LETTERA APERTA A ELVIS PRESLEY


Ciao, Elvis!

Tu non mi conosci: non sono uno dei tuoi milioni di fans. Non ho tutta la tua discografia, come non posseggo libri su di te. Sono solo uno dei miliardi di persone che hanno impressi nella mente (chi più, chi meno) la tua faccia, la tua voce, il tuo stile, qualche tua canzone.

Sono uno di quelli che ancora oggi assistono a tante discussioni su di te. A qualcuno proprio non va giù che ti si chiami ancora "The King". Dicono che musicalmente c’è stata gente più determinante (e arrivata prima) di te per il rock&roll ma chi ti difende dice che se non ci fossi stato tu il rock rimaneva per pochi e chissà dov’era (e cos’era) oggi; e poi, a differenza di altri, quasi tutti i più grandi venuti dopo di te ti citano come loro idolo.

Dicono che non può essere "il Re" chi non scriveva neanche i propri pezzi (come te) ma chi ti difende dice che, con la tua voce, le canzoni che hai cantato le hai rese comunque e per sempre "canzoni di Elvis".

Dicono che le tue amicizie con Nixon e la CIA e la parte finale della tua carriera sono quantomeno imbarazzanti e chi ti difende dice che non possiamo sapere niente delle pressioni che si subiscono a quei livelli; anche e soprattutto da chi ti sta attorno.

Io, senza entrare nel merito di queste discussioni, voglio dirti che apprezzo molto il tuo lavoro di musicista ma, soprattutto, ci tenevo a dirti che la tua influenza è stata tale e tanta che il genere di cui sei "il Re" dopo di te ha preso tante forme diverse, ma che comunque ti somigliano sempre un po’.

Sì, perché il rock nel frattempo è stato ed è:
eversivo e sfolgorante (come te ai tuoi inizi)
tradizionale e decadente (perdona ma nel periodo di Las Vegas eri un po’ così)
carnale (e che semina hai fatto, qui, con le tue mosse)
romantico (la favola, almeno per un po’, con Priscilla)
l’occasione per un riscatto (la storia del 45 giri incisi per il compleanno di tua madre che ti cambiò la vita è esemplare)
rapporto con le droghe
profondità (con certi suoni e canzoni che restano)
frivolezza
ricerca di qualcosa di puro
voglia di lasciare un segno
desiderio di libertà e catene da marketing
ansia di popolarità e bisogno di riservatezza

Di tutto questo, come di tanti altri aspetti di cui il rock è fatto, ho trovato piena la tua Graceland in un giro che ho fatto l’anno scorso. E proprio lì, fra alcune delle tue stanze, bacheche, cimeli e una macchina da spettacolo ancora attiva, ho capito meglio quanto sia profondo il segno che hai lasciato.

Non sono uno dei tuoi milioni di fans ma sono uno che ti stima e che ti vuole ringraziare soprattutto per una cosa che al rock hai dato e che senza la quale il rock non potrebbe vivere: il Sogno.

A proposito, ho saputo che l’8 gennaio di quest’anno hai fatto sessant’anni. E allora, anche se in ritardo, BUON COMPLEANNO, ELVIS!


Luciano