MAURO PAGANI
Mauro Pagani, polistrumentista, è nato il 05/02/'46 e vive a Milano.
Mauro ha suonato con la PFM e con Fabrizio De André. Si è già esibito in
duetto con Luciano nell'edizione del '99 del premio Tenco. Oltre alla
musica, Mauro ama leggere. Tra gli artisti di sempre inserisce i Beatles,
Bob Dylan e i King Crimson, tra i nuovi i Radiohead.
L'INTERVISTA:
Alcuni cenni biografici...
Ho cominciato a suonare da professionista, cioè a campare di musica,
quando ho deciso che proprio non ne potevo fare a meno, quella era la
mia strada. Me ne sono andato di casa e ho fatto quello che si faceva
allora, ho suonato dal vivo, ho fatto il dancing, il night, il club, ecc...
quello che noi chiamiamo il gavettone.
E' stato un periodo molto formativo, perché visto che allora, come oggi,
non esisteva una scuola per fare il rock'n'roll, l'unico modo era suonarlo.
Abbiamo formato un gruppo, io insieme ad altri musicisti, e ci chiamavamo
"Quelli". Abbiamo suonato per un po', poi abbiamo deciso di cambiare il
nome, ci siamo chiamati "P.F.M." ed abbiamo fatto un disco, il primo, con
cui siamo andati primi in classifica.
Poi, nell'Ottanta, ho avuto l'occasione di incontrare sulla mia strada De
André. Prima ho cominciato a fare le tournée con lui, perché gli facevo
molto comodo, essendo un polistrumentista da solo gli risolvevo metà gruppo.
Abbiamo cominciato così io e De Andrè, poi ci siamo messi a lavorare ad un
disco che è uscito nell'84, "Crueza de ma"; è stato un disco fortunato.
Nel '94 ho smesso con lui per lavorare ad un mio disco che devo ancora
finire. Da anni mi sono concentrato nel lavoro di studio concludendo
molte produzioni (Iannacci, Ranieri, ecc...).
Come vedi questa nuova collaborazione?
La cosa bella è che Luciano, invitando me e Stefano (NdA: D-Rad), ha
intenzione di aprire delle finestre nuove di curiosità, lavorando su
di un terreno comune sul quale tutti ci possiamo riconoscere.
Il terreno comune in questione è già delineato e definito, è un terreno
dove mi muovo con una certa naturalezza.
Poi perché a me piace molto il modo di scrivere di Luciano, ha questa
matrice blues/rock che un po' appartiene anche a me.
Quali strumenti suonerai nei teatri?
Violino, flauto, armonica a bocca, mandolino elettrico, bouzouki, poi
forse il liuto arabo, ci sono un paio di pezzi con atmosfere desertiche
in cui starebbe bene. Il problema è che più aumenta il numero di strumenti
e più aumenta il rischio di casino; c'è poco spazio sul palco, quindi
bisogna essere essenzialmente agili.
Aggiungi un altro strumento a corde oltre alle due chitarre...
Usando il mandolino e il bouzouki, uso strumenti a doppia corda che,
avendo un registro particolare con delle ottave molto particolari, si
fondono bene con le due chitarre.
L'idea è ovviamente di entrare e trovare uno spazio in cui cambia il
colore, ma senza sacrificare l'intervento de chitarristi che devono
continuare ad avere i loro spazi.
Tra i brani di Luciano, quali vuoi citare?
Potrei citare "Il mio nome è mai più", che eseguito nel trio ligajovapelù
è un pezzo che non mi dispiace, ma trovo poco interessante nelle strofe,
adesso è un pezzo che suono molto volentieri.
Un altro esempio è "Tra palco e realtà", che dal vivo è un pezzo duro e
tirato, ma fatto come lo facciamo ora è una bellissima ballata con dei
bei contenuti.