- SPETTACOLI -
Quattro tour per guardare in faccia i fan
"Ho cercato il successo come tutti. Poi, quando è arrivato, ho capito che non era la soluzione"
Intervista a Ligabue.
(di Mario LUZZATTO FEGIZ)
Poi, quando è arrivato, ho capito che non era la soluzione. E mi sono sentito più solo di prima".
Così dice Luciano Ligabue a Massimo Cotto nel libro «Urlando contro il cielo» (Aliberti Editore,
distribuzione Rcs). Dopo essersi cimentato nel concerto del Campovolo che ha richiamato 180 mila persone
(165 mila paganti) e aver venduto in tre mesi 400 mila copie dell'album «Nome e cognome», ora si appresta
a un lunghissimo tour per il 2006. "Per la precisione quattro tour prodotti da Claudio Trotta e Ferdinando
Salzano, con scalette diverse a seconda della tipologia del luogo: in febbraio club, poi Palasport, stadi
e teatri. Tanti concerti insomma per un anno non stop. E' la parte di questo mestiere che preferisco.
Sono 12 anni che non suono in un club. Finalmente: le facce dei fan, da vicino, danno una prospettiva
tutta mia".
Ligabue non ha difficoltà a tracciare il suo bilancio.
"Il 2005 è stato un anno speciale: con «Nome e cognome» mi sono messo a nudo raccontandomi, esponendomi
al giudizio degli altri, il che ti rende molto più vulnerabile. Il concerto del Campovolo è figlio di una
sana smania di gigantismo in cui ci siamo fatti prendere la mano giocando sulla voglia di esserci della
gente. Il dvd dell'evento è un documento ottimo. Testimonia una emozione grossa. Le nostre facce tremendamente
concentrate con la paura che tutto possa sfuggirci di mano da un momento all'altro, le facce del pubblico che
è quasi spaesato rispetto a quello che sta succedendo. Nei campi lunghi, le inquadrature larghe, vedi 180 mila
persone che saltano e vedi l'emozione collettiva".
Il rocker di Correggio ha una sua chiave
di lettura a proposito dei problemi tecnico-logistico-acustici del megaconcerto... "La cosa impressionante
è la civiltà della gente che arriva con fatica e poi si fa sei sette ore di coda per tornare a casa e vive
con passione questa esperienza. Visto dal palco il rapporto diretto è, ovviamente, con le prime file. Il
resto è solo energia che percepisci ma non riesci a individuare con precisione. A seconda della reazione
delle prime file io mi faccio invasare perdendo via via il controllo delle emozioni. Ed è qui che volevo
arrivare. Uno può anche perdere l'intonazione a favore di una emozione da cui viene sopraffatto. Così, alla
fine, anche se il risultato sonoro è quello che è, il risultato umano è comunque forte".
Eppure Liga ha verso i fan
un tipo di preoccupazione quasi paterna, un po' come il Bono delle origini. Che lo porta a scusarsi
personalmente per i disagi del megaconcerto. "Io non sopporto l'idea di deludere qualcuno che ha comprato
un mio disco o un biglietto per un mio concerto. Non proprio ansia da prestazione, ma quasi. E' un problema
tutto mio perchè nella realtà queste cose sono incontrollabili... è impossibile fare un concerto perfetto
per tutti".
Ligabue ha prodotto due libri e due film.
La canzone gli va stretta? "Il disco è uno strumento fantastico proprio per la sua ristrettezza. Non puoi
usare più di 200 parole per approfondire un concetto. E le parole non sono necessariamente le migliori, ma
quelle che devono 'suonare' nella maniera giusta. La canzone vive di vincoli. Perchè nasce come strumento
popolare di comunicazione fra gente. Ha una sua capacità di rappresentare con semplicità un bisogno poetico.
Se non riesco a essere capito sento di aver sbagliato".
Il 2006 è anno di elezioni politiche.
Bruce Springsteen negli Usa si è schierato. E il Liga? "Non faccio mistero di essere di sinistra e
non cambio idea. Credo però che fare i cantante o l'autore delle canzoni che canti sia un mestiere molto
impegnativo e devi quindi essere responsabile delle cose che dici, non di quelle che dicono altri. Per
questo motivo non ho mai detto «vota quello perchè lo voto anch'io»".
C'è un collega per il quale
Liga prova un pizzico d'invidia. E' Adriano Celentano, che lo ha ospitato a Rockpolitik. "Con la scusa
che è matto fa tutto quello che vuole: budget illimitato, autori che vuole lui, nessuno accordo preventivo
sui contenuti, il direttore generale e il direttore di rete che non possono nemmeno sbirciare una scaletta.
Ammiro e stimo la libertà che riesce a ottenere non in una terza serata di Raitre, ma in prima serata
su Raiuno".
Liga è uno dei pochissimi
artisti che Fiorello non ha ospitato a Viva Radiodue. "E' colpa di una mia canzone, «A che ora è la fine
del mondo?», in cui alludevo alla gente che correva a vederlo di spalle nelle piazze a fare il karaoke. Ma non
ce l'avevo con lui, semmai contro un certo tipo di tv".
Fra gli ultimi impegni dell'anno la cena natalizia dell'Inter. "Mi invitano sempre. E' un bel momento.
Finalmente noi interisti abbiamo delle soddisfazioni. Banalmente dirò che le mie simpatie vanno ad Adriano.
Che a mio avviso è ancora in fase di crescita: non bisogna chiedergli troppo". De Gregori dice che non bisogna
aver paura di sbagliare un calcio di rigore, non è da questi particolari che si giudica un giocatore.
"Infatti - conferma Ligabue - Anzitutto bisogna avere il coraggio di tirarlo. In secondo luogo sapere che
verrà ricordato chi lo sbaglia, mai chi lo piazza".
Fra le tante tournée che nel 2006 toccheranno l'Italia
(Robbie Williams, Rolling Stones, Depeche Mode...) Ligabue ha già scelto: "Andrò a vedere gli Who, anche
se ormai sono al 50%. E' il primo gruppo di punk reale della storia, al punto che ho scritto una canzone,
«Chissà se in cielo passano gli Who», che pone l'interrogativo: almeno nell'al di là, possiamo scegliere
la musica che ci piace?". Liga viene descritto come un personaggio dai percorsi complessi. "Come tutti.
Bisogna convivere con la propria evoluzione e guardarsi dentro e spesso quello che vediamo non ci piace".
Il 23 gennaio al Teatro Arcimboldi di Milano incontrerà il pubblico in un appuntamento esclusivo dove
racconterà con parole e musica la sua carriera e il suo prossimo tour. Il tutto in onda lunedì 6 febbraio
alle 21.00 su Mtv.