Bono
per la cancellazione del debito dei paesi poveri
Bono
con Horst Koehler presidente del Fondo Monetario Internazionale
Incontrerò
il ministro Vesco nelle prossime ore". Proprio così: Vesco. Sbagliano
anche le star internazionali come il cantante Paul Hewson, in arte Bono, leader
e ideologo del gruppo U2, a Praga per discutere con il managing director del Fmi,
Horst Koehler, col presidente della Banca mondiale, James Wolfensohn e, appunto,
col ministro italiano del Tesoro, di ritorno da Roma, dopo la riunione con i
sindacati e la Confindustria sulla Finanziaria. In abito di pelle nero,
l'immancabile occhiale coprivolto, Bono - uno che vende milioni di dischi, che
difende i diritti umani, che canta per il Tibet e per Sarajevo, che usa i testi
di Rushdie per le sue canzoni - firma autografi ai cechi della sicurezza e
concede rapidissime interviste. Da quando fu ricevuto a palazzo Chigi, da D'Alema,
lo scorso febbraio, ha più avuto altri contatti col governo italiano? "No.
Ed è logico: io vado a bussare alla porta solo di quelli che non fanno quello
che dovrebbero. L'Italia invece ha assunto la leadership fra i paesi
industrializzati per la cancellazione del debito. Dunque D'Alema, Amato e i
leader italiani non devono aspettarsi mie visite. Basta Jovanotti". Visco,
allora? "E' qui, a Praga. So che lo vedrò nelle prossime ore. Io sono
molto grato al governo italiano".
Bono
incontra il ministro delle finanze canadese Paul Marten (non in foto).
Giusto
oggi è stato annunciato un nuovo finanziamento dell'Italia alla Banca Mondiale
per creare un trust fund che sarà usato proprio per la cancellazione del
debito. "Non lo sapevo. Quant'è?" "70 milioni di dollari.
"Vede?" Tutto a posto, allora? "Il governo italiano dovrebbe
chiarire cosa intende quando si dice pronto ad eliminare il 100 per cento dei
debiti di 63 paesi. Fra questi ne figurano alcuni in guerra che non dovrebbero
beneficiare di questi provvedimenti". Ha incontrato anche Koehler e
Wolfensohn: cosa vorrebbe che facessero? "Che seguissero il principio del
judo che consiste nell'usare la forza dell'avversario. E dunque gli direi di
unirsi a noi, a Jubelee 2000, che siamo un movimento globale tanto grosso come
non si vedeva dai tempi dell'Apartheid". Cosa chiede in concreto? "Io
dico: mentre stiamo qui a discutere, a fare dibattiti e seminari, 19 mila
bambini muoiono ogni giorno in Africa. Se accadesse a Londra, lo chiameremmo
Olocausto ma succede in Zambia e Tanzania e per loro questa parola non si usa.
C'è un Continente in bilico, schiacciato pure dall'Aids: la cancellazione del
debito estero è una porta aperta, un inizio".
Horst
Koehler a colloquio con Bono
A Praga ci sono pochi attivisti. Non crede che sia cambiato qualcosa per i ragazzi? "Nel senso che non li fanno entrare nel paese, che li bloccano alle frontiere". No, politicamente parlando. "Non credo: c'è una grande discussione tra i giovani su questi temi. Ma è senz'altro più divertente, più fascinoso stare nelle barricate, con le maschere antigas sul viso, anziché chiusi in una stanza a parlare con Koehler. Ma io ho fiducia in lui e so che può fare qualcosa. Con le grandi istituzioni internazionali bisogna dialogare, non combatterle."
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2000 I diritti dell'intervista sono de "La Repubblica".
© 2000 Reuters
Petr Josek (1,3)
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