Vivo morto o x
Decisi che "Buon compleanno Elvis" lo avrei incominciato con un
pattern di batteria che avevo inventato su una drum
machine a casa, naturalmente rifatto dal batterista. L'idea mi
sfagiolava e partendo da lì scrissi questa canzone, che voleva
molto semplicemente trasportare il meccanismo della schedina nella
vita di ognuno. Siamo 1, X o 2? La realtà è che X, ahimé, oltre a
essere da sempre simbolo di anonimato è anche il simbolo, in questa
canzone, di una vita non vita, di una vita decisa da qualcun altro.
La canzone regge tutta su questa idea.
Seduto in riva al fosso
Questa è la preferita di Rigo. E' una canzone che riprende un po' la
linea del primo brano, una canzone in cui il sottoscritto stabilisce di
andare ai propri ritmi, di vivere al suo passo, sentendosi per
l'ennesima volta fuori da una logica ma pure da un branco, con tutte le
difficoltà che questo comporta. Seguire le proprie inclinazioni, ecco,
è tutto qua. Musicalmente è una delle cose che sono riuscite meglio,
una delle cose che più mi piacciono fra quelle che ho scritto. Buon compleanno, Elvis!
Non sempre le canzoni che danno il titolo agli album sono le più belle
del disco. Questa è la classica prova. Un brano che è l'ennesima
dichiarazione d'amore nei confronti di questa musica, con tutti i suoi
difetti e i suoi pregi. Non è una canzone perticolarmente riuscita e
neanche particolarmente amata dalla gente. Dal vivo però faceva un
effettone perché io mi vestivo da Elvis e giocavo a fare l'asino. La forza della banda
Mentre io lavoravo a questo album, ero convinto che questa sarebbe stata
una delle canzoni più importanti del disco. Invece non siamo riusciti a
farla funzionare. E' il classico esempio di canzone che con voce e
chitarra sembra favolosa e poi, quando l'arrangi, senti qua, non c'è,
non c'è proprio. Non a caso è passata inosservata, è una delle poche
canzoni trascurate di quest'album. Il testo è sempre una dichiarazione
d'amore nei confronti del rock, ma con una presa di distanza da certi
comportamenti obbligati. Una voce contro la mitologia del rock come
forza distruttiva. Rane a Rubiera blues
Queste sono le rane del fossato attorno all'Esagono di Rubiera, che è
lo studio dove abbiamo registrato. Ho semplicemente fatto da
accompagnamento a loro, dopo che loro per tante sere avevano provato a
fare da accompagnamento a noi; cosa non troppo gradita perché quel cra
cra entrava nei microfoni e ci disturbava. Una sera ho deciso di
lasciarle sfogare e ho suonato per loro. Certe notti
Onestamente non so cosa dire di questa canzone. Il successo con cui è
stata accolta, bé, proprio non me l'aspettavo. E' una canzone che mi
piace ma non capisco la fortuna che ha avuto. Per certi versi è un
riassunto delle puntati precedenti, nel senso che le notti di cui si
parla qua sono state già raccontate in modi più o meno simili in altre
mie canzoni. Questa si vede che ha avuto il pregio di essere più precisa,
non so, di venire capita meglio. La cosa paradossale è che, dopo il
successo che mi ha dato soprattutto questa canzone, "certe notti" per me
è ancora più difficile viverle. Qui c'è il cameo solito di Mario,
anzi, è qui che diventa famoso: "Ci vediamo da Mario, prima o poi". Viva!
Questa è semplicemente una canzone, secondo me riuscita, dedicata alla
donna che mi sta insieme. I "ragazzi" sono in giro
Mentre la stavamo preparando, non vedevo l'ora di suonarla dal vivo; e
ancora adesso in effetti mi diverto moltissimo a farla in concerto, per
quanto non sia una canzone particolarmente riuscita. Per certi versi
riprende il tema di "Sopravvissuti e sopravviventi"; volevo parlare del
fatto che per fortuna c'è ancora qualcuno che riesce a sfuggire ai
sondaggi. Mi stanno sul cazzo da morire i sondaggi, non li sopporto.
Non mi piace l'idea che ci debba essere per forza di cose un aggettivo
che accomuna una generazione, ma neanche dieci, neanche cinque, neanche
due individui. Mi piace l'idea che conserviamo le nostre differenze e
che ci sia gente che con le proprie differenze vada in giro a
destabilizzare questa grande omologazione.
La voce che si sente all'inizio è quella di un personaggio di "Amarcord":
quel matto che quando il film comincia parla delle manine, i piumini,
quelli che rilasciano i pioppi. E racconta che vagano, si fermano sulle
spiagge, però non riesce a parlare bene. Dice: "Vagano, vagano, gironzalon",
proprio non ce la fa a dirlo. Mi è sembrato divertente e anche una giusta
metafora, mi piaceva che questa immagine di leggerezza e inafferabilità
rappresentasse quelli di cui parlavo prima. Quella che non sei
Quello dell'identità è un altro tema che a me sta molto a cuore. La
nostra fatica a capire chi siamo, la nostra fatica a fissarci. Qui si
parla in particolare di una ragazza, che in più è ossessionata dall'idea
di seguire dei canoni di bellezza estetica lontanissimi, inarrivabili,
quelli delle top model. Alla fine scattano meccanismi di frustrazione e
sorgono problemi gravi come quello dell'anoressia. Un tema amaramente
di grande attualità. Non dovete badare al cantante
Qua il testo è ambivalente. Da un lato è una presa in giro di certi
luoghi comuni, di chi pensa che un cantante, ahimé, canta invece di
lavorare; e sono tantissimi, credetemi, sembra un vecchio modo di
pensare ma è più attuale di quel che si creda. D'altro canto, è anche
la richiesta di un leggero distacco nei confronti di tutti, di me per
primo.
Siate sanamente diffidenti. Selezionare la fiducia che decidete di
concedere a un giornalista, un politico, un barbiere, un personaggio
televisivo, uno scienziato, un poeta, una figura religiosa, un
prestigiatore, un filosofo, un carrozziere, un medico, un calciatore,
un pescatore di rane. E se decidete di "badare al cantante", fatelo come
fareste con uno di loro. Come fareste con un essere umano. Tenendo in
considerazione i suoi sbalzi di umore, i suoi errori, i suoi vizi, le
sue incertezze, la sua confusione, la sua umana possibilità di
combinar stronzate.
Un piccolo tentativo di smitizzarmi; non è che ne avessi tanto bisogno,
però mi sono poratato avanti. Un figlio di nome Elvis
E' un po' il discorso de "La forza della banda", una delle poche
canzoni non considerate di quest'album. Tuttavia trovo che abbia un
buon andamento, un bel clima, è una canzone che ci è venuta bene sotto
il profilo sonoro. Parla di chi riesce a trovare una sua identità usando
il plagio, imitando Elvis e vestendosi come qualcun altro, e in fondo la
cosa gli sta bene, anche se gli altri ridono. Il cielo è vuoto o il cielo è pieno
Qui invece non sono per niente contento, sebbene sia una canzone che è
andata meglio, che è piaciuta di più. Non mi sembra un brano efficace.
Si parla di fede, ma non tanto sul piano spirituale, quanto sulle
differenze che il tema spirituale comporta nella vita di tutti i giorni.
Abbiamo Remo, che non crede e vive una vita molto libera ma comunque ha
un buco dentro, mentre Cico vive una vita molto più vincolata e sente
di avere un certo tipo di ricchezza, però con dei problemi proprio per
quel che riguarda la libertà. Se il cielo è vuoto o il cielo è pieno,
il giorno che lo scopriremo si vedrà. Leggero
E' uno dei testi di cui sono più orgoglioso e credo che il ritornello
spieghi veramente quella che forse è la mia massima aspirazione. Io sono
molto contento quando raggiungo lo stato che canto in questo brano e mi
piacerebbe riuscire a raggiungerlo con continuità: "Leggero, nel vestito
migliore, nella testa un po' di sole ed in bocca una canzone".
Il testo descrive un po' di situazioni in giro, ma è anche una sorta di
piccolo riassunto di altre mie canzoni. Ci sono "i ragazzi in giro", c'è
Walter il mago e c'è Kay, che è un personaggio del mio disco dopo. Mi è
piaciuto fare un ponte così tra passato e futuro. Quando il pezzo è
uscito, qualcuno ha notato il dettaglio ed è venuto a chiedermi chi mai
fosse questa Kay. E io: "Dai, portate pazienza".