Smemoranda 16 mesi 1997
Diamo i numeri
Luciano Ligabue
Tatiana col mappamondo
Il numero di Tatiana veniva dalla tradizione e... non andava da nessuna parte. Era la stessa sorte che, piano piano, sembrava dovesse toccare all'intero circo. Si trattava di un circo russo che aveva vissuto stagioni straordinarie in giro per il mondo e che, se era vero che non sapeva rinnovare la propria formula, era pur vero che poteva contare sulle grandi capacità dei suoi acrobati che garantivano brividi e piacere. Peccato che non garantissero più il tutto esaurito. Tatiana aveva un numero di contorno: girava in pista in equilibrio su un'enorme palla. Spesso si chiedeva se la gente avesse idea di quanto esercizio e sacrificio ci fossero dietro quella piccola sfida alle leggi gravitazionali, ma poi si arrendeva all'evidenza di un interesse più rivolto alle sue gambe che alle sue evoluzioni. Le sembrava, addirittura, che anche nei numeri ad alto rischio, quelli senza rete, il pubblico prestasse più attenzione ai fisici degli acrobati che non al loro coraggio. Così Tatiana sapeva di dover lavorare su due cose: l'equilibrio e la bellezza delle sue gambe. I suoi, che non avevano mai avuto niente a che spartire col circo, avevano vissuto male l'infatuazione che loro figlia provava per un mondo che loro non capivano. Poi, un giorno, pur sempre senza capire, accettarono la cosa e per farsi perdonare anni di litigi e incomprensioni, le regalarono un mappamondo di più di un metro di diametro. Diventò subito la palla per il numero di Tatiana. E visto che doveva passarci tante ore al giorno, fu un bene il fatto che ci si affezionasse subito moltissimo. Tracciò con un pennarello indelebile delle piccole croci sui posti in cui il circo era stato, segnando alcune città con un colore più intenso. Poi, una volta salita sul mappamondo, le sembrava di ritornare in quei posti. Aveva imparato a tenerlo quasi fermo. In quei momenti i suoi piedi scalzi, toccando le varie crocette, le aprivano le porte di un'osteria a Roma, un caffé a Marsiglia, un appartamento a Liegi, un coffeeshop ad Amsterdam. Per non parlare del Café du Monde a New Orleans, delle luci di Las Vegas, degli spettacoli agli Universal Studios a Los Angeles, dei clubs a San Francisco in quell'unica, mitica tournée negli States. Il circo era parte del mondo ed il suo mondo, Tatiana, lo custodiva sotto i piedi muovendolo come lei desiderava, fermandolo, imbizzarrendolo, facendolo rotolare in più direzioni, lasciandolo impazzire. Le sue preoccupazioni erano la bellezza delle sue gambe, l'applauso del pubblico e la scorta di pennarelli a due colori. Se c'era questo c'era tutto. Finché il circo, esausto da conti che non tornavano, si fermò a Berlino incorporandosi con un altro circo stabile ed allungando la sua sopravvivenza. Si dice che Tatiana di fronte alla definizione "circo stabile", rise per mezz'ora. Si dice che quando capì che non era una battuta non parlò per un mese. Si dice che è in giro sulla sua palla, battagliando con le forze dell'ordine per dei permessi che lei non ha, ma insistendo e raccogliendo offerte in ogni strada in cui dà spettacolo: ci son troppe crocette che deve ancora mettere sul suo mappamondo.