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D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165
Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche.
(Pubblicato nella G.U. 9 maggio 2001, n. 106, S.O.)
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 ed 87
della Costituzione.
Vista la legge 23 ottobre 1992, n. 421, ed in particolare l'articolo 2;
Vista la legge 15 marzo 1997, n. 59;
Visto il decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni
ed integrazioni;
Visto l'articolo 1, comma 8, della legge 24 novembre 2000, n. 340:
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata nella
seduta del 7 febbraio 2001;
Acquisito il parere dalla Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, espresso in data 8 febbraio 2001;
Acquisito il parere delle competenti Commissioni del Senato della Repubblica e
della Camera dei Deputati, rispettivamente in data 27 e 28 febbraio 2001;
Viste le deliberazioni del Consiglio dei Ministri, adottate nelle sedute del 21
e 30 marzo 2001;
Emana: il seguente decreto legislativo:
TITOLO I
PRINCÌPI GENERALI
Articolo 1
Finalità ed ambito di applicazione.
(Art. 1 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come modificato dall'art. 1 del
D.Lgs. n. 80 del 1998)
1. Le disposizioni del
presente decreto disciplinano l'organizzazione degli uffici e i rapporti di
lavoro e di impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, tenuto
conto delle autonomie locali e di quelle delle regioni e delle province autonome,
nel rispetto dell'articolo 97, comma primo, della Costituzione, al fine di:
a) accrescere l'efficienza delle amministrazioni in relazione a quella dei
corrispondenti uffici e servizi dei Paesi dell'Unione europea, anche mediante
il coordinato sviluppo di sistemi informativi pubblici;
b) razionalizzare il costo del lavoro pubblico, contenendo la spesa complessiva
per il personale, diretta e indiretta, entro i vincoli di finanza pubblica;
c) realizzare la migliore utilizzazione delle risorse umane nelle pubbliche
amministrazioni, curando la formazione e lo sviluppo professionale dei
dipendenti, garantendo pari opportunità alle lavoratrici ed ai lavoratori e
applicando condizioni uniformi rispetto a quello del lavoro privato.
2. Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello
Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le
istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento
autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro
consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi
case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e
loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e
locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario
nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche
amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio
1999, n. 300. (1)
3. Le disposizioni del presente decreto costituiscono princìpi fondamentali ai
sensi dell'articolo 117 della Costituzione. Le Regioni a statuto ordinario si
attengono ad esse tenendo conto delle peculiarità dei rispettivi ordinamenti. I
princìpi desumibili dall'articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, e
successive modificazioni, e dall'articolo 11, comma 4, della legge 15 marzo
1997, n. 59, e successive modificazioni ed integrazioni, costituiscono altresì,
per le Regioni a statuto speciale e per le provincie autonome di Trento e di
Bolzano, norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica.
(1) Parte aggiunta
dall'articolo 1 della Legge 15 luglio 2002, n. 145
Articolo 2
Fonti.
(Art. 2, commi da 1 a 3 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituiti
prima dall'art. 2 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e poi dall'art. 2 del D.Lgs. n. 80
del 1998)
1. Le amministrazioni
pubbliche definiscono, secondo princìpi generali fissati da disposizioni di
legge e, sulla base dei medesimi, mediante atti organizzativi secondo i
rispettivi ordinamenti, le linee fondamentali di organizzazione degli uffici;
individuano gli uffici di maggiore rilevanza e i modi di conferimento della
titolarità dei medesimi; determinano le dotazioni organiche complessive. Esse
ispirano la loro organizzazione ai seguenti criteri: a) funzionalità rispetto
ai compiti e ai programmi di attività, nel perseguimento degli obiettivi di
efficienza, efficacia ed economicità. A tal fine, periodicamente e comunque
all'atto della definizione dei programmi operativi e dell'assegnazione delle
risorse, si procede a specifica verifica e ad eventuale revisione;
b) ampia flessibilità, garantendo adeguati margini alle determinazioni
operative e gestionali da assumersi ai sensi dell'articolo 5, comma 2;
c) collegamento delle attività degli uffici, adeguandosi al dovere di
comunicazione interna ed esterna, ed interconnessione mediante sistemi
informatici e statistici pubblici;
d) garanzia dell'imparzialità e della trasparenza dell'azione amministrativa,
anche attraverso l'istituzione di apposite strutture per l'informazione ai
cittadini e attribuzione ad un unico ufficio, per ciascun procedimento, della
responsabilità complessiva dello stesso;
e) armonizzazione degli orari di servizio e di apertura degli uffici con le
esigenze dell'utenza e con gli orari delle amministrazioni pubbliche dei Pesi
dell'Unione europea.
2. I rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono
disciplinate dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice
civile e dalle legge sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, fatte
salve le diverse disposizioni contenute nel presente decreto. Eventuali
disposizioni di legge, regolamento o statuto, che introducano discipline dei
rapporti di lavoro la cui applicabilità sia limitata ai dipendenti delle
amministrazioni pubbliche, o a categorie di essi, possono essere derogate da
successivi contratti o accordi collettivi e, per la parte derogata non sono
ulteriormente applicabili, salvo che la legge disponga espressamente in senso contrario.
3. I rapporti individuali di lavoro di cui al comma 2 sono regolati
contrattualmente. I contratti collettivi sono stipulati secondo i criteri e le
modalità previste nel titolo III del presente decreto; i contratti individuali
devono conformarsi ai princìpi di cui all'articolo 45, comma 2. L'attribuzione
di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti
collettivi o, alle condizioni private, mediante contratti individuali. Le
disposizioni di legge, regolamenti o atti amministrativi che attribuiscono
incrementi retributivi non previsti da contratti cessano di avere efficacia a
far data dall'entrata in vigore del relativo rinnovo contrattuale. I
trattamenti economici più favorevoli in godimento sono riassorbiti con le
modalità e nelle misure previste dai contratti collettivi e i risparmi di spesa
che ne conseguono incrementano le risorse disponibili per la contrattazione
collettiva.
Articolo 3
Personale in regime di diritto pubblico.
(Art. 2, comma 4 e 5 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituiti
dall'art. 2 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e successivamente modificati dall'art.
2, comma 2 del D.L. n. 80 del 1998)
1. In deroga all'articolo 2,
commi 2 e 3, rimangono disciplinati dai rispettivi ordinamenti: i magistrati
ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato,
il personale militare e le Forze di polizia di Stato, il personale della
carriera diplomatica e della carriera prefettizia nonché i dipendenti degli
enti che svolgono la loro attività nelle materie contemplate dall'articolo 1
del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 17 luglio 1947, n.
691, e dalle leggi 4 giugno 1985, n. 281, e successive modificazioni ed
integrazioni, e 10 ottobre 1990, n. 287.
2. Il rapporto di impiego dei professori e dei ricercatori universitari resta
disciplinato dalle disposizioni rispettivamente vigenti, in attesa della
specifica disciplina che la regoli in modo organico ed in conformità ai
princìpi della autonomia universitaria di cui all'articolo 33 della
Costituzione ed agli articoli 6 e seguenti della legge 9 maggio 1989, n. 168, e
successive modificazioni ed integrazioni, tenuto conto dei princìpi di cui
all'articolo 2, comma 1, della legge 23 ottobre 1992, n. 421.
Articolo 4
Indirizzo politico-amministrativo. Funzioni e reperibilità.
(Art. 3 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 2
del D.Lgs. n. 470 del 1993 poi dall'art. 3 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e
successivamente modificato dall'art. 1 del D.Lgs. n. 387 del 1998)
1. Gli organi di governo
esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, definendo gli
obiettivi ed i programmi da attuare ed adottando gli altri atti rientrati nello
svolgimento di tali funzioni, e verificano la rispondenza dei risultati
dell'attività amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti. Ad essi
spettano, in particolare:
a) le decisioni in materia di atti normativi e l'adozione dei relativi atti di
indirizzo interpretativo ed applicativo;
b) la definizione di obiettivi, priorità, piani, programmi e direttive generali
per l'azione amministrativa e per la gestione;
c) la individuazione delle risorse umane, materiali ed economico-finanziarie da
destinare diverse finalità e la loro ripartizione tra gli uffici di livello
dirigenziale generale;
d) la definizione dei criteri generali in materia di ausili finanziari a terzi
e di determinazione di tariffe, canoni e analoghi oneri a carico di terzi;
e) le nomine, designazioni ed atti analoghi ad essi attribuiti da specifiche
disposizioni;
f) le richieste di pareri alle autorità amministrative indipendenti ed al
Consiglio di Stato;
g) gli altri atti indicati dal presente decreto.
2. Ai dirigenti spetta l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi,
compresi tutti gli atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, nonché
la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di
spesa di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo. Essi
sono responsabili in via esclusiva dell'attività amministrativa, della gestione
e dei relativi risultati.
3. Le attribuzioni dei dirigenti indicate dal comma 2 possono essere derogate
soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative.
4. Le amministrazioni pubbliche i cui organi di vertice non siano direttamente
o indirettamente espressione di rappresentanza politica, adeguano i propri
ordinamenti al principio della distinzione tra indirizzo e controllo, da un
lato, e attuazione e gestione dall'altro.
Articolo 5
Potere di Organizzazione.
(Art. 4 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 3
del D.Lgs. n. 546 del 1993, successivamente modificato dall'art. 9 del D.Lgs.
n. 396 del 1997, e nuovamente sostituito dall'art. 4 del D.Lgs. n. 80 del 1998)
1. Le amministrazioni
pubbliche assumono ogni determinazione organizzativa al fine di assicurare
l'attuazione dei princìpi di cui all'articolo 2, comma 1, e la rispondenza al
pubblico interesse dell'azione amministrativa.
2. Nell'àmbito delle leggi e degli atti organizzativi di cui all'articolo 2,
comma 1, le determinazioni per l'organizzazione degli uffici e le misure
inerenti la gestione dei rapporti di lavoro sono assunte dagli organi preposti
alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro.
3. Gli organismi di controllo interno verificano periodicamente la rispondenza
delle determinazioni organizzative ai princìpi indicati all'articolo 2, comma
1, anche al fine di proporre l'adozione di eventuali interventi correttivi e di
fornire elementi per l'adozione delle misure previste nei confronti dei
responsabili della gestione.
Articolo 6
Organizzazione e disciplina degli uffici e dotazione organiche.
(Art. 6 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 4
del D.Lgs. n. 546 del 1993 e poi dall'art. 5 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e
successivamente modificato dall'art. 2 del D.Lgs. n. 387 del 1998)
1. Nelle amministrazioni
pubbliche l'organizzazione e la disciplina degli uffici, nonché la consistenza
e la variazione delle dotazioni organiche sono determinate in funzione delle
finalità indicate all'articolo 1, comma 1, previa verifica degli effettivi
fabbisogni e previa consultazione delle organizzazioni sindacali
rappresentative ai sensi dell'articolo 9. Le amministrazioni pubbliche curano
l'ottimale distribuzione delle risorse umane attraverso la coordinata
attuazione dei processi di mobilità e di reclutamento del personale.
2. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, si
applica l'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400. La
distribuzione dei diversi livelli o qualifiche previsti dalla dotazione
organica può essere modificata con decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri, su proposta del ministro competente di concerto con il Ministro del tesoro,
del bilancio e della programmazione economica, ove comporti riduzioni di spesa
o comunque non incrementi la spesa complessiva riferita al personale
effettivamente in servizio al 31 dicembre dell'anno precedente.
3. Per la ridefinizione degli uffici e delle dotazioni organiche si procede
periodicamente e comunque a scadenza triennale, nonché ove risulti necessario a
seguito di riordino, fusione, trasformazione o trasferimento di funzioni. Ogni
amministrazioni procede adottando gli atti previsti dal proprio ordinamento.
4. Le variazioni delle dotazioni organiche già determinate sono approvate
dall'organo di vertice delle amministrazioni in coerenza con la programmazione
triennale del fabbisogno di personale di cui all'articolo 39 della legge 27
dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni ed integrazioni, e con gli
strumenti di programmazione economico-finanziaria pluriennale. Per le
amministrazioni dello Stato, la programmazione triennale del fabbisogno di
personale è deliberata dal Consiglio dei ministri e le variazioni delle
dotazioni organiche sono determinate ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis,
della legge 23 agosto 1988, n. 400.
5. Per la Presidenza del Consiglio dei ministri, per il Ministero degli affari
esteri, nonché per le amministrazioni che esercitano competenze istituzionali
in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia e di giustizia, sono
fatte salve le particolari disposizioni dettate dalle normative di settore.
L'articolo 5, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503,
relativamente al personale appartenente alle Forze di polizia ad ordinamento
civile, si interpreta nel senso che al predetto personale non si applica
l'articolo 16 dello stesso decreto. Restano salve le disposizioni vigenti per
la determinazione delle dotazioni organiche del personale degli istituti e
scuole di ogni ordine e grado e delle istituzioni educative. Le attribuzioni
del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica,
relative a tutto il personale tecnico e amministrativo universitario ivi
compresi i dirigenti, sono devolute all'università di appartenenza. Parimenti
sono attribuite agli osservatori astronomici, astrofici e vesuviano tutte le
attribuzioni del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e
tecnologica in materia di personale, ad eccezione di quelle relative al
reclutamento del personale di ricerca.
6. Le amministrazioni pubbliche che non provvedono agli adempimenti di cui al
presente articolo non possono assumere nuovo personale, compreso quello
appartenente alle categorie protette.
Articolo 7
Gestione delle risorse umane.
(Art. 7 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 5
del D.Lgs. n. 546 del 1993 e poi modificato dall'art. 3 del D.Lgs. n. 387 del
1998)
1. Le amministrazioni
pubbliche garantiscono parità e pari opportunità tra uomini e donne per
l'accesso al lavoro ed il trattamento sul lavoro.
2. Le amministrazioni pubbliche garantiscono la libertà di insegnamento e
l'autonomia professionale nello svolgimento dell'attività didattica,
scientifica e di ricerca.
3. Le amministrazioni pubbliche individuano criteri di priorità nell'impiego
flessibile del personale, purché compatibile con l'organizzazione degli uffici
e del lavoro, a favore dei dipendenti in situazioni di svantaggio personale,
sociale e familiare e dei dipendenti impegnati in attività di volontariato ai
sensi della legge 11 agosto 1991, n. 266.
4. Le amministrazioni pubbliche curano la formazione e l'aggiornamento del
personale, ivi compreso quello con qualifiche dirigenziali, garantendo altresì
l'adeguamento dei programmi formativi, al fine di contribuire allo sviluppo
della cultura di genere della pubblica amministrazione.
5. Le amministrazioni pubbliche non possono erogare trattamenti economici accessori
che non corrispondano alle prestazioni effettivamente rese.
6. Per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le
amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali ad esperti di
provata competenza, determinando preventivamente durata, luogo, oggetto e
compenso della collaborazione.
Articolo 8
Costo del lavoro, risorse finanziarie e controlli.
(Art. 9 del D.Lgs. n. 29 del 1993)
1. Le amministrazioni
pubbliche adottano tutte le misure affinché la spesa per il proprio personale
sia evidente, certa prevedibile nella evoluzione. Le risorse finanziarie
destinate a tale spesa sono determinate in base alle compatibilità
economico-finanziarie definite nei documenti di programmazione e di bilancio.
2. L'incremento del costo del lavoro negli enti pubblici economici e nelle
aziende pubbliche che producono servizi di pubblica utilità, nonché negli enti
di cui all'articolo 70, comma 4, è soggetto a limiti compatibili con gli
obiettivi e i vincoli di finanza pubblica.
Articolo 9
Partecipazione sindacale.
(Art. 10 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 6 del
D.Lgs. n. 80 del 1998)
1. I contratti collettivi
nazionali disciplinano i rapporti sindacali e gli istituti della partecipazione
anche con riferimento agli atti interni di organizzazione aventi riflessi sul
rapporto di lavoro.
TITOLO II
ORGANIZZAZIONE
Capo I - Relazioni con il pubblico
Articolo 10
Trasparenza delle amministrazioni pubbliche.
(Art. 11 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come modificato dall'art. 43, comma
9 del D.Lgs. n. 80 del 1998)
1. L'organismo di cui
all'articolo 2, comma 1, lettera mm), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, ai
fini della trasparenza e rapidità del procedimento, definisce, ai sensi
dell'articolo 2, comma 1, lettera c), i modelli e i sistemi informativi utili
alla interconnessione tra le amministrazioni pubbliche.
2. La Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione
pubblica ed i comitati metropolitani di cui all'articolo 18 del decreto-legge
24 novembre 1990, n. 344, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 gennaio
1991, n. 21, promuovono, utilizzando il personale degli uffici di cui
all'articolo 11, la costituzione di servizi di accesso polifunzionale alle
amministrazioni pubbliche nell'àmbito dei progetti finalizzati di cui
all'articolo 26 della legge 11 marzo 1988, n. 67, e successive modificazioni ed
integrazioni.
Articolo 11
Ufficio relazioni con il pubblico.
(Art. 12, commi da 1 a 5-ter del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituiti
dall'art. 7 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e successivamente modificati dall'art. 3
del decreto legge n. 163 del 1995, convertito con modificazioni della legge n.
273 del 1995)
1. Le amministrazioni
pubbliche, al fine di garantire la piena attuazione della legge 7 a agosto
1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni, individuano,
nell'àmbito della propria struttura uffici per le relazioni con il pubblico.
2. Gli uffici per le relazioni con il pubblico provvedono, anche mediante
l'utilizzo de tecnologie informatiche:
a) al servizio all'utenza per i diritti di partecipazione di cui al capo III
della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni ed integrazioni;
b) all'informazione all'utenza relativa agli atti e allo stato dei
procedimenti;
c) alla ricerca ed analisi finalizzate alla formulazione di proposte alla
propria amministrazione sugli aspetti organizzativi e logistici del rapporto
con l'utenza.
3. Agli uffici per le relazioni con il pubblico viene assegnato, nell'àmbito
delle attuali dotazioni organiche delle singole amministrazioni, personale con
idonea qualificazione e con elevata capacità di avere contatti con il pubblico,
eventualmente assicurato da apposita formazione.
4. Al fine di assicurare la conoscenza di normative, servizi e strutture, le
amministrazioni pubbliche programmano ed attuano iniziative di comunicazione di
pubblica utilità; in particolare, le amministrazioni dello Stato, per
l'attuazione delle iniziative individuate nell'àmbito delle proprie competenze,
si avvalgono del Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza
del Consiglio dei ministri quale struttura centrale di servizio, secondo un
piano annuale di coordinamento del fabbisogno di prodotti e servizi, da
sottoporre all'approvazione del Presidente del Consiglio dei ministri.
5. Per le comunicazioni previste dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e
successive modificazioni ed integrazioni, non si applicano le norme vigenti che
dispongono la tassa a carico del destinatario.
6. Il responsabile dell'ufficio per le relazioni con il pubblico e il personale
da lui indicato possono promuovere iniziative volte, anche con il supporto
delle procedure informatiche, al miglioramento dei servizi per il pubblico,
alla semplificazione e all'accelerazione delle procedure e all'incremento delle
modalità di accesso informale alle informazioni in possesso
dell'amministrazione e ai documenti amministrativi.
7. L'organo di vertice della gestione dell'amministrazione o dell'ente verifica
l'efficacia dell'applicazione delle iniziative di cui al comma 6, ai fini
dell'inserimento della verifica positiva nel fascicolo personale del
dipendente. Tale riconoscimento costituisce titolo autonomamente valutabile in
concorsi pubblici e nella progressione di carriera del dipendente. Gli organi
di vertice trasmettono le iniziative riconosciute ai sensi del presente comma
al Dipartimento della funzione pubblica, ai fini di un'adeguata
pubblicizzazione delle stesse. Il Dipartimento annualmente individua le forme
di pubblicazione.
Articolo 12
Uffici per la gestione del contenzioso del lavoro.
(Art. 12-bis del D.Lgs. n. 29 del 1999, aggiunto dall'art. 7 del D.Lgs.
n. 80 del 1998)
1. Le amministrazioni pubbliche
provvedono, nell'àmbito dei rispettivi ordinamenti, ad organizzare la gestione
del contenzioso del lavoro, anche creando appositi uffici, in modo da
assicurare l'efficace svolgimento di tutte le attività stragiudiziali e
giudiziali inerenti alle controversie. Più amministrazioni omogenee o affini
possono istituire, mediante convenzione che ne regoli le modalità di
costituzione e di funzionamento, un unico ufficio per la gestione di tutto o
parte del contenzioso comune.
Capo II - Dirigenza
Sezione I - Qualifiche, uffici dirigenziali ed attribuzioni
Articolo 13
Amministrazioni destinatarie.
(Art. 13 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 3
del D.Lgs. n. 470 del 1993 e poi dall'art. 8 del D.Lgs. n. 80 del 1998)
1. Le disposizioni del
presente capo si applicano alle amministrazioni dello Stato, anche ad
ordinamento autonomo.
Articolo 14
Indirizzo politico-amministrativo.
(Art. 14 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 8
del D.Lgs. n. 546 del 1993 e poi dall'art. 9 del D.Lgs. n. 80 del 1998)
1. Il Ministro esercita le
funzioni di cui all'articolo 4, comma 1. A tal fine periodicamente, e comunque
ogni anno entro dieci giorni dalla pubblicazione della legge di bilancio, anche
sulla base delle proposte dei dirigenti di cui all'articolo 16:
a) definisce obiettivi, priorità, piani e programmi da attuare ed emana le
conseguenti direttive generali per l'attività amministrativa e per la gestione;
b) effettua, ai fini dell'adempimento dei compiti definiti ai sensi della
lettera a), l'assegnazione ai dirigenti preposti ai centri di responsabilità
delle rispettive amministrazioni delle risorse di cui all'articolo 4, comma 1,
lettera c), del presente decreto, ivi comprese quelle di cui all'articolo 3 del
decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, e successive modificazioni e
integrazioni, ad esclusione delle risorse necessarie per il funzionamento degli
uffici di cui al comma 2; provvede alle variazioni delle assegnazioni con le
modalità previste dal medesimo decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279,
tenendo altresì conto dei procedimenti e subprocedimenti attribuiti ed adotta
gli altri provvedimenti ivi previsti.
2. Per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 il Ministro si avvale di
uffici di diretta collaborazione, aventi esclusive di supporto e disaccordo con
l'amministrazione, istituiti e disciplinati con regolamento adottato ai sensi
dell'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400. A tali
uffici sono assegnati, nei limiti stabiliti dallo stesso regolamento:
dipendenti pubblici anche in posizione di aspettativa, fuori ruolo o comando;
collaboratori assunti con contratti a tempo determinato disciplinati dalle
norme di diritto privato; esperti e consulenti per particolari professionalità
e specializzazioni con incarichi di collaborazione coordinata e continuativa.
Per i dipendenti pubblici si applica la disposizione di cui all'articolo 17,
comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127. Con lo stesso regolamento si
provvede al riordino delle segretarie particolari dei Sottosegretari di Stato.
Con decreto adottato dall'autorità di governo competente, di concerto con il
Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, è
determinato, in attuazione dell'articolo 12, comma 1, lettera n) della legge 15
marzo 1997, n. 59, senza aggravi di spesa e, per il personale disciplinato dai
contratti collettivi nazionali di lavoro, fino ad una specifica disciplina
contrattuale, il trattamento economico accessorio, da corrispondere
mensilmente, a fronte delle responsabilità, degli obblighi di reperibilità e di
disponibilità ad orari disagevoli, ai dipendenti assegnati agli uffici dei
Ministri e dei Sottosegretari di Stato. Tale trattamento, consiste in un unico
emolumento, è sostitutivo dei compensi per il lavoro straordinario, per la
produttività collettiva e per la qualità della prestazione individuale. Con
effetto dall'entrata in vigore del regolamento di cui al presente comma sono
abrogate le norme del regio decreto legge 10 luglio 1924, n. 1100, e successive
modificazioni ed integrazioni, ed ogni altra norma riguardante la costituzione
e la disciplina dei gabinetti dei Ministri e delle segretarie particolari dei
Ministri e dei Sottosegretari di Stato.
3. Il Ministro non può revocare, riformare, riservare o avocare a sé o
altrimenti adottare provvedimenti o atti di compensa dei dirigenti. In caso di
inerzia o ritardo il Ministro può fissare un termine perentorio entro il quale
il dirigente deve adottare gli atti o i provvedimenti. Qualora l'inerzia
permanga, o in caso di grave inosservanza delle direttive generali da parte del
dirigente competente, che determinano pregiudizio per l'interesse pubblico, il
Ministro può nominare, salvi i casi di urgenza previa contestazione, un
commissario ad acta, dando comunicazione al Presidente del Consiglio dei
ministri del relativo provvedimento. Resta salvo quanto previsto dall'articolo
2, comma 3, lett. p) della legge 23 agosto 1988, n. 400. Resta altresì salvo
quanto previsto dall'articolo 6 del testo unico delle leggi di pubblica
sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive
modificazioni ed integrazioni, e dall'articolo 10 del relativo regolamento
emanato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635. Resta salvo il potere di
annullamento ministeriale per motivi di legittimità.
Articolo 15
Dirigenti.
(Art. 15 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 4 del
D.Lgs. n. 470 del 1993 e successivamente modificato dall'art. 10 del D.Lgs. n.
80 del 1998; Art. 27 del D.Lgs. n. 29 del 1993, commi 1 e 3, come sostituiti
dall'art. 7 del D.Lgs. n. 470 del 1993)
1. Nelle amministrazioni
pubbliche di cui al presente capo, la dirigenza è articolata nelle due fasce
dei ruoli di cui all'articolo 23. Restano salve le particolari disposizioni
concernenti le carriere diplomatica e prefettizia e le carriere delle Forze di
polizia e delle Forze armate. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad
ordinamento autonomo, è fatto salvo quanto previsto dall'articolo 6.
2. Nelle istituzioni e negli enti di ricerca e sperimentazione, nonché negli
altri istituti pubblici di cui al sesto comma dell'articolo 33 della
Costituzione, le attribuzioni della dirigenza amministrativa non si estendono
alla gestione della ricerca e dell'insegnamento.
3. Per ciascuna struttura organizzativa non affidata alla direzione del
dirigente generale, il dirigente preposto all'ufficio di più elevato livello è
sovraordinato al dirigente preposto ad ufficio di livello inferiore.
4. Per le regioni, il dirigente cui sono conferite funzioni di coordinamento è
sovraordinato, limitatamente alla durata dell'incarico, al restante personale
dirigenziale.
5. Per il Consiglio di Stato e per i tribunali amministrativi regionali, per la
Corte dei conti e per l'Avvocatura generale dello Stato, le attribuzioni che il
presente decreto demanda agli organi di Governo sono di competenza
rispettivamente, del Presidente del Consiglio di Stato, del Presidente della
Corte dei conti e dell'Avvocato generale dello Stato; le attribuzioni che il
presente decreto demanda ai dirigenti preposti ad uffici dirigenziali di
livello generale sono di competenza dei segretari generali dei predetti
istituti.
Articolo 16
Funzioni dei dirigenti di uffici dirigenziali generali.
(Art. 16 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 9
del D.Lgs. n. 546 del 1993 e poi dall'art. 11 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e
successivamente modificato dall'art. 4 del D.Lgs. n. 387 del 1998)
1. I dirigenti di uffici
dirigenziali generali, comunque denominati, nell'àmbito di quanto stabilito
dall'articolo 4 esercitano, fra gli altri, i seguenti compiti e poteri:
a) formulano proposte ed esprimono pareri al Ministro nelle materie di sua
competenza;
b) curano l'attuazione dei piani, programmi e direttive generali definite dal
Ministro e attribuiscono ai dirigenti gli incarichi e la responsabilità di
specifici progetti e gestioni; definiscono gli obiettivi che i dirigenti devono
perseguire e attribuiscono le conseguenti risorse umane, finanziare e
materiali;
c) adottano gli atti relativi all'organizzazione degli uffici di livello
dirigenziale non generale;
d) adottano gli atti e i provvedimenti amministrativi ed esercitano i poteri di
spesa e quelli di acquisizione delle entrate rientranti nella competenza dei
propri uffici, salvo quelli delegati ai dirigenti;
e) dirigono, coordinano e controllano l'attività dei dirigenti e dei
responsabili dei procedimenti amministrativi, anche con potere sostitutivo in
caso di inerzia, e propongono l'adozione, nei confronti dei dirigenti, delle
misure previste dall'articolo 21;
f) promuovono e resistono alle liti ed hanno il potere di conciliare e di
transigere, fermo restando quanto disposto dall'articolo 12, comma 1, della
legge 3 aprile 1979, n. 103;
g) richiedono direttamente pareri agli organi consultivi dell'amministrazione e
rispondono ai rilievi degli organi di controllo sugli atti di competenza;
h) svolgono le attività di organizzazione e gestisce del personale e di
gestione dei rapporti sindacali e di lavoro;
i) decidono sui ricorsi gerarchici contro gli atti e i provvedimenti
amministrativi non definiti dei dirigenti;
l) curano i rapporti con gli uffici dell'Unione europea e degli organismi
internazionali nelle materie di competenza secondo le specifiche direttive
dell'organo di direzione politica, sempreché tali rapporti non siano
espressamente affidati ad apposito ufficio o organo.
2. I dirigenti di uffici dirigenziali generali riferiscono al Ministro
sull'attività da essi svolta correntemente e in tutti i casi in cui il Ministro
lo richieda o lo ritenga opportuno.
3. L'esercizio dei compiti e dei poteri di cui al comma 1 può essere conferito
anche a dirigenti preposti a strutture organizzative comuni a più
amministrazioni pubbliche, ovvero alla attuazione di particolari programmi,
progetti e gestioni.
4. Gli atti e i provvedimenti adottati dai dirigenti preposti al vertice
dell'amministrazione e dai dirigenti di uffici dirigenziali generali di cui al
presente articolo non sono suscettibili di ricorso gerarchico.
5. Gli ordinamenti delle amministrazioni pubbliche al cui vertice è preposto un
segretario generale, capo dipartimento o altro dirigente comunque denominato,
con funzione di coordinamento di uffici dirigenziali di livello generale, ne
definiscono i compiti ed i poteri.
Articolo 17
Funzioni dei dirigenti.
(Art. 17 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 10 del
D.Lgs. n. 546 del 1993 e poi dall'art. 12 del D.Lgs. n. 80 del 1998)
1. I dirigenti,
nell'àmbito di quanto stabilito dall'articolo 4, esercitano, fra gli altri, i
seguenti compiti e poteri:
a) formulano proposte ed esprimono pareri ai dirigenti degli uffici
dirigenziali generali;
b) curano l'attuazione dei progetti e delle gestioni ad essi assegnati dai
dirigenti degli uffici dirigenziali generali, adottando i relativi atti e
provvedimenti amministrativi ed esercitando i poteri di spesa e di acquisizione
delle entrate;
c) svolgono tutti gli altri compiti ad essi delegati dai dirigenti degli uffici
dirigenziali generali;
d) dirigono, coordinano e controllano l'attività degli uffici che da essi
dipendono e dei responsabili dei procedimenti amministrativi, anche con poteri
sostitutivi in caso di inerzia;
e) provvedono alla gestione del personale e delle risorse finanziarie e
strumentali assegnate ai propri uffici.
1-bis. I dirigenti, per specifiche e comprovate ragioni di servizio,
possono delegare per un periodo di tempo determinato, con atto scritto e
motivato, alcune delle competenze comprese nelle funzioni di cui alle lettere
b), d) ed e) del comma 1 a dipendenti che ricoprano le posizioni funzionali più
e levate nell'ambito degli uffici ad essi affidati. Non si applica in ogni caso
l'articolo 2103 del codice civile. (1)
(1) Comma aggiunto dall'articolo 2 della Legge 15 luglio 2002, n. 145
ART. 17-bis.
(Vicedirigenza)
1. La
contrattazione collettiva del comparto Ministeri disciplina l'istituzione di
un'apposita area della vicedirigenza nella quale è ricompreso il personale
laureato appartenente alle posizioni C2 e C3, che abbia maturato complessivamente
cinque anni di anzianità in dette posizioni o nelle corrispondenti qualifiche
VIII e IX del precedente ordinamento. In sede di prima applicazione la
disposizione di cui al presente comma si estende al personale non laureato che,
in possesso degli altri requisiti richiesti, sia risultato vincitore di
procedure concorsuali per l'accesso alla ex carriera direttiva anche speciale.
I dirigenti possono delegare ai vice dirigenti parte delle competenze di cui
all'articolo 17.
2. La disposizione di cui al comma 1 si applica, ove compatibile, al
personale dipendente dalle altre amministrazioni di cui all'articolo 1, comma
2, appartenente a posizioni equivalenti alle posizioni C2 e C3 del comparto
Ministeri; l'equivalenza delle posizioni è definita con decreto del Ministro
per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro dell'economia e delle
finanze. Restano salve le competenze delle regioni e degli enti locali secondo
quanto stabilito dall'articolo 27. (1)
(1)
Articolo aggiunto dall'articolo 7 della Legge 15 luglio 2002, n. 145
Articolo 18
Criteri di rilevazione e analisi dei costi e dei rendimenti.
(Art. 18 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 5 del
D.Lgs. n. 470 del 1993)
1. Sulla base delle
indicazioni di cui all'articolo 59 del presente decreto, i dirigenti preposti
ad uffici dirigenziali di livello generale adottano misure organizzative idonee
a consentire la rilevazione e l'analisi dei costi e dei rendimenti
dell'attività amministrativa, della gestione e delle decisioni organizzative.
2. Il Dipartimento della funzione pubblica può chiedere all'Istituto nazionale
di statistica-ISTAT l'elaborazione di norme tecniche e criteri per le
rilevazioni ed analisi di cui al comma 1 e, all'Autorità per l'informatica
nella pubblica amministrazione-AIPA, l'elaborazione di procedure informatiche
standardizzate allo scopo di evidenziare gli scostamenti dei costi e dei
rendimenti rispetto a valori medi e standards.
Articolo 19
Incarichi di funzioni dirigenziali.
(Art. 19 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 11
del D.Lgs. n. 546 del 1993 e poi dall'art. 13 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e
successivamente modificato dall'art. 5 del D.Lgs. n. 387 del 1998)
1. Per il conferimento
di ciascun incarico di funzione dirigenziale si tiene conto, in relazione alla
natura e alle caratteristiche degli obiettivi prefissati, delle attitudini e
delle capacità professionali del singolo dirigente, valutate anche in
considerazione dei risultati conseguiti con riferimento agli obiettivi fissati
nella direttiva annuale e negli altri atti di indirizzo del Ministro. Al
conferimento degli incarichi e al passaggio ad incarichi diversi non si applica
l'articolo 2103 del codice civile. (1)
2. Tutti gli incarichi di funzione dirigenziale nelle amministrazioni dello
Stato, anche ad ordinamento autonomo, sono conferiti secondo le disposizioni
del presente articolo. Con il provvedimento di conferimento dell'incarico,
ovvero con separato provvedimento del Presidente del Consiglio dei ministri o
del Ministro competente per gli incarichi di cui al comma 3, sono individuati
l'oggetto dell'incarico e gli obiettivi da conseguire, con riferimento alle
priorità, ai piani e ai programmi definiti dall'organo di vertice nei propri
atti di indirizzo e alle eventuali modifiche degli stessi che intervengano nel
corso del rapporto, nonché la durata dell'incarico, che deve essere correlata
agli obiettivi prefissati e che, comunque, non può eccedere, per gli incarichi
di funzione dirigenziale di cui ai commi 3 e 4, il termine di tre anni e, per
gli altri incarichi di funzione dirigenziale, il termine di cinque anni. Gli
incarichi sono rinnovabili. Al provvedimento di conferimento dell'incarico
accede un contratto individuale con cui è definito il corrispondente
trattamento economico, nel rispetto dei princípi definiti dall'articolo 24. È
sempre ammessa la risoluzione consensuale del rapporto. (1)
3. Gli
incarichi di Segretario generale di ministeri, gli incarichi di direzione di
struttura articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali e quelli
di livello equivalente sono conferiti con decreto del Presidente della
Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del
Ministro competente, a dirigenti della prima fascia dei ruoli di cui
all'articolo 23 o, con contratto a tempo determinato, a persone in possesso
delle specifiche qualità professionali richieste dal comma 6.
4. Gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale sono
conferiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta
del Ministro competente, a dirigenti della prima fascia dei ruoli di cui
all'articolo 23 o, in misura non superiore al 50 per cento della relativa
dotazione, agli altri dirigenti appartenenti ai medesimi ruoli ovvero, con
contratto a tempo determinato, a persone in possesso delle specifiche qualità
professionali richieste dal comma 6. (1)
4-bis. I criteri di conferimento degli incarichi di funzione dirigenziale
di livello generale, conferiti ai sensi del comma 4 del presente articolo,
tengono conto delle condizioni di pari opportunità di cui all'articolo 7. (2)
5. Gli incarichi di direzione degli uffici di livello dirigenziale sono
conferiti, dal dirigente dell'ufficio di livello dirigenziale generale, ai
dirigenti assegnati al suo ufficio ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera
c).
5-bis. Gli incarichi di cui ai commi da 1 a 5 possono essere conferiti, da
ciascuna amministrazione, entro il limite del 10 per cento della dotazione
organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui
all'articolo 23 e del 5 per cento della dotazione organica di quelli
appartenenti alla seconda fascia, anche a dirigenti non appartenenti ai ruoli
di cui al medesimo articolo 23, purché dipendenti delle amministrazioni di cui
all'articolo 1, comma 2, ovvero di organi costituzionali, previo collocamento
fuori ruolo, comando o analogo provvedimento secondo i rispettivi
ordinamenti.(2)
5-ter. I criteri di conferimento degli incarichi di direzione degli uffici
di livello dirigenziale, conferiti ai sensi del comma 5 del presente articolo,
tengono conto delle condizioni di pari opportunità di cui all'articolo 7. (2)
6. Gli incarichi di cui ai commi da 1 a 5 possono essere conferiti, da
ciascuna amministrazione, entro il limite del 10 per cento della dotazione
organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui
all'articolo 23 e dell'8 per cento della dotazione organica di quelli
appartenenti alla seconda fascia, a tempo determinato ai soggetti indicati dal
presente comma. La durata di tali incarichi, comunque, non può eccedere, per
gli incarichi di funzione dirigenziale di cui ai commi 3 e 4, il termine di tre
anni, e, per gli altri incarichi di funzione dirigenziale, il termine di cinque
anni. Tali incarichi sono conferiti a persone di particolare e comprovata
qualificazione professionale, che abbiano svolto attività in organismi ed enti
pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita
per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito
una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica
desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni
scientifiche o da concrete esperienze di lavoro maturate, anche presso
amministrazioni statali, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla
dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza
universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello
Stato. Il trattamento economico può essere integrato da una indennità
commisurata alla specifica qualificazione professionale, tenendo conto della
temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle
specifiche competenze professionali. Per il periodo di durata dell'incarico, i
dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza
assegni, con riconoscimento dell'anzianità di servizio. (1)
[7. Gli incarichi di direzione degli uffici dirigenziali di cui ai commi
precedenti sono revocati nelle ipotesi di responsabilità dirigenziale per
inosservanza delle direttive generali e per i risultati negativi dell'attività
amministrativa e della gestione, disciplinate dall'articolo 21, ovvero nel caso
di risoluzione consensuale del contratto individuale di cui all'articolo 24,
comma 2. ] (3)
8. Gli incarichi di funzione dirigenziale di cui al comma 3 cessano decorsi
novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo. (1)
9. Degli incarichi di cui ai commi 3 e 4 è data comunicazione al Senato
della Repubblica ed alla Camera dei deputati, allegando una scheda relativa ai
titoli ed alle esperienze professionali dei soggetti prescelti.
10. I dirigenti ai quali non sia affidata la titolarità di uffici
dirigenziali svolgono, su richiesta degli organi di vertice delle
amministrazioni che ne abbiano interesse, funzioni ispettive, di consulenza,
studio e ricerca o altri incarichi specifici previsti dall'ordinamento, ivi
compresi quelli presso i collegi di revisione degli enti pubblici in
rappresentanza di amministrazioni ministeriali. (1)
11. Per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, per il ministero degli
affari esteri nonché per le amministrazioni che esercitano competenze in
materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia e di giustizia, la
ripartizione delle attribuzioni tra livelli dirigenziali differenti è demandata
ai rispettivi ordinamenti.
12. Per il personale di cui all'articolo 3, comma 1, il conferimento degli
incarichi di funzioni dirigenziali continuerà ad essere regolato secondo i
rispettivi ordinamenti di settore. Restano ferme le disposizioni di cui
all'articolo 2 della legge 10 agosto 2000, n. 246. (1)
12-bis. Le disposizioni del presente articolo costituiscono norme non
derogabili dai contratti o accordi collettivi. (2)
(1) Comma
cosi' modificato dall'articolo 3 della Legge 15 luglio 2002, n. 145
(2) Comma aggiunto dall'articolo 3 della Legge 15 luglio 2002, n. 145
Articolo 20
Verifica dei risultati.
(Art. 20 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 6 del
D.Lgs. n. 470 del 1993 e successivamente modificato prima dall'art. 43, comma 1
del D.Lgs. n. 80 del 1998 poi dall'art. 6 del D.Lgs. n. 387 del 1998 e, infine,
dagli artt. 5, comma 5 e 10, comma 2 del D.Lgs. n. 286 del 1999)
1. Per la Presidenza del
Consiglio dei ministri e per le amministrazioni che esercitano competenze in
materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia e di giustizia, le
operazioni di verifica sono effettuate dal Ministro per i dirigenti e dal
Consiglio dei ministri per i dirigenti preposti ad ufficio di livello
dirigenziale generale. I termini e le modalità di attuazione del procedimento
di verifica dei risultati da parte del Ministro competente e del Consiglio dei
ministri sono stabiliti rispettivamente con regolamento ministeriale e con
decreto del Presidente della Repubblica adottato ai sensi dell'articolo 17
della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni ed integrazioni,
ovvero fino alla data di entrata in vigore di tale decreto, provvedimenti dei
singoli ministeri interessati.
Articolo 21
Responsabilità dirigenziale.
(Art. 21, commi 1, 2 e 5 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituiti
prima dall'art. 12 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e poi dall'art. 14 del D.Lgs. n.
80 del 1998 e successivamente modificati dall'art. 7 del D.Lgs. n. 387 del
1998)
1. Il mancato
raggiungimento degli obiettivi, ovvero l'inosservanza delle direttive
imputabili al dirigente, valutati con i sistemi e le garanzie di cui all'articolo
5 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, comportano, ferma restando
l'eventuale responsabilità disciplinare secondo la disciplina contenuta nel
contratto collettivo, l'impossibilità di rinnovo dello stesso incarico
dirigenziale. In relazione alla gravità dei casi, l'amministrazione può,
inoltre, revocare l'incarico collocando il dirigente a disposizione dei ruoli
di cui all'articolo 23, ovvero recedere dal rapporto di lavoro secondo le
disposizioni del contratto collettivo. (1)
[2. Nel caso di grave inosservanza delle direttive impartite dall'organo
competente o di ripetuta valutazione negativa, ai sensi del comma 1, il
dirigente, previa contestazione e contraddittorio, può essere escluso dal
conferimento di ulteriori incarichi di livello dirigenziale corrispondente a
quello revocato, per un periodo non inferiore a due anni. Nei casi di maggiore
gravità, l'amministrazione può recedere dal rapporto di lavoro, secondo le
disposizioni del codice civile e dei contratti collettivi] (2)
3. Restano ferme le disposizioni vigenti per il personale delle qualifiche
dirigenziali delle Forze di polizia, delle carriere diplomatica e prefettizia e
delle Forze armate.
(1) Comma cosi'
modificato dall'articolo 3 della Legge 15 luglio 2002, n. 145
(2) Comma abrogato dall'articolo 3 della Legge 15 luglio 2002, n. 145
Articolo 22
Comitato dei garanti.
(Art. 21, comma 3 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall'art.
14 del D.Lgs. n. 80 del 1998)
1. I
provvedimenti di cui all'articolo 21, comma 1, sono adottati previo conforme
parere di un comitato di garanti, i cui componenti sono nominati con decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri. Il comitato è presieduto da un
magistrato della Corte dei conti, con esperienza nel controllo di gestione, designato
dal Presidente della Corte dei conti; di esso fanno parte un dirigente della
prima fascia dei ruoli di cui all'articolo 23, eletto dai dirigenti dei
medesimi ruoli con le modalità stabilite da apposito regolamento emanato ai
sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su
proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro
dell'economia e delle finanze, e collocato fuori ruolo per la durata del
mandato, e un esperto scelto dal Presidente del Consiglio dei ministri, tra
soggetti con specifica qualificazione ed esperienza nei settori
dell'organizzazione amministrativa del lavoro pubblico. Il parere viene reso
entro trenta giorni dalla richiesta; decorso inutilmente tale termine si
prescinde da parere. Il comitato dura in carica tre anni. L'incarico non è
rinnovabile. (1)
(1) Comma
cosi' modificato dall'articolo 3 della Legge 15 luglio 2002, n. 145
Articolo 23
Ruolo dei dirigenti.
(Art. 23 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 15 del
D.Lgs. n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall'art. 8 del D.Lgs. n.
387 del 1998)
1. In ogni
amministrazione dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, è istituito il
ruolo dei dirigenti, che si articola nella prima e nella seconda fascia, nel
cui ambito sono definite apposite sezioni in modo da garantire la eventuale
specificità tecnica. I dirigenti della seconda fascia sono reclutati attraverso
i meccanismi di accesso di cui all'articolo 28. I dirigenti della seconda
fascia transitano nella prima qualora abbiano ricoperto incarichi di direzione
di uffici dirigenziali generali o equivalenti, in base ai particolari
ordinamenti di cui all'articolo 19, comma 11, per un periodo pari almeno a
cinque anni senza essere incorsi nelle misure previste dall'articolo 21 per le
ipotesi di responsabilità dirigenziale.
2. È assicurata la mobilità dei dirigenti nell'ambito delle amministrazioni
dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, nei limiti dei posti ivi
disponibili. I relativi provvedimenti sono adottati, su domanda
dell'interessato, con decreto del Ministro per la funzione pubblica, sentite
l'amministrazione di provenienza e quella di destinazione. I contratti o
accordi collettivi nazionali disciplinano, secondo il criterio della continuità
dei rapporti e privilegiando la libera scelta del dirigente, gli effetti
connessi ai trasferimenti e alla mobilità in generale in ordine al mantenimento
del rapporto assicurativo con l'ente di previdenza, al trattamento di fine
rapporto e allo stato giuridico legato all'anzianità di servizio e al fondo di
previdenza complementare. La Presidenza del Consiglio dei ministri -
Dipartimento della funzione pubblica cura una banca dati informatica contenente
i dati relativi ai ruoli delle amministrazioni dello Stato. (1)
(1) Articolo cosi' modificato dall'articolo 3 della Legge 15 luglio 2002, n. 145
ART. 23-bis.
(Disposizioni in materia di mobilità tra pubblico e privato).
1. In
deroga all'articolo 60 del testo unico delle disposizioni concernenti lo
statuto degli impiegati civili dello Stato, di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, i dirigenti delle pubbliche
amministrazioni, nonché gli appartenenti alla carriera diplomatica e
prefettizia e, limitamente agli incarichi pubblici, i magistrati ordinari,
amministrativi e contabili e gli avvocati e procuratori dello Stato possono, a
domanda, essere collocati in aspettativa senza assegni per lo svolgimento di
attività presso soggetti e organismi, pubblici o privati, anche operanti in
sede internazionale, i quali provvedono al relativo trattamento previdenziale.
Resta ferma la disciplina vigente in materia di collocamento fuori ruolo nei
casi consentiti. Il periodo di aspettativa comporta il mantenimento della
qualifica posseduta. È sempre ammessa la ricongiunzione dei periodi
contributivi a domanda dell'interessato, ai sensi della legge 7 febbraio 1979,
n. 29, presso una qualsiasi delle forme assicurative nelle quali abbia maturato
gli anni di contribuzione. Quando l'incarico è espletato presso organismi operanti
in sede internazionale, la ricongiunzione dei periodi contributivi è a carico
dell'interessato, salvo che l'ordinamento dell'amministrazione di destinazione
non disponga altrimenti.
2. I dirigenti di cui all'articolo 19, comma 10, sono collocati a domanda
in aspettativa senza assegni per lo svolgimento dei medesimi incarichi di cui
al comma 1 del presente articolo, salvo motivato diniego dell'amministrazione
di appartenenza.
3. Per i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, e per gli
avvocati e procuratori dello Stato, gli organi competenti deliberano il
collocamento in aspettativa, fatta salva per i medesimi la facoltà di valutare
ragioni ostative all'accoglimento della domanda.
4. Nel caso di svolgimento di attività presso soggetti diversi dalle
amministrazioni pubbliche, il periodo di collocamento in aspettativa di cui al
comma 1 non può superare i cinque anni e non è computabile ai fini del
trattamento di quiescenza e previdenza.
5. L'aspettativa per lo svolgimento di attività o incarichi presso soggetti
privati o pubblici da parte del personale di cui al comma 1 non può comunque
essere disposta se:
a) il personale, nei due anni precedenti, è stato addetto a funzioni di
vigilanza, di controllo ovvero, nel medesimo periodo di tempo, ha stipulato
contratti o formulato pareri o avvisi su contratti o concesso autorizzazioni a
favore di soggetti presso i quali intende svolgere l'attività. Ove l'attività
che si intende svolgere sia presso una impresa, il divieto si estende anche al
caso in cui le predette attività istituzionali abbiano interessato imprese che,
anche indirettamente, la controllano o ne sono controllate, ai sensi
dell'articolo 2359 del codice civile;
b) il personale intende svolgere attività in organismi e imprese private
che, per la loro natura o la loro attività, in relazione alle funzioni
precedentemente esercitate, possa cagionare nocumento all'immagine
dell'amministrazione o comprometterne il normale funzionamento o
l'imparzialità.
6. Il dirigente non può, nei successivi due anni, ricoprire incarichi che
comportino l'esercizio delle funzioni individuate alla lettera a) del comma 5.
7. Sulla base di appositi protocolli di intesa tra le parti, le
amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, possono disporre, per singoli
progetti di interesse specifico dell'amministrazione e con il consenso
dell'interessato, l'assegnazione temporanea di personale presso imprese
private. I protocolli disciplinano le funzioni, le modalità di inserimento e
l'eventuale attribuzione di un compenso aggiuntivo, da porre a carico delle
imprese destinatarie.
8. Il servizio prestato dai dipendenti durante il periodo di assegnazione
temporanea di cui al comma 7 costituisce titolo valutabile ai fini della
progressione di carriera.
9. Le disposizioni del presente articolo non trovano comunque applicazione
nei confronti del personale militare e delle Forze di polizia, nonché del Corpo
nazionale dei vigili del fuoco.
10. Con regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della
legge 23 agosto 1988, n. 400, sono individuati i soggetti privati e gli
organismi internazionali di cui al comma 1 e sono definite le modalità e le
procedure attuative del presente articolo. (1)
(1) Articolo aggiunto dall'articolo 7 della Legge 15 luglio 2002, n. 145
Articolo 24
Trattamento economico.
(Art. 24 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 13
del D.Lgs. n. 546 del 1993 e poi dall'art. 16 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e
successivamente modificato prima dall'art. 9 del D.Lgs. n. 387 del 1998 e poi
dall'art. 26, comma 6 della legge n. 448 del 1998)
1. La retribuzione del
personale con qualifica di dirigente è determinata dai contratti collettivi per
le aree dirigenziali, prevedendo che il trattamento economico accessorio sia
correlato alle funzioni attribuite e alle connesse responsabilità. La
graduazione delle funzioni e responsabilità ai fini del trattamento accessorio
è definita, ai sensi dell'articolo 4, con decreto ministeriale per le
amministrazioni dello Stato e con provvedimenti dei rispettivi organi di governo
per le altre amministrazioni o enti, ferma restando comunque l'osservanza dei
criteri e dei limiti delle compatibilità finanziarie fissate dal Presidente del
Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e
della programmazione economica.
2. Per gli incarichi di uffici dirigenziali di livello generale ai sensi
dell'articolo 19, comma 3 e 4, con contratto individuale è stabilito il
trattamento economico fondamentale, assumendo con i parametri di base i valori
economici massimi contemplati dai contratti collettivi per le aree
dirigenziali, e sono determinati gli istituti del trattamento economico
accessorio, collegato al livello di responsabilità attribuito con l'incarico di
funzione ed ai risultati conseguiti nell'attività amministrativa e di gestione,
ed i relativi importi.
3. Il trattamento economico determinato ai sensi dei commi 1 e 2 remunera tutte
le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto previsto dal
presente decreto, nonché qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del
loro ufficio o comunque conferito dall'amministrazione presso cui prestano
servizio o su designazione della stessa; i compensi dovuti dai terzi sono
corrisposti direttamente alla medesima amministrazione e confluiscono nelle
risorse destinate al trattamento economico accessorio della dirigenza.
4. Per il restante personale con qualifica dirigenziale indicato dall'articolo
3, comma 1, la retribuzione è determinata ai sensi dell'articolo 2, commi 5 e
7, della legge 6 marzo 1992, n. 216, nonché dalle successive modifiche ed
integrazioni della relativa disciplina.
5. Il bilancio triennale e le relative leggi finanziarie, nell'àmbito delle
risorse da destinare ai miglioramenti economici delle categorie di personale di
cui all'articolo 3, indicano le somme da destinare, in caso di perequazione, al
riequilibro del trattamento economico del restante personale dirigente civile e
militare non contrattualizzato con il trattamento previsto dai contratti
collettivi nazionali per i dirigenti del comparto ministeri, tenendo conto dei
rispettivi trattamenti economici complessivi e degli incrementi comunque
determinatesi a partire dal febbraio 1993, e secondo i criteri indicati
nell'articolo 1, comma 2, della legge 2 ottobre 1997, n. 334.
6. I fondi per la perequazione di cui all'articolo 2 della legge 2 ottobre
1997, n. 334, destinati al personale di cui all'articolo 3, comma 2, sono
assegnati alle università e da queste utilizzati per l'incentivazione
dell'impegno didattico dei professori e ricercatori universitari, con
particolare riferimento al sostegno dell'innovazione didattica, delle attività
di orientamento è tutorato, della diversificazione dell'offerta formativa. Le
università possono destinare allo stesso scopo propri fondi, utilizzando anche
le somme attualmente stanziate per il pagamento delle supplenze e degli
affidamenti. Le università possono erogare, a valere sul proprio bilancio,
appositi compensi incentivanti ai professori e ricercatori universitari che
svolgono attività di ricerca nell'àmbito dei progetti e dei programmi
dell'Unione europea e internazionali. L'incentivazione, a valere sui fondi di
cui all'articolo 2 della predetta legge n. 334 del 1997, è erogata come assegno
aggiuntivo pensionabile.
7. I compensi spettanti in base a norme speciali ai dirigenti del ruolo unico o
equiparati sono assorbiti nel trattamento economico attribuito ai sensi dei
commi precedenti.
8. Ai fini della determinazione del trattamento economico accessorio le risorse
che si rendono disponibili ai sensi del comma 7 confluiscono in appositi fondi
istituiti presso ciascuna amministrazione, unitamente agli altri compensi
previsti dal presente articolo.
9. Una quota pari al 10 per cento delle risorse di ciascun fondo confluisce in
un apposito fondo costituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.
Le predette quote sono ridistribuite tra i fondi di cui al comma 8, secondo
criteri diretti ad armonizzare la quantità di risorse disponibili.
Articolo 25
Dirigenti delle istituzioni scolastiche.
(Art. 25-bis del D.Lgs. n. 29 del 1993, aggiunto dall'art. 1 del D.Lgs.
n. 59 del 1998; Art. 25-ter del D.Lgs. n. 29 del 1993, aggiunto dall'art. 1 del
D.Lgs. n. 59 del 1998)
1. Nell'àmbito
dell'amministrazione scolastica periferica è istituita la qualifica
dirigenziale per i capi di istituto preposti alle istituzioni scolastiche ed
educative alle quali è stata attribuita personalità giuridica ed autonoma a
norma dell'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive
modificazioni ed integrazioni. I dirigenti scolastici sono inquadrati in ruoli
di dimensioni regionale e rispondono, agli effetti dell'articolo 21, in ordine
ai risultati, che sono valutati tenuto conto della specificità delle funzioni e
sulla base delle verifiche effettuate da un nucleo di valutazione istituito
presso l'amministrazione scolastica regionale, presieduto da un dirigente e
composto da esperti anche non appartenenti all'amministrazione stessa.
2. Il dirigente scolastico assicura la gestione unitaria dell'istituzione, ne
ha la legale rappresentanza, è responsabile della gestione delle risorse
finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio. Nel rispetto delle
competenze degli organi collegiali scolastici, spettano al dirigente scolastico
autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle
risorse umane. In particolare, il dirigente scolastico, organizza l'attività
scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia formative ed è il
titolare delle relazioni sindacali.
3. Nell'esercizio delle competenze di cui al comma 2, il dirigente scolastico
promuove gli interventi per assicurare la qualità dei processi formativi e la
collaborazione delle risorse culturali, professionali, sociali ed economiche
del territorio, per l'esercizio della libertà di insegnamento, intesa anche
come libertà di ricerca e innovazione metodologica e didattica, per l'esercizio
della libertà di scelta educativa delle famiglie e per l'attuazione del diritto
all'apprendimento da parte degli alunni.
4. Nell'àmbito delle funzioni attribuite alle istituzioni scolastiche, spetta
al dirigente l'adozione dei provvedimenti di gestione delle risorse e del
personale.
5. Nello svolgimento delle proprie funzioni organizzative e amministrative il
dirigente può avvalersi di docenti da lui individuati, ai quali possono essere
delegati specifici compiti, ed è coadiuvato dal responsabile amministrativo,
che sovrintende, con autonomia operativa, nell'àmbito delle direttive di
massima impartite e degli obiettivi assegnati, ai servizi amministrativi ed ai
servizi generali dell'istituzione scolastica, coordinando il relativo
personale.
6. Il dirigente presenta periodicamente al consiglio di circolo o al consiglio
di istituto motivata relazione sulla direzione e il coordinamento dell'attività
formativa, organizzativa e amministrativa al fine di garantire la più ampia
informazione e un efficace raccordo per l'esercizio delle competenze degli
organi della istituzione scolastica.
7. I capi di istituto con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ivi
compresi i rettori e i vicerettori dei convitti nazionali, le direttrici e vice
direttrici degli educandati, assumono la qualifica di dirigente, previa
frequenza di appositi corsi di formazione, all'atto della preposizione alle
istituzioni scolastiche dotate di autonomia e della personalità giuridica a
norma dell'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive
modificazioni ed integrazioni, salvaguardando, per quanto possibile, la
titolarità della sede di servizio.
8. Il Ministro della pubblica istruzione, con proprio decreto, definisce gli
obiettivi, i contenuti e la durata della formazione; determina la modalità di
partecipazione ai diversi moduli formativi e delle connesse verifiche;
definisce i criteri di valutazione e di certificazione della qualità di ciascun
corso; individua gli organi dell'amministrazione scolastica responsabili
dell'articolazione e del coordinamento dei corsi sul territori, definendone i
criteri; stabilisce le modalità di svolgimento dei corsi con il loro affidamento
ad università, agenzie specializzate ed enti pubblici e privati anche tra loro
associati o consorziati.
9. La direzione dei conservatori di musica, delle accademie di belle arti,
degli istituti superiori per le industrie artistiche e delle accademie
nazionali di arte drammatica e di danza, è equiparata alla dirigenza dei capi
d'istituto. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione sono
disciplinate le modalità di designazione e di conferimento e la durata
dell'incarico, facendo salve le posizioni degli attuali direttori di ruolo.
10. Contestualmente all'attribuzione della qualifica dirigenziale, ai
vicerettori dei convitti nazionali e delle vicedirettrici degli educandati sono
soppressi i corrispondenti posti. Alla conclusione delle operazioni sono
soppressi i relativi ruoli.
11. I capi d'istituto che rivestano l'incarico di Ministro o Sottosegretario di
Stato, ovvero siano in aspettativa per mandato parlamentare o amministrativo o
siano in esonero sindacale, distaccati, comandati, utilizzati o collocati fuori
ruolo possono assolvere all'obbligo di formazione mediante la frequenza di
appositi moduli nell'àmbito della formazione prevista dal presente articolo,
ovvero della formazione di cui all'articolo 29. In tale ultimo caso
l'inquadramento decorre ai fini giuridici dalla prima applicazione degli
inquadramenti di cui al comma 7 ed ai fini economici dalla data di assegnazione
ad una istituzione scolastica autonoma.
Articolo 26
Norme per la dirigenza del Servizio sanitario nazionale.
(Art. 26, commi 1, 2-quinquies e 3 del D.Lgs. n. 29 del 1993,
modificati prima dall'art. 14 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e poi dall'art. 45,
comma 15 del D.Lgs. n. 80 del 1998)
1. Alla qualifica di
dirigente dei ruoli professionale, tecnico ed amministrativo del Servizio
sanitario nazionale si accede mediante concorso pubblico per titoli ed esami,
al quale sono ammessi candidati in possesso del relativo diploma di laurea, con
cinque anni di servizio effettivo corrispondente alla medesima professionalità
prestato in enti del Servizio sanitario nazionale nella posizione funzionale di
settimo e ottavo livello, ovvero in qualifiche funzionali di settimo, ottavo e
nono livello di altre pubbliche amministrazioni. Relativamente al personale del
ruolo tecnico e professionale, l'ammissione è altresì consentita ai candidati
in possesso di esperienza lavorative con rapporto di lavoro
libero-professionale o di attività coordinata e continuata presso enti o
pubbliche amministrazioni, ovvero di attività documentate presso studi professionali
privati, società o istituti di ricerca, aventi contenuto analogo a quello
previsto per corrispondenti profili del ruolo medesimo.
2. Nell'attribuzione degli incarichi dirigenziali determinati in relazione alla
struttura organizzativa derivante dalle leggi regionali di cui all'articolo 3
del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si deve tenere conto della
posizione funzionale posseduta dal relativo personale all'atto
dell'inquadramento nella qualifica di dirigente. È assicurata la corrispondenza
di funzioni, a parità di struttura organizzativa, dei dirigenti di più elevato
livello dei ruoli di cui al comma 1 con i dirigenti di secondo livello del
ruolo sanitario.
3. Fino alla ridefinizione delle piante organiche non può essere disposto alcun
incremento dalle dotazioni organiche per ciascuna delle attuali posizioni
funzionali dirigenziali del ruolo sanitario, professionale, tecnico ed
amministrativo.
Articolo 27
Criteri di adeguamento per le pubbliche amministrazioni non statali.
(Art. 27-bis del D.Lgs. n. 29 del 1993, aggiunto dall'art. 17 del
D.Lgs. n. 80 del 1998)
1. Le regioni a statuto
ordinario, nell'esercizio della propria potestà statutaria, legislativa e
regolamentare, e le altre pubbliche amministrazioni nell'esercizio della
propria potestà statutaria e regolamentare, adeguano ai princìpi dell'articolo
4 e del presente capo i propri ordinamenti, tenendo conto delle relative
peculiarità. Gli enti pubblici non economici nazionali si adeguano, anche in
deroga alle speciali disposizioni di legge che li disciplinano, adottando
appositi regolamenti di organizzazione.
2. Le pubbliche amministrazioni di cui al comma 1 trasmettono, entro due mesi
dalla adozione, le deliberazioni, le disposizioni ed i provvedimenti adottati
in attuazione del medesimo comma alla Presidenza del Consiglio dei ministri,
che ne cura la raccolta e la pubblicazione.
Sezione II - Accesso alla dirigenza e riordino della
Scuola superiore della pubblica amministrazione
Articolo 28
Accesso alla qualifica di dirigente.
(Art. 28 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 8 del
D.Lgs. n. 470 del 1993, poi dall'art. 15 del D.Lgs. n. 546 del 1993,
successivamente modificato dall'art. 5-bis del decreto legge n. 163 del 1995,
convertito con modificazioni della legge n. 273 del 1995, e poi nuovamente
sostituito dall'art. 10 del D.Lgs. n. 387 del 1998)
1.
L'accesso alla qualifica di dirigente nelle amministrazioni statali, anche ad
ordinamento autonomo, e negli enti pubblici non economici avviene per concorso
per esami indetto dalle singole amministrazioni ovvero per corso-concorso
selettivo di formazione bandito dalla Scuola superiore della pubblica
amministrazione.
2. Al concorso per esami possono essere ammessi i dipendenti di ruolo delle
pubbliche amministrazioni, muniti di laurea, che abbiano compiuto almeno cinque
anni di servizio, svolti in posizioni funzionali per l'accesso alle quali è
richiesto il possesso del diploma di laurea. Per i dipendenti delle
amministrazioni statali reclutati a seguito di corso-concorso, il periodo di
servizio è ridotto a quattro anni. Sono, altresí, ammessi soggetti in possesso
della qualifica di dirigente in enti e strutture pubbliche non ricomprese nel
campo di applicazione dell'articolo 1, comma 2, muniti del diploma di laurea,
che hanno svolto per almeno due anni le funzioni dirigenziali. Sono, inoltre,
ammessi coloro che hanno ricoperto incarichi dirigenziali o equiparati in
amministrazioni pubbliche per un periodo non inferiore a cinque anni, purché
muniti di diploma di laurea. Sono altresí ammessi i cittadini italiani, forniti
di idoneo titolo di studio universitario, che hanno maturato, con servizio
continuativo per almeno quattro anni presso enti od organismi internazionali,
esperienze lavorative in posizioni funzionali apicali per l'accesso alle quali
è richiesto il possesso del diploma di laurea.
3. Al corso-concorso selettivo di formazione possono essere ammessi, con le
modalità stabilite nel regolamento di cui al comma 5, soggetti muniti di laurea
nonché di uno dei seguenti titoli: laurea specialistica, diploma di
specializzazione, dottorato di ricerca, o altro titolo post-universitario
rilasciato da istituti universitari italiani o stranieri, ovvero da primarie
istituzioni formative pubbliche o private, secondo modalità di riconoscimento
disciplinate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti il
Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e la Scuola
superiore della pubblica amministrazione. Al corso-concorso possono essere ammessi
dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, muniti di laurea, che
abbiano compiuto almeno cinque anni di servizio, svolti in posizioni funzionali
per l'accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea. Possono
essere ammessi, altresí, dipendenti di strutture private, collocati in
posizioni professionali equivalenti a quelle indicate nel comma 2 per i
dipendenti pubblici, secondo modalità individuate con decreto del Presidente
del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23
agosto 1988, n. 400. Tali dipendenti devono essere muniti del diploma di laurea
e avere maturato almeno cinque anni di esperienza lavorativa in tali posizioni
professionali all'interno delle strutture stesse.
4. Il corso di cui al comma 3 ha la durata di quindici mesi ed è seguito,
previo superamento di esame, da un trimestre di applicazione presso
amministrazioni pubbliche o private. Al termine, i candidati sono sottoposti ad
un esame-concorso finale. Ai partecipanti al corso e al periodo di applicazione
è corrisposta una borsa di studio a carico della Scuola superiore della
pubblica amministrazione.
5. Con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge
23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per la funzione pubblica
sentita, per la parte relativa al corso-concorso, la Scuola superiore della
pubblica amministrazione, sono definiti:
a) le percentuali, sul complesso dei posti di dirigente disponibili,
riservate al concorso per esami e, in misura non inferiore al 30 per cento, al
corso-concorso;
b) la percentuale di posti che possono essere riservati al personale di
ciascuna amministrazione che indíce i concorsi pubblici per esami;
c) i criteri per la composizione e la nomina delle commissioni
esaminatrici;
d) le modalità di svolgimento delle selezioni, prevedendo anche la
valutazione delle esperienze di servizio professionali maturate nonché, nella
fase di prima applicazione del concorso di cui al comma 2, una riserva di posti
non superiore al 30 per cento per il personale appartenente da almeno quindici
anni alla qualifica apicale, comunque denominata, della carriera direttiva;
e) l'ammontare delle borse di studio per i partecipanti al corso-concorso.
6. I vincitori dei concorsi di cui al comma 2, anteriormente al
conferimento del primo incarico dirigenziale, frequentano un ciclo di attività
formative organizzato dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione e
disciplinato ai sensi del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 287. Tale
ciclo può comprendere anche l'applicazione presso amministrazioni italiane e
straniere, enti o organismi internazionali, istituti o aziende pubbliche o
private. Il medesimo ciclo formativo, di durata non superiore a dodici mesi,
può svolgersi anche in collaborazione con istituti universitari italiani o
stranieri, ovvero primarie istituzioni formative pubbliche o private.
7. Le amministrazioni di cui al comma 1 comunicano annualmente alla
Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica il
numero dei posti disponibili riservati alla selezione mediante corso-concorso.
8. Restano ferme le vigenti disposizioni in materia di accesso alle
qualifiche dirigenziali delle carriere diplomatica e prefettizia, delle Forze
di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
9. Per le finalità di cui al presente articolo, è attribuito alla Scuola
superiore della pubblica amministrazione un ulteriore contributo di 1.500
migliaia di euro a decorrere dall'anno 2002.
10. All'onere derivante dall'attuazione del comma 9, pari a 1.500 migliaia
di euro a decorrere dall'anno 2002, si provvede mediante corrispondente
riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale
2002-2004, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente
"Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero
dell'economia e delle finanze per l'anno 2002, allo scopo parzialmente
utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero. (1)
(1) Articolo cosi' modificato dall'articolo 3 della Legge 15 luglio 2002, n. 145.
Articolo 29
Reclutamento dei dirigenti scolastici.
(Art. 28-bis del D.Lgs. n. 29 del 1993, aggiunto dall'art. 1 del D.Lgs.
n. 59 del 1998 e successivamente modificato dall'art. 11, comma 15 della legge
n. 124 del 1999)
1. Il reclutamento dei
dirigenti scolastici si realizza mediante un corso concorso selettivo di
formazione, indetto con decreto del Ministro della pubblica istruzione, svolto
in sede regionale con cadenza periodica, comprensivo di moduli di formazione comune
e di moduli di formazione specifica per la scuola elementare e media, per la
scuola secondaria superiore e per gli istituti educativi. Al corso concorso è
ammesso il personale docente ed educativo delle istituzioni statali che abbia
maturato, dopo la nomina in ruolo, un servizio effettivamente prestato di
almeno sette anni con possesso di laurea, nei rispettivi settori formativi,
fatto salvo quanto previsto al comma 4.
2. Il numero di posti messi a concorso in sede regionale rispettivamente per la
scuola elementare e media, per la scuola secondaria superiore e per le
istituzioni educative è calcolato sommando i posti già vacanti e disponibili
per la nomina in ruolo alla data della sua indizione, residuati dopo gli
inquadramenti di cui all'articolo 25, ovvero dopo la nomina di tutti i
vincitori del precedente concorso, e i posti che si libereranno nel corso del
triennio successivo per collocamento a riposo per limiti di età, maggiorati
della percentuale media triennale di cessazione dal servizio per altri motivi e
di un'ulteriore percentuale del 25 per cento, tenendo conto dei posti da
riservare alla mobilità.
3. Il corso concorso, si articola in una selezione per titoli, in un concorso
di ammissione, in un periodo di formazione e in un esame finale. Al concorso di
ammissione accedono coloro che superano la selezione per titoli disciplinata
dal bando di concorso. Sono ammessi al periodo di formazione i candidati
utilmente inseriti nella graduatoria del concorso di ammissione entro il limite
del numero dei posti messi a concorso a norma del comma 2 rispettivamente per
la scuola elementare e media, per la scuola secondaria superiore e per le
istituzioni educative, maggiorati del dieci per cento. Nel primo corso
concorso, bandito per il numero di posti determinato ai sensi del comma 2 dopo
l'avvio delle procedure di inquadramento di cui all'articolo 25, il 50 per
cento dei posti così determinati è riservato a coloro che abbiano
effettivamente ricoperto per almeno un triennio le funzioni di preside
incaricato previo superamento di un esame di ammissione a loro riservato. Ai
fini dell'accesso al corso di formazione il predetto personale viene graduato
tenendo conto dell'esito del predetto esame di ammissione, dei titoli culturali
e professionali posseduti e dell'anzianità di servizio maturata quale preside
incaricato.
4. Il periodo di formazione, di durata non inferiore a quello previsto dal
decreto di cui all'articolo 25, comma 2, comprende periodi di tirocinio ed
esperienze presso enti e istituzioni; il numero dei moduli di formazione comune
e specifica, i contenuti, la durata e le modalità di svolgimento sono
disciplinati con decreto del Ministro della pubblica istruzione, d'intesa con
il Ministro per la funzione pubblica, che individua anche i soggetti abilitati
a realizzare la formazione. Con lo stesso decreto sono disciplinati i requisiti
e i limiti di partecipazione al corso concorso per posti non coerenti con la
tipologia del servizio prestato.
5. In esito all'esame finale sono dichiarati vincitori coloro che l'hanno
superato, in numero non superiore ai posti messi a concorso, rispettivamente
per la scuola elementare e media, per la scuola secondaria e per le istituzioni
educative. Nel primo corso concorso bandito dopo l'avvio delle procedure
d'inquadramento di cui all'articolo 25, il 50 per cento dei posti messi a
concorso è riservato al personale in possesso dei requisiti di servizio come
preside incaricato indicati al comma 3. I vincitori sono assunti in ruolo nel
limite dei posti annualmente vacanti e disponibili, nell'ordine delle
graduatorie definitive. In caso di rifiuto della nomina sono depennati dalla
graduatoria. L'assegnazione della sede è disposta sulla base dei princìpi del
presente decreto, tenuto conto delle specifiche esperienze professionali. I
vincitori in attesa di nomina continuano a svolgere l'attività docente. Essi
possono essere temporaneamente utilizzati, per la sostituzione dei dirigenti
assenti per almeno tre mesi. Dall'anno scolastico successivo alla data di
approvazione della prima graduatoria non sono più conferiti incarichi di
presidenza.
6. Alla frequenza dei moduli di formazione specifica sono ammessi, nel limite
del contingente stabilito in sede di contrattazione collettiva, anche i
dirigenti che facciano domanda di mobilità professionale tra i diversi settori.
L'accoglimento della domanda è subordinato all'esito positivo dell'esame finale
relativo ai moduli frequentati.
7. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del
Ministro della pubblica istruzione, di concerto col Ministro per la funzione
pubblica sono definiti i criteri per la composizione delle commissioni
esaminatrici.
Capo III - Uffici, piante organiche, mobilità e
accessi
Articolo 30
Passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse.
(Art. 33 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 13
del D.Lgs. n. 470 del 1993 e poi dall'art. 18 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e
successivamente modificato dall'art. 20, comma 2 della legge n. 488 del 1999)
1. Le amministrazioni possono
ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti
appartenenti alla stessa qualifica in servizio presso altre amministrazioni,
che facciano domanda di trasferimento. Il trasferimento è disposto previo
consenso dell'amministrazione di appartenenza.
2. I contratti collettivi nazionali possono definire le procedure e i criteri
generali per l'attuazione di quanto previsto dal comma 1.
Articolo 31
Passaggio di dipendenti per effetto di trasferimento di attività.
(Art. 34 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 19 del
D.Lgs. n. 80 del 1998)
1. Fatte salvo le
disposizioni speciali, nel caso di trasferimento o conferimento di attività,
svolte da pubbliche amministrazioni, enti pubblici o loro aziende o strutture,
ad altri soggetti, pubblici o privati, al personale che passa alle dipendenze
di tali soggetti si applicano l'articolo 2112 del codice civile e si osservano
le procedure di informazione e di consultazione di cui all'articolo 47, commi
da 1 a 4, della legge 29 dicembre 1990, n. 428.
Articolo 32
Scambio di funzionari appartenenti a Paesi diversi e temporaneo
servizio all'estero.
(Art. 33-bis del D.Lgs. n. 29 del 1993, aggiunto dall'art. 11 del
D.Lgs. n. 387 del 1998)
1. Anche al fine di favorire
lo scambio internazionale di esperienze amministrative, i dipendenti delle
amministrazioni pubbliche, a seguito di appositi accordi di reciprocità
stipulati tra la amministrazioni interessate, d'intesa con il Ministero degli
affari esteri ed il Dipartimento della funzione pubblica, possono essere
destinati a prestare temporaneamente servizio presso amministrazioni pubbliche
degli Stati membri dell'Unione europea, degli Stati candidati all'adesione e di
altri Stati con cui l'Italia intrattiene rapporti di collaborazione, nonché
presso gli organismi dell'Unione europea e le organizzazioni ed enti
internazionali cui l'Italia aderisce.
2. Il trattamento economico potrà essere a carico delle amministrazioni di
provenienza, di quelle di destinazione o essere suddiviso tra esse, ovvero
essere rimborsato in tutto o in parte allo Stato italiano dall'Unione europea o
da una organizzazione o ente internazionale.
3. Il personale che presta temporaneo servizio all'estero resta a tutti gli
effetti dipendente dell'amministrazione di appartenenza. L'esperienza maturata
all'estero è valutata ai fini dello sviluppo professionale degli interessati.
Articolo 33
Eccedenze di personale e mobilità collettiva.
(Art. 35 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 14
del D.Lgs. n. 470 del 1993 e dall'art. 16 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e poi
dall'art. 20 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall'art.
12 del D.Lgs. n. 387 del 1998)
1. Le pubbliche
amministrazioni che rilevino eccedenze di personale sono tenute ad informare
preventivamente le organizzazioni sindacali di cui al comma 3 e ad osservare le
procedure previste dal presente articolo. Si applicano, salvo quanto previsto
dal presente articolo, le disposizioni di cui alla legge 23 luglio 1991, n.
223, ed in particolare l'articolo 4, comma 11 e l'articolo 5, commi 1 e 2, e
successive modificazioni ed integrazioni.
2. Il presente articolo trova applicazione quando l'eccedenza rilevata riguardi
almeno dieci dipendenti. Il numero di dieci unità si intende raggiunto anche in
caso di dichiarazione di eccedenza distinte nell'arco di un anno. In caso di
eccedenze per un numero inferiore a 10 unità agli interessati si applicano le
disposizioni previste dai commi 7 e 8.
3. La comunicazione preventiva di cui all'articolo 4, comma 2, della legge 23
luglio 1991, n. 223, viene fatta alle rappresentanze unitarie del personale e
alle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale del
comparto o area. La comunicazione deve contenere l'indicazione dei motivi che
determinano la situazione di eccedenza; dei motivi tecnici e organizzativi per
i quali si ritiene di non poter adottare misure idonee a riassorbire le
eccedenze all'interno della medesima amministrazione; del numero, della
collocazione, delle qualifiche del personale eccedente, nonché del personale
abitualmente impiegato, delle eventuali proposte per risolvere la situazione di
eccedenza e dei relativi tempi di attuazione, delle eventuali misure
programmate per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale dell'attuazione
delle proposte medesime.
4. Entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1, a
richiesta delle organizzazioni sindacali di cui al comma 3, si procede
all'esame delle cause che hanno contribuito a determinare l'eccedenza del
personale e delle possibilità di diversa utilizzazione del personale eccedente,
o di una sua parte. L'esame è diretto a verificare le possibilità di pervenite
ad un accordo sulla ricollocazione totale o parziale del personale eccedente o nell'àmbito
della stessa amministrazione, anche mediante il ricorso a forme flessibili di
gestione del tempo di lavoro o a contratti di solidarietà, ovvero presso altre
amministrazioni comprese nell'àmbito della Provincia o in quello diverso
determinato ai sensi del comma 6. Le organizzazioni sindacali che partecipano
all'esame hanno diritto di ricevere, in relazione a quanto comunicato
dall'amministrazione, le informazioni necessarie ad un utile confronto.
5. La procedura si conclude decorsi quarantacinque giorni dalla data del
ricevimento della comunicazione di cui al comma 3, o con l'accordo o con
apposito verbale nel quale sono riportate le diverse posizioni delle parti. In
caso di disaccordo, le organizzazioni sindacali possono richiedere che il confronto
prosegua, per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e
gli enti pubblici nazionali, presso il Dipartimento della funzione pubblica
della Presidenza del Consiglio dei ministri, con l'assistenza dell'Agenzia per
la rappresentazione negoziale delle pubbliche amministrazioni - ARAN, e per le
altre amministrazioni, ai sensi degli articoli 3 e 4 del decreto legislativo 23
dicembre 1997, n. 469, e successive modificazioni ed integrazioni. La procedura
si conclude in ogni caso entro sessanta giorni dalla comunicazione di cui al
comma 1.
6. I contratti collettivi nazionali possono stabilire criteri generali e
procedure per consentire, tenuto conto delle caratteristiche del comparto, la
gestione delle eccedenze di personale attraverso il passaggio diretto ad altre
amministrazioni nell'àmbito della provincia o in quello diverso che, in
relazione alla distribuzione territoriale delle amministrazioni o alla
situazione del mercato del lavoro, sia stabilito dai contratti collettivi
nazionali. Si applicano le disposizioni dell'articolo 30.
7. Conclusa la procedura di cui ai commi 3, 4 e 5, l'amministrazione colloca in
disponibilità il personale che non sia possibile impiegare diversamente
nell'àmbito della medesima amministrazione e che non possa essere ricollocato
presso altre amministrazioni, ovvero che non abbia preso servizio presso la
diversa amministrazione che, secondo gli accordi intervenuti ai sensi dei commi
precedenti, ne avrebbe consentito la ricollocazione.
8. Dalla data di collocamento in disponibilità restano sospese tutte le
obbligazioni inerenti al rapporto di lavoro e il lavoratore ha diritto ad
un'indennità pari all'80 per cento dello stipendio e dell'indennità integrativa
speciale, con esclusione di qualsiasi altro emolumento retributivo comunque
denominato, per la durata massima di ventiquattro mesi. I periodi di godimento
dell'indennità sono riconosciuti ai fini della determinazione dei requisiti di
accesso alla pensione e della misura della stessa. È riconosciuto altresì il diritto
all'assegno per il nucleo familiare di cui all'articolo 2 del decreto-legge 13
marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988,
n. 153, e successive modificazioni ed integrazioni.
Articolo 34
Gestione del personale in disponibilità.
(Art. 35-bis del D.Lgs. n. 29 del 1993, aggiunto dall'art. 21 del
D.Lgs. n. 80 del 1998)
1. Il personale in
disponibilità è iscritto in appositi elenchi.
2. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo e per gli
enti pubblici non economici nazionali, il Dipartimento della funzione pubblica
della Presidenza del Consiglio dei ministri forma e gestisce l'elenco,
avvalendosi anche, ai fini della riqualificazione professionale del personale e
della sua ricollocazione in altre amministrazioni, della collaborazione delle
strutture regionali e provinciali di cui al decreto legislativo 23 dicembre
1997, n. 469, e realizzando opportune forme di coordinamento con l'elenco di
cui al comma 3.
3. Per le altre amministrazioni, l'elenco è tenuto dalle strutture regionali e
provinciali di cui al decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e
successive modificazioni ed integrazioni, alle quali sono affidati i compiti di
riqualificazione professionale e ricollocazione presso altre amministrazioni
del personale. Le leggi regionali previste dal decreto legislativo 23 dicembre
1997, n. 469, nel provvedere all'organizzazione del sistema regionale per
l'impiego, si adeguano ai princìpi di cui al comma 2.
4. Il personale in disponibilità iscritto negli appositi elenchi ha diritto
all'indennità di cui all'articolo 33, comma 8, per la durata massima ivi
prevista. La spesa relativa grava sul bilancio dell'amministrazione di
appartenenza sino al trasferimento ad altra amministrazione, ovvero al
raggiungimento del periodo massimo di fruizione dell'indennità di cui al
medesimo comma 8. Il rapporto di lavoro si intende definitivamente risolto a
tale data, fermo restando quanto previsto nell'articolo 33. Gli oneri sociali
relativi alla retribuzione goduta al momento del collocamento in disponibilità
sono corrisposti dall'amministrazione di appartenenza all'ente previdenziale di
riferimento per tutto il periodo della disponibilità.
5. I contratti collettivi nazionali possono riservare appositi fondi per la
riqualificazione professionale del personale trasferito ai sensi dell'articolo
33 o collocato in disponibilità e per favorire forme di incentivazione alla
ricollocazione del personale, in particolare mediante mobilità volontaria.
6. Nell'àmbito della programmazione triennale del personale di cui all'articolo
39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni ed
integrazioni, le nuove assunzioni sono subordinate alla verificata
impossibilità di ricollocare il personale in disponibilità iscritto
nell'apposito elenco.
7. Per gli enti pubblici territoriali le economie derivanti dalla minore spesa
per effetto del collocamento in disponibilità restano a disposizione del loro
bilancio e possono essere utilizzate per la formazione e la riqualificazione
del personale nell'esercizio successivo.
8. Sono fatte salve le procedure di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000,
n. 267, relative al collocamento in disponibilità presso gli enti che hanno
dichiarato il dissesto.
Articolo 35
Reclutamento del personale.
(Art. 36, commi da 1 a 6 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituiti
prima dall'art. 17 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e poi dall'art. 22 del D.Lgs. n.
80 del 1998, successivamente modificati dall'art. 2, comma 2-ter del decreto
legge 17 giugno 1999, n. 180 convertito con modificazioni dalla legge n. 269
del 1999; Art. 36-bis del D.Lgs. n. 29 del 1993, aggiunto dall'art. 23 del
D.Lgs. n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall'art. 274, comma 1 lett.
aa) del D.Lgs. n. 267 del 2000)
1. L'assunzione nelle
amministrazioni pubbliche avviene con contratto individuale di lavoro:
a) tramite procedure selettive, conformi ai princìpi del comma 3, volte
all'accertamento della professionalità richiesta, che garantiscono in misura
adeguata l'accesso dall'esterno;
b) mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi
della legislazione vigente per le qualifiche e profili per i quali è richiesto
il solo requisito della scuola dell'obbligo, facendo salvi gli eventuali
ulteriori requisiti per specifiche professionalità.
2. Le assunzioni obbligatorie da parte delle amministrazioni pubbliche, aziende
ed enti pubblici dei soggetti di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68, avvengono
per chiamata numerica degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi della
vigente normativa, previa verifica della compatibilità della invalidità con le
mansioni da svolgere. Per il coniuge superstite e per i figli del personale
delle Forze armate, delle Forze dell'ordine, del Corpo nazionale dei vigili del
fuoco e del personale della Polizia municipale deceduto nell'espletamento del
servizio, nonché delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata
di cui alla legge 13 agosto 1980, n. 466, e successive modificazioni ed
integrazioni, tali assunzioni avvengono per chiamata diretta nominativa.
3. Le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni si conformano
ai seguenti princìpi:
a) adeguata pubblicità della selezione e modalità di svolgimento che
garantiscono l'imparzialità e assicurino economicità e celerità di
espletamento, ricorrendo, ove è opportuno, all'ausilio di sistemi
automatizzati, diretti anche a realizzare forme di preselezione;
b) adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il
possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla
posizione da ricoprire;
c) rispetto delle pari opportunità tra lavoratrici e lavoratori;
d) decentramento delle procedure di reclutamento;
e) composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di provata
competenza nelle materie di concorso, scelti tra funzionari delle
amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime, che non siano componenti
dell'organo di direzione politica dell'amministrazione, che non ricoprano
cariche politiche e che non siano rappresentanti sindacali o designati dalle
confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali.
4. Le determinazioni relative all'avvio di procedure di reclutamento sono
adottate da ciascuna amministrazione o ente sulla base della programmazione
triennale del fabbisogno di personale deliberata ai sensi dell'articolo 39
della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni ed
integrazioni. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento
autonomo, l'avvio delle procedure è subordinato alla previa deliberazione del
Consiglio dei ministri adottata ai sensi dell'articolo 39, comma 3, della legge
27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni ed integrazioni.
5. I concorsi pubblici per le assunzioni nelle amministrazioni dello Stato e
nelle aziende autonome si espletano di norma a livello regionale. Eventuali
deroghe, per ragioni tecnico-amministrative o di economicità, sono autorizzate
dal Presidente del Consiglio dei ministri. Per gli uffici aventi sede
regionale, compartimentale o provinciale possono essere banditi concorsi unici
circoscrizionali per l'accesso alle varie professionalità.
6. Ai fini delle assunzioni di personale presso la Presidenza del Consiglio dei
ministri e le amministrazioni che esercitano competenze istituzionali in
materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia, di giustizia ordinaria,
amministrativa, contabile e di difesa in giudizio dello Stato, si applica il
disposto di cui all'articolo 26 della legge 1° febbraio
1989, n. 53, e successive modificazioni ed integrazioni.
7. Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi degli enti locali
disciplina le dotazioni organiche, le modalità di assunzione agli impieghi, i
requisiti di accesso e le procedure concorsuali, nel rispetto dei princìpi
fissati dai commi precedenti.
Articolo 36
Forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale.
(Art. 36, commi 7e 8 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituiti prima
dall'art. 17 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e poi dall'art. 22 del D.Lgs. n. 80 del
1998)
1. Le pubbliche
amministrazioni, nel rispetto delle disposizioni sul reclutamento del personale
di cui ai commi precedenti, si avvalgono delle forme contrattuali flessibili di
assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi
sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa. I contratti collettivi
nazionali provvedono a disciplinare la materia dei contratti a tempo
determinato, dei contratti collettivi nazionali provvedono a disciplinare la
materia dei contratti a tempo determinato, dei contratti di formazione e
lavoro, degli altri rapporti formativi e della fornitura di prestazioni di
lavoro temporaneo, in applicazione di quanto previsto dalla legge 18 aprile
1962, n. 230, dall'articolo 23 della legge 28 febbraio 1987, n. 56,
dall'articolo 3 del decreto legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con
modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, dall'articolo 16 del
decreto legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito con modificazioni, dalla legge
19 luglio 1994, n. 451, dalla legge 24 giugno 1997, n. 196, nonché da ogni
successiva modificazione o integrazione della relativa disciplina.
2. In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti
l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche
amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a
tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando
ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al
risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di
disposizioni imperative. Le amministrazioni hanno l'obbligo di recuperare le
somme pagate a tale titolo nei confronti dei dirigenti responsabili, qualora la
violazione sia dovuta a dolo o colpa grave.
Articolo 37
Accertamento delle conoscenze informatiche e di lingue straniere nei
concorsi pubblici.
(Art. 36-ter del D.Lgs. n. 29 del 1993, aggiunto dall'art. 13 del
D.Lgs. n. 387 del 1998)
1. A decorrere dal 1° gennaio 2000 i bandi di concorso per l'accesso alle pubbliche
amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, prevedono l'accertamento della
conoscenza dell'uso delle apparecchiature e delle applicazioni informatiche più
diffuse e di almeno una lingua straniera.
2. Per i dirigenti il regolamento di cui all'articolo 28 definisce il livello
di conoscenza richiesto e le modalità per il relativo accertamento.
3. Per gli altri dipendenti delle amministrazioni dello Stato, con regolamento
emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400,
e successive modificazioni ed integrazioni, su proposta del Presidente del
Consiglio dei ministri, sono stabiliti i livelli di conoscenza, anche in
relazione alla professionalità cui si riferisce il bando, e le modalità per
l'accertamento della conoscenza medesima. Il regolamento stabilisce altresì i
casi nei quali il comma 1 non si applica.
Articolo 38
Accesso dei cittadini degli Stati membri della Unione europea.
(Art. 37 D.Lgs. n. 29 del 1993, come modificato dall'art. 24 del D.Lgs.
n. 80 del 1998)
1. I cittadini degli Stati
membri dell'Unione europea possono accedere ai posti di lavoro presso le
amministrazioni pubbliche che non implicano esercizio diretto o indiretto di
pubblici poteri, ovvero non attengono alla tutela dell'interesse nazionale.
2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi
dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni
ed integrazioni, sono individuati i posti e le funzioni per i quali non può
prescindersi dal possesso della cittadinanza italiana, nonché i requisiti
indispensabili all'accesso dei cittadini di cui al comma 1.
3. Nei casi in cui non sia intervenuta una disciplina di livello comunitario,
all'equiparazione dei titoli di studio e professionali si provvede con decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta dei Ministri
competenti. Con eguale procedura si stabilisce l'equivalenza tra i titoli
accademici e di servizio rilevanti ai fini dell'ammissione al concorso e della
nomina.
Articolo 39
Assunzioni obbligatorie delle categorie protette e tirocinio per
portatori di handicap.
(Art. 42 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 19 del
D.Lgs. n. 546 del 1993 e modificato prima dall'art. 43, comma 1 del D.Lgs. n.
80 del 1998 e poi dall'art. 22, comma 1 del D.Lgs. n. 387 del 1998)
1. Le amministrazioni
pubbliche promuovono o propongono programmi di assunzione per portatori di
handicap ai sensi dell'articolo 11 della legge 12 marzo 1999, n. 68, sulla base
delle direttive impartite dalla Presidenza del Consiglio dei ministri -
Dipartimento della funzione pubblica e dal Ministero del lavoro, della salute e
delle politiche sociali, cui confluisce il Dipartimento degli affari sociali
della Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell'articolo 45, comma 3
del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 con le decorrenze previste
dall'articolo 10, commi 3 e 4, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303.
TITOLO III
CONTRATTAZIONE COLLETTIVA E RAPPRESENTATIVITÀ SINDACALE
Articolo 40
Contratti collettivi nazionali e integrativi.
(Art. 45 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 15
del D.Lgs. n. 470 del 1993 e poi dall'art. 1 del D.Lgs. n. 396 del 1997 e
successivamente modificato dall'art. 43, comma 1 del D.Lgs. n. 80 del 1998)
1. La contrattazione
collettiva si svolge su tutte le materie relative al rapporto di lavoro ed alle
relazioni sindacali.
2. Mediante appositi accordi tra l'ARAN e le confederazioni rappresentative ai
sensi dell'articolo 43, comma 4, sono stabiliti i comparti della contrattazione
collettiva nazionale riguardanti settori omogenei o affini. I dirigenti
costituiscono un'area contrattuale autonoma relativamente a uno o più comparti.
I professionisti degli enti pubblici, già appartenenti alla X qualifica
funzionale, i ricercatori e i tecnologi degli enti di ricerca, compresi quelli
dell'ENEA, costituiscono, senza alcun onere aggiuntivo di spesa a carico delle
amministrazioni interessate, unitamente alla dirigenza, in separata sezione,
un'area contrattuale autonoma, nel rispetto della distinzione di ruolo e
funzioni. (1) Resta fermo per l'area contrattuale della dirigenza del
ruolo sanitario quanto previsto dall'articolo 15 del decreto legislativo 30
dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni. Agli accordi
che definiscono i comparti o le aree contrattuali si applicano le procedure di
cui all'articolo 41, comma 6. Per le figure professionali che, in posizione di
elevata responsabilità, svolgono compiti di direzione o che comportano
iscrizione ad albi oppure tecnico scientifici e di ricerca, sono stabilite
discipline distinte nell'àmbito dei contratti collettivi di comparto.
3. La contrattazione collettiva disciplina, in coerenza con il settore privato,
la durata dei contratti collettivi nazionali e integrativi, la struttura
contrattuale e i rapporti tra diversi livelli. Le pubbliche amministrazioni
attivano autonomi livelli di contrattazione collettiva integrativa, nel
rispetto dei vincoli di bilancio risultanti dagli strumenti di programmazione
annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. La contrattazione collettiva
integrativa si svolge sulle materie e nei limiti stabiliti dai contratti
collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi
ultimi prevedono; essa può avere ambito territoriale e riguardare più
amministrazioni. Le pubbliche amministrazioni non possono sottoscrivere in sede
decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con vincoli risultanti
dai contratti nazionali o che comportino oneri non previsti negli strumenti di
programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. Le clausole
difformi sono nulle e non possono essere applicate.
4. Le pubbliche amministrazioni adempiono agli obblighi assunti con i contratti
collettivi nazionali o integrativi dalla data della sottoscrizione definitiva e
ne assicurano l'osservanza nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti.
(1) Parte
aggiunta dall'articolo 7 della Legge 15 luglio 2002, n. 145
Art. 40-bis.
Compatibilità della spesa in materia di contrattazione integrativa (1)
1.
Per le amministrazioni pubbliche indicate all’articolo 1, comma 2, i comitati
di settore ed il Governo procedono a verifiche congiunte in merito alle
implicazioni finanziarie complessive della contrattazione integrativa di
comparto definendo metodologie e criteri di riscontro anche a campione sui
contratti integrativi delle singole amministrazioni. Resta fermo quanto previsto
dall’articolo 39, comma 3-ter, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e
successive modificazioni.
2. Gli organi di controllo interno indicati all’articolo 48, comma 6, inviano
annualmente specifiche informazioni sui costi della contrattazione integrativa al
Ministero dell’economia e delle finanze, che predispone, allo scopo, uno
specifico modello di rilevazione, d’intesa con la Presidenza del Consiglio dei
ministri – Dipartimento della funzione pubblica.
3. Nel caso in cui i controlli e le rilevazioni di cui ai commi 1 e 2
evidenzino costi non compatibili con i vincoli di bilancio, secondo quanto
prescritto dall’articolo 40, comma 3, le relative clausole dell’accordo
integrativo sono nulle di diritto.
4. Tra gli enti pubblici non economici di cui all’articolo 39, comma 3-ter,
della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, si intendono
ricompresi anche quelli di cui all’articolo 70, comma 4, del presente decreto
legislativo
(1) Articolo aggiunto dall'articolo 17 della Legge 28 dicembre 2001, n. 448
Articolo 41
Poteri di indirizzo nei confronti dell'ARAN.
(Art. 46 del D.Lgs n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 3 del
D.Lgs. n. 396 del 1997 e successivamente modificato prima dall'art. 44, comma 3
del D.Lgs. n. 80 del 1998 e poi dall'art. 55 del D.Lgs. n. 300 del 1999; Art.
44, comma 8 del D.Lgs. n. 80 del 1998)
1. Le pubbliche
amministrazioni esercitano il potere di indirizzo nei confronti dell'ARAN e le
altre competenze relative alle procedure di contrattazione collettiva nazionale
attraverso le loro istanze associative o rappresentative, le quali danno vita a
tal fine a comitati di settore. Ciascun comitato di settore regola
autonomamente le proprie modalità di funzionamento e di deliberazione. In ogni
caso, le deliberazioni assunte in materia di indirizzo all'ARAN o di parere
sull'ipotesi di accordo nell'àmbito della procedura di contrattazione
collettiva di cui all'articolo 47, si considerano definitive e non richiedono
ratifica da parte delle istanze associative o rappresentative delle pubbliche
amministrazioni del comparto.
2. Per le amministrazioni, le agenzie e le aziende autonome dello Stato, opera
come comitato di settore il Presidente del Consiglio dei ministri tramite il
Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica nonché, per il sistema scolastico, di
concerto con il Ministro della pubblica istruzione.
3. Per le altre pubbliche amministrazioni, un comitato di settore per ciascun
comparto di contrattazione collettiva viene costituito:
a) nell'àmbito della Conferenza dei Presidenti delle regioni, per le
amministrazioni regionali e per le amministrazioni del Servizio sanitario
nazionale, e dell'Associazione nazionale dei comuni d'Italia - ANCI e
dell'Unione delle province d'Italia - UPI e dell'Unioncamere, per gli enti
locali rispettivamente rappresentati;
b) nell'àmbito della Conferenza dei rettori, per le università;
c) nell'àmbito delle istanze rappresentative promosse, ai fini del presente
articolo, dai presidenti degli enti, d'intesa con il Presidente del Consiglio
dei ministri tramite il Ministro per la funzione pubblica, rispettivamente per
gli enti pubblici non economici e per gli enti di ricerca.
4. Un rappresentante del Governo, designato dal Ministro della sanità,
partecipa al comitato dl settore per il comparto di contrattazione collettiva
delle amministrazioni del Servizio sanitaria nazionale.
5. L'ARAN regola i rapporti con i comitati di settore sulla base di appositi
protocolli.
6. Per la stipulazione degli accordi che definiscono o modificano i comparti o
le aree di cui all'articolo 40, comma 2, o che regolano istituti comuni a più
comparti o a tutte le pubbliche amministrazioni, le funzioni di indirizzo e le
altre competenze inerenti alla contrattazione collettiva sono esercitate in
forma collegiale, tramite un apposito organismo di coordinamento dei comitati
di settore costituito presso l'ARAN, al quale partecipa il Governo, tramite il
Ministro per la funzione pubblica, che lo presiede.
7. L'ARAN assume, nell'àmbito degli indirizzi deliberati dai comitati di
settore, iniziative per il coordinamento delle parti datoriali, anche da essa
non rappresentate, al fine di favorire, ove possibile, anche con la
contestualità delle procedure del rinnovo dei contratti, soluzioni omogenee in
settori operativi simili o contigui nel campo dell'erogazione dei servizi.
Articolo 42
Diritti e prerogative sindacali nei luoghi di lavoro.
(Art. 47 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 6 del
D.Lgs. n. 396 del 1997)
1. Nelle pubbliche
amministrazioni la libertà e l'attività sindacale sono tutelate nelle forme
previste dalle disposizioni della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive
modificazioni ed integrazioni. Fino a quando non vengano emanate norme di
carattere generale sulla rappresentatività sindacale che sostituiscano o
modifichino tali disposizioni, le pubbliche amministrazioni, in attuazione dei
criteri di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b) della legge 23 ottobre 1992,
n. 421, osservano le disposizioni seguenti in materia di rappresentatività
delle organizzazioni sindacali ai fini dell'attribuzione dei diritti e delle
prerogative sindacali nei luoghi di lavoro e dell'esercizio della contrattazione
collettiva.
2. In ciascuna amministrazione, ente o struttura amministrativa di cui al comma
8, le organizzazioni sindacali che, in base ai criteri dell'articolo 43, siano
ammesse alle trattative per la sottoscrizione dei contratti collettivi, possono
costituire rappresentanze sindacali aziendali ai sensi dell'articolo 19 e
seguenti della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed
integrazioni. Ad esse spettano, in proporzione alla rappresentatività, le
garanzie previste dagli articoli 23, 24 e 30 della medesima legge n. 300 del
1970, e le migliori condizioni derivanti dai contratti collettivi.
3. In ciascuna amministrazione, ente o struttura amministrativa di cui al comma
8, ad iniziativa anche disgiunta delle organizzazioni sindacali di cui al comma
2, viene altresì costituito, con le modalità di cui ai commi seguenti, un
organismo di rappresentanza unitaria del personale mediante elezioni alle quali
è garantita la partecipazione di tutti i lavoratori.
4. Con appositi accordi o contratti collettivi nazionali, tra l'ARAN e le
confederazioni o organizzazioni sindacali rappresentative ai sensi
dell'articolo 43, sono definite la composizione dell'organismo di
rappresentanza unitaria del personale e le specifiche modalità delle elezioni prevedendo
in ogni caso il voto segreto, il metodo proporzionale e il periodico rinnovo,
con esclusione della prorogabilità. Deve essere garantita la facoltà di
presentare liste, oltre alle organizzazioni che, in base ai criteri
dell'articolo 43, siano ammesse alle trattative per la sottoscrizione dei
contratti collettivi, anche ad altre organizzazioni sindacali, purché siano
costituite in associazione con un proprio statuto e purché abbiano aderito agli
accordi o contratti collettivi che disciplinano l'elezione e il funzionamento
dell'organismo. Per la presentazione delle liste, può essere richiesto a tutte
le organizzazioni sindacali promotrici un numero di firme di dipendenti con
diritto al voto non superiore al 3 per cento del totale dei dipendenti nelle amministrazioni,
enti o strutture amministrative fino a duemila dipendenti, e del 2 per cento in
quelle di dimensioni superiori.
5. I medesimi accordi o contratti collettivi possono prevedere che, alle
condizioni di cui al comma 8, siano costituite rappresentanze unitarie del
personale comuni a più amministrazioni o enti di modeste dimensioni ubicati nel
medesimo territorio. Essi possono altresì prevedere che siano costituiti
organismi di coordinamento tra le rappresentanze unitarie del personale nelle
amministrazioni e enti con pluralità di sedi o strutture di cui al comma 8.
6. I componenti della rappresentanza unitaria del personale sono equiparati ai
dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali ai fini della legge 20
maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni, e del presente
decreto. Gli accordi o contratti collettivi che regolano l'elezione e il
funzionamento dell'organismo, stabiliscono i criteri e le modalità con cui sono
trasferite ai componenti eletti della rappresentanza unitaria del personale le
garanzie spettanti alle rappresentanze sindacali aziendali delle organizzazioni
sindacali di cui al comma 2 che li abbiano sottoscritti o vi aderiscano.
7. I medesimi accordi possono disciplinare le modalità con le quali la rappresentanza
unitaria del personale esercita in via esclusiva i diritti di informazione e di
partecipazione riconosciuti alle rappresentanze sindacali aziendali
dall'articolo 9 o da altre disposizioni della legge e della contrattazione
collettiva. Essi possono altresì prevedere che, ai fini dell'esercizio della
contrattazione collettiva integrativa, la rappresentanza unitaria del personale
sia integrata da rappresentanti delle organizzazioni sindacali firmatarie del
contratto collettivo nazionale del comparto.
8. Salvo che i contratti collettivi non prevedano, in relazione alle
caratteristiche del comparto, diversi criteri dimensionali, gli organismi di
cui ai commi 2 e 3 del presente articolo possono essere costituiti, alle
condizioni previste dai commi precedenti, in ciascuna amministrazione o ente
che occupi oltre quindici dipendenti. Nel caso di amministrazioni o enti con
pluralità di sedi o strutture periferiche, possono essere costituiti anche
presso le sedi o strutture periferiche che siano considerate livelli decentrati
di contrattazione collettiva dai contratti collettivi nazionali.
9. Fermo restando quanto previsto dal comma 2, per la costituzione di
rappresentanze sindacali aziendali ai sensi dell'articolo 19 della legge 20
maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni, la
rappresentanza dei dirigenti nelle amministrazioni, enti o strutture
amministrative è disciplinata, in coerenza con la natura delle loro funzioni,
agli accordi o contratti collettivi riguardanti la relativa area contrattuale.
10. Alle figure professionali per le quali nel contratto collettivo del
comparto sia prevista una disciplina distinta ai sensi dell'articolo 40, comma
2, deve essere garantita una adeguata presenza negli organismi di
rappresentanza unitaria del personale, anche mediante l'istituzione. tenuto
conto della loro incidenza quantitativa e del numero dei componenti
dell'organismo, di specifici collegi elettorali.
11. Per quanto riguarda i diritti e le prerogative sindacali delle
organizzazioni sindacali delle minoranze linguistiche, nell'àmbito della
provincia di Bolzano e della regione Valle d'Aosta, si applica quanto previsto
dall'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 6 gennaio 1978, n.
58, e dal decreto legislativo 28 dicembre 1989 n. 430.
Articolo 43
Rappresentatività sindacale ai fini della contrattazione collettiva.
(Art. 47-bis del D.Lgs. n. 29 del 1993, aggiunto dall'art. 7 del D.Lgs.
n. 396 del 1997, modificato dall'art. 44, comma 4 del D.Lgs. n. 80 del 1998;
Art. 44 comma 7 del D.Lgs. n. 80 del 1998, come modificato dall'art. 22, comma
4 del D.Lgs n. 387 del 1998)
1. L'ARAN ammette alla
contrattazione collettiva nazionale le organizzazioni sindacali che abbiano nel
comparto o nell'area una rappresentatività non inferiore al 5 per cento,
considerando a tal fine la media tra il dato associativo e il dato elettorale.
Il dato associativo è espresso dalla percentuale delle deleghe per il
versamento dei contributi sindacali rispetto al totale delle deleghe rilasciate
nell'àmbito considerato. Il dato elettorale è espresso dalla percentuale dei
voti ottenuti nelle elezioni delle rappresentanze unitarie del personale,
rispetto al totale dei voti espressi nell'àmbito considerato.
2. Alla contrattazione collettiva nazionale per il relativo comparto o area
partecipano altresì le confederazioni alle quali le organizzazioni sindacali
ammesse alla contrattazione collettiva ai sensi del comma 1 siano affiliate.
3. L'ARAN sottoscrive i contratti collettivi verificando previamente, sulla
base della rappresentatività accertata per l'ammissione alle trattative ai
sensi del comma 1, che le organizzazioni sindacali che aderiscono all'ipotesi
di accordo rappresentino nel loro complesso almeno il 51 per cento come media
tra dato associativo e dato elettorale nel comparto o nell'area contrattuale, o
almeno il 60 per cento del dato elettorale nel medesimo ambito.
4. L'ARAN ammette alla contrattazione collettiva per la stipulazione degli
accordi o contratti collettivi che definiscono o modificano i comparti o le
aree o che regolano istituti comuni a tutte le pubbliche amministrazioni o
riguardanti più comparti, le confederazioni sindacali alle quali, in almeno due
comparti o due aree contrattuali, siano affiliate organizzazioni sindacali
rappresentative ai sensi del comma 1.
5. I soggetti e le procedure della contrattazione collettiva integrativa sono
disciplinati, in conformità all'articolo 40, comma 3, dai contratti collettivi
nazionali, fermo restando quanto previsto dall'articolo 42, comma 7, per gli
organismi di rappresentanza unitaria del personale.
6. Agli effetti dell'accordo tra l'ARAN e le confederazioni sindacali
rappresentative, previsto dall'articolo 50, comma 1, e dei contratti collettivi
che regolano la materia, le confederazioni e le organizzazioni sindacali
ammesse alla contrattazione collettiva nazionale ai sensi dei commi precedenti,
hanno titolo ai permessi, aspettative e distacchi sindacali, in quota
proporzionale alla loro rappresentatività ai sensi del comma 1, tenendo conto
anche della diffusione territoriale e della consistenza delle strutture
organizzative nel comparto o nell'area.
7. La raccolta dei dati sui voti e sulle deleghe è assicurata dall'ARAN. I dati
relativi alle deleghe rilasciate a ciascuna amministrazione nell'anno
considerato sono rilevati e trasmessi all'ARAN non oltre il 31 marzo dell'anno
successivo dalle pubbliche amministrazioni, controfirmati da un rappresentante
dell'organizzazione sindacale interessata, con modalità che garantiscano la
riservatezza delle informazioni. Le pubbliche amministrazioni hanno l'obbligo
di indicare il funzionario responsabile della rilevazione e della trasmissione
dei dati. Per il controllo sulle procedure elettorali e per la raccolta dei
dati relativi alle deleghe l'ARAN si avvale, sulla base di apposite
convenzioni, della collaborazione del Dipartimento della funzione pubblica, del
Ministero del lavoro, delle istanze rappresentative o associative delle
pubbliche amministrazioni.
8. Per garantire modalità di rilevazione certe ed obiettive, per la
certificazione dei dati e per la risoluzione delle eventuali controversie è
istituito presso l'ARAN un comitato paritetico, che può essere articolato per
comparti, al quale partecipano le organizzazioni sindacali ammesse alla
contrattazione collettiva nazionale.
9. Il comitato procede alla verifica dei dati relativi ai voti ed alle deleghe.
Può deliberare che non siano prese in considerazione, ai fini della misurazione
del dato associativo, le deleghe a favore di organizzazioni sindacali che
richiedano ai lavoratori un contributo economico inferiore di più della metà
rispetto a quello mediamente richiesto dalle organizzazioni sindacali del
comparto o dell'area.
10. Il comitato delibera sulle contestazioni relative alla rilevazione dei voti
e delle deleghe. Qualora vi sia dissenso, e in ogni caso quando la
contestazione sia avanzata da un soggetto sindacale non rappresentato nel
comitato, la deliberazione è adottata su conforme parere del Consiglio
nazionale dell'economia e del lavoro - CNEL, che lo emana entro quindici giorni
dalla richiesta. La richiesta di parere è trasmessa dal comitato al Ministro
per la funzione pubblica, che provvede a presentarla al CNEL entro cinque
giorni dalla ricezione.
11. Ai fini delle deliberazioni, l'ARAN e le organizzazioni sindacali
rappresentate nel comitato votano separatamente e il voto delle seconde è
espresso dalla maggioranza dei rappresentanti presenti.
12. A tutte le organizzazioni sindacali vengono garantite adeguate forme di
informazione e di accesso ai dati, nel rispetto della legislazione sulla
riservatezza delle informazioni di cui alla legge 31 dicembre 1996, n. 675, e
successive disposizioni correttive ed integrative.
13. Ai sindacati delle minoranze linguistiche della Provincia di Bolzano e delle
regioni Valle D'Aosta e Friuli Venezia-Giulia, riconosciuti rappresentativi
agli effetti di speciali disposizioni di legge regionale e provinciale o di
attuazione degli Statuti, spettano, eventualmente anche con forme di
rappresentanza in comune, i medesimi diritti, poteri e prerogative, previsti
per le organizzazioni sindacali considerate rappresentative in base al presente
decreto. Per le organizzazioni sindacali che organizzano anche lavoratori delle
minoranze linguistiche della provincia di Bolzano e della regione della Val
d'Aosta, i criteri per la determinazione della rappresentatività si riferiscono
esclusivamente ai rispettivi ambiti territoriali e ai dipendenti ivi impiegati.
Articolo 44
Nuove forme di partecipazione alla organizzazione del lavoro.
(Art. 48 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 16 del
D.Lgs n. 470 del 1993)
1. In attuazione
dell'articolo 2, comma 1 lettera a), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, la
contrattazione collettiva nazionale definisce nuove forme di partecipazione
delle rappresentanze del personale ai fini dell'organizzazione del lavoro nelle
amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2. Sono abrogate le
norme che prevedono ogni forma di rappresentanza, anche elettiva, del personale
nei consigli di amministrazione delle predette amministrazioni pubbliche,
nonché nelle commissioni di concorso. La contrattazione collettiva nazionale
indicherà forme e procedure di partecipazione che sostituiranno commissioni del
personale e organismi di gestione, comunque denominati.
Articolo 45
Trattamento economico.
(Art. 49 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 23 del
D.Lgs. n. 546 del 1993)
1. Il trattamento economico
fondamentale ed accessorio è definito dai contratti collettivi.
2. Le amministrazioni pubbliche garantiscono ai propri dipendenti di cui
all'articolo 2, comma 2, parità di trattamento contrattuale e comunque
trattamenti non inferiori a quelli previsti dai rispettivi contratti
collettivi.
3. I contratti collettivi definiscono, secondo criteri obiettivi di
misurazione, trattamenti economici accessori collegati:
a) alla produttività individuale;
b) alla produttività collettiva tenendo conto dell'apporto di ciascun
dipendente;
c) all'effettivo svolgimento di attività particolarmente disagiate
obiettivamente ovvero pericolose o dannose per la salute. Compete ai dirigenti
la valutazione dell'apporto partecipativo di ciascun dipendente, nell'àmbito di
criteri obiettivi definiti dalla contrattazione collettiva.
4. I dirigenti sono responsabili dell'attribuzione dei trattamenti economici
accessori.
5. Le funzioni ed i relativi trattamenti economici accessori del personale non
diplomatico del Ministero degli affari esteri, per i servizi che si prestano
all'estero presso le rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari e le
istituzioni culturali e scolastiche, sono disciplinati, limitatamente al
periodo di servizio ivi prestato, dalle disposizioni del decreto del Presidente
della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni ed
integrazioni, nonché dalle altre pertinenti normative di settore del Ministero
degli affari esteri.
Articolo 46
Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche
amministrazioni.
(Art. 50, commi da 1 a 12 e 16 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come
sostituiti prima dall'art. 17 del D.Lgs. n. 470 del 1993 e poi dall'art. 2 del
D.Lgs. n. 396 del 1997)
1. Le pubbliche
amministrazioni sono legalmente rappresentate dall'Agenzia per la
rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni - ARAN, agli effetti
della contrattazione collettiva nazionale. L'ARAN esercita a livello nazionale,
in base agli indirizzi ricevuti ai sensi degli articoli 41 e 47, ogni attività
relativa alle relazioni sindacali, alla negoziazione dei contratti collettivi e
alla assistenza delle pubbliche amministrazioni ai fini dell'uniforme
applicazione dei contratti collettivi. Sottopone alla valutazione della
commissione di garanzia dell'attuazione della legge 12 giugno 1990, n. 146, e
successive modificazioni e integrazioni, gli accordi nazionali sulle
prestazioni indispensabili ai sensi dell'articolo 2 della legge citata.
2. Le pubbliche amministrazioni possono avvalersi dell'assistenza dell'ARAN ai
fini della contrattazione integrativa. Sulla base di apposite intese, l'assistenza
può essere assicurata anche collettivamente ad amministrazioni dello stesso
tipo o ubicate nello stesso ambito territoriale. Su richiesta dei comitati di
settore, in relazione all'articolazione della contrattazione collettiva
integrativa nel comparto ed alle specifiche esigenze delle pubbliche
amministrazioni interessate, possono essere costituite, anche per periodi
determinati, delegazioni dell'ARAN su base regionale o pluriregionale.
3. L'ARAN cura le attività di studio, monitoraggio e documentazione necessario
all'esercizio della contrattazione collettiva. Predispone a cadenza
trimestrale, ed invia al Governo, ai comitati di settore e alle commissioni
parlamentari competenti, un rapporto sull'evoluzione delle retribuzioni di
fatto dei pubblici dipendenti. A tal fine l'ARAN si avvale della collaborazione
dell'ISTAT per l'acquisizione di informazioni statistiche e per la formulazione
di modelli statistici di rilevazione, ed ha accesso ai dati raccolti dal
Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica in sede di
predisposizione del bilancio dello Stato, del conto annuale del personale e del
monitoraggio dei flussi di cassa e relativi agli aspetti riguardanti il costo
del lavoro pubblico.
4. Per il monitoraggio sull'applicazione dei contratti collettivi nazionali e
sulla contrattazione collettiva integrativa, viene istituito presso l'ARAN un
apposito osservatorio a composizione paritetica. I suoi componenti sono
designati dall'ARAN, dai comitati di settore e dalle organizzazioni sindacali
firmatarie dei contratti collettivi nazionali.
5. Le pubbliche amministrazioni sono tenute a trasmettere all'ARAN, entro
cinque giorni dalla sottoscrizione, il testo contrattuale e la indicazione
delle modalità di copertura dei relativi oneri con riferimento agli strumenti
annuali e pluriennali di bilancio.
6. Il comitato direttivo dell'ARAN è costituito da cinque componenti ed è
nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Il Presidente
del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica
di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica, designa tre dei componenti, tra i quali, sentita la Conferenza
unificata Stato-regioni e Stato-città, il presidente. Degli altri componenti,
uno è designato dalla Conferenza dei Presidenti delle regioni e l'altro
dall'ANCI e dall'UPI.
7. I componenti sono scelti tra esperti di riconosciuta competenza in materia
di relazioni sindacali e di gestione del personale, anche estranei alla
pubblica amministrazione, ai sensi dell'articolo 31 della legge 23 agosto 1988,
n. 400, e successive modificazioni ed integrazioni, e del decreto legislativo
29 luglio 1999, n. 303. Il comitato dura in carica quattro anni e i suoi
componenti possono essere riconfermati. Il comitato delibera a maggioranza dei
componenti. Non possono far parte del comitato persone che rivestano incarichi
pubblici elettivi o cariche in partiti politici o in organizzazioni sindacali
ovvero che ricoprano rapporti continuativi di collaborazione o di consulenza
con le predette organizzazioni.
8. Per la sua attività, l'ARAN si avvale:
a) delle risorse derivanti da contributi posti a carico delle singole
amministrazioni dei vari comparti, corrisposti in misura fissa per dipendente
in servizio. La misura annua del contributo individuale è concordata tra l'ARAN
e l'organismo di coordinamento di cui all'articolo 41, comma 6, ed è riferita a
ciascun biennio contrattuale;
b) di quote per l'assistenza alla contrattazione integrativa e per le altre
prestazioni eventualmente richieste, poste a carico dei soggetti che se ne
avvalgano.
9. La riscossione dei contributi di cui al comma 8 è effettuata:
a) per le amministrazioni dello Stato direttamente attraverso la previsione di
spesa complessiva da iscrivere nell'apposito capitolo dello stato di previsione
di spesa della Presidenza del Consiglio dei ministri;
b) per le amministrazioni diverse dallo Stato, mediante un sistema di
trasferimenti da definirsi tramite decreti del Ministro per la funzione
pubblica di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica e, a seconda del comparto, dei Ministri competenti,
nonché, per gli aspetti di interesse regionale e locale, previa intesa espressa
dalla Conferenza unificata Stato-regioni e Stato-città.
10. L'ARAN ha personalità giuridica di diritto pubblico. Ha autonomia
organizzativa e contabile nei limiti del proprio bilancio. Affluiscono
direttamente al bilancio dell'ARAN i contributi di cui al comma 8. L'ARAN definisce
con propri regolamenti le norme concernenti l'organizzazione interna, il
funzionamento e la gestione finanziaria. I regolamenti sono soggetti al
controllo del Dipartimento della funzione pubblica da esercitarsi entro
quindici giorni dal ricevimento degli stessi. La gestione finanziaria è
soggetta al controllo consuntivo della Corte dei conti.
11. Il ruolo del personale dipendente dell'ARAN è costituito da cinquanta
unità, ripartite tra il personale dei livelli e delle qualifiche dirigenziali
in base ai regolamenti di cui al comma 10. Alla copertura dei relativi posti si
provvede nell'àmbito delle disponibilità di bilancio tramite concorsi pubblici,
ovvero mediante assunzioni con contratto di lavoro a tempo determinato,
regolati dalle norme di diritto privato.
12. L'ARAN può altresì avvalersi di un contingente di venticinque unità di
personale anche di qualifica dirigenziale proveniente dalle pubbliche
amministrazioni rappresentate, in posizione di comando o collocati fuori ruolo.
I dipendenti comandati o collocati fuori ruolo conservano lo stato giuridico ed
il trattamento economico delle amministrazioni di provenienza. Ad essi sono
attribuite dall'ARAN, secondo le disposizioni contrattuali vigenti, le voci
retributive accessorie, ivi compresa la produttività per il personale non
dirigente e per i dirigenti la retribuzione di posizione e di risultato. Il
collocamento in posizione di comando o di fuori ruolo è disposto secondo le
disposizioni vigenti nonché ai sensi dell'articolo 17, comma 14, della legge 15
maggio 1997, n. 127. L'ARAN può utilizzare, sulla base di apposite intese,
anche personale direttamente messo a disposizione dalle amministrazioni e dagli
enti rappresentati, con oneri a carico di questi. Nei limiti di bilancio,
l'ARAN può avvalersi di esperti e collaboratori esterni con modalità di
rapporto stabilite con i regolamenti adottati ai sensi del comma 10.
13. Le regioni a statuto speciale e le province autonome possono avvalersi, per
la contrattazione collettiva di loro competenza, di agenzie tecniche istituite
con legge regionale o provinciale ovvero dell'assistenza dell'ARAN ai sensi del
comma 2.
Articolo 47
Procedimento tali contrattazione collettiva.
(Art. 51 del D.Lgs n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 18
del D.Lgs. n. 470 del 1993 e poi dall'art. 4 del D.Lgs. n. 396 del 1997 e
successivamente modificato dall'art. 14, comma 1 del D.Lgs. n. 387 del 1998;
Art. 44, comma 6 del D.Lgs. n. 80 del 1998)
1. Gli indirizzi per la
contrattazione collettiva nazionale sono deliberati dai comitati di settore
prima di ogni rinnovo contrattuale e negli altri casi in cui è richiesta una
attività negoziale dell'ARAN. Gli atti di indirizzo delle amministrazioni
diverse dallo Stato sono sottoposti al Governo che, non oltre dieci giorni, può
esprimere le sue valutazioni per quanto attiene agli aspetti riguardanti la
compatibilità con le linee di politica economica e finanziaria nazionale.
2. L'ARAN informa costantemente i comitati di settore e il Governo sullo
svolgimento delle trattative.
3. Raggiunta l'ipotesi di accordo, l'ARAN acquisisce il parere favorevole del
comitato di settore sul testo contrattuale e sugli, oneri finanziari diretti e
indiretti che ne conseguono a carico dei bilanci delle amministrazioni
interessate. Il comitato di settore esprime, con gli effetti di cui
all'articolo 41, comma 1, il proprio parere entro cinque giorni dalla
comunicazione dell'ARAN. Per le amministrazioni di cui all'articolo 41, comma
2, il parere è espresso dal Presidente del Consiglio dei ministri, tramite il
Ministro per la funzione pubblica, previa deliberazione del Consiglio dei
ministri. Per le amministrazioni di cui all’articolo 41, comma 3, l’esame
delle ipotesi di accordo è effettuato dal competente comitato di settore e dal
Presidente del Consiglio dei ministri, che si esprime attraverso il Ministro
per la funzione pubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. In
caso di divergenza nella valutazione degli oneri e ove il comitato di settore
disponga comunque per l’ulteriore corso dell’accordo, resta in ogni caso
escluso qualsiasi concorso dello Stato alla copertura delle spese derivanti
dalle disposizioni sulle quali il Governo ha formulato osservazioni.
(1)
4. Acquisito il parere favorevole sull'ipotesi di accordo, il giorno successivo
l'ARAN trasmette la quantificazione dei costi contrattuali alla Corte dei conti
ai fini della certificazione di compatibilità con gli strumenti di
programmazione e di bilancio di cui all'articolo 1-bis della legge 5 agosto
1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni. La Corte dei conti
certifica l'attendibilità dei costi quantificati e la loro compatibilità con
gli strumenti di programmazione e di bilancio, e può acquisire a tal fine
elementi istruttori e valutazioni da tre esperti designati dal Presidente del
Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e
della programmazione economica. La designazione degli esperti, per la
certificazione dei contratti collettivi delle amministrazioni delle regioni e
degli enti locali, avviene previa intesa con la Conferenza Stato-regioni e con
la Conferenza Stato-città. Gli esperti sono nominati prima che l'ipotesi di
accordo sia trasmessa alla Corte dei conti.
5. La Corte dei conti delibera entro quindici giorni dalla trasmissione della
quantificazione dei costi contrattuali, decorsi i quali la certificazione si
intende effettuata positivamente. L'esito della certificazione viene comunicato
dalla Corte all'ARAN, al comitato di settore e al Governo. Se la certificazione
è positiva, il Presidente dell'ARAN sottoscrive definitivamente il contratto
collettivo.
6. Se la certificazione della Corte dei conti non è positiva, l'ARAN, sentito
il comitato di settore o il Presidente del Consiglio dei ministri, assume le
iniziative necessarie per adeguare la quantificazione dei costi contrattuali ai
fini della certificazione, ovvero, qualora non lo ritenga possibile, convoca le
organizzazioni sindacali ai fini della riapertura delle trattative. Le
iniziative assunte dall'ARAN in seguito alla valutazione espressa dalla Corte
dei conti sono comunicate, in ogni caso, al Governo ed alla Corte dei conti, la
quale riferisce al Parlamento sulla definitiva quantificazione dei costi
contrattuali, sulla loro copertura finanziaria e sulla loro compatibilità con
gli strumenti di programmazione e di bilancio.
7. In ogni caso, la procedura di certificazione deve concludersi entro quaranta
giorni dall'ipotesi di accordo, decorsi i quali il Presidente dell'ARAN ha
mandato di sottoscrivere definitivamente il contratto collettivo, salvo che non
si renda necessaria la riapertura delle trattative ai sensi del comma
precedente.
8. I contratti e accordi collettivi nazionali di cui all'articolo 40, commi 9 e
3, sono pubblicati nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana.
(1) Parte aggiunta
dall'articolo 17 della Legge 28 dicembre 2001, n. 448
Articolo 48
Disponibilità destinate alla contrattazione collettiva nelle
amministrazioni pubbliche e verifica.
(Art. 52 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituto prima dall'art. 19
del D.Lgs. n. 470 del 1993 e poi dall'art. 5 del D.Lgs. n. 396 del 1997 e
successivamente modificato dall'art. 14, commi da 2 a 4 del D.Lgs. n. 387 del
1998)
1. Il Ministero del tesoro,
del bilancio e della programmazione economica, quantifica, in coerenza con i
parametri previsti dagli strumenti di programmazione e di bilancio di cui
all'articolo 1-bis della legge 5 agosto 1978, n. 468 e successive modificazioni
e integrazioni, l'onere derivante dalla contrattazione collettiva nazionale a
carico del bilancio dello Stato con apposita norma da inserire nella legge
finanziaria ai sensi dell'articolo 11 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e
successive modificazioni ed integrazioni. Allo stesso modo sono determinati gli
eventuali oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato per la
contrattazione integrativa delle amministrazioni dello Stato di cui
all'articolo 40, comma 3.
2. Per le altre pubbliche amministrazioni gli oneri derivanti dalla
contrattazione collettiva nazionale sono determinati a carico dei rispettivi
bilanci in coerenza con i medesimi parametri di cui al comma 1.
3. I contratti collettivi sono corredati da prospetti contenenti la
quantificazione degli oneri nonché l'indicazione della copertura complessiva
per l'intero periodo di validità contrattuale, prevedendo con apposite clausole
la possibilità di prorogare l'efficacia temporale del contratto ovvero di
sospenderne l'esecuzione parziale o totale in caso di accertata esorbitanza dai
limiti di spesa.
4. La spesa posta a carico del bilancio dello Stato è iscritta in apposito
fondo dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica in ragione dell'ammontare complessivo. In esito alla
sottoscrizione dei singoli contratti di comparto, il Ministero del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica è autorizzato a ripartire, con propri
decreti, le somme destinate a ciascun comparto mediante assegnazione diretta a
favore dei competenti capitoli di bilancio, anche di nuova istituzione per il
personale dell'amministrazione statale, ovvero mediante trasferimento ai
bilanci delle amministrazioni autonome e degli enti in favore dei quali sia
previsto l'apporto finanziario dello Stato a copertura dei relativi oneri. Per
le amministrazioni diverse dalle amministrazioni dello Stato e per gli altri
enti cui si applica il presente decreto, l'autorizzazione di spesa relativa al
rinnovo dei contratti collettivi e disposta nelle stesse forme con cui vengono
approvati i bilanci, con distinta indicazione dei mezzi di copertura.
5. Le somme provenienti dai trasferimenti di cui al comma 4 devono trovare
specifica allocazione nelle entrate dei bilanci delle amministrazioni ed enti
beneficiari, per essere assegnate ai pertinenti capitoli di spesa dei medesimi
bilanci. I relativi stanziamenti sia in entrata che in uscita non possono
essere incrementati se non con apposita autorizzazione legislativa.
6. Il controllo sulla compatibilità dei costi della contrattazione collettiva
con i vincoli di bilancio ai sensi dell'articolo 40, comma 3, è effettuato dal
collegio dei revisori dei conti ovvero, laddove tale organo non sia previsto,
dai nuclei di valutazione o dai servizi di controllo interno ai sensi del D.Lgs
30 luglio 1999, n. 286.
7. Ferme restando le disposizioni di cui al titolo V del presente decreto, la
Corte dei conti, anche nelle sue articolazioni regionali di controllo, verifica
periodicamente gli andamenti della spesa per il personale delle pubbliche
amministrazioni, utilizzando, per ciascun comparto, insiemi significativi di
amministrazioni. A tal fine, la Corte dei conti può avvalersi, oltre che dei
servizi di controllo interno o nuclei di valutazione, di esperti designati a
sua richiesta da amministrazioni ed enti pubblici.
Articolo 49
Interpretazione autentica dei contratti collettivi.
(Art. 53 del D.Lgs n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 24 del
D.Lgs n. 546 del 1993 e successivamente modificato dall'art. 43, comma 1 del
D.Lgs n. 80 del 1998)
1. Quando insorgano
controversie sull'interpretazione dei contratti collettivi, le parti che li
hanno sottoscritti si incontrano per definire consensualmente il significato
della clausola controversa. L'eventuale accordo, stipulato con le procedure di
cui all'articolo 47, sostituisce la clausola in questione sin dall'inizio della
vigenza del contratto.
Articolo 50
Aspettative e permessi sindacali.
(Art. 54, commi da 1 a 3 e 5 del D.Lgs n. 29 del 1993, come modificati
prima dall'art. 20 del D.Lgs n. 470 del 1993 poi dall'art. 2 del decreto legge
n. 254 del 1996, convertito con modificazioni dalla legge n. 365 del 1996, e,
infine, dall'art. 44, comma 5 del D.Lgs n. 80 del 1998)
1. Al fine del contenimento,
della trasparenza e della razionalizzazione delle aspettative e dei permessi
sindacali nel settore pubblico, la contrattazione collettiva ne determina i
limiti massimi in un apposito accordo, tra l'ARAN e le confederazioni sindacali
rappresentative ai sensi dell'articolo 43.
2. La gestione dell'accordo di cui al comma 1, ivi comprese le modalità di
utilizzo e distribuzione delle aspettative e dei permessi sindacali tra le
confederazioni e le organizzazioni sindacali aventi titolo sulla base della
loro rappresentatività e con riferimento a ciascun comparto e area separata di
contrattazione, è demandata alla contrattazione collettiva, garantendo a
decorrere dal 1° agosto 1996 in ogni caso l'applicazione della legge
20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni. Per la
provincia autonoma di Bolzano si terrà conto di quanto previsto dall'articolo 9
del decreto del Presidente della Repubblica 6 gennaio 1978, n. 58.
3. Le amministrazioni pubbliche sono tenute a fornire alla Presidenza del
Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica - il numero
complessivo ed i nominativi dei beneficiari dei permessi sindacali.
4. Oltre ai dati relativi ai permessi sindacali, le pubbliche amministrazioni
sono tenute a fornire alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento
della funzione pubblica gli elenchi nominativi, suddivisi per qualifica, del
personale dipendente collocato in aspettativa, in quanto chiamato a ricoprire
una funzione pubblica elettiva, ovvero per motivi sindacali. I dati
riepilogativi dei predetti elenchi sono pubblicati in allegato alla relazione
annuale da presentare al Parlamento ai sensi dell'articolo 16 della legge 29
marzo 1983, n. 93.
TITOLO IV
RAPPORTO DI LAVORO
Articolo 51
Disciplina del rapporto di lavoro.
(Art. 55 del D.Lgs n. 29 del 1993)
1. Il rapporto di lavoro dei
dipendenti delle amministrazioni pubbliche è disciplinato secondo le
disposizioni degli articoli 2, commi 2 e 3, e 3, comma 1.
2. La legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni,
si applica alle pubbliche amministrazioni a prescindere dal numero. dei
dipendenti.
Articolo 52
Disciplina delle mansioni.
(Art. 56 del D.Lgs n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 25 del
D.Lgs n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall'art. 15 del D.Lgs n. 387
del 1998)
1. Il prestatore di lavoro deve
essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni
considerate equivalenti nell'àmbito della classificazione professionale
prevista dai contratti collettivi, ovvero a quelle corrispondenti alla
qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto dello
sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive. L'esercizio di
fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha
effetto ai fini dell'inquadramento del lavoratore o dell'assegnazione di
incarichi di direzione.
2. Per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro può essere
adibito a mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore:
a) nel caso di vacanza di posto in organico, per non più di sei mesi, prorogabili
fino a dodici qualora siano state avviate le procedure per la copertura dei
posti vacanti come previsto al comma 4;
b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla
conservazione del posto, con esclusione dell'assenza per ferie, per la durata
dell'assenza.
3. Si considera svolgimento di mansioni superiori, ai fini del presente
articolo, soltanto l'attribuzione in modo prevalente, sotto il profilo
qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di dette mansioni.
4. Nei casi di cui al comma 2, per il periodo di effettiva prestazione, il
lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore.
Qualora l'utilizzazione del dipendente sia disposta per sopperire a vacanze dei
posti in organico, immediatamente, e comunque nel termine massimo di novanta
giorni dalla data in cui il dipendente è assegnato alle predette mansioni,
devono essere avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti.
5. Al fuori delle ipotesi di cui al comma 2, è nulla l'assegnazione del
lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore, ma al lavoratore è
corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore.
Il dirigente che disposto l'assegnazione risponde personalmente del maggiore
onere conseguente, se ha agito con dolo o colpa grave.
6. Le disposizioni del presente articolo si applicano in sede di attuazioni
della nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti
collettivi e con la decorrenza da questi stabilita. I medesimi contratti
collettivi possono regolare diversamente gli effetti di cui ai commi 2, 3 e 4.
Fino a tale data, in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto
alla qualifica di appartenenza, può comportare il diritto ad avanzamenti
automatici nell'inquadramento professionale del lavoratore.
Articolo 53
Incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi.
(Art. 58 del D.Lgs n. 29 del 1993, come modificato prima dall'art. 2
del decreto legge n. 358 del 1993, convertito dalla legge n. 448 del 1993, poi
dall'art. 1 del decreto legge n. 361 del 1995, convertito con modificazioni
dalla legge n. 437 del 1995, e, infine, dall'art. 26 del D.Lgs n. 80 del 1998
nonché dall'art. 16 del D.Lgs n. 387 del 1998)
1. Resta ferma per tutti i
dipendenti pubblici la disciplina delle incompatibilità dettata dagli articoli
60 e seguenti del testo unico approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, salva la deroga prevista dall'articolo
23-bis del presente decreto, (1) nonché, per i rapporti di lavoro a tempo
parziale, dall'articolo 6, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio
dei ministri 17 marzo 1989, n. 117 e dall'articolo 1, commi 57 e seguenti della
legge 23 dicembre 1996, n. 662. Restano ferme altresì le disposizioni di cui agli
articoli 267, comma 1, 273, 274, 508 nonché 676 del decreto legislativo 16
aprile 1994, n. 297, all'articolo 9, commi 1 e 2, della legge 23 dicembre 1992,
n. 498, all'articolo 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, ed ogni
altra successiva modificazione ed integrazione della relativa disciplina.
2. Le pubbliche amministrazioni non possono conferire ai dipendenti incaricati,
non compresi nei compiti e doveri di ufficio, che non siano espressamente
previsti o disciplinati da legge o altre fonti normativi, o che non siano
espressamente autorizzati.
3. Ai fini previsti dal comma 2, con appositi regolamenti, da emanarsi ai sensi
dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono individuati
gli incarichi consentiti e quelli vietati ai magistrati ordinari,
amministrativi, contabili e militari, nonché agli avvocati e procuratori dello
Stato, sentiti, per le diverse magistrature, i rispettivi istituti.
4. Nel caso in cui i regolamenti di cui al comma 3 non siano emanati,
l'attribuzione degli incarichi è consentita nei soli casi espressamente
previsti dalla legge o da altre fonti normative.
5. In ogni caso, il conferimento operato direttamente dall'amministrazione,
nonché l'autorizzazione all'esercizio di incarichi che provengano da amministrazioni
pubblica diversa da quella di appartenenza, ovvero da società o persone
fisiche, che svolgono attività d'impresa o commerciale, sono disposti dai
rispettivi organi competenti secondo criteri oggettivi e predeterminati, che
tengano conto della specifica professionalità, tali da escludere casi di
incompatibilità, sia di diritto che di fatto, nell'interesse del buon andamento
della pubblica amministrazione.
6. I commi da 7 a 13 del presente articolo si applicano ai dipendenti delle
amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, compresi quelli di
cui all'articolo 3, con esclusione dei dipendenti con rapporto di lavoro a
tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al cinquanta per cento
di quella a tempo pieno, dei docenti universitari a tempo definito e delle
altre categorie di dipendenti pubblici ai quali è consentito da disposizioni
speciali lo svolgimento di attività libero-professionali. Gli incarichi
retribuiti, di cui ai commi seguenti, sono tutti gli incarichi, anche
occasionali, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, per i quali è
previsto, sotto qualsiasi forma, un compenso. Sono esclusi i compensi
derivanti:
a) dalla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili;
b) dalla utilizzazione economica da parte dell'autore o inventore di opere
dell'ingegno e di invenzioni industriali;
c) dalla partecipazione a convegni e seminari;
d) da incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso delle spese
documentate;
e) da incarichi per lo svolgimento dei quali il dipendente è posto in posizione
di aspettativa, di comando o fuori ruolo;
f) da incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti presso le
stesse distaccati o in aspettativa non retribuita.
7. I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non
siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di
appartenenza. Con riferimento ai professori universitari a tempo pieno, gli
statuti o i regolamenti degli atenei disciplinano i criteri e le procedure per
il rilascio dell'autorizzazione nei casi previsti dal presente decreto. In caso
di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la
responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni
eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell'erogante o, in difetto,
del percettore, nel conto dell'entrata del bilancio dell'amministrazione di
appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di
produttività o di fondi equivalenti.
8. Le pubbliche amministrazioni non possono conferire incarichi retribuiti a
dipendenti di altre amministrazioni pubbliche senza la previa autorizzazione
dell'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi. Salve le più gravi
sanzioni. il conferimento dei predetti incarichi, senza la previa
autorizzazione, costituisce in ogni caso infrazione disciplinare per il
funzionario responsabile del procedimento; il relativo provvedimento è nullo di
diritto. In tal caso l'importo previsto come corrispettivo dell'incarico, ove
gravi su fondi in disponibilità dell'amministrazione conferente, e trasferito
all'amministrazione di appartenenza del dipendente ad incremento del fondo di
produttività o di fondi equivalenti.
9. Gli enti pubblici economici e i soggetti privati non possono conferire
incarichi retribuiti a dipendenti pubblici senza la previa autorizzazione
dell'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi. In caso di
inosservanza si applica la disposizione dell'articolo 6, comma 1, del decreto
legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28
maggio 1997, n. 140, e successive modificazioni ed integrazioni.
All'accertamento delle violazioni e all'irrogazione delle sanzioni provvede il
Ministero delle finanze, avvalendosi della Guardia di finanza, secondo le
disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni
ed integrazioni. Le somme riscosse sono acquisite alle entrate del Ministero
delle finanze.
10. L'autorizzazione, di cui ai commi precedenti, deve essere richiesta
all'amministrazione di appartenenza del dipendente dai soggetti pubblici o
privati, che intendono conferire l'incarico; può, altresì, essere richiesta dal
dipendente interessato. L'amministrazione di appartenenza deve pronunciarsi
sulla richiesta di autorizzazione entro trenta giorni dalla ricezione della
richiesta stessa.
Per il personale che presta comunque servizio presso amministrazioni pubbliche
diverse da quelle di appartenenza, l'autorizzazione è subordinata all'intesa
tra le due amministrazioni. In tal caso il termine per provvedere è per
l'amministrazione di appartenenza di 45 giorni e si prescinde dall'intesa se
l'amministrazione presso la quale il dipendente presta servizio non si
pronunzia entro 10 giorni dalla ricezione della richiesta di intesa da parte
dell'amministrazione di appartenenza. Decorso il termine per provvedere,
l'autorizzazione, se richiesta per incarichi da conferirsi da amministrazioni
pubbliche, si intende accordata; in ogni altro caso, si intende definitivamente
negata.
11. Entro il 30 aprile di ciascun anno, i soggetti pubblici o privati che
erogano compensi a dipendenti pubblici per gli incarichi di cui al comma 6 sono
tenuti a dare comunicazione all'amministrazione di appartenenza dei dipendenti
stessi dei compensi erogati nell'anno precedente.
12. Entro il 30 giugno di ciascun anno, le amministrazioni pubbliche che
conferiscono o autorizzano incarichi retribuiti ai propri dipendenti sono
tenute a comunicare, in via telematica o su apposito supporto magnetico, al Dipartimento
della funzione pubblica l'elenco degli incarichi conferiti o autorizzati ai
dipendenti stessi nell'anno precedente, con l'indicazione dell'oggetto
dell'incarico e del compenso lordo previsto o presunto. L'elenco è accompagnato
da una relazione nella quale sono indicate le norme in applicazione delle quali
gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati, le ragioni del conferimento o
dell'autorizzazione, i criteri di scelta dei dipendenti cui gli incarichi sono
stati conferiti o autorizzati e la rispondenza dei medesimi ai princìpi di buon
andamento dell'amministrazione, nonché le misure che si intendono adottare per
il contenimento della spesa. Nello stesso termine e con le stesse modalità le
amministrazioni che, nell'anno precedente, non hanno conferito o autorizzato
incarichi ai propri dipendenti, anche se comandati o fuori ruolo, dichiarano di
non aver conferito o autorizzato incarichi.
13. Entro lo stesso termine di cui al comma 12 le amministrazioni di
appartenenza sono tenute a comunicare al Dipartimento della funzione pubblica,
in via telematica o su apposito supporto magnetico, per ciascuno dei propri
dipendenti e distintamente per ogni incarico conferito o autorizzato, i
compensi, relativi all'anno precedente, da esse erogati o della cui erogazione
abbiano avuto comunicazione dai soggetti di cui al comma 11.
14. Al fine della verifica dell'applicazione delle norme di cui all'articolo 1,
commi 123 e 127, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive
modificazioni e integrazioni, le amministrazioni pubbliche sono tenute a
comunicare al Dipartimento della funzione pubblica, in via telematica o su
supporto magnetico, entro il 30 giugno di ciascun anno, i compensi percepiti
dai propri dipendenti anche per incarichi relativi a compiti e doveri
d'ufficio; sono altresì tenute a comunicare semestralmente l'elenco dei
collaboratori esterni e dei soggetti cui sono stati affidati incarichi di
consulenza, con l'indicazione della ragione dell'incarico e dell'ammontare dei
compensi corrisposti.
15. Le amministrazioni che omettono gli adempimenti di cui ai commi da 11 a 14
non possono conferire nuovi incarichi fino a quando non adempiono. I soggetti
di cui al comma 9 che omettono le comunicazioni di cui al comma 11 incorrono
nella sanzione di cui allo stesso comma 9.
16. Il Dipartimento della funzione pubblica, entro il 31 dicembre di ciascun
anno, riferisce al Parlamento sui dati raccolti e formula proposte per il
contenimento della spesa per gli incarichi e per la razionalizzazione dei
criteri di attribuzione degli incarichi stessi.
(1) Parte aggiunta
dall'articolo 3 della Legge 15 luglio 2002, n. 145
Articolo 54
Codice di comportamento.
(Art. 58-bis del D.Lgs. n. 29 del 1993, aggiunto dall'art. 26 del
D.Lgs. n. 546 del 1993 e successivamente sostituito dall'art. 27 del D.Lgs. n.
80 del 1998)
1. Il Dipartimento della
funzione pubblica, sentite le confederazioni sindacali rappresentative ai sensi
dell'articolo 43, definisce un codice di comportamento dei dipendenti delle
pubbliche amministrazioni, anche in relazione alle necessarie misure
organizzative da adottare al fine di assicurare la qualità dei servizi che le
stesse amministrazioni rendono ai cittadini.
2. Il codice è pubblicato nella Gazzetta ufficiale e consegnato al dipendente
all'atto dell'assunzione.
3. Le pubbliche amministrazioni formulano all'ARAN indirizzi, ai sensi
dell'articolo 41, comma 1 e dell'articolo 70, comma 4, affinché il codice venga
recepito nei contratti, in allegato, e perché i suoi princìpi vengano
coordinati con le previsioni contrattuali in materia di responsabilità
disciplinare.
4. Per ciascuna magistratura e per l'Avvocatura dello Stato, gli organi delle
associazioni di categoria adottano un codice etico che viene sottoposto
all'adesione degli appartenenti alla magistratura interessata. In caso di
inerzia il codice è adottato dall'organo di autogoverno.
5. L'organo di vertice di ciascuna pubblica amministrazione verifica, sentite
le organizzazioni sindacali rappresentative ai sensi dell'articolo 43 e le
associazioni di utenti e consumatori, l'applicabilità del codice di cui al
comma 1, anche per apportare eventuali integrazioni e specificazioni al fine
della pubblicazione e dell'adozione di uno specifico codice di comportamento
per ogni singola amministrazione.
6. Sull'applicazione dei codici di cui al presente articolo vigilano i
dirigenti responsabili di ciascuna struttura.
7. Le pubbliche amministrazioni organizzano attività di formazione del
personale per la conoscenza e la corretta applicazione dei codici di cui al
presente articolo.
Articolo 55
Sanzioni disciplinari e responsabilità.
(Art. 59 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 27 del
D.Lgs. n. 546 del 1993 e successivamente modificato dall'art. 2 del decreto legge
n. 361 del 1995, convertito con modificazioni dalla legge n. 437 del 1995,
nonché dall'art. 27, comma 2 e dall'art. 45, comma 16 del D.Lgs. n. 80 del
1998)
1. Per i dipendenti di cui
all'articolo 2, comma 2, resta ferma la disciplina attualmente vigente in
materia di responsabilità civile, amministrativa, penale e contabile per i
dipendenti delle amministrazioni pubbliche.
2. Ai dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, si applicano l'articolo 2106
del codice civile e l'articolo 7, commi primo, quinto e ottavo, della legge 20
maggio 1970, n. 300.
3. Salvo quanto previsto dagli articoli 21 e 53, comma 1, e ferma restando la
definizione dei doveri del dipendente ad opera dei codici di comportamento di
cui all'articolo 54, la tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni è
definita dai contratti collettivi.
4. Ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento, individua
l'ufficio competente per i procedimenti disciplinari. Tale ufficio, su
segnalazione del capo della struttura in cui il dipendente lavora, contesta
l'addebito al dipendente medesimo, istruisce il procedimento disciplinare e
applica la sanzione. Quando le sanzioni da applicare siano rimprovero verbale e
censura, il capo della struttura in cui il dipendente lavora provvede direttamente.
5. Ogni provvedimento disciplinare, ad eccezione del rimprovero verbale, deve
essere adottato previa tempestiva contestazione scritta dell'addebito al
dipendente, che viene sentito a sua difesa con l'eventuale assistenza di un
procuratore ovvero di un rappresentante dell'associazione sindacale cui
aderisce o conferisce mandato. Trascorsi inutilmente quindici giorni dalla
convocazione per la difesa del dipendente, la sanzione viene applicata nei
successivi quindici giorni.
6. Con il consenso del dipendente la sanzione applicabile può essere ridotta,
ma in tal caso non è più suscettibile di impugnazione.
7. Ove i contratti collettivi non prevedano procedure di conciliazione, entro
venti giorni dall'applicazione della sanzione, il dipendente, anche per mezzo
di un procuratore o dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce
mandato, può impugnarla dinanzi al collegio arbitrale di disciplina
dell'amministrazione in cui lavora. Il collegio emette la sua decisione entro
novanta giorni dall'impugnazione e l'amministrazione vi si conforma. Durante
tale periodo la sanzione resta sospesa.
8. Il collegio arbitrale si compone di due rappresentanti dell'amministrazione
e di due rappresentanti dei dipendenti ed è presieduto da un esterno
all'amministrazione, di provata esperienza e indipendenza. Ciascuna
amministrazione, secondo il proprio ordinamento, stabilisce, sentite le
organizzazioni sindacali, le modalità per la periodica designazione di dieci
rappresentanti dell'amministrazione e dieci rappresentanti dei dipendenti, che,
di comune accordo, indicano cinque presidenti. In mancanza di accordo,
l'amministrazione richiede la nomina dei presidenti al presidente del tribunale
del luogo in cui siede il collegio. Il collegio opera con criteri oggettivi di
rotazione dei membri e di assegnazione dei procedimenti disciplinari che ne
garantiscono l'imparzialità.
9. Più amministrazioni omogenee o affini possono istituire un unico collegio
arbitrale mediante convenzione che ne regoli le modalità di costituzione e di
funzionamento nel rispetto dei princìpi di cui ai precedenti commi.
10. Fino al riordinamento degli organi collegiali della scuola nei confronti
del personale ispettivo tecnico, direttivo, docente ed educativo delle scuole
di ogni ordine e grado e delle istituzioni educative statali si applicano le
norme di cui agli articoli da 502 a 507 del decreto legislativo 16 aprile 1994,
n. 297.
Articolo 56
Impugnazione delle sanzioni disciplinari.
(Art. 59-bis del D.Lgs. n. 29 del 1993, aggiunto dall'art. 28 del
D.Lgs. n. 80 del 1998)
1. Se i contratti collettivi
nazionali non hanno istituito apposite procedure di conciliazione e arbitrato,
le sanzioni disciplinari possono essere impugnate dal lavoratore davanti al
collegio di conciliazione di cui all'articolo 66, con le modalità e con gli
effetti di cui all'articolo 7, commi sesto e settimo, della legge 20 maggio
1970, n. 300.
Articolo 57
Pari opportunità.
(Art. 61 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 29 del
D.Lgs. n. 546 del 1993, successivamente modificato prima dall'art. 43, comma 8
del D.Lgs. n. 80 del 1998 e poi dall'art. 17 del D.Lgs. n. 387 del 1998)
1. Le pubbliche
amministrazioni, al fine di garantire rari opportunità tra uomini e donne per
l'accesso al lavoro ed il trattamento sul lavoro:
a) riservano alle donne, salva motivata impossibilità, almeno un terzo dei
posti di componente delle commissioni di concorso, fermo restando il principio
di cui all'articolo 35, comma 3, lettera e);
b) adottano propri atti regolamentari per assicurare pari opportunità fra
uomini e donne sul lavoro, conformemente alle direttive impartite dalla
Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica;
c) garantiscono la partecipazione delle proprie dipendenti ai corsi di formazione
e di aggiornamento professionale in rapporto proporzionale alla loro presenza
nelle amministrazioni interessate ai corsi medesimi, adottando modalità
organizzative atte a favorirne la partecipazione, consentendo la conciliazione
fra vita professionale e vita familiare;
d) possono finanziare programmi di azioni positive e l'attività dei Comitati
pari opportunità nell'àmbito delle proprie disponibilità di bilancio.
2. Le pubbliche amministrazioni, secondo le modalità di cui all'articolo 9,
adottano tutte le misure per attuare le direttive della Unione europea in
materia di pari opportunità, sulla base di quanto disposto dalla Presidenza del
Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica.
TITOLO V
CONTROLLO DELLA SPESA
Articolo 58
Finalità.
(Art. 63 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 30 del
D.Lgs. n. 546 del 1993)
1. Al fine di realizzare il
più efficace controllo dei bilanci, anche articolati per funzioni e per
programmi, e la rilevazione dei costi, con particolare riferimento al costo del
lavoro, il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica,
d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della
funzione pubblica, provvede alla acquisizione delle informazioni sui flussi
finanziari relativi a tutte le amministrazioni pubbliche.
2. Per le finalità di cui al comma 1, tutte le amministrazioni pubbliche
impiegano strumenti di rilevazione e sistemi informatici e statistici definiti
o valutati dall'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione di
cui al decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, e successive modificazioni
ed integrazioni, sulla base delle indicazioni definite dal Ministero del
tesoro, d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento
della funzione pubblica.
3. Per l'immediata attivazione del sistema di controllo della spesa del
personale di cui al comma 1, il Ministero del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri
- Dipartimento della funzione pubblica, avvia un processo di integrazione dei
sistemi informativi delle amministrazioni pubbliche che rilevano i trattamenti
economici e le spese del personale, facilitando la razionalizzazione delle
modalità di pagamento delle retribuzioni. Le informazioni acquisite dal sistema
informativo del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato sono
disponibili per tutte le amministrazioni e gli enti interessati.
Articolo 59
Rilevazione dei costi.
(Art. 64 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 31 del
D.Lgs. n. 546 del 1993)
1. Le amministrazioni
pubbliche individuano i singoli programmi di attività e trasmettono alla
Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica,
al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica tutti
gli elementi necessari alla rilevazione ed al controllo dei costi.
2. Ferme restando le attuali procedure di evidenziazione della spesa ed i
relativi sistemi di controllo, il Ministero del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica al fine di rappresentare i profili economici della
spesa, previe intese con la Presidenza del Consiglio dei ministri -
Dipartimento della funzione pubblica, definisce procedure interne e tecniche di
rilevazione e provvede, in coerenza con le funzioni di spesa riconducibili alle
unità amministrative cui compete la gestione dei programmi, ad un'articolazione
dei bilanci pubblici a carattere sperimentale.
3. Per la omogeneizzazione delle procedure presso i soggetti pubblici diversi
dalle amministrazioni sottoposte alla vigilanza ministeriale, la Presidenza del
Consiglio dei ministri adotta apposito atto di indirizzo e coordinamento.
Articolo 60
Controllo del costo del lavoro.
(Art. 65 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 32 del
D.Lgs. n. 546 del 1993)
1. Il Ministero del tesoro,
del bilancio e della programmazione economica, d'intesa con la Presidenza del
Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, definisce un
modello di rilevazione della consistenza del personale, in servizio e in
quiescenza, e delle relative spese, ivi compresi gli oneri previdenziali e le
entrate derivanti dalle contribuzioni, anche per la loro evidenziazione a
preventivo e a consuntivo, mediante allegati ai bilanci. Il Ministero del
tesoro, del bilancio e della programmazione economica elabora, altresì, un
conto annuale che evidenzi anche il rapporto tra contribuzioni e prestazioni
previdenziali relative al personale delle amministrazioni statali.
2. Le amministrazioni pubbliche presentano, entro il mese di maggio di ogni
anno, alla Corte dei conti, per il tramite del Dipartimento della ragioneria
generale dello Stato ed inviandone copia alla Presidenza del Consiglio dei
ministri - Dipartimento della funzione pubblica, il conto annuale delle spese
sostenute per il personale, rilevate secondo il modello di cui al comma 1. Il
conto è accompagnato da una relazione, con cui le amministrazioni pubbliche
espongono i risultati della gestione del personale, con riferimento agli
obiettivi che, per ciascuna amministrazione, sono stabiliti dalle leggi, dai
regolamenti e dagli atti di programmazione. La mancata presentazione del conto
e della relativa relazione determina, per l'anno successivo a quello cui il conto
si riferisce, l'applicazione delle misure di cui all'articolo 30, comma 11,
della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni.
3. Gli enti pubblici economici e le aziende che producono servizi di pubblica
utilità nonché gli enti e le aziende di cui all'articolo 70, comma 4, sono
tenuti a comunicare alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento
della funzione pubblica e al Ministero del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica, il costo annuo del personale comunque utilizzato, in
conformità alle procedure definite dal Ministero del tesoro, d'intesa con il
predetto Dipartimento della funzione pubblica.
4. La Corte dei conti riferisce annualmente al Parlamento sulla gestione delle
risorse finanziarie destinate al personale del settore pubblico, avvalendosi di
tutti i dati e delle informazioni disponibili presso le amministrazioni
pubbliche. Con apposite relazioni in corso d'anno, anche a richiesta del
Parlamento, la Corte riferisce altresì in ordine a specifiche materie, settori
ed interventi.
5. Il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica,
anche su espressa richiesta del Ministro per la funzione pubblica, dispone
visite ispettive, a cura dei servizi ispettivi di finanza del Dipartimento
della ragioneria generale dello Stato, coordinate anche con altri analoghi
servizi, per la valutazione e la verifica delle spese, con particolare
riferimento agli oneri dei contratti collettivi nazionali e decentrati,
denunciando alla Corte dei conti le irregolarità riscontrate. Tali verifiche
vengono eseguite presso le amministrazioni pubbliche, nonché presso gli enti e
le aziende di cui al comma 3. Ai fini dello svolgimento integrato delle
verifiche ispettive, i servizi ispettivi di finanza del Dipartimento della
ragioneria generale dello Stato esercitano presso le predette amministrazioni,
enti e aziende sia le funzioni di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto del
Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, n. 38 e all'articolo 2, comma 1,
lettera b) del decreto del Presidente della Repubblica 28 aprile 1998, n. 154,
sia i compiti di cui all'articolo 27, comma quarto, della legge 29 marzo 1983,
n. 93.
6. Allo svolgimento delle verifiche ispettive integrate di cui al comma 5 può
partecipare l'ispettorato operante presso il Dipartimento della funzione
pubblica. L'ispettorato stesso si avvale di cinque ispettori di finanza, in
posizione di comando o fuori ruolo, del Ministero del tesoro, del bilancio e
della programmazione economica, cinque funzionari, particolarmente esperti in
materia, in posizione di comando o fuori ruolo, del Ministero dell'interno e di
altro personale comunque in servizio presso il Dipartimento della funzione
pubblica. L'ispettorato svolge compiti ispettivi vigilando sulla razionale
organizzazione delle pubbliche amministrazioni, l'ottimale utilizzazione delle
risorse umane, la conformità dell'azione amministrativa ai princìpi di
imparzialità e buon andamento e l'osservanza delle disposizioni vigenti sul
controllo dei costi, dei rendimenti e dei risultati e sulla verifica dei
carichi di lavoro.
Articolo 61
Interventi correttivi del costo del personale.
(Art. 66 del D.Lgs. n. 29 del 1993)
1. Fermo restando il disposto
dell'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive
modificazioni ed integrazioni, e salvi i casi di cui ai commi successivi,
qualora si verifichino o siano prevedibili, per qualunque causa, scostamenti
rispetto agli stanziamenti previsti per le spese destinate al personale, il Ministro
del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, informato
dall'amministrazione competente, ne riferisce al Parlamento, proponendo
l'adozione di misure correttive idonee a ripristinare l'equilibrio del
bilancio. La relazione è trasmessa altresì al nucleo di valutazione della spesa
relativa al pubblico impiego istituito presso il CNEL.
2. Le pubbliche amministrazioni che vengono, in qualunque modo, a conoscenza di
decisioni giurisdizionali che comportino oneri a carico del bilancio, ne danno
immediata comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri -
Dipartimento della funzione pubblica, al Ministero del tesoro, del bilancio e
della programmazione economica. Ove tali decisioni producano nuovi o maggiori
oneri rispetto alle spese autorizzate, il Ministro del tesoro, del bilancio e
della programmazione economica presenta, entro trenta giorni dalla data di
pubblicazione delle sentenze della Corte costituzionale o dalla conoscenza
delle decisioni esecutive di altre autorità giurisdizionali, una relazione al
Parlamento, impegnando Governo e Parlamento a definire con procedura d'urgenza
una nuova disciplina legislativa idonea a ripristinare i limiti della spesa
globale.
3. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica
provvede, con la stessa procedura di cui al comma 2, a seguito di richieste
pervenute alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della
funzione pubblica per la estensione generalizzata di decisioni giurisdizionali
divenute esecutive, atte a produrre gli effetti indicati nel medesimo comma 2
sulla entità della spesa autorizzata.
Articolo 62
Commissario del Governo.
(Art. 67 del D.Lgs. n. 29 del 1993)
1. Il Commissario del
Governo, fino all'entrata in vigore del regolamento di cui all'articolo 11,
comma 4, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n.300, rappresenta lo Stato
nel territorio regionale. Egli è responsabile, nei confronti del Governo, del
flusso di informazioni degli enti pubblici operanti nel territorio, in
particolare di quelli attivati attraverso gli allegati ai bilanci e il conto
annuale di cui all'articolo 60, comma 1. Ogni comunicazione del Governo alla
regione avviene tramite il Commissario del Governo.
TITOLO VI
GIURISDIZIONE
Articolo 63
Controversie relative ai rapporti di lavoro.
(Art. 68 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 33
del D.Lgs. n. 546 del 1993, e poi dall'art. 29 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e
successivamente modificato dall'art. 18 del D.Lgs. n. 387 del 1998)
1. Sono devolute al giudice
ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai
rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui
all'articolo 1, comma 2, ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro
di cui al comma 4, incluse le controversie concernenti l'assunzione al lavoro,
il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la responsabilità
dirigenziale, nonché quelle concernenti le indennità di fine rapporto, comunque
denominate e corrisposte, ancorché vengano in questione atti amministrativi
presupposti. Quando questi ultimi siano rilevanti ai fini della decisione, il
giudice li disapplica, se illegittimi. L'impugnazione davanti al giudice
amministrativo dell'atto amministrativo rilevante nella controversia non è
causa di sospensione del processo.
2. Il giudice adotta, nei confronti delle pubbliche amministrazioni, tutti i
provvedimenti, di accertamento, costitutivi o di condanna, richiesti dalla
natura dei diritti tutelati. Le sentenze con le quali riconosce il diritto
all'assunzione, ovvero accerta che l'assunzione è avvenuta in violazione di
norme sostanziali o procedurali, hanno anche effetto rispettivamente
costitutivo o estintivo del rapporto di lavoro.
3. Sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le
controversie relative a comportamenti antisindacali delle pubbliche
amministrazioni ai sensi dell'articolo 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e
successive modificazioni ed integrazioni, e le controversie, promosse da
organizzazioni sindacali, dall'ARAN o dalle pubbliche amministrazioni, relative
alle procedure di contrattazione collettiva di cui all'articolo 40 e seguenti
del presente decreto.
4. Restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le
controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei
dipendenti delle pubbliche amministrazioni, nonché, in sede di giurisdizione
esclusiva, le controversie relative ai rapporti di lavoro di cui all'articolo
3, ivi comprese quelle attinenti ai diritti patrimoniali connessi.
5. Nelle controversie di cui ai commi 1 e 3 e nel caso di cui all'articolo 64,
comma 3, il ricorso per cassazione può essere proposto anche per violazione o
falsa applicazione dei contratti e accordi collettivi nazionali di cui
all'articolo 40.
Articolo 64
Accertamento pregiudiziale sull'efficacia, validità ed interpretazione
dei contratti collettivi.
(Art. 68-bis del D.Lgs. n. 29 del 1993, aggiunto dall'art. 30 del
D.Lgs. n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall'art. 19, commi 1 e 2
del D.Lgs. n. 387 del 1998)
1. Quando per la definizione
di una controversia individuale di cui all'articolo 63, è necessario risolvere
in via pregiudiziale una questione concernente l'efficacia, la validità o
l'interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo
nazionale, sottoscritto dall'ARAN ai sensi dell'articolo 40 e seguenti, il
giudice, con ordinanza non impugnabile, nella quale indica la questione da
risolvere, fissa una nuova udienza di discussione non prima di centoventi
giorni e dispone la comunicazione, a cura della cancelleria, dell'ordinanza,
del ricorso introduttivo e della memoria difensiva all'ARAN.
2. Entro trenta giorni dalla comunicazione di cui al comma 1, l'ARAN convoca le
organizzazioni sindacali firmatarie per verificare la possibilità di un accordo
sull'interpretazione autentica del contratto o accordo collettivo, ovvero sulla
modifica della clausola controversa. All'accordo sull'interpretazione autentica
o sulla modifica della clausola si applicano le disposizioni dell'articolo 49.
Il testo dell'accordo è trasmesso, a cura dell'ARAN, alla cancelleria del
giudice procedente, la quale provvede a darne avviso alle parti almeno dieci
giorni prima dell'udienza. Decorsi novanta giorni dalla comunicazione di cui al
comma 1, in mancanza di accordo, la procedura si intende conclusa.
3. Se non interviene l'accordo sull'interpretazione autentica o sulla modifica
della clausola controversa, il giudice decide con sentenza sulla sola questione
di cui al comma 1, impartendo distinti provvedimenti per l'ulteriore istruzione
o, comunque, per la prosecuzione della causa. La sentenza è impugnabile
soltanto con ricorso immediato per Cassazione, proposto nel termine di sessanta
giorni dalla comunicazione dell'avviso di deposito della sentenza. Il deposito
nella cancelleria del giudice davanti a cui pende la causa di una copia del
ricorso per cassazione, dopo la notificazione alle altre parti, determina la
sospensione del processo.
4. La Corte di cassazione, quando accoglie il ricorso a norma dell'articolo 383
del codice di procedura civile, rinvia la causa allo stesso giudice che ha
pronunciato la sentenza cassata. La riassunzione della causa può essere fatta
da ciascuna delle parti entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla
comunicazione della sentenza di cassazione. In caso di estinzione del processo,
per qualsiasi causa, la sentenza della Corte di cassazione conserva i suoi
effetti.
5. L'ARAN e le organizzazioni sindacali firmatarie possono intervenire nel
processo anche oltre il termine previsto dall'articolo 419 del codice di
procedura civile e sono legittimate, a seguito dell'intervento alla
proposizione dei mezzi di impugnazione delle sentenze che decidono una
questione di cui al comma 1. Possono, anche se non intervenute, presentare
memorie nel giudizio di merito ed in quello per cassazione. Della presentazione
di memorie è dato avviso alle parti, a cura della cancelleria.
6. In pendenza del giudizio davanti alla Corte di cassazione, possono essere
sospesi i processi la cui definizione dipende dalla risoluzione della medesima
questione sulla quale la Corte è chiamata a pronunciarsi. Intervenuta la
decisione della Corte di cassazione, il giudice fissa, anche d'ufficio,
l'udienza per la prosecuzione del processo.
7. Quando per la definizione di altri processi è necessario risolvere una
questione di cui al comma 1 sulla quale è già intervenuta una pronuncia della
Corte di cassazione e il giudice non ritiene di uniformarsi alla pronuncia della
Corte, si applica il disposto del comma 3.
8. La Corte di cassazione, nelle controversie di cui è investita ai sensi del
comma 3, può condannare la parte soccombente, a norma dell'articolo 96 del
codice di procedura civile, anche in assenza di istanza di parte.
Articolo 65
Tentativo obbligatorio di conciliazione nelle controversie individuali.
(Art. 69 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 34
del D.Lgs. n. 546 del 1993 e poi dall'art. 31 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e
successivamente modificato prima dall'art. 19, commi da 3 a 6 del D.Lgs. n. 387
del 1998 e poi dall'art. 45, comma 22 della legge n. 448 del 1998)
1. Per le controversie
individuali di cui all'articolo 63, il tentativo obbligatorio di conciliazione
di cui all'articolo 410 del codice di procedura civile si svolge con le
procedure previste dai contratti collettivi, ovvero davanti al collegio di
conciliazione di cui all'articolo 66, secondo le disposizioni dettate dal
presente decreto.
2. La domanda giudiziale diventa procedibile trascorsi novanta giorni dalla
promozione del tentativo di conciliazione.
3. Il giudice che rileva che non è stato promosso il tentativo di conciliazione
secondo le disposizioni di cui all'articolo 66, commi 2 e 3, o che la domanda
giudiziale è stata proposta prima della scadenza del termine di novanta giorni
dalla promozione del tentativo, sospende il giudizio e fissa alle parti il
termine perentorio di sessanta giorni per promuovere il tentativo di
conciliazione. Si applica l'articolo 412-bis, commi secondo e quinto, del
codice di procedura civile. Espletato il tentativo di conciliazione o decorso
il termine di novanta giorni, il processo può essere riassunto entro il termine
perentorio di centottanta giorni. La parte contro la quale è stata proposta la
domanda in violazione dell'articolo 410 del codice di procedura civile, con
l'atto di riassunzione o con memoria depositata in cancelleria almeno dieci
giorni prima dell'udienza fissata, può modificare o integrare le proprie difese
e proporre nuove eccezioni processuali e di merito, che non siano rilevabili
d'ufficio. Ove il processo non sia stato tempestivamente riassunto, il giudice
dichiara d'ufficio l'estinzione del processo con decreto cui si applica la
disposizione di cui all'articolo 308 del codice di procedura civile.
4. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di intesa con la
Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica ed
il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, provvede,
mediante mobilità volontaria interministeriale, a dotare le Commissioni di
conciliazione territoriali degli organici indispensabili per la tempestiva
realizzazione del tentativo obbligatorio di conciliazione delle controversie
individuali di lavoro nel settore pubblico e privato.
Articolo 66
Collegio di conciliazione.
(Art. 69-bis del D.Lgs. n. 29 del 1993, aggiunto dall'art. 32 del
D.Lgs. n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall'art. 19, comma 7 del
D.Lgs. n. 387 del 1998)
1. Ferma restando la facoltà
del lavoratore di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai
contratti collettivi, il tentativo obbligatorio di conciliazione di cui
all'articolo 65 si svolge, con le procedure di cui ai commi seguenti, dinanzi
ad un collegio di conciliazione istituito presso la Direzione provinciale del
lavoro nella cui circoscrizione si trova l'ufficio cui il lavoratore è addetto,
ovvero era addetto al momento della cessazione del rapporto. Le medesime
procedure si applicano, in quanto compatibili se il tentativo di conciliazione
è promosso dalla pubblica amministrazione. Il collegio di conciliazione è
composto dal direttore della Direzione o da un suo delegato, che lo presiede,
da un rappresentante del lavoratore e da un rappresentante dell'amministrazione.
2. La richiesta del tentativo di conciliazione, sottoscritta dal lavoratore, è
consegnata alla Direzione presso la quale è istituito il collegio di
conciliazione competente o spedita mediante raccomandata con avviso di
ricevimento. Copia della richiesta deve essere consegnata o spedita a cura
dello stesso lavoratore all'amministrazione di appartenenza.
3. La richiesta deve precisare:
a) l'amministrazione di appartenenza e la sede alla quale il lavoratore è
addetto;
b) il luogo dove gli devono essere fatte le comunicazioni inerenti alla
procedura;
c) l'esposizione sommaria dei fatti e delle ragioni poste a fondamento della
pretesa;
d) la nomina del proprio rappresentante nel collegio di conciliazione o la
delega per la nomina medesima ad un'organizzazione sindacale.
4. Entro trenta giorni dal ricevimento della copia della richiesta,
l'amministrazione, qualora non accolga la pretesa del lavoratore, deposita
presso la Direzione osservazioni scritte. Nello stesso atto nomina il proprio
rappresentante in seno al collegio di conciliazione. Entro i dieci giorni
successivi al deposito, il Presidente fissa la comparizione delle parti per il
tentativo di conciliazione. Dinanzi al collegio di conciliazione, il lavoratore
può farsi rappresentare o assistere anche da un'organizzazione cui aderisce o
conferisce mandato. Per l'amministrazione deve comparire un soggetto munito del
potere di conciliare.
5. Se la conciliazione riesce, anche limitatamente ad una parte della pretesa
avanzata dal lavoratore, viene redatto separato processo verbale sottoscritto
dalle parti e dai componenti del collegio di conciliazione. Il verbale
costituisce titolo esecutivo. Alla conciliazione non si applicano le
disposizioni dell'articolo 2113, commi, primo, secondo e terzo del codice
civile.
6. Se non si raggiunge l'accordo tra le parti, il collegio di conciliazione
deve formulare un proposta per la bonaria definizione della controversia. Se la
proposta non è accettata, i termini di essa sono riassunti nel verbale con
indicazione delle valutazioni espresse dalle parti.
7. Nel successivo giudizio sono acquisiti, anche di ufficio, i verbali
concernenti il tentativo di conciliazione non riuscito. Il giudice valuta il
comportamento tenuto dalle parti nella fase conciliativa ai fini del
regolamento delle spese.
8. La conciliazione della lite da parte di chi rappresenta la pubblica
amministrazione, in adesione alla proposta formulata dal collegio di cui al
comma 1, ovvero in sede giudiziale ai sensi dell'articolo 420, commi primo,
secondo e terzo, del codice di procedura civile, non può dar luogo a
responsabilità amministrativa.
TITOLO VII
DISPOSIZIONI DIVERSE E NORME TRANSITORIE FINALI
Capo I - Disposizioni diverse
Articolo 67
Integrazione funzionale del Dipartimento della funzione pubblica con la
Ragioneria generale dello Stato.
(Art. 70 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 35 del
D.Lgs. n. 546 del 1993)
1. Il più efficace
perseguimento degli obiettivi di cui all'articolo 48, commi da 1 a 3, ed agli
articoli da 58 a 60 è realizzato attraverso l'integrazione funzionale della
Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica
con il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica -
Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, da conseguirsi mediante
apposite conferenze di servizi presiedute dal Ministro per la funzione pubblica
o da un suo delegato.
2. L'applicazione dei contratti collettivi di lavoro, nazionali e decentrati,
per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, è oggetto di verifica del
Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e della
Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica,
con riguardo, rispettivamente, al rispetto dei costi prestabiliti ed agli
effetti degli istituti contrattuali sull'efficiente organizzazione delle
amministrazioni pubbliche e sulla efficacia della loro azione.
3. Gli schemi di provvedimenti legislativi e i progetti di legge, comunque
sottoposti alla valutazione del Governo, contenenti disposizioni relative alle
amministrazioni pubbliche richiedono il necessario concerto del Ministero del
tesoro, del bilancio e della programmazione economica e del Dipartimento della funzione
pubblica. I provvedimenti delle singole amministrazioni dello Stato incidenti
nella medesima materia sono adottati d'intesa con il Ministero del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica e con la Presidenza del Consiglio dei
ministri - Dipartimento della funzione pubblica in apposite conferenze di
servizi da indire ai sensi e con le modalità di cui all'articolo 14 della legge
7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni ed integrazioni.
Articolo 68
Aspettativa per mandato parlamentare.
(Art. 71, commi da 1 a 3 e 5 del D.Lgs. n. 29 del 1993)
1. I dipendenti delle
pubbliche amministrazioni eletti al Parlamento nazionale, al Parlamento europeo
e nei Consigli regionali sono collocati in aspettativa senza assegni per la
durata del mandato. Essi possono optare per la conservazione, in luogo
dell'indennità parlamentare e dell'analoga indennità corrisposta ai consiglieri
regionali, del trattamento economico in godimento presso l'amministrazione di
appartenenza, che resta a carico della medesima.
2. Il periodo di aspettativa è utile ai fini dell'anzianità di servizio e del
trattamento di quiescenza e di previdenza.
3. Il collocamento in aspettativa ha luogo all'atto della proclamazione degli
eletti; di questa le Camere ed i Consigli regionali danno comunicazione alle
amministrazioni di appartenenza degli eletti per i conseguenti provvedimenti.
4. Le regioni adeguano i propri ordinamenti ai princìpi di cui ai commi 1, 2 e
3.
Capo II - Norme transitorie e finali
Articolo 69
Norme transitorie.
(Art. 25, comma 4 del D.Lgs. n. 29 del 1993; art. 50, comma 14 del
D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 17 del D.Lgs. n. 470 del
1993 e poi dall'art. 2 del D.Lgs. n. 396 del 1997; art. 72, commi 1 e 4 del
D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituiti dall'art. 36 del D.Lgs. n. 546 del 1993,
art. 73, comma 2 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 37 del
D.Lgs. n. 546 del 1993; art. 28, comma 2 del D.Lgs. n. 80 del 1998; art. 45,
commi 5, 9, 17 e 25 del D.Lgs. n. 80 del 1998, come modificati dall'art. 22,
comma 6 del D.Lgs. n. 387 del 1998; art. 24, comma 3 del D.Lgs. n. 387 del
1998)
1. Salvo che per le materie
di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 23 ottobre 1992, n.
421, gli accordi sindacali recepiti in decreti del Presidente della Repubblica
in base alla legge 29 marzo 1983, n. 93, e le norme generali e speciali del
pubblico impiego, vigenti alla data del 13 gennaio 1994 e non abrogate,
costituiscono, limitatamente agli istituti del rapporto di lavoro, la
disciplina di cui all'articolo 2, comma 2. Tali disposizioni sono inapplicabili
a seguito della stipulazione dei contratti collettivi del quadriennio
1994-1997, in relazione ai soggetti e alle materie dagli stessi contemplati.
Tali disposizioni cessano in ogni caso di produrre effetti dal momento della
sottoscrizione, per ciascun ambito di riferimento, dei contratti collettivi del
quadriennio 1998-2001.
2. In attesa di una nuova regolamentazione contrattuale della materia, resta
ferma per i dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, la disciplina vigente in
materia di trattamento di fine rapporto.
3. Il personale delle qualifiche ad esaurimento di cui agli articoli 60 e 61
del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748, e
successive modificazioni ed integrazioni, e quello di cui all'articolo 15 della
legge 9 marzo 1989, n. 88, i cui ruoli sono contestualmente soppressi dalla
data del 21 febbraio 1993, conserva le qualifiche ad personam. A tale personale
sono attribuite funzioni vicarie del dirigente e funzioni di direzione di
uffici di particolare rilevanza non riservati al dirigente, nonché compiti di
studio, ricerca, ispezione e vigilanza ad esse delegati dal dirigente. Il
trattamento economico è definito tramite il relativo contratto collettivo.
4. La disposizione di cui all'articolo 56, comma 1, si applica, per ciascun
ambito di riferimento, a far data dalla entrata in vigore del contratti
collettivi del quadriennio contrattuale 1998-2001.
5. Le disposizioni di cui all'articolo 22, commi 17 e 18, della legge 29
dicembre 1994, n. 724, continuano ad applicarsi alle amministrazioni che non
hanno ancora provveduto alla determinazione delle dotazioni organiche previa
rilevazione dei carichi di lavoro.
6. Con riferimento ai rapporti di lavoro di cui all'articolo 2, comma 3, del
presente decreto, non si applica l'articolo 199 del decreto del Presidente
della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3.
7. Sono attribuite al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le
controversie di cui all'articolo 63 del presente decreto, relative a questioni
attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998. Le
controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro
anteriore a tale data restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo solo qualora siano state proposte, a pena di decadenza,
entro il 15 settembre 2000.
8. Fino all'entrata in vigore della nuova disciplina derivante dal contratto
collettivo per il comparto scuola, relativo al quadriennio 1998-2001,
continuano ad applicarsi al personale della scuola le procedure di cui
all'articolo 484 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297.
9. Per i primi due bandi successivi alla data del 22 novembre 1998, relativi
alla copertura di posti riservati ai concorsi di cui all'articolo 28, comma 2,
lettera b, del presente decreto, con il regolamento governativo di cui al comma
3, del medesimo articolo è determinata la quota di posti per i quali sono
ammessi soggetti anche se non in possesso del previsto titolo di
specializzazione.
10. Sino all'applicazione dell'articolo 46, comma 12, l'ARAN utilizza personale
in posizione di comando e fuori ruolo nei limiti massimi delle tabelle previste
dal decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 1994, n. 144, come
modificato dall'articolo 8, comma 4, della legge 15 maggio 1997, n. 127.
11. In attesa di una organica normativa nella materia, restano ferme le norme
che disciplinano, per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, l'esercizio
delle professioni per le quali sono richieste l'abilitazione o l'iscrizione ad
ordini o albi professionali. Il personale di cui all'articolo 6, comma 5, del
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni ed
integrazioni, può iscriversi, se in possesso dei prescritti requisiti, al
relativo ordine professionale.
Articolo 70
Norme finali.
(Art. 73, commi 1, 3, 4, 5 e 6-bis del D.Lgs. n. 29 del 1993, come
modificati dall'art. 21 del D.Lgs. n. 470 del 1993, successivamente sostituiti
dall'art. 37 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e modificati dall'art. 9, comma 2 del
D.Lgs. n. 396 del 1997, dall'art. 45, comma 4 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e
dall'art. 20 del D.Lgs. n. 387 del 1998; art. 45, commi 1, 2, 7, 10, 11, 21, 22
e 23 del D.Lgs. n. 80 del 1998, come modificati dall'art. 22, comma 6 del
D.Lgs. n. 387 del 1998, dall'art. 89 della legge n. 342 del 2000 e dall'art.
51, comma 13, della legge n. 388 del 2000)
1. Restano salve per la
regione Valle d'Aosta le competenze in materia, le norme di attuazione e la
disciplina sul bilinguismo. Restano comunque salve, per la provincia autonoma
di Bolzano, le competenze in materia, le norme di attuazione, la disciplina
vigente sul bilinguismo e la riserva proporzionale di posti nel pubblico
impiego.
2. Restano ferme le disposizioni di cui al titolo IV, capo II del decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267, riguardanti i segretari comunali e
provinciali, e alla legge 7 marzo 1986, n. 65 - esclusi gli articoli 10 e 13 -
sull'ordinamento della Polizia municipale. Per il personale disciplinato dalla
stessa legge 7 marzo 1986, n. 65 il trattamento economico e normativo è
definito nei contratti collettivi previsti dal presente decreto, nonché, per i
segretari comunali e provinciali, dall'art. 11, comma 8 del Decreto del
Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465.
3. Il rapporto di lavoro dei dipendenti degli enti locali è disciplinato dai
contratti collettivi previsti dal presente decreto nonché dal decreto
legislativo 18 agosto 2000. n. 267.
4. Le aziende e gli enti di cui alle leggi 26 dicembre 1936, n. 2174, e
successive modificazioni ed integrazioni, 13 luglio 1984, n. 312, 30 maggio
1988, n. 186, 11 luglio 1988, n. 266, 31 gennaio 1992, n. 138, legge 30
dicembre 1986, n. 936, decreto legislativo 25 luglio 1997, n.250 adeguano i
propri ordinamenti ai principi di cui al titolo I. I rapporti di lavoro dei
dipendenti dei predetti enti ed aziende sono regolati da contratti collettivi
ed individuali in base alle disposizioni di cui agli articoli 2, comma 2,
all'articolo 8, comma 2, ed all'articolo 60, comma 3. Le predette aziende o
enti sono rappresentati dall'ARAN ai fini della stipulazione dei contratti
collettivi che li riguardano. Il potere di indirizzo e le altre competenze
inerenti alla contrattazione collettiva sono esercitati dalle aziende ed enti
predetti di intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri, che la esprime
tramite il Ministro per la funzione pubblica, ai sensi dell'articolo 41, comma
2. La certificazione dei costi contrattuali al fine della verifica della
compatibilità con gli strumenti di programmazione e bilancio avviene con le
procedure dell'articolo 47.
5. Le disposizioni di cui all'articolo 7 del decreto-legge 19 settembre 1992,
n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438,
vanno interpretate nel senso che le medesime, salvo quelle di cui al comma 7,
non si riferiscono al personale di cui al decreto legislativo 26 agosto 1998,
n. 319.
6. A decorrere dal 23 aprile 1998, le disposizioni che conferiscono agli organi
di governo l'adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti
amministrativi di cui all'articolo 4, comma 2, del presente decreto, si
intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti.
7. A decorrere dal 23 aprile 1998, le disposizioni vigenti a tale data,
contenute in leggi, regolamenti, contratti collettivi o provvedimenti
amministrativi riferite ai dirigenti generali si intendono riferite ai
dirigenti di uffici dirigenziali generali.
8. Le disposizioni del presente decreto si applicano al personale della scuola.
Restano ferme le disposizioni di cui all'articolo 21 della legge 15 marzo 1997,
n. 59 e del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 35. Sono fatte salve le
procedure di reclutamento del personale della scuola di cui al decreto
legislativo 16 aprile 1994, n. 297 e successive modificazioni ed integrazioni.
9. Per il personale della carriera prefettizia di cui all'articolo 3, comma 1
del presente decreto, gli istituti della partecipazione sindacale di cui
all'articolo 9 del medesimo decreto sono disciplinati attraverso apposito
regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n.
400, e successive modificazioni ed integrazioni.
10. I limiti di cui all articolo 19, comma 6, del presente decreto non si
applicano per la nomina dei direttori degli Enti parco nazionale.
11. Le disposizioni in materia di mobilità di cui agli articoli 30 e seguenti
del presente decreto non si applicano al personale del Corpo nazionale dei
vigili del fuoco.
12. In tutti i casi, anche se previsti da normative speciali, nei quali enti
pubblici territoriali, enti pubblici non economici o altre amministrazioni
pubbliche, dotate di autonomia finanziaria sono tenute ad autorizzare la
utilizzazione da parte di altre pubbliche amministrazioni di proprio personale,
in posizione di comando, di fuori ruolo, o in altra analoga posizione,
l'amministrazione che utilizza il personale rimborsa all'amministrazione di
appartenenza l'onere relativo al trattamento fondamentale. La disposizione di
cui al presente comma si applica al personale comandato, fuori ruolo o in
analoga posizione presso l'ARAN a decorrere dalla completa attuazione del
sistema di finanziamento previsto dall'articolo 46, commi 8 e 9, del presente decreto,
accertata dall'organismo di coordinamento di cui all'articolo 41, comma 6 del
medesimo decreto. Il trattamento economico complessivo del personale inserito
nel ruolo provvisorio ad esaurimento del Ministero delle finanze istituito
dall'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 1998, n. 283, in
posizione di comando, di fuori ruolo o in altra analoga posizione, presso enti
pubblici territoriali, enti pubblici non economici o altre amministrazioni
pubbliche dotate di autonomia finanziaria, rimane a carico dell'amministrazione
di appartenenza.
13. In materia di reclutamento, le pubbliche amministrazioni applicano la
disciplina prevista dal decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994,
n. 487, e successive modificazioni ed integrazioni, per le parti non
incompatibili con quanto previsto dagli articoli 35 e 36, salvo che la materia
venga regolata, in coerenza con i principi ivi previsti, nell'ambito dei
rispettivi ordinamenti.
Articolo 71
Disposizioni inapplicabili a seguito della sottoscrizione di contratti
collettivi.
1. Ai sensi dell'art. 69,
comma 1, secondo periodo, a seguito della stipulazione dei contratti collettivi
per il quadriennio 1994-1997, cessano di produrre effetti per ciascun ambito di
riferimento le norme di cui agli allegati A) e B) al presente decreto, con le
decorrenze ivi previste, in quanto contenenti le disposizioni espressamente
disapplicate dagli stessi contratti collettivi. Rimangono salvi gli effetti di
quanto previsto dallo stesso comma 1 dell'articolo 69, con riferimento
all'inapplicabilità delle norme incompatibili con quanto disposto dalla
contrattazione collettiva nazionale.
2. Per il personale delle Regioni ed autonomie locali, cessano di produrre
effetti, a seguito della stipulazione dei contratti collettivi della tornata
1998-2001, le norme contenute nell'allegato C), con le decorrenze ivi previste.
3. Alla fine della tornata contrattuale 1998-2001 per tutti i comparti ed aree
di contrattazione verranno aggiornati gli allegati del presente decreto, ai
sensi dell'articolo 69, comma 1, ultimo periodo. La contrattazione relativa
alla tornata contrattuale 1998-2001, ai sensi dell'articolo 2, comma 2,
provvederà alla disapplicazione espressa delle disposizioni generali o speciali
del pubblico impiego, legislative o recepite in decreto del Presidente della
Repubblica, che risulteranno incompatibili con la stipula dei contratti
collettivi nazionali o dei contratti quadro.
Articolo 72
Abrogazioni di norme.
(Art. 74 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 38 del
D.Lgs. n. 546 del 1993 e modificato prima dall'art. 43, comma 2 del D.Lgs. n.
80 del 1998 e poi dall'art. 21 del D.Lgs. n. 387 del 1998; art. 43, commi 1, 3,
4, 5, 6 e 7 del D.Lgs. n. 80 del 1998, come modificati dall'art. 22, commi da 1
a 3 del D.Lgs. n. 387 del 1998; art. 28, comma 2 del D.Lgs. n. 80 del 1998)
1. Sono abrogate o rimangono
abrogate le seguenti norme:
a) articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n.
3;
b) capo I, titolo I, del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno
1972, n. 748, e successive modificazioni ed integrazioni, ad eccezione delle
disposizioni di cui agli articoli da 4 a 12, nonché 15, 19, 21, 24 e 25, che,
nei limiti di rispettiva applicazione, continuano ad applicarsi al personale
dirigenziale delle carriere previste dall'articolo 15, comma 1, secondo periodo
del presente decreto, nonché le altre disposizioni del medesimo decreto n. 748
del 1972 incompatibili con quelle del presente decreto;
c) articolo 5, commi secondo e terzo della legge 11 agosto 1973, n. 533;
d) articoli 4, commi decimo, undicesimo, dodicesimo e tredicesimo e 6 della
legge 11 luglio 1980, n. 312;
e) articolo 2 del decreto legge 6 giugno 1981, n. 283, convertito, con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 1981, n. 432;
f) articoli da 2 a 15, da 17 a 21, 22, a far data dalla stipulazione dei
contratti collettivi per il quadriennio 1994-1997; 23, 26, comma quarto, 27,
comma primo, n. 5, 28 e 30, comma terzo della legge 29 marzo 1983, n. 93;
g) legge 10 luglio 1984, n. 301, ad esclusione delle disposizioni che
riguardano l'accesso alla qualifica di primo dirigente del Corpo forestale
dello Stato;
h) articolo 2 della legge 8 marzo 1985, n. 72;
i) articoli 27 e 28 del decreto del Presidente della Repubblica 8 maggio 1987,
n. 266, come integrato dall'articolo 10 del decreto del Presidente della
Repubblica 17 settembre 1987, n. 494;
j) decreto del Presidente della Repubblica 5 dicembre 1987, n. 551;
k) articoli 4, commi 3 e 4, e articolo 5 della legge 8 luglio 1988, n. 254;
l) articolo 17, comma 1, lettera e), della legge 23 agosto 1988, n. 400;
m) articolo 9 della legge 9 maggio 1989, n. 168;
n) articoli 4, comma 9, limitatamente alla disciplina sui contratti di lavoro
riguardanti i dipendenti delle amministrazioni, aziende ed enti del Servizio
sanitario nazionale; e 10, comma 2 della legge 30 dicembre 1991, n. 412;
o) articolo 2, comma 8, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito,
con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, limitatamente al
personale disciplinato dalla legge 4 giugno 1985, n. 281;
p) articolo 7, comma 1, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384,
convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438,
limitatamente al personale disciplinato dalle leggi 4 giugno 1985, n. 281 e 10
ottobre 1990, n. 287;
q) articolo 10, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 533;
r) articolo 10 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 534;
s) articolo 6-bis del decreto legge 18 gennaio 1993, n. 9, convertito, con
modificazioni, dalla legge 18 marzo 1993, n. 67;
t) decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29;
u) articolo 3, commi 5, 6, 23, 27, 31 ultimo periodo e da 47 a 52 della legge
24 dicembre 1993, n. 537;
v) articolo 3, comma 1, lettera e), della legge 14 gennaio 1994, n. 20;
w) decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 settembre 1994, n. 716;
x) articolo 2, lettere b), d) ed e) del decreto del Presidente del Consiglio
dei ministri 18 ottobre 1994, n. 692, a decorrere dalla data di attuazione
delle disposizioni di cui all'articolo 19 del presente decreto;
y) articolo 22, comma 15, della legge 23 dicembre 1994, n. 724;
z) decreto del Ministro per la funzione pubblica 27 febbraio 1995, n. 112;
aa) decreto legislativo 4 novembre 1997, n. 396;
bb) decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 ad eccezione degli articoli da 33
a 42 e 45, comma 18;
cc) decreto legislativo 29 ottobre 1998, n. 387 ad eccezione degli articoli 19,
commi da 8 a 18 e 23.
2. Agli adempimenti e alle procedure già previsti dall'articolo 31 del decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni e integrazioni,
continuano ad essere tenute le amministrazioni che non vi hanno ancora
provveduto alla data di entrata in vigore del presente decreto.
3. A far data dalla stipulazione dei contratti collettivi per il quadriennio
1994-1997, per ciascun ambito di riferimento, sono abrogate tutte le
disposizioni in materia di sanzioni disciplinari per i pubblici impiegati
incompatibili con le disposizioni del presente decreto.
4. A far data dalla stipulazione dei contratti collettivi per il quadriennio
1994-1997, per ciascun ambito di riferimento, ai dipendenti di cui all'articolo
2, comma 2, non si applicano gli articoli da 100 a 123 del decreto del
Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, e le disposizioni ad essi
collegate.
5. A far data dalla entrata in vigore dei contratti collettivi del quadriennio
1998-2001, per ciascun ambito di riferimento, cessano di produrre effetti i
commi 7, 8 e 9 dell'articolo 55 del presente decreto.
6. Contestualmente alla definizione della normativa contenente la disciplina di
cui all'articolo 50, sono abrogate le disposizioni che regolano la gestione e
la fruizione delle aspettative e dei permessi sindacali nelle amministrazioni
pubbliche.
Articolo 73
Norma di rinvio.
1. Quando leggi, regolamenti,
decreti, contratti collettivi od altre norme o provvedimenti, fanno riferimento
a norme del D.Lgs. n. 29 del 1993 ovvero del D.Lgs. n. 396 del 1997, del D.Lgs.
n. 80 del 1998 e 387 del 1998, e fuori dai casi di abrogazione per
incompatibilità, il riferimento si intende effettuato alle corrispondenti
disposizioni del presente decreto, come riportate da ciascun articolo.
Allegato A
(Art. 71, comma 1)
Norme generali e speciali del pubblico impiego,
vigenti alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 29 del 1993 e
dei relativi decreti correttivi emanati ai sensi dell'art. 2, comma 5 della
legge 23 ottobre 1992, n. 421, che cessano di produrre effetti a seguito della
sottoscrizione dei contratti collettivi per il quadriennio 1994-1997 per il
personale non dirigenziale ai sensi dell'art. 69, comma 1, secondo periodo del
presente decreto.
I. Ministeri
1. Dal 17 maggio 1995 (art.
43 CCNL 1994-1997):
a) articoli da 12 a 17, 36, 37, da 39 a 41, 68, commi da 1 a 8; 70, 71, da 78 a
87, da 91 a 99, 134, 146, commi 1, lettera d) e parte successiva, e 2, decreto
del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;
b) articoli 18, da 30 a 34 e 61, decreto del Presidente della Repubblica 3
maggio 1957, n. 686;
e) art. 15, legge 11 luglio 1980, n. 312;
d) art. 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;
e) art. 8, legge 8 agosto 1985, n. 455;
f) art. 4, comma 4, decreto-legge 19 dicembre 1984, n. 853, convertito con
legge 17 dicembre 1985, n. 17;
g) art. 4, da 11 a 14, 18, 20 e 21, comma 1, lettera b), decreto Presidente
della Repubblica 1° febbraio 1986, n. 13;
h) art. 10, decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 giugno 1986;
i) art. 19, comma 8, legge 1° dicembre 1986, n. 870;
j) art. 23, comma 8, legge 30 dicembre 1986, n. 936;
k) articoli 13, 15, 16, 18, 19, 32 e 50, decreto Presidente della Repubblica 8
maggio 1987, n. 266;
l) art. 4, decreto-legge 28 agosto 1987, n. 356, convertito con legge 27
ottobre 1987, n. 436;
m) articoli da 5 a 7, decreto Presidente della Repubblica 17 settembre 1987, n.
494;
n) art. 9, comma 4, decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito con legge 20
maggio 1988, n. 160;
o) articoli 4, 15 e 16, decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1988,
n. 395;
p) legge 22 giugno 1988, n. 221;
q) articoli 1, comma 1; 2, comma 1; da 3 a 6, decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri 17 marzo 1989, n. 117;
r) art. 3, comma 1, lettera i) punto 2, legge 10 ottobre 1989, n. 349;
s) articoli 2 e 3, legge 29 dicembre 1989, n. 412;
t) articoli 7, 8, commi da 12 a 14; 10, 14, decreto del Presidente della
Repubblica 17 gennaio 1990, n. 44;
u) art. 14, legge 7 agosto 1990, n. 245;
v) art. 10, commi 1 e 2, decreto-legge 29 marzo 1991, n. 108, convertito con
legge 1° giugno 1991, n. 169;
w) art. 1, legge 25 febbraio 1992, n. 209;
x) art. 3, comma 3, decreto-legge 4 dicembre 1992, n. 469, convertito con legge
1° febbraio 1993, n. 23;
y) art. 3, commi da 37 a 41, legge 24 dicembre 1993, n. 537.
2. Dal 13 gennaio 1996 (art. 10, CCNL integrativo del 12 gennaio 1996):
a) articoli 9, commi 7 e 8; da 10 a 12, decreto del Presidente della Repubblica
8 maggio 1987, n. 266.
3. Dal 23 ottobre 1997 (art. 8, CCNL integrativo del 22 ottobre 1997):
a) articoli 10, 67, 69, 70 e 124, decreto del Presidente della Repubblica 10
gennaio 1957, n. 3;
b) art. 50, legge 18 marzo 1968, n. 249;
c) articoli 29 e 31, decreto del Presidente della Repubblica 8 maggio 1987, n.
266;
d) articoli da 14 a 16, decreto del Presidente della Repubblica 18 maggio 1987,
n. 269;
e) articoli 15 e 21, decreto del Presidente della Repubblica 4 agosto 1990, n.
335;
f) art. 1, legge 15 gennaio 1991, n. 14.
4. Dal 27 febbraio 1998 (art 7 CCNL integrativo del 26 febbraio 1998, relativo
al personale dell'amministrazione civile dell'interno):
a) articoli 9, 10 e 11, fatto salvo il disposto della legge del 27 ottobre
1977, n. 801; 13, 17, 18, limitatamente al personale della carriera di
ragioneria; da 20 a 27 e 43, decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile
1982, n. 340.
II. Enti pubblici non economici
1. Dal 7 luglio 1995 (art. 50, CCNL 1994 -1997):
a) articoli 8, comma 1; 9, comma 1 e 2, salvo quanto previsto dall'art. 3,
decreto del Presidente della Repubblica 26 maggio 1976, n. 411, e comma 3, per
la parte relativa alle assenze per gravidanza e puerperio e per infermità; 11,
12, 23, 27 e 28, legge 20 marzo 1975, n. 70;
b) articoli 7 e 18, decreto del Presidente della Repubblica 26 maggio 1976, n.
411;
c) articoli 6, 17 e 21, decreto del Presidente della Repubblica 16 ottobre
1979, n. 509;
d) articoli 2 e 5, decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1983, n.
346;
e) articoli 22 e 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;
f) articoli 4, 7, 8, da 11 a 14, 18, 20 e 21 lettera b), decreto del Presidente
della Repubblica 1° febbraio 1986, n. 13;
g) articoli 5, commi da 1 a 7, 7, da 10 a 16 e 24, decreto del Presidente della
Repubblica 8 maggio 1987, n. 267;
h) art. 7, decreto del Presidente della Repubblica 17 settembre 1987, n. 494;
i) articoli 2, 4, 15 e 16, decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto
1988, n. 395;
j) articoli 1, comma 1; 2, comma 1; da 3 a 6, decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri 17 marzo 1989, n. 117;
k) articoli 5 e 13. decreto del Presidente della Repubblica 13 gennaio 1990, n.
43;
l) art. 3, commi da 37 a 42, legge 24 dicembre 1993, n. 537.
2. Dal 12 ottobre 1996 (art. 96 CCNL 1994-97 per il personale con qualifica
dirigenziale - sezione II):
a) articoli 9 e 10, decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n.
3;
b) articoli 8, comma 1; 9, comma 1; commi 1, 2 e 3, per la parte relativa alle
assenze per gravidanza e puerperio e per infermità; 11, 12, 23, 27 e 28, legge
20 marzo 1975, n. 70;
c) articoli 17 e 18, decreto del Presidente della Repubblica 26 maggio 1976, n.
411;
d) articoli 6, 17, 21, decreto del Presidente della Repubblica 16 ottobre 1979,
n. 509:
e) articoli 2 e 7, con le decorrenze di cui all'art. 66 ultimo periodo del
contratto collettivo nazionale del lavoro per il personale con qualifica
dirigenziale, decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1983, n. 346;
f) art. 22 e 25, legge 29 marzo 1983. n. 93;
g) articoli da 11 a 14 e da 18 a 21, decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 1986, n. 13;
h) articoli 4, 5, commi da 1 a 7; 7, 9, con le decorrenze di cui all'art. 66,
ultimo periodo del Contratto collettivo nazionale del lavoro, per il personale
con qualifica dirigenziale; da 10 a 16 e 24, decreto del Presidente della
Repubblica 8 maggio 1987, n. 267;
i) articoli 7 e 10, decreto del Presidente della Repubblica 17 settembre 1987,
n. 494;
j) articoli 2, 4 e 15, decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1988, n.
395;
k) articoli 1, da 3 a 5, 12 e 13, decreto del Presidente della Repubblica 13
gennaio 1990, n. 43;
l) art. 17, decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487;
m) art. 3, commi da 37 a 42, legge 24 dicembre 1993, n. 537.
III. Regioni ed autonomie locali
1. Dal 7 luglio 1995 (art. 47 CCNL 1994-1997):
a) articoli da 12 a 17, 37, 68, commi da 1 a 7; 70 e 71, decreto del Presidente
della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;
b) articoli da 30 a 34, decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 1957,
n. 686;
c) art. 9, decreto del Presidente della Repubblica 11 novembre 1980, n. 810;
d) art. 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;
e) articoli 7, 8, da 17 a 19, decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno
1983, n. 347;
f) articoli 4, 11 e da 18 a 21, decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 1986, n. 13;
g) articoli 2, 4, lettera a) comma 1 e lettera b) commi 6 e 7; 11, commi da 1 a
11, 14, 15, da 25 a 29, 34, comma 1, lettera a) e b); 56 e 61, decreto del
Presidente della Repubblica 13 maggio 1987, n. 268;
h) articoli 4 e 16, decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1988, n.
395;
i) art. 7, comma 6, legge 29 dicembre 1988, n. 554, disapplicato fino al 13
maggio 1996;
j) articoli 1, comma 1, 2 comma 1; da 3 a 6, decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri 17 marzo 1989, n. 117;
k) articoli 1 e 5, decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 marzo
1988, n. 127;
l) articoli 3 e 4, 5, con effetto dal 1° gennaio 1996; 6,
con effetto dal 1° gennaio 1996; 16, da 30 a 32, da 43 a 47, decreto del
Presidente della Repubblica 3 agosto 1990, n. 333;
m) art. 51, commi 9 e 10, legge 8 giugno 1990, n. 142;
n) art. 3, comma 23 e da 37 a 41, legge 24 dicembre 1993, n. 537.
2. Dal 14 maggio 1996 (art. 10 del CCNL integrativo del 13 maggio 1996):
a) art. l24, decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;
b) art. 25, decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1983, n. 347;
c) art. 18, decreto del Presidente della Repubblica 3 agosto 1990, n. 333.
IV. Sanità
1. Dal 2 settembre 1995 (art. 56 CCNL 1994-1997):
a) articoli da 12 a 17; da 37 a 41, 67, 68, commi da 1 a 7; da 69 a 71, da 78 a
123, 129 e 130, decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;
b) articoli da 30 a 34 e 61, decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio
1957, n. 686;
c) art. 7, comma 3, legge 30 dicembre 1971, n. 1204, limitatamente ai primi 30
giorni di permessi retribuiti fruibili nel primo triennio di vita del bambino;
d) articoli 9, comma 4; 14, 27, comma 1, limitatamente alla parola
"doveri"; 27, comma 4, 32, 33, 37, 38, da 39 a 42, 47, 51, 52 da 54 a
58, 60, 61 e 63, ultimo comma, decreto del Presidente della Repubblica 20
dicembre 1979, n. 761;
e) articoli 18, commi 3 e 4, 19 e 20, decreto 30 gennaio 1982, del Ministro
della sanità;
f) art. 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;
g) decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1983, n. 348;
h) articoli 4, 11, da 18 a 21, decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 1986, n. 13;
i) articoli da 2 a 4, 11, 16, 26, 28, 29, 31, 38, 40, 55, 57 e 112, decreto del
Presidente della Repubblica 20 maggio 1987, n. 270;
j) art. 46, decreto del Presidente della Repubblica 17 settembre 1987, n. 494;
k) decreto Presidente del Consiglio dei Ministri 30 marzo 1989, n. 127;
l) art. 7, comma 6, ultimi due periodi, legge 29 dicembre 1988, n. 554;
m) art. 4 decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1988, n. 395;
n) articoli 1, comma 1; 2, comma 1; da 3 a 6, decreto Presidente del Consiglio
dei Ministri 17 marzo 1989, n. 117;
o) articoli 1, da 3 a 7; 23, commi 1, 4 e 5; 34, da 41 a 43, 46, comma 1,
relativamente all'indennità di bilinguismo e comma 2, ultimo periodo; 49, comma
1, primo periodo e comma 2, per la parte riferita al medesimo periodo del comma
1 nonché commi da 3 a 7; da 50 a 52 e da 57 a 67, con effetto dal 1° gennaio 1996, fatto salvo quanto disposto dall'art. 47, comma 8 del
contratto collettivo nazionale del lavoro per il quale la disapplicazione
dell'art. 57, lettera b) dello stesso decreto del Presidente della Repubblica
decorre dal 1° gennaio 1997; 68, commi da 4 a 7, decreto del
Presidente della Repubblica 28 novembre 1990, n. 384;
p) art. 3, commi 23 e da 37 a 41, legge 24 dicembre 1993, n. 537.
2. Dal 2 settembre 1995 (art. 14, comma 2, e art. 18, comma 1 CCNL del 22
maggio 1997):
a) art. 87, del decreto del Presidente della Repubblica 20 maggio 1987, n. 270.
V. Istituzioni ed enti di ricerca
1. Dall'8 ottobre 1996 (art. 55 CCNL 1994-1997):
a) articoli 9, 10, da 12 a 17, 36, 37, 39, 40, 41, 68 commi da 1 a 7, e 8 ad
esclusione della parte relativa all'equo indennizzo; 70, 71, da 78 a 87, da 91
a 99, 124, 126, 127, 129, 130, 131, 134, decreto del Presidente della
Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;
b) art. 14, 18, da 30 a 34 e 61, decreto del Presidente della Repubblica 3
maggio 1957, n. 686;
c) articoli 8, comma 1, 9, commi 1 e 3, per la parte relativa alle assenze per
gravidanza, puerperio e infermità; 11, 12, 23, 36, 39, legge 20 marzo 1975, n.
70;
d) articoli 7, 18, 52, 53 e 65, decreto del Presidente della Repubblica 26
maggio 1976, n. 411;
e) articoli 11, commi 3 e 4; 21, decreto del Presidente della Repubblica 16
ottobre 1979, n. 509;
f) articoli 22 e 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;
g) articoli 4, 7, 8, 11, 18, 20 commi 1, 2, 4; 21 lettera b), decreto del
Presidente della Repubblica 1° febbraio 1986, n. 13;
h) articoli da 3 a 6, da 9 a 11, 29 e 36, decreto del Presidente della
Repubblica 28 settembre 1987, n. 568;
i) articoli 2 e 4, decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1988, n.
395;
j) art. 7, commi da 2 a 6, legge 29 dicembre 1988, n. 554;
k) articoli 1, comma 1; 2, comma 1; da 3 a 6, decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri 17 marzo 1989, n. 117;
l) art. 1, decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, 30 marzo 1989, n.
127;
m) articoli 11, 15, 16, 17, comma 15; 21, con esclusione del comma 5; 23, fatti
salvi gli effetti delle assunzioni già avvenute alla data di stipulazione del
Contratto collettivo nazionale del lavoro; 34 37, 38, comma 3, 39, decreto del
Presidente della Repubblica 12 febbraio 1991, n. 171;
n) art. 3, commi da 37 a 41, della legge 24 dicembre 1993, n. 537.
VI. Scuola .
1. Dal 5 agosto 1995 (art. 82 CCNL 1994-97):
a) art. 39, regio decreto 30 aprile 1924, n. 965;
b) art. 350, regio decreto 26 aprile 1928, n. 1297;
c) art. 2, comma 1, decreto legislativo n. 576 del 1948;
d) articoli 12, da 13 a 17, solo con riferimento al personale ATA, da 14 a 17,
37, 39, 40, comma 1; 68, comma 7; 70, 71, solo con riferimento al personale
ATA; da 78 a 87, da 91 a 99, da 100 a 123 e 134, decreto del Presidente della
Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;
e) articoli da 30 a 34 e 61, decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio
1957, n. 686;
f) art. 28, legge 15 novembre 1973, n. 734;
g) articoli 60, commi da 1 a 10; 88, commi 1 e 3, decreto del Presidente della
Repubblica 31 maggio 1974, n. 417;
h) art. 50, legge 11 luglio 1980, n. 312;
i) art. 19, legge 20 maggio 1982, n. 270;
j) art. 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;
k) art. 7, comma 15, legge 22 dicembre 1984, n. 887;
l) decreto del Presidente della Repubblica 7 marzo 1985, n. 588;
m) articoli 4, da 18 a 20, 21, lett. b), decreto del Presidente della
Repubblica 1° febbraio 1986, n. 13;
n) articoli 2, comma 7; 5, con esclusione del comma 2; 7, 9, 11, 12, commi 1,
5, 6 e 8; da 13 a 21, 23 e 30, decreto del Presidente della Repubblica 10
aprile 1987, n. 209;
o) art. 67, decreto del Presidente della Repubblica n. 494 del 1987;
p) articoli 4, 11 e 16, decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1988,
n. 395;
q) articoli 2, 3, commi da 1 a 5, 8 e 9; 4, commi 1, 2 e 12; da 6 a 13, 14,
commi da 1 a 6, 7, primo periodo, da 8 a 11, 14, 18, 19 e 21; 15, 16, 18, 20,
da 23 a 26, 28 e 29, decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1988, n.
399;
r) articoli 1, commi 1 e 3; da 2 a 6, decreto del Presidente del Consiglio 17
marzo 1989, n. 117;
s) articoli 3, commi 37, 38, 39, 40, 41; 4, comma 20, legge 24 dicembre 1993,
n. 537.
2. Dal 2 maggio 1996 (art. 9 dell'accordo successivo, con riguardo al personale
in servizio presso le istituzioni educative):
a) articoli da 92 a 102, regio decreto 1° settembre 1925, n.
2009;
b) art. 14, comma 16, decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1988,
n. 399.
VII. Università
1. Dal 22 maggio 1996 (art. 56 del CCNL 1994-1997):
a) articoli 9, 10, da 12 a 17, 36, 37, da 39 a 41, 68, commi da 1 a 8; 70, 71,
da 78 a 87, da 91 a 99, 124, 126, 127, da 129 a 131 e 134, decreto del
Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;
b) articoli 14, 18, da 30 a 34 e 61 del decreto del Presidente della Repubblica
3 maggio 1957, n. 686;
c) art. 50, legge 18 marzo 1968, n. 249;
d) art. 5, legge 25 ottobre 1977, n. 808;
e) articoli 15 e 170, legge 11 luglio 1980, n. 312;
f) art. 26, decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382;
g) articoli 22 e 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;
h) articoli 4, 7, 8, da 11 a 14, da 18 a 20 e 21 lettera b), decreto del
Presidente della Repubblica 1° febbraio 1986, n. 13;
i) articoli 2, 23, commi da 1 a 3; 24, comma 3, legge 29 gennaio 1986, n. 23;
j) articoli da 2 a 7; 8, con la decorrenza prevista nello stesso art. 56 del
Contratto collettivo nazionale del lavoro, 9, 12, 13, 20, comma 5; 23 comma 2;
da 24 a 28, decreto del Presidente della Repubblica 28 settembre 1987, n. 567;
k) articoli 2, 4, 15 e 16, decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto
1988, n. 395;
l) art. 7, commi da 2 a 6, legge 29 dicembre 1988, n. 554;
m) articoli 1, comma 1; 2, commi 1; da 3 a 6, decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri 17 marzo 1989, n. 117;
n) art. 1, decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 marzo 1989, n.
127;
o) articoli 5, 7, 10, 13, commi 1 e 2; 14, 16, 18, commi 2 e 3, 27, commi 3 e
4, decreto del Presidente della Repubblica 3 agosto 1990, n. 319;
p) art. 3, commi da 37 a 41, legge 24 dicembre 1993, n. 537.
VIII. Aziende autonome
1. Dal 6 aprile 1996 (art. 73 CCNL 1994-1997):
a) articoli 10, da 12 a 17, 36, 37, 39, 40, 41, comma 1, 68, commi da 1 a 8;
70, 71, da 78 a 87, da 91 a 99 e 134, decreto del Presidente della Repubblica
10 gennaio 1957, n. 3;
b) articoli 18, da 30 a 34 e 61, decreto del Presidente della Repubblica 3
maggio 1957, n. 686;
c) art. 50, legge 18 marzo 1968, n. 249;
d) art. 15, legge 11 luglio 1980, n. 312;
e) art. 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;
f) articoli 4, 11, 18, 20 e 21, decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 1986, n. 13;
g) art. 10, decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 10 giugno
1986;
h) art. 53, decreto del Presidente della Repubblica 17 settembre 1987, n. 494;
i) articoli da 2 a 5, 11, da 14 a 16, 27, 37 e 105 lett. d), decreto del
Presidente della Repubblica 18 maggio 1987, n. 269;
j) art. 6, legge 10 agosto 1988, n. 357;
k) articoli 4 e 16, decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1988, n.
395;
l) art. 32, commi da 1 a 5, legge 5 dicembre 1988, n. 521;
m) articoli 1, comma 1; 2, comma 1; da 3 a 6, decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri 17 marzo 1989, n. 117;
n) articoli 5, 15 e 21, decreto del Presidente della Repubblica 4 agosto 1990,
n. 335;
o) articoli 3, commi 23, 37, 38, 39, 40, 4; 4, comma 20, legge 24 dicembre
1993, n. 537.
IX. Enea
1. Dal 4 agosto 1997 (art. 79 CCNL 1994-1997):
a) art. 3, commi da 39 a 41, legge 24 dicembre 1993, n. 537;
b) articoli 1, 1-bis, 1-ter, da 2 a 19, 19-bis, 19-ter, 20, 20-bis 22, da 24 a
27, da 29 a 33, da 35 a 39, 41, 42, comma 1, da 44 a 55, 57, 59, 60, da 63 a 79
del C.C.L. ENEA 31 dicembre 1988 - 30 dicembre 1991;
c) Parte generale, allegati, appendici e codici di autoregolamentazione del
diritto di sciopero afferenti al previgente C.C.L. ENEA 31 dicembre 1988-30
dicembre 1991.
Allegato B
(Art 71, comma 1)
Norme generali e speciali
del pubblico impiego, vigenti alla data di entrata in vigore del decreto
legislativo n. 29 del 1993 e dei relativi decreti correttivi emanati ai sensi
dell'art. 2, comma 5 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, che cessano di
produrre effetti a seguito della sottoscrizione dei contratti collettivi per il
quadriennio 1994-1997 per il personale dirigenziale ai sensi dell'art. 69,
comma 1, secondo periodo del presente decreto.
I. Ministeri
1. Dal 10 gennaio 1997 (art. 45 CCNL 1994-1997):
a) articoli 10, 12, 36, 37, da 39 a 41, 68, commi da 1 a 8; 70, 71 da 78 a 87,
da 91 a 99 e 200, decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n.
3;
b) articoli 18, da 30 a 34, decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio
1957, n. 686;
c) art. 20, da 47 a 50, del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno
1972, n. 748;
d) decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1977, n. 422;
e) articoli da 133 a 135, legge 11 luglio 1980, n. 312;
f) decreto-legge 27 settembre 1982, n. 681, convertito con legge 20 novembre
1982, n. 869;
g) legge 17 aprile 1984, n. 79;
h) art. 8, legge 8 agosto 1985, n. 455;
i) art. 4, comma 4, decreto-legge 19 dicembre 1984, n. 853, convertito con
legge 17 dicembre 1985, n. 17;
j) articoli da 12 a 14, decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 1986, n. 13;
k) art. 19, comma 8, legge 1° dicembre 1986, n. 870;
l) art. 23, comma 8, legge 30 dicembre 1986, n. 936;
m) art. 4, decreto-legge 28 agosto 1987, n. 356, convertito con legge 27
ottobre 1987, n. 436;
n) art. 9, comma 4, decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito con legge 20
maggio 1988, n. 160;
o) legge 22 giugno 1988, n. 221;
p) art. 3, comma 1, lettera i) parte 2, legge 10 ottobre 1989, n. 349;
q) articoli 2 e 3, legge 29 dicembre 1989, n. 412;
r) art. 14, legge 7 agosto 1990, n. 245;
s) art. 10, commi 1 e 2, decreto-legge 29 marzo 1991, n. 108, convertito con
legge 1° giugno 1991, n. 169;
t) art. 1, legge 25 febbraio 1992, n. 209;
u) art. 3, comma 3, decreto-legge 4 dicembre 1992, n. 469, convertito con legge
1° febbraio 1993, n. 23;
v) art. 3, commi da 37 a 41, legge 24 dicembre 1993, n. 537.
2. Dal 30 settembre 1997 (art. 15 CCNL integrativo 30 settembre 1997):
a) art. 18, comma 2-bis, decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502.
II. Enti pubblici non economici
1. Dal 12 ottobre 1996 (art. 50 CCNL 1994-1997):
a) articoli 9, 10, 37, 66, 68, commi da 1 a 7; 70 e 71, decreto del Presidente
della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;
b) art. 20, decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748;
c) articoli 9, comma 2; 23, legge 20 marzo 1975, n. 70;
d) art. 4, legge 17 aprile 1984, n. 79;
e) articoli 2, 3, commi 1 e 2, decreto-legge 11 gennaio 1985, n. 2, convertito,
con modificazioni, con legge 8 marzo 1985, n. 72;
f) articoli 5, 6, 12, commi 1 e 2, 14, 15 e 16, comma 1, decreto del Presidente
della Repubblica 5 dicembre 1987, n. 551;
g) art. 13, comma 4, legge 9 marzo 1989, n. 88;
h) art. 5, comma 3, decreto-legge 24 novembre 1990, n. 344, convertito con
legge 23 gennaio 1991, n. 21;
i) art. 3, commi da 37 a 42, legge 24 dicembre 1993, n. 537.
III. Regioni ed autonomie locali
1. Dall'11 aprile 1996 (art. 48 CCNL 1994-1997):
a) articoli 12, 37, 68, commi da 1 a 7; 70 e 71, decreto del Presidente della
Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;
b) articoli da 30 a 34, decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 1957,
n. 686;
c) art. 9, decreto del Presidente della Repubblica 11 novembre 1980 n. 810;
d) art. 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;
e) art. 7, da 17 a 19, 25, decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno
1983, n. 347;
f) articoli 11, da 18 a 21, decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 1986, n. 13;
g) art. 2, 15, da 25 a 29, 34, comma 1, lettera d); da 40 a 42, 56, 61 e 69,
comma 1, decreto del Presidente della Repubblica 13 maggio 1987, n. 268;
h) articoli 4, 16, decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1988, n.
395;
i) art. 51, commi 9 e 10, legge 8 giugno 1990, n. 142, salvo che per i limitati
casi di cui all'art. 46;
j) articoli 3, 4, 16, da 30 a 32, da 37 a 40, 43, 44, 46, decreto del
Presidente della Repubblica 3 agosto 1990, n. 333;
k) articoli 3, commi dal 37 a 41, legge 24 dicembre 1993, n. 537.
IV. Sanità
1. Per il personale con qualifica dirigenziale medica e veterinaria, dal 6
dicembre 1996 (articoli 14, comma 6, 72, comma 7 e 75 CCNL 1994-1997): a)
articoli 12, da 37 a 41, 67, 68, commi da 1 a 7; da 69 a 71, da 78 a 123, con
l'avvertenza che i procedimenti disciplinari in corso alla data di stipulazione
del Contratto collettivo nazionale del lavoro vengono portati a termine secondo
le norme e le procedure vigenti alla data del loro inizio, decreto del
Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;
b) articoli da 30 a 34, decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 1957,
n. 686;
c) art. 7, comma 3, legge 30 dicembre 1971, n. 1204, limitatamente ai primi 30
giorni di assenza retribuita in ciascun anno di vita del bambino fino al
compimento del terzo anno;
d) articoli 14, 16, 27, comma 4; 32, 33, 35, 37, 38, 47, 51, 52, 54, 55, 56,
comma a punti 1) e 2); 57, 60, 61, decreto del Presidente della Repubblica 20
dicembre 1979, n. 761;
e) articoli 18 e 20, decreto 30 gennaio 1982, del Ministro della sanità;
f) art. 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;
g) decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno del 1983, n. 348;
h) articoli da 18 a 21, decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 1986, n. 13;
i) art. 69, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica 13 maggio 1987, n.
268;
j) articoli 28, 29, 38, 53, 54, da 73 a 78, 80, da 82 a 90, 92, comma 8; 112,
decreto del Presidente della Repubblica 20 maggio 1987, n. 270;
k) art. 4, decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1988, n. 395;
l) articoli 38 e 43, decreto del Presidente della Repubblica 3 agosto 1990, n.
333;
m) articoli 7; da 73 a 76; 79; 86; 102; 104; 108; 109, 110, commi 1, 5 e 6; da
111 a 114, 116, 118, 119, 123, fatto salvo quanto previsto dall'art. 65, comma
9, del Contratto collettivo nazionale del lavoro 1994-1997 per il quale la
disapplicazione della lettera b) del sesto comma decorre dal 1° gennaio 1997; da 124 a 132; 134, commi da 4 a 6, decreto del
Presidente della Repubblica 28 novembre 1990, n. 384;
n) art. 18, commi 1 lettera f) e 2-bis, eccetto l'ultimo periodo del secondo
capoverso, decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502;
o) art. 3, commi da 37 a 41, legge 24 dicembre 1993, n. 537.
2. Dal 6 agosto 1997 (art. 1 comma 14 del CCNL del 5 agosto 1997):
a) art. 9, comma 4, decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979,
n. 761;
b) art. 9, comma 17, legge 20 maggio 1985, n. 207, limitatamente alla durata
dell'incarico;
c) art. 3, comma 23, legge 24 dicembre 1993, n. 537.
3. Per il personale con qualifica dirigenziale sanitaria professionale,
tecnica, amministrativa, dal 6 dicembre 1996 (articoli 14, comma 6 e 72 CCNL
1994-1997):
a) articoli 12, da 37 a 41, 67, 68, commi da 1 a 7, da 69 a 71, da 78 a 123,
con l'avvertenza che i procedimenti disciplinari in corso alla data di
stipulazione del Contratto collettivo nazionale del lavoro vengono portati a
termine secondo le norme e le procedure vigenti alla data del loro inizio,
decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;
b) articoli da 30 a 34, decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 1957,
n. 686;
c) art. 7, comma 3, legge 30 dicembre 1971, n. 1204, limitatamente ai primi
trenta giorni di assenza retribuita in ciascun anno di vita del bambino fino al
compimento del terzo anno;
d) articoli 14, 16, 27, comma 4; 32, 33, 37, 38, 47, 51, 52, 54, 55, 56, comma
1, punto 1) e 2); 57, 60 e 61, decreto del Presidente della Repubblica 20
dicembre 1979, n. 761;
e) articoli 18 e 20, decreto 30 gennaio 1982, del Ministro della sanità;
f) art. 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;
g) decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1983, n. 348;
h) articoli da 18 a 21, decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 1986, n. 13;
i) art. 69, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica 13 maggio 1987, n.
268;
j) articoli da 2 a 4, 16, 18, 26, 28, 29, 38 e 112, decreto del Presidente
della Repubblica 20 maggio 1987, n. 270;
k) art. 4, decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1988, n. 395;
l) articoli 38 e 43, decreto del Presidente della Repubblica 3 agosto 1990, n.
333:
m) articoli da 3 a 7, 9, 10 nei limiti definiti dall'art. 72 del Contratto
collettivo nazionale del lavoro; 16, 34, 41, da 44 a 47, 53, da 57 a 67, nei
limiti definiti dall'art. 72 del contratto collettivo nazionale del lavoro: 68,
commi 4, 5 e 9; 76, decreto del Presidente della Repubblica 28 novembre 1990,
n. 384;
n) art. 3, commi da 37 a 41, legge 24 dicembre 1993, n. 537;
o) art. 18, commi 1 p.to f) e 2-bis, eccetto l'ultimo periodo del secondo
capoverso, decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502.
4. Dal 6 agosto 1997 (articolo 1 comma 14 del CCNL del 5 agosto 1997):
a) art. 9, comma 4, decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979,
n. 761;
b) art. 7, comma 6, legge 29 dicembre 1988, n. 554;
c) art. 9, comma 17, legge 20 maggio 1985, n. 207, limitatamente alla durata
dell'incarico;
d) articoli 1 e 5, decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 marzo
1989, n. 127;
e) art. 3, comma 23, legge 24 dicembre 1993. n. 537.
V. Istituzioni ed enti di ricerca
1. Dal 6 Marzo 1998 (art. 80 CCNL 1994-1997):
a) articoli 9, 10, 12, 36, 37, da 39 a 41, 68, commi da 1 a 7 e comma 8, con
esclusione del riferimento all'equo indennizzo; 70, 71, da 78 a 122, 124, 126,
127, da 129 a 131, decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n.
3;
b) articoli 14 e 18, decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 1957, n.
686;
c) articoli 8, comma 1, relativamente all'obbligo di residenza; 9, commi 1 e 3;
11, 12, 23 e 39, legge 20 marzo 1975, n. 70:
d) articoli 52, 53 e 65, decreto del Presidente della Repubblica 26 maggio
1976, n. 411;
e) articoli 11, commi 3 e 4, 17, decreto del Presidente della Repubblica 16
ottobre 1979, n. 509;
f) articoli 22 e 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;
g) articoli 7, 8, 18, 20, commi 1, 2 e 4; 21, lettera b), decreto del
Presidente della Repubblica 1° febbraio 1986, n. 13;
h) articoli 1, da 3 a 6, 9, 10, 36, decreto del Presidente della Repubblica 28
settembre 1987, n. 568;
i) articoli 2 e 4, decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1988, n.
395;
l) articoli 1, 11, 17, commi 1 e da 5 a 13, con la decorrenza prevista
dall'art. 80 del contratto collettivo nazionale del lavoro; 18, commi 1, 2 e 5,
con la decorrenza prevista dall'art. 80 del contratto collettivo nazionale del
lavoro e 6; 19, commi 1 e 2; 34, 38, comma 3; 39, decreto del Presidente della
Repubblica 12 febbraio 1991, n. 171;
m) art. 3, commi da 37 a 41, legge 24 dicembre 1993, n. 537.
VI. Università
1. Dal 6 febbraio 1997 (art. 50 CCNL 1994-1997):
a) articoli 9, 10, 12, 36, 37, da 39 a 41, 66, 68, commi da 1 a 7; 70, 71, da
78 a 87, da 91 a 122, 124, 126, 127; 129 e 131, decreto del Presidente della
Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;
b) articoli 18, 30, da 31 a 34, decreto del Presidente della Repubblica 3
maggio 1957, n. 686;
c) art. 20, decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748;
d) articoli 15, da 133 a 135, legge 11 luglio 1980, n. 312;
e) art. 4, legge 17 aprile 1984, n. 79;
f) art. 4, legge 10 luglio 1984, n. 301;
g) art. 2, 3 comma 2, decreto-legge 11 gennaio 1985, n. 2, convertito con legge
8 marzo 1985, n. 72;
h) art. 21, decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 1986, n. 13;
i) art. 1, decreto-legge 27 dicembre 1989, n. 413, convertito con legge 28
febbraio 1990, n. 37;
j) art. 3, commi da 37 a 42, legge 24 dicembre 1993, n. 537;
k) art. 13, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 aprile
1994, n. 439.
VII. Aziende autonome
1. Dall'11 novembre 1997 (art. 53 CCNL 1994-1997):
a) articoli 10, 12, 36, 37, da 39 a 41, 68, commi da 1 a 8, da 69 a 71, da 78 a
87, da 91 a 99 e 200, con le decorrenze previste dall'art. 53 lett. h, del
contratto collettivo nazionale del lavoro, decreto del Presidente della
Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;
b) articoli 18, da 30 a 34, decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio
1957, n. 686;
c) legge 3 luglio 1970, n. 483, per la parte relativa al personale con
qualifica dirigenziale;
d) articoli 20, da 47 a 50, decreto del Presidente della Repubblica, 30 giugno
1972, n. 748;
e) decreto del Presidente della Repubblica, 22 luglio 1977, n. 422;
f) articoli da 133 a 135, legge 11 luglio 1980, n. 312;
g) decreto-legge 27 settembre 1982, n. 681, convertito con legge 20 novembre
1982, n. 869;
h) articolo 11, comma 3, legge 13 maggio 1983, n. 197;
i) legge 17 aprile 1984, n. 79;
j) articoli da 12 a 14, decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 1986, n. 13;
k) decreto-legge 10 maggio 1986, n. 154, convertito con legge 11 luglio 1986,
n. 341;
l) art. 13 decreto-legge 4 agosto 1987, n. 325, convertito con legge 3 ottobre
1987, n. 402;
m) art. 6, decreto-legge 7 settembre 1987, n. 370, convertito con legge 4
novembre 1987, n. 460;
n) art. 9, comma 4, decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito con legge 20
maggio 1988, n. 160;
o) art. 6, legge 10 agosto 1988, n. 357;
p) art. 3 commi da 37 a 41, legge 24 dicembre 1993, n. 537.
VIII. Enea
1. Dal 4 agosto 1997 (art. 90 CCNL 4 agosto 1997):
a) art. 3, commi da 39 a 41, legge 24 dicembre 1993, n. 537;
b) articoli 1, 1-bis, 1-ter, da 2 a 16, 16-bis, 17, 18, 19, 19-bis, 19-ter, 20,
20-bis, 22, da 24 a 27, da 29 a 39, 41, 42, da 44 a 55, 57, 59, 60, 63, 64, 67,
69, 70, 75, da 77 a 79 del previgente CCL ENEA 31 dicembre 1988 - 30 dicembre
1991;
c) Parte generale, gli allegati, e le appendici ed i Codici di
autoregolamentazione del diritto di sciopero afferenti al previgente CCL ENEA
31 dicembre 1988-30 dicembre 1991.
Allegato C
(Art. 71, comma 2)
Norme generali e speciali
del pubblico impiego, vigenti alla data di entrata in vigore del decreto
legislativo n. 29 del 1993 e dei relativi decreti correttivi emanati ai sensi
dell'art. 2, comma 5 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, che cessano di
produrre effetti a seguito della sottoscrizione dei contratti collettivi
nazionali per il quadriennio 1998-2001 per il personale delle Regioni ed
autonomie locali (ai sensi dell'art. 69, comma 1, terzo periodo del presente
decreto).
I. Personale non dirigenziale
1. Dal 1° aprile 1999 (art. 28 CCNL 1998-2001):
a) articoli 10, 27, e allegato A, decreto del Presidente della Repubblica 25
giugno 1983, n. 347;
b) allegato A, decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1984, n. 665;
c) articoli 10, 21, escluso comma 4, da 57 a 59, 62, comma 1; 69, comma 1; 71 e
73, del decreto del Presidente della Repubblica 13 maggio 1987, n. 268;
d) articoli 22, comma 1, 33, escluso comma 5; da 34 a 36, del decreto del
Presidente della Repubblica 3 agosto 1990, n. 333 e tabelle 1, 2 e 3 allegate;
e) articoli 16, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 253, dalla data di
effettiva attuazione del comma 3, art. 21 del Contratto collettivo nazionale
del lavoro.
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