- PERSONE -
"Mi diverto solo sul palco
una mania da psichiatra"
Il cantautore pubblica un cofanetto con cinque dvd
con i concerti del 2006. "Ho voglia di parlare di me".
(di Ernesto ASSANTE)
Ligabue, perché non si ferma mai?
Non è vero che non mi fermo mai, alterno lunghi periodi di attività con delle pause, dei momenti in cui mi
fermo e non succede nulla. Comunque non lo so, non saprei dire davvero di cosa si tratta, forse potrebbe
spiegarlo solo uno psichiatra. Scherzi a parte, non faccio altro che seguire il mio istinto, continuo a fare
le cose che mi fanno stare bene. È anche vero che, alle volte, le cose si accavallano per motivi strani. La
verità è che, anche se è difficile da credere, sono uno che tende a farsi prendere alle spalle dalle cose.
Insomma, è come se le cose un po' capitassero e io mi faccio fregare dal "perché no?", che dico quando le idee
mi sembrano buone.
Non sarà anche un po' di ansia, la voglia di non finire dentro alla routine dell'"artista di successo",
di fare cose sempre più complesse e grandi?
Diciamo che la necessità è quella di non perdere mai il treno delle emozioni. Certo fare un tour così, o
Campovolo è più complesso, ma è pur sempre vero che è un problema di altri. Quello che resta a me è l'emozione
che vivo sera per sera. Fare un tour come ho sempre fatto mi dà godimento, e quest'anno me la sono goduta
parecchio, mi sono potuto permettere di fare tanti concerti con tutti quelli che hanno suonato con me in questi
sedici anni, il piacere di dire: "Adesso suono in uno stadio e poi vado nei teatri o nei club". È vero, è più
macchinoso, elaborato, ma il succo resta sempre quello: c'è uno che vuole andare ad esibirsi il più
frequentemente possibile perché si emoziona così. Sul palco ci sto molto bene perché quella roba è fatta per me.
La dimensione del concerto diventa sempre più importante. I dischi perdono peso...
È fuori dubbio che per qualsiasi artista sia più facile produrre emozione con la performance, che non
attraverso il processo di realizzazione un disco. Almeno da sei, sette anni, ci confrontiamo con un animale nuovo
che è il computer e la fa da padrone. Ma c'è da dire che oggi è quasi impossibile fare dischi senza i software,
se lo fai il tuo suona meno, è loffio, ha minor volume o precisione, alle orecchie dei ragazzi risulta
decisamente meno riuscito. Alla fine l'uso dei computer produce un po' di anestetizzazione dell'emozione.
Soluzioni?
Magari lo sapessi. Dal vivo hai un'energia più liberatoria, e il modo di farla arrivare a tutti sono i dvd.
Sono sicuro che l'emozione che abbiamo provato e prodotto si vede chiaramente, ci sono quattro serate integrali
e non ho cambiato una virgola. Roba per romantici che hanno vissuto forse anche altri momenti culturali, in cui
la musica aveva un'incidenza maggiore anche nel tessuto sociale, la musica negli anni Sessanta e Settanta
produceva effetti sulla società stessa. Oggi se lo fa, lo fa in maniera molto meno diretta.
Oggi è più difficile raccontarsi in musica?
No. Lo dico così chiaramente in un disco in cui mi sono preso la libertà di parlare degli affari miei,
una cosa che all'inizio mi ha fatto paura, perché ha a che fare con la mia anima. Ma ho capito che queste cose
vanno fatte, quando hai la fortuna che la gente si emoziona, hai il dovere di dire come sei, chi sei. Il tuo
punto di vista unico permette agli altri di fare i conti con il loro punto di vista, che è il tracciato della
loro storia e del futuro. Non voglio fare l'esistenzialista, ma questo è il mio modo di raccontarmi ed è per
questo che faccio ancora la mia musica.