- SPETTACOLI / MUSICA -

L'autobiografia del Liga
"Nome e cognome", il nuovo album del cantante.

"Sì, questo sono proprio io...". Luciano si racconta. L'aveva già fatto in passato, ma questa volta è più deciso che mai. Perché, dice, "ognuno di noi è unico".


(di Gigi VESIGNA)


Nome e cognome è il titolo che Luciano Ligabue ha scelto per il nuovo album, l'11° in carriera. Così, esibite le generalità, per completare il "documento" mancano il luogo e la data di nascita - Correggio, 13 marzo 1960 -, ma soprattutto la professione. Il Liga è stato bracciante stagionale, metalmeccanico, ragioniere, conduttore radiofonico, commerciante, promoter e consigliere comunale; ha firmato come regista due film, ha scritto due libri, ma che cosa ha scritto sulla carta di identità? "Cantante", risponde, "io mi sento e sono un cantante".

Dopo l'apoteosi al Campovolo di Reggio Emilia, premiata da un'affluenza di pubblico al limite del collasso, Luciano è in promozione con l'album, autobiografico non solo per i riferimenti al privato, ma anche per i pensieri e le opinioni che, come tutti quelli che credono nelle proprie idee, non ha difficoltà a esporre. "Diagnosi corretta", commenta, "ognuno di noi è la somma di tutti i momenti della sua vita. Quel risultato è, nel bene e nel male, unico. Nome e cognome ha a che fare con la difesa di quell'unicità. Si affannano a metterci tutti dentro grandi contenitori: generazione, pubblico, audience. E poi mettono un paio di aggettivi con cui si pretende di descriverci un po' tutti: la generazione annoiata o sognatrice o rassegnata, e così via. Ma se è vero che un quadro d'insieme, in qualche modo, prima o poi va fatto, è anche vero che ognuno di noi andrà chiamato con il proprio Nome e Cognome, con il rispetto della propria storia personale. Sono d'accordo con chi dice che ogni artista, quando si esprime, disegna il proprio autoritratto interiore. Mi è capitato di farlo anche in passato: quando ripenso ai miei dischi precedenti, mi sembra di veder delineare la mia vita. Questo processo si è ripetuto anche stavolta, forse ancora con più chiarezza. Ho fatto ascoltare le canzoni ai miei amici e tutti mi hanno trovato che mi raccontavo più del solito, mi hanno riconosciuto ancora più facilmente in queste canzoni. Eccola, allora, la mia fototessera, quella di questo momento. Quella che si mescola con tutte le altre fornite nella copertina del disco. E ognuna di queste ha Nome e Cognome".
Difficile aggiungere qualcosa di più, se non che sulla copertina dell'album ci sono tante facce, quelle anonime di gente comune. Certo, poi c'è la musica, a tutto rock, un'introduzione strumentale davvero apprezzabile, e poi altri 10 pezzi. Cerchiamo di "leggerli" insieme al Liga.

"Il giorno dei giorni", che hai scelto come singolo, sembra esprimere una sensazione che a un certo punto della vita assale tutti...
E' una delle mie ossessioni: ho bisogno di sentire che non mi sfugge niente, soprattutto se sono con la persona giusta. Ogni attimo perduto è un po' di vita che perdi. Quindi la metafora di Proust: Alla ricerca del tempo perduto vorrei che non mi toccasse mai.

Una volta, chiacchierando con me, ti sei autodefinito "poco ironico". Ma adesso con la canzone "Happy hour" ti sei rifatto abbondantemente...
Era abbastanza facile schierarsi contro i luoghi comuni. Ho preso come modello la moda dell'happy hour, che da qualche tempo è considerata assolutamente trendy, ma in realtà consiste solo nell'andare a prendere un aperitivo con un po' più di salatini del solito. Un incontro futile, pieno di "si dice che", dove il gossip è obbligatorio, ma in agguato c'è sempre una noia latente. C'è tutto nella strofa finale: "Sei già dentro l'happy hour / vivere, vivere costa la metà / quanto costa fare finta / di essere una star? / Sei già dentro l'happy hour / vivere, vivere solo a metà / e la vita che non spendi / che interessi avrà?".

"L'amore conta": certo, la più sincera e sofferta... Anche se non lo dici esplicitamente, si capisce che è una lettera aperta a tua moglie, con la quale il rapporto, che sembrava tanto solido, si è incrinato e adesso siete separati...
Ho cercato di raccontare quello che è accaduto e come: ci può essere, e c'è stata, la civiltà nella fine di un rapporto. Dico: "Grazie per il tempo pieno / grazie per la te più vera / grazie per i denti stretti / i difetti, per le botte d'allegria / per la nostra fantasia: l'amore conta".

Continuando nell'autobiografia di Luciano: un uomo che sembra duro, inattacabile dai sentimenti, e invece dimostra un animo sensibile.
La capacità di riprendersi dopo un momento "no" è un po' il tema della canzone "Cosa vuoi che sia"...
Appena sei in crisi, si materializzano persone; io le chiamo i consolatori, che ti dicono che non è il caso di abbatterti, che alla fine il tempo medica tutto e si dimentica. E' anche vero, si dimentica prima o poi, ma quando ci sei in mezzo è l'ultima cosa che vorresti sentirti dire...

E arriviamo alle donne e alla tua canzone manifesto, "Le donne lo sanno": un vero e proprio inno per esaltare la figura femminile.
Io la metterei un po' più semplicemente, sottolineando che da sempre ammetto la superiorità del genere femminile rispetto a quello maschile e ammiro la loro potenza. Pensa solo come è più alta la loro soglia del dolore.

"Lettera a G." è chiaramente dedicata a una persona cara che ora è venuta a mancare...
G. era un cugino, ma praticamente un fratello. In poco tempo ho perso mio padre, una persona che condivideva il palco con me e adesso G. La sua morte mi ha spinto a una profonda riflessione sulle strade che a volte prende la vita. E a molto altro!

La canzone "Vivere a orecchio" mi ha fatto tornare in mente "Il mestiere di vivere" di Cesare Pavese...
E' davvero un grande complimento, lui si dice sia morto per amore. Io qui, più semplicemente, dico quello che non mi aspetto dalla vita. Che ne so io di come si può vivere? Non ci sono regole, allora preferisco vivere a orecchio, e magari stonare di brutto!

Sbaglio o si notano speranza e una vaga vena di ottimismo nella canzone "Giorno per giorno"?
E' un estremo musicale, perché è un po' il seguito ideale di "Il giorno dei giorni", che apre l'album. In più, qui c'è la voglia di prospettarci un futuro, di avere certezze del domani e la consapevolezza che non può essere così!

Una canzone forte, dura, disperata per un amore che non c'è più, "E' più forte di me", e un'altra quasi sussurrata dalla voce roca di Luciano, "Sono qui per l'amore", chiudono l'album e completano la tua biografia, stavolta decisamente autorizzata...
Sì, prima la rabbia di chi si sente tradito, ma poi concludo con una canzone d'amore che propone immagini che non sentono l'obbligo di essere chiare. Sono semplicemente libere...

Un giorno mi hai raccontato che vicino a casa tua c'era un campo dove certe notti si vedevano volare le lucciole. Ci sono ancora?
No, quelle lucciole io non le vedo più. Sono scomparse, come tante piccole straordinarie cose della vita.


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