(di Stefania BERBENNI)


Un "concerto esagerato" Luciano Ligabue se lo è già concesso, lo scorso 10 settembre al Campovolo (Reggio Emilia), 160mila fan più qualche problema tecnico: un volo di Icaro pop e per un soffio non gli si sono sciolte le ali. Però lo ha fatto curioso di vedere come finiva quel "Si viene e si va" da palcoscenico, goloso di sentire sulla pelle il sale della dismisura. Poi si è fermato per qualche mese e a febbraio è partito in tournée, andando nei club per rieducarsi all'intimità, alle poche persone. A marzo ha allungato il passo scegliendo i palasport. Ora lo attendono 13 stadi, dal 19 maggio al 6 agosto. Alla fine saranno 400mila i tifosi, fedeli al fantasista emiliano, all'attacante delle note: perché mediano Ligabue non è per niente, anche se ne ha celebrato la mistica in una canzone.
Gli piace pensare in grande e vivere in piccolo: è tornato a stare a Correggio, Lambrusco, strade piatte, agnolotti e zanzare d'estate. Riempie gli spalti come una finale dei Mondiali, poi scrive canzoni dove ringrazia la sua donna per la quotidianità vissuta, che dà senso allo stare insieme e gli fa dire che "l'amore conta".
Ma contano anche le dimensioni, dice nell'articolo scritto per "Panorama"; "altroché", chiosa, tanto che ognuno di noi porta in tasca un immaginario metro per prendere le misure di cose, persone, ideali e capire se val la pena perderci dietro i sogni e dar loro asilo nell'anima.
Piccolo-grande: categorie dello spirito e percepito individuale. Alla fine rimangono i ricordi, il passato che ha incorporato il futuro. Così la vede Ligabue, uno dei pochi che fa convivere testa e testosterone.