FOTOGRAFIA DOCUMENTARISTICA


Fra i primi documentaristi vi fu il fotografo inglese Roger Fenton, che mostrò la guerra di Crimea al popolo britannico. La cruda realtà della guerra civile americana fu documentata da Mathiew B. Brady, Alexander Gardner e Timothy O'Sullivan. Dopo la guerra, questi ultimi due, insieme con Carleton E. Watkins, fotografarono le distese dell'Ovest degli Stati Uniti inaugurando la stagione dei documentari naturalistici. Con loro vi furono Eadweard Muybridge, conosciuto per i suoi studi sul movimento, William Henry Jackson, le cui immagini di Yellowstone fecero sì che la regione fosse dichiarata parco nazionale, e Edward Sheriff Curtis, che fece una serie di studi sui nativi d'America; grazie alle chiare e dettagliate stampe di questi fotografi rimarrà traccia permanente dell'America selvaggia e incontaminata. Vedute di altri suggestivi ed esotici luoghi si trovano nel lavoro di alcuni fotografi britannici del XIX secolo: essi coprirono enormi distanze per registrare paesaggi e le condizioni di vita dei popoli dei paesi più lontani. Francis Bedford, ad esempio, fotografò il Medio Oriente nel 1860; nel corso di tre spedizioni dal 1863 al 1866, il connazionale Samuel Bourne scattò circa 900 foto sull'Himalaya; Francis Frith lavorò in Egitto a partire dal 1860: le sue fotografie dei siti archeologici e dei monumenti (molti oggi distrutti o dispersi) rivestono ancora un grande valore per i ricercatori, così come le immagini scattate tra il 1849 e il 1851 dal fotografo francese Maxime Ducamp. Con la diffusione della lastra negativa a secco studiata da Charle Bennet, il compito dei fotografi viaggiatori diventò sul finire del secolo certamente meno arduo. In questo modo la lastra, anziché dover essere trattata finché era umida, poteva essere sviluppata ovunque in un secondo momento; riscoperte di recente, queste foto documentaristiche sono state apprezzate da un pubblico sempre più numeroso, e sono divenute oggetto di diverse mostre e libri fotografici. Documentaristica sociale Invece di viaggiare fino ai confini del mondo, alcuni fotografi dell'Ottocento scelsero di documentare le condizioni di vita nei loro paesi. Negli anni Settanta, il fotografo inglese John Thomson ritrasse la vita quotidiana della classe lavoratrice londinese e pubblicò le sue foto in un libro, Street Life in London, edito nel 1877. Negli stessi anni, il reporter americano di origine danese Jacob August Riis realizzò una serie di servizi sui bassifondi di New York, raccogliendo il suo lavoro in due volumi intitolati Come vive l'altra metà (1890) e Il bambino e il povero (1892). Tra il 1905 e il 1910 Lewis Wickes Hine immortalò gli oppressi d'America: minatori, fabbri, operai siderurgici, i ragazzi sfruttati e i poveri immigranti europei. Anche il lavoro di James van der Zee, benché non avesse intenti documentaristici, costituisce, nelle sue immagini degli abitanti di Harlem e New York, un'inestimabile testimonianza della vita della comunità nera americana. Passando dagli Stati Uniti all'Europa, le immagini urbane dei fotografi francesi Robert Doisneau ed Eugène Atget si situano a metà strada fra l'arte e il documentario: l'espressione della loro personale visione, che deriva anche dalla superba composizione, va ben oltre una funzione puramente documentativa. Va ricordato che il lavoro di Atget è stato conservato grazie al paziente lavoro di catalogazione e conservazione della fotografa statunitense Berenice Abbott.


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