Hai un momento, dio?


"Hai un momento, dio?" è il titolo di una sua canzone. Può spiegarla?
Ho la presunzione di rispondere che credo di aver scritto un testo molto chiaro nel quale ho espresso esattamente quello che è il mio stato d'animo religioso, quella che è la mia posizione nei confronti di Dio.

In pratica il suo è un vero e proprio dialogo con Dio. Ai suoi concerti introduce questa canzone rivolgendosi direttamente a Dio, quasi stesse pregando...
Sicuramente questa canzone è una preghiera, certamente originale, ma è una preghiera. Non saprei come altrimenti definirla. Immagino esattamente un dialogo con Dio. Lo invito a bere, e naturalmente pago io, qualcosa in un bar che conosco, perché ho tre domande da fargli. Naturalmente capisco che Lui ha tanto da fare e non ha molto tempo per me, ma, insomma, dico nella canzone, qui al mondo ci sono anch’io!

Quali sono le tre domande che lei farebbe a Dio?
Le elenco nella canzone: "chi compra l’Inter, dove mi porti e poi soprattutto perché?". Ho l'impressione che noi quando preghiamo ci rivolgiamo come ad un muro, non abbiamo risposte. È anche possibile che la colpa sia mia, che cioè le risposte ci siano ma io non riesco a sentirle. Non smetto mai di ricercare.

Qual è il suo rapporto con Dio?
Bella domanda, quanti anni ho per rispondere? Scherzo. Purtroppo non riesco ad avere una certezza spirituale, anche se in me sento un grande bisogno di credere. La mia canzone è una piccolissima, umile, modesta, esortazione a Dio a manifestarsi, a darmi qualche risposta a domande che non credo di porre solo io. A parte la scherzosa questione dell’Inter ovviamente. Veramente è una preghiera. Credo di essermi fatto interprete, come al solito, di tante voci.

Lei in cosa crede?
Credo in una forma personale di buon senso che mi piacerebbe fosse utilizzata da tutti: capire cioè i valori che davvero contano. Mi dà fastidio l'indifferenza, la rassegnazione. In maniera personale, non proprio cattolica, credo nel Padre Eterno. Sento forte il bisogno di un confidente al di là di questo mondo mortale. Forse assomiglia molto a Gesù Cristo, del resto non riuscirei a dargli un'altra faccia... Spero solo che trovi un momento anche per me.

Si sente una guida per i giovani che ascoltano le sue canzoni?
Assolutamente no. Rispondo con un'altra canzone che si intitola, significativamente, "Non dovete badare al cantante". Innanzitutto invito a non santificare il cantante e crederlo, appunto, un profeta oppure un maestro di pensiero. Dall'altra parte bisogna però anche stare attenti a non cadere nell'eccesso opposto e cioè considerare chi fa musica come uno sbandato o una persona poco seria. Le etichette ti impediscono di conoscere. Nella canzone "Vivo morto o X" dico esattamente questo e me la prendo con i condizionamenti della vita e di tutte quelle regole imposte che ti rubano tempo ed emozioni: da certi insegnanti a scuola al servizio militare fino all'idea di un'esistenza regolare tipo posto fisso, casetta, spesa il sabato e a Messa la domenica.

Lei ha accompagnato con la chitarra le rane che gracidavano...
È vero. C'erano quelle rane davanti allo studio di registrazione messo su dalla comunità di recupero di don Luetti e il rumore era così forte che entrava nei microfoni. Dovevamo uscire con la pistola scacciacani per farle smettere. Una sera che non riuscivamo a farle tacere sono uscito con la chitarra e le ho accompagnate io. Così è nata una canzone.

Una sua canzone si intitola "A che ora è la fine del mondo?". La può spiegare?
Molto semplice. L'ho scritta per andare contro coloro che vivono appesi davanti al televisore. Supponiamo che ci dicano che tra tre giorni ci sarà la fine del mondo, in quanti sarebbero a passare questo poco tempo a guardare la televisione per gustarsi la fine del mondo in diretta, ovviamente intervallata dagli spot? È una canzone ironica che vorrebbe far riflettere. Ci sono due categorie di persone: una è composta da quelli che vivono, l'altra da quelli che guardano vivere. La seconda è in vertiginoso aumento, purtroppo. Attenzione, non mi prenda per uno che si mette a fare prediche e sermoni, mi piace piuttosto seminare dubbi.

Lei, prima di diventare un cantautore di successo, ha svolto tanti mestieri, anche il consigliere comunale a Correggio, il suo paese in Emilia...
Ho fatto il ragioniere, il contadino, l'operaio... Consigliere comunale? Sono nemico della retorica, sono annoiato perché da anni vedo riproporsi sempre gli stessi problemi che sistematicamente vengono affrontati nei medesimi modi, colmi di astuzie e di retoriche tipicamente italiane. Alla fine politica e canzone non sono differenti. Ho iniziato tardi a cantare soprattutto per pudore.

Ha scelto di fare rock, un genere di musica tipicamente americana che in Italia hanno finora seguito in pochi.
Sono stato folgorato da "Jungleland" di Bruce Springsteen. Da lì il mio amore per il "mito americano", letterario e cinematografico.

Ha avuto successo nonostante non fosse supportato da una grande campagna promozionale. Si è fatto conoscere quasi "clandestinamente". Come lo spiega il "caso Ligabue"?
La prendo sul serio! Un "caso", come dice lei, è difficile capirlo fino in fondo. Diciamo che innanzitutto occorre tanta fortuna: sono uscito fuori in un momento di piena rivalutazione della musica italiana. Non mi sento il "più bravo". Sono orgoglioso di essermi fatto conoscere tra i ragazzi grazie al classico "passaparola".

Un rocker puro, insomma...
Se per rocker intende uno che per forza deve essere fuori di testa, con orari strani per principio o cose di questo genere, io non lo sono. Ma se rocker vuol dire servirsi di un codice musicale appassionante, "fisico" ed immediato, per comunicare un'emozione, allora lo sono.

Il rock viene considerato un po' il simbolo della corruzione.
Non ho mai fatto uso di droghe, conduco una vita regolare, sono sposato. Non so se sono un'eccezione, ma credo che si corra il rischio di sopravvalutare il fenomeno nel considerare tutto il rock come fonte di corruzione. Considerare pericolose certe "baracconate" dell'heavy-metal, per esempio, è dare importanza ad una cosa che non ce l'ha. Indubbiamente il rock è una forma di comunicazione spesso spinta anche un po' sopra le righe per coinvolgere la gente, poi ognuno torna alla propria vita. Sting avrà avuto pure le sue ragioni a definire il rock una "nullità reazionaria", dominata dalla "tirannia del banale". Io mi guardo bene dal considerarmi un rocker pentito.

Cosa cercano nelle sue canzoni i giovani?
So solo quello che non trovano. Non trovano certezze, ma altre domande perché non sono in grado di dare risposte a nessuno. Non mi permetto di dare consigli, forse solo quello di essere se stessi in mezzo a questo bombardamento: essere consapevoli e responsabili. Nella canzone "I ragazzi sono in giro" auspico proprio che i ragazzi non si facciano beccare da questi "cacciatori di sondaggi".


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