- OMNIBUS SPETTACOLI -

"Il mio rock per questa Italia ferita"
Ligabue alla vigilia dello show all'Olimpico. Il tour, l'umore del Paese, il calcio. E Battisti

"Basta scandali e diffidenza. Dobbiamo ritrovare la fiducia in noi stessi. Il nostro popolo deve trasformare la propria crisi in un'opportunità".


(di Stefano MANNUCCI)


NIENTE. Con quella faccia da indiano mescalero, Ligabue non ha ancora imparato a fiutare l'arrivo della pioggia. E si preoccupa che sabato all'Olimpico le nuvole possano giocargli lo stesso tiro mancino di quattro anni fa, quando un nubifragio estivo trasformò il suo concerto in una sorta di rito di purificazione rock'n'roll. "Quella volta fu epica, ma non avevo una copertura e mi fradiciai pure le mutande. Preferirei non ripetere l'esperienza: all'asciutto puoi sfruttare tutti i bonus. Le luci, l'amplificazione. Non rischi che si rovinino le chitarre. Risparmi l'aspirina. Ma andrà come deve andare".
Ad aspettarlo saranno in sessantamila: un tutto esaurito come a San Siro, un trionfo come ieri a Firenze, in questo che è il segmento faraonico di un tour partito in inverno nei piccoli club, e poi proseguito nei palasport. Un solo palco - mastodontico - e non quattro come a Campovolo, ma l'idea è la stessa di quell'happening, con musica da suonare con i ClanDestino, La Banda e Mauro Pagani. E, per quanto riguarda l'appuntamento romano, l'aggiunta di gruppi spalla come Rio e Velvet, mentre non ci saranno i Tiromancino. "Volevo attorno a me tutta la gente con cui ho condiviso 16 anni di carriera, vivendo questa sensazione sulla strada, giorno per giorno. Una carovana: solo per i musicisti viaggiano quattro furgoni pieni". Ma l'incoscienza è quella di sempre: forse, dopo l'evento controverso di Campovolo, Luciano ha preso contatto con i propri limiti. E la propria capacità di reagire. "Uno che suona in pubblico è sempre un po' sopra le righe. Io, poi, quando si avvicina il momento dello show, divento proprio una iena, vorrei uscire lì e non smetterla più. Certo, l'esperienza aiuta, ormai, a non farsi più travolgere dall'emozione. E' quella che ti fa urlare, e a volte perdere l'intonazione. Invece ora mi soffermo a calibrare i miei interventi, scelgo oculatamente la scaletta. Controllo i miei demoni e mi abbandono al piacere dell'esibizione. Cercando di vedere l'effetto che fa. Se suono in un club posso capirlo guardando negli occhi le mille persone che ho di fronte. In un palazzetto la prima fila del pubblico fa da testimone per tutti. In uno stadio devo avvertire una vibrazione collettiva, un'onda di ritorno che arriva da lontano".
Tra i 27 brani proposti nel concerto "Quella che non sei" racconta anche con contributi video il dramma dell'anoressia e della bulimia. "E' un pezzo - spiega Ligabue - che nasce per raccontare il senso di inadeguatezza che tutte le donne, o almeno quelle che ho conosciuto io, amori compresi, provano nei confronti del proprio corpo. L'universo femminile subisce la sfida e la sfiga di doversi misurare con modelli di bellezza esasperati. Nessuna è orgogliosa del proprio aspetto. E' un problema sociale che crea non solo dei disturbi alimentari, ma delle patologie che noi maschietti tendiamo a non capire. Pensiamo che la logica possa bastare ad evitare certe trappole, ma non è così". Così, "Quella che non sei", con l'accento sulla fragilità della psicologia femminile, pare quasi la faccia oscura di "Le donne lo sanno", l'inno alla loro superiore sensibilità. "Oh - ridacchia Luciano - è una particolarità fisica, questa. Le signore hanno più sviluppato l'emisfero destro del cervello, quello che presiede al pensiero sintetico. Questo le mette in condizione di capire prima, di percepire cose che noi uomini non vediamo. I loro corpi sono regolati dalla luna: sono in contatto con mondi che noi non conosciamo, ascoltano voci inaudibili e segrete".
Attraversando l'Italia in tour in un momento così cruciale, forse da artista ne avrà colto l'umore collettivo, la metamorfosi dello spirito nazionale. "La mia sensazione è che il Paese non sia uscito dal suo stallo, e che chiunque sia chiamato a governarlo, non importa per quanto tempo, abbia bisogno della fiducia della gente. Dobbiamo credere a un progetto, perché la politica non ci propone più grandi valori, pensa solo a mantenere il consenso e il più a far quadrare l'economia. Ma dobbiamo superare la disillusione spingendo l'Italia a guardarsi dentro e a trovare un nuovo spessore etico, e una credibile identità. Non è un lavoro da poco, ma questo è il momento buono. I cinesi hanno una sola parola per definire il termine "crisi" e "opportunità". Ecco, la nostra metamorfosi deve farci passare da un significato all'altro. Adesso. Vedo in giro amarezza, diffidenza: sentimenti che non aiutano. Quanto a me, da sempre simpatizzo per la sinistra, ma non credo che la mia responsabilità di autore sia mutata con un cambio di governo. Non ho mai scritto una canzone apertamente politica: non lo troverei interessante".
Ma suonare negli stadi, in questa stagione, è come entrare nei templi di una nuova immoralità. "Lo scandalo del calcio? Lo vivo con disgusto. Sono un malato di pallone, ma non voglio sentir parlare delle nostre squadre. Non ce la faccio. Mi sono confortato con il campionato inglese, con le prodezze del Barcellona. Spero che i Mondiali mi facciano tornare la voglia. Ma la faccenda delle intercettazioni conferma quanto il nostro Paese sia facilmente corruttibile in troppi settori. Dopo Mani Pulite, ci inorgoglimmo per aver spazzato via i tangentari, ma poi altri ne presero il posto... E allora anche questa storiaccia deve diventare un'occasione per un'esame di coscienza. D'accordo, le cose andranno così ovunque, ma il calcio è un elemento centrale nella vita del nostro Paese. Rifondiamolo dalle basi, che sia davvero uno sport, e a cascata si elimini il marcio anche nella politica, nella società, a 360 gradi. Certo, non invidio chi dovrà decidere, e in fretta, le sanzioni per chi ha barato: avranno pressioni dalle squadre, dai media, dall'opinione pubblica, dai milioni di tifosi coinvolti. Dovranno operare sul cuore aperto e ferito di tutto un popolo".
Lui, intanto, si godrà l'Olimpico, e poi altri otto stadi, fino alla tappa finale a Pescara, il 6 agosto. Senza pensare ad altro: né a libri da scrivere, né a film da girare, né a dischi da incidere. Intanto, il suo doppio cd live "Su e giù dal palco", uscito ben nove anni fa, ha raggiunto il traguardo del milione di copie vendute. "E in questa tournée - conferma Liga - non ho composto nuove canzoni, non so neppure quando entrerò di nuovo in studio, né con chi. Mi basta aver registrato "I giardini di marzo" per un album-tributo a Lucio Battisti. Io, la mia voce e la mia chitarra, tutto fatto in due ore, in solitudine. Per me, quella è l'essenza della musica del Maestro".


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