Vincenzo Mollica intervista Ligabue
In questo momento va bene.
Sta per uscire il disco e soprattutto ho di fronte l'idea di riprendere a
suonare. Sono due avvenimenti che mi fanno stare bene, il disco mi fa star bene
e l'idea di riprendere a suonare dopo quasi due anni era diventata una urgenza,
sono uno di quelli che soffrono di astinenza da palco quando ci sta un po'
lontano.
Perché hai voluto
intitolare il tuo disco con una domanda? "Fuori come va?"
Forse anche per questo. Era
difficile trovare un titolo a questo album, è una raccolta di canzoni, sono 12
canzoni autonome, non hanno molto a che vedere l'una con l'altra. E' la prima
volta dopo tanto tempo che faccio un disco senza preoccuparmi di avere un filo
conduttore al proprio interno. E quindi era difficile trovare il titolo di una
canzone che rappresentasse tutte le altre. Alla fine è venuto fuori questa
frase che è presa da "Tutti vogliono viaggiare in prima" ed è una
domanda che mi pongo a vari livelli. Sono curioso di sentire che aria tira
fuori. Quando è un po' di tempo che non vedi la gente sotto il palcoscenico hai
una sensazione di spiazzamento, hai bisogno di vedere che aria tira e anche la
curiosità di capire come vanno le cose in generale. In questo momento non è
facile farsi un'idea.
Che idea ti sei fatto?
Io credo che sia in atto
una transizione e non so questa dove ci porterà. Ci sono molti cambiamenti , si
sta per varcare un punto di non ritorno. Siamo in un sistema basato sulla
massima competizione e penso che tutto questo non renda le persone felici. Prima
o poi dovremo fare i conti con questa cosa e si cercheranno altre soluzioni.
Una competizione che fa scoppiare tutto?
Più che altro fa scoppiare
le persone. In questo album per esempio, c'è una canzone che si chiama
"Nato per me" che parla di un problema che abbiamo tutti quanti. Ogni
uno di noi è per certi versi sempre insoddisfatto, cioè vorremmo avere sempre
di più. Per esempio se un anno la Roma vince lo scudetto, i tifosi poi vogliono
che lo si vinca sempre. Spesso si ha un senso di insoddisfazione per non aver
fatto abbastanza. Ho conosciuto delle persone che hanno fatto grandissime opere
di beneficenza e che non sono soddisfatte in quanto credono di non aver fatto
abbastanza. Un po' tutti soffriamo di questo disagio al quale non è facile
trovare un rimedio, ma il fatto stesso che si prenda in considerazione il
problema, penso che un poco aiuti.
Quali sono i versi a cui sei più affezionato di questo
disco, visto che hai detto che è un disco nato in grande libertà, che non c'è
un filo conduttore e che spetta allo spettatore trovarlo?
Ci sono vari argomenti
affrontati. Ma c'è una canzone che mi sta a cuore in modo particolare, nella
quale parlo di un tema che mi crea molte difficoltà, e che è il mio rapporto
con Dio. Sono stato cattolico ed ora fatico un po' a vivere un rapporto con Dio
mediato dal senso di sacrificio, di espiazione e da rappresentazioni un po'
macabre come il cibarsi del sangue e del corpo di Cristo: raffigurazioni che
hanno a che fare col dolore. Sento di aver bisogno di un rapporto un più
semplice e meno opprimente. In questa canzone penso di aver trovato una
scorciatoia, una persona, un tramite con Lui per quei momenti in cui sento di
aver perso i contatti.
A questo tramite hai affidato dei pensieri da comunicare
al "Capoccia", come diceva Gassman?
Si è un po' il senso di
questa canzone. Ce n'è un'altra che parla dello sesso tema che s'intitola,
"Chissà se in cielo passano gli Who", in cui in maniera più leggera
e ironica ammetto che si può fare lo sforzo di fare le cose giuste e di
guadagnarci il tanto ambito premio della vita eterna, però dobbiamo essere
sicuri di ascoltare la musica che ci piace.
Insomma tutti i problemi di Ligabue che ci sono in questo
momento, sono dentro l'album. Invece "Ti sento"?
"Ti sento" è una
canzone d'amore, la prima in cui non ci sono riferimenti sessuali espliciti, ma
che forse possiamo definire più sensuali. Nella canzone si racconta quanto
senti attraverso i sensi, l'oggetto del tuo amore: nelle canzoni, nell'aria come
profumo.
A Cannes il tuo film
è stato accettato in una sezione molto prestigiosa, che è "la settimana
della critica", credo questo sia un grande onore per te in qualità di
regista.
Questo fatto ci
dà molta soddisfazione e siamo curiosi di vedere il tipo di effetto che
potrebbe suscitare il film in Francia e al di fuori del nostro paese in quanto
quella trattata è una storia che appartiene soprattutto all'Italia. Inoltre,
non essendo in concorso siamo molto rilassati e forse andremo a Cannes a fare un
po' di casino.
C'è da aspettarsi Ligabue sulla Croisette che fa un concerto?
Oppure che giro nudo come
qualche stellina. Scherzo, ancora non abbiamo deciso nulla, ma è probabile che
facciamo qualcosa.
Questa è una buona notizia perché lì non succede
tantissimo. Se tu dovessi cominciare un racconto autobiografico, come lo
cominceresti?
Comincerei con: "Era
un testardo e non cambiò mai idea rispetto a rimanere testardo..." Forse
il libro potrebbe già finire così, sarebbe il libro più breve che abbia mai
scritto e comunque non venderebbe tantissimo. Sarebbe un documentario, una
fotografia più che un libro.
Testardo?
Sì, lo sono e continuo ad
esserlo, anche se non è che ne sia orgoglioso. Sono tediato da sentimenti tipo
l'orgoglio, ma sono cose che ti aiutano a perseguire i tuoi obiettivi, anche nei
momenti di difficoltà.
La cosa che ti fa arrabbiare da testardo qual è?
Mi fanno arrabbiare le sentenze
troppo veloci. Mi arrabbio con i giudici senza appello, che non hanno seguito
l'evolversi del processo. Si arriva troppo presto a conclusioni su una persona
in base ad una sua fotografia, ad una sua apparizione in televisione, è un modo
di fare troppo ingeneroso, perché per giudicare una persona occorre che gli si
dedichi un po' di tempo. Se c'è un po' di gente che vuole dedicare un po' di
tempo all'ascolto di questo disco ne sarei contento e allo stesso tempo spero
che chi lo ascolta sia felice nel farlo.