Smemoranda 16 mesi 1998
Cattivi pensieri
Luciano Ligabue
Polaroid per le anime
A voi lo posso dire: ho inventato una cosa strana.
Mi è successo circa sei mesi fa quando un coglione mi ha fatto cadere la polaroid.
Una cosa da farmi imbestialire un pezzo visto che quella era la mia macchina, buonissima
(fino a quel momento, porc...) per la mia collezione di croste di realtà, mandata in
briciole dalla sua elefantaggine per poi, con le sue scuse, non poterci fotografare fave.
Ho raccolto tutti i pezzi, li ho messi in un sacchetto e mi sono preparato ad impegnare un
po' di serate allo stesso modo di chi tira su il veliero nella bottiglia. Perché, a
dispetto dei mistici, a certe cose ci viene da affezionarci. Ed io a quella macchinina
dalla stampa in proprio, che mi consentiva di vietare a qualsiasi studio fotografico di
sbirciare fra i miei futuri ricordi, c'ero attaccato. Sentimento in aumento via via che le
mie mani le ridavano una forma passabile. E una volta rimessa più o meno insieme l'ho
riprovata con Monia. Le ho chiesto, come ogni babbione che si rispetti, di sorridere
guardando in macchina, di essere più naturale (aspirante Newton pirlotto) e....
via che ve l'immortalo.
Solo che il flash che ho vissuto era all'ennesima potenza di quello effettivo della
polaroid.
Ricapitolo:
- l'oggetto, con pazienza e passione, è stato ricomposto
- la mia donna è sempre lei
- le chiedo di farmi da soggetto-standard come tante altre volte prima
- mi tira fuori un'espressione che dice chiaramente: “mi piaci sempre un bel po', ciccio”
e quello che, invece, esce impresso sulla foto è una specie di fumetto: “spicciati con
quel cesso, idiota”.
Capite che di botto mi devo capacitare di un po' di cose: che sia uscita una roba del
genere, che lei abbia potuto avere quel pensiero, che mi serva forse qualche psicofarmaco,
che il fumetto non se ne vada (con tutta una ramificazione di sotto dubbi).
...Che alla lista se ne aggiunge un'altra bella pesa: lei mi fa “be' non sono venuta male”.
Vale a dire: si sta vedendo come l'ho vista io fotografandola.
Allora il pensiero, che resta lì, incancellabile, è proprio solo per me. Mi agito di
brutto e comincio a scattare come un ossesso, allarmandola un po'. In ogni foto Monia
vedeva se stessa ed io, invece, quello che c'era davvero dentro. Avevo fra le mani la
polaroid per le anime.
Fra il materiale stampato c'era qualche altro brutto pensiero per me ma anche qualche
tenerezza ed un po' di preoccupazione, quindi non era una macchina maligna, fotografava
solo ciò che c'era per davvero. Non so come riuscii a spiegarle il mio sconvolgimento, ma
ce la feci a non dirle niente. Il periodo seguente fu quello delle grandi scoperte.
Fotografai Monia mentre guardava un bambino apparentemente con indifferenza e quello che
ne uscì mi fece sentire, per la prima volta e compiutamente, quanto profondo può essere un
sentimento materno.
Un'altra volta la sua espressione serena di fronte ad un tramonto si dimostròsolo la punta
di un iceberg di emozioni tali da farmi vedere, da allora, “nuovi” tramonti. Poi, visto
che siamo in via di confidenze, confesso che non mi piacque per niente il pensiero che
fece su di un mio amico, una sera.
Pensiero dal mio amico corrisposto. Credetemi non era mai facile far finta di niente. Una
domenica pomeriggio, giocando un po', le fotografai il culo. Ne uscì che anche una parte
così poco nobile ha pensieri molto profondi. Da quella foto però, soprattutto, capii che
forse era possibile catturare i sentimenti degli oggetti.
E lo so che non lo volete sentire ma anche il mio comodino, la mia collezione di Linus,
una delle mie chitarre, l'acqua nella vasca e la vasca, Blonde on Blonde di Dylan, il
tappetino nell'ingresso, la crema rassodante di Monia, un paio di spugne, uno stivale,
un estratto conto del '94, un quadrettotridimensionale, una stampa di John Lee Hooker,
un metronomo, un mouse, un portaplettri, il contatore del gas, una confezione di tofu ed
una bustadi speck hanno i loro pensieri.
Gli altri oggetti di casa mia non pensano.
Il problema, con Monia, è che ormai non la beve più la storia della mia presunta
collezione di nature morte, anche perché a 2500 la foto ho mandato sotto il nostro conto.
Ha fissato l'appuntamento con uno specialista.
La capisco: in questi sei mesi i capelli mi sono diventati completamente bianchi. Ma ho
visto finalmente quello che c'è sotto la scorza, quello che avrei dovuto sempre vedere,
nel bene e nel male. Mi sono spaventato del pensiero tremendo di un bambino ed ho provato
schifo per quello di una certa assistente sociale, mi sono perso nell'abisso d'amore di
una insospettabile ed ho finalmente beccato la grettezza di uno che a me non l'aveva mai
fatta, mi sono meravigliato della superba allegria di un anziano e della profonda paura di
un notaio.
Disperazione, noia, gioia, passione, incertezza, cattiveria, confusione, pacificazione,
bramosia li ho visti nelle loro forme più acute addosso alle persone più impensabili.
Per quello che riguarda il sesso credevo di averne viste un po' ed invece ho fotografato
fantasie ed ossessioni bizzarre, curiose, impossibili, incredibili.
Ora farò contenta Monia: dallo specialista ci posso andare.
Perché in questi sei mesi ho vissuto seicento anni di profonda conoscenza della natura
umana e di sicuro, quello lì, non mi frega.
Resterà un segreto fra me e voi.
A proposito: mi sono fatto un po' di autoscatti. Quello che ne è uscito, però, sarebbero
fatti miei. Non siete così bravi ad indovinare coi vostri auditel ed internet e sondaggi
vari?
Buon lavoro.
Momento...
Cheeeeeeeeeese...
Flash!