...   al limite oltre alla foto con l'esposizione consigliata se ne può fare un'altra con un diaframma più aperto ed uno con un diaframma più chiuso. Alcuni tipi di macchine fotografiche hanno incorporato questa possibilità nei loro vari automatismi.


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