Bono
è l'essenza della band e parla per tre: "Compito dell'arte è spazzare via
la bruttezza"
U2: Dio, sesso, politica
ecco
il nostro rock
Incontro con il gruppo dopo l'uscita del nuovo album
Saranno
in Italia a luglio con due date al Meazza di Milano
di CHUCK KLOSTERMAN
DUBLINO
- "Il compito dell'arte è spazzar via la bruttezza", dice Bono
girando la chiave di accensione della sua Maserati Quattroporte. "Allora
iniziamo dalle strade. Le macchine sono così brutte. L'America passa per il
paese che ci ha insegnato la passione per l'auto, ma da dieci anni non produce
una bella macchina. Una volta gli americani facevano macchine fini, con senso
dell'umorismo, oggi nient'altro che Suv. I tedeschi sono subentrati per un certo
periodo ma alla fine sono gli italiani a condurre al sfida. Solo che scelgono
dei nomi così pretenziosi. Quattroporte!". Bono ride e io faccio finta di
capire la battuta. Non so perché la parola quattroporte gli sembri pretenziosa,
ma non posso non essere d'accordo con il succo del discorso. Questa non è una
macchina brutta. Con le sue linee morbide e eleganti è davvero la più bella
automobile in cui io sia mai entrato, oltre l'immaginabile. Sul sedile del
passeggero ti senti in una navicella spaziale.
Il nostro dibattito sul rock'n'roll è iniziato parlando di una compagnia
multimiliardaria produttrice di computer. Due giorni prima avevo intervistato il
bassista Adam Clayton, simpatico, intelligente e ironico, con le mani enormi.
Nel primo pomeriggio avevo intervistato The Edge, anche lui gentile (serio,
pacato con quello stupido zucchetto in testa). Parlerò al telefono con il
batterista Larry Mullen la prossima settimana e anche lui sarà affabile. Sono
affidabili, e nel contesto della band hanno tutti lo stesso peso. Ma agli occhi
di chi è in cerca dell'essenza degli U2, Bono incarna l'intera band. Forse è
il meno musicale della band, ma parla per tre. Non ho mai incontrato qualcuno
che ami di più essere intervistato. Sa parlare tranquillamente di tutto. E la
prima persona di cui parla è raramente oggetto di conversazione tra i rock
singer: inizia l'intervista accennando a uno dei fondatori della Apple, Steve
Jobs.
"La compagnia che meglio esprime il connubio tra tecnologia e cultura pop
è la Apple", dice camminando avanti e indietro. "Loro capiscono la
musica. Amano la musica. Amano l'arte. L'iPod è forse il miglior oggetto pop
dopo la chitarra elettrica. Noi come gruppo ne siamo entusiasti. Come band
abbiamo discusso l'idea di un iPod anni fa, siamo dei fan della Apple. Nella
Apple si incontrano arte, commercio e tecnologia".
Gli domando se la collaborazione comporterà qualche compromesso o se metterà
in discussione la credibilità degli U2. "Stimo molto Steve Jobs",
risponde. "Collaboriamo già con questo genere di struttura
imprenditoriale. Ci lamentiamo sempre che il rock'n'roll si intestardisce a non
recepire questi temi mentre l'hip hop ha un approccio molto più schietto. C'è
questo luogo comune per cui gli artisti sono puri e gli imprenditori
inaffidabili. Beh, nella mia vita ho conosciuto un sacco di artisti veramente
stronzi e tanti imprenditori a modo. Quindi sono balle. Serve una mentalità
nuova".
Tra le stelle del rock impegnate nel sociale è quello che ha avuto più
riscontri. E' l'uomo cui la rivista "Time" ha dedicato la copertina
ponendo l'interrogativo retorico "riuscirà a salvare il mondo"? Il
potere che Bono esercita attualmente, la situazione del pianeta e il titolo
dell'ultima fatica degli U2, "Come disinnescare una bomba atomica",
lascerebbero presumere che l'album sia il più politico del 2004. Errore. "How
to Dismantle an Atomic Bomb" politico non lo è affatto.
"Quando incidiamo un disco non è tutto pianificato" spiega the Edge,
"non decidiamo il tema prima di iniziare. Credo che nessuno di noi avesse
chiaro in mente di fare un disco politico, ma di certo volevamo che il messaggio
fosse in parte politico. Mi sorprende un po' che il risultato sia così
personale. Mi aspettavo un taglio appena più politico, ma è andata
diversamente".
"Scrivo sentimenti, non riflessioni", spiega Bono sdraiato sul divano
dello studio, come se fosse dallo psichiatra. "I sentimenti sono più
intensi delle riflessioni. Siamo tutti guidati dall'istinto prima che
dall'intelletto. Quest'album lo dimostra. Avrei preferito dare all'album un
taglio politico, ma sono emerse altre cose che al momento non erano in cima ai
miei pensieri: la mia famiglia, la mia ipocrisia interiore, la morte di mio
padre. Perché non passo più tempo con i miei figli invece di cercare di
salvare quelli degli altri? Come posso cantare l'amore se non sono mai a casa?
Ci sono tanti problemi da affrontare nel mondo, ma dal cuore mi è sgorgato
questo genere di cose".
Gli U2 sono ormai entrati a far parte delle band che vendono dischi a quelli che
potrebbero essere tranquillamente i loro figli (Bono ha 44 anni, the Edge 43,
Clayton 44 e Mullen 43). "Bono oggi si comporta diversamente rispetto a 25
anni fa?", dice Larry Mullen, "Certo. Bono giudica il rock molto
superficiale. Ha sempre apprezzato i simboli del successo ma sente la necessità
di contrapporvi qualcosa di più solido. E' una contraddizione vivente. Non ha
mezze misure, o tutto o niente. Ma siamo cambiati tutti. Io avevo 14 anni quando
abbiamo iniziato, per me era solo divertimento. Abbiamo dovuto impegnarci molto
di più della maggior parte delle band perché non sapevamo suonare e non
sapevamo da dove cominciare per comporre canzoni. La verità è che avevamo dei
sogni e che volevamo essere straordinari ma non credo che nessuno credesse
realmente che saremmo diventati quelli che siamo".
Chiedo a Bono se gli U2 abbiano inventato qualcosa. La sua risposta suona come
il discorso di Bill Clinton dopo l'attentato di Oklahoma City nel 1995, del
tutto spontanea e al contempo attentamente studiata. "Certo", dice, e
sento in sottofondo oltre le pareti della sala di incisione The Edge che suona
l'introduzione a I will follow. "Non potrei camminare a testa alta
se non ne fossi convinto. Credo che nello spettro musicale esistano sfumature
che sono solo nostre, certe sonorità, certe emozioni. Siamo capaci di scrivere
canzoni che parlano di Dio e subito dopo canzoni che parlano di donne.
Intessiamo insieme Dio, sesso e politica in modo del tutto insolito per la
musica bianca. Non dico che sia la ragione per cui la nostra musica debba essere
apprezzata o che sia la prova della nostra grandezza, ma penso che si possa
affermare con una certa obiettività. Spero non suoni presuntuoso".
Beh, un po' sì. Ma la presunzione non conta quando si ha ragione.
Ipf/Spin
- la Repubblica
Traduzione di Emilia Benghi
( 15 dicembre 2004 )