- SPETTACOLI -
L i g a b u e
Certe notti mi vedo con Vasco (ma di nascosto)
ESCLUSIVO - Appagato in amore, nauseato dalla sinsitra snob, deluso dall'Italia: il rocker di Correggio
si toglie qualche sassolino dalla scarpa. E racconta di quella volta che, a Riccione, lui e un certo
signor Rossi hanno fatto svuotare un ristorante...
(di Gianni POGLIO)
"Qui è iniziato tutto: sono nato in un appartamento di via Santa Maria, una strada del centro. E' stato un parto a rischio. Fin dal principio io non ho scelto la via più facile per vivere... L'ostetrica che ha aiutato mia madre s'è accorta in ritardo che avevo il cordone ombelicale intorno alla testa, così sono nato cianotico. E poi mi hanno chiamato Lu...ciano".
Come si guadagnavano da vivere i suoi genitori?
Mia madre era una contadina, mio padre invece è sempre stato una testa libera. Non si è mai precluso
niente e ha fatto mestieri molto diversi. Di base era un commerciante che ha venduto dal riso casa per
casa alla frutta e verdura. Poi ha cambiato genere e s'è lanciato nell'avventura di aprire un negozio:
Ligabue tessuti e confezioni. Ma è stato anche il gestore di una balera e di un deposito per pellicce.
Ricordo anche i periodi in cui non lavorava o si dedicava a intermediazioni di immobili. Appena
sentiva il soffio della noia, cambiava aria.
Vasco Rossi scruta il mondo da Zocca (Modena), lei da Correggio (Reggio Emilia). Alla fine vi
separano solo 80 chilometri: c'è qualcosa che vi accomuna nel modo di comporre?
La vicinanza geografica non conta. Il punto di partenza è che abbiamo avuto vissuti differenti e
professiamo un'idea di vita molto diversa. Detto questo, penso che tra me e Vasco non ci sia una
distanza così grande nella scrittura, soprattutto dei testi. Entrambi abbiamo un fortissimo bisogno
di vivere intensamente e di stanare l'intensità dalla vita. Un'altra cosa sicuramente in comune è il
disincanto. Ne abbiamo viste tante...
Si dice che non vi siate mai incontrati a quattr'occhi.
Leggende metropolitane a parte, ci siamo visti più di una volta. Anche il giorno del mio quarantesimo
compleanno. Eravamo a Genova per un omaggio a Fabrizio De André. Spesso i nostri incontri servono a
chiarire cose che sono state dette o scritte per metterci in concorrenza l'uno con l'altro. In realtà,
io Vasco lo vedo volentieri perché provo molta simpatia per lui e parlargli è piacevole. Una volta ci
siamo incontrati a Riccione in un ristorante completamente vuoto, prenotato solo per noi e i rispettivi
staff. E' stata una serata molto bella. Brindisi, chiacchiere, risate.
E' la descrizione di un clima cordiale.
Direi proprio di sì. Bisognerebbe essere in due a dirlo, ma così è come ho vissuto io i nostri
incontri.
Come si salutano Vasco e Ligabue quando si incontrano?
Vasco saluta sempre con grande entusiasmo e grandi sorrisi. Io sono un po' più timido e riservato.
Quindi, meno espansivo.
A fine maggio esce la raccolta "Ligabue - Secondo Tempo": uno degli inediti si chiama "Il centro
del mondo". Intorno a che cosa gira oggi l'universo di Ligabue?
Mi affaccio all'allegra età di 48 anni e mi sento molto vicino a quello che diceva John Lennon. E cioè:
"All you need is love". L'amore al suo meglio produce una grandissima forma di relax e stempera tutte
le tensioni verso il resto del mondo (la compagna attuale di Ligabue si chiama Barbara e dalla loro
relazione è nata Linda, ndr). Lo sostengo con forza, ma prima di me l'ha teorizzato la compagna di
John, Yoko Ono.
E' difficile essere padre di due figli, Lenny di 11 anni e Linda di quasi 4, nati da madri
diverse?
La persona che ho sposato (Donatella, ndr) era davvero speciale e lo è ancora oggi, nonostante
tutto quello che la separazione comporta. Il mio lavoro non facilita tutti quegli aspetti tattico-logistici
che subentrano quando c'è un figlio da crescere. Bisogna pensare ai vestiti, a portarlo a scuola, alle
lezioni di tennis... Ma, ripeto, la mia ex moglie è una donna speciale.
Si è sposato convertito all'idea dell'amore che dura tutta la vita?
No, nessuno dei due pensava che sarebbe stato per sempre. Lo dico infischiandomene della scaramanzia:
io sono uno che nella vita ha avuto fortuna. Anche dal punto di vista sentimentale. Fino a 27 anni ho
pensato che chi si sposava era un po' stupido. Poi ho incontrato una donna che mi ha fatto cambiare
idea e a trent'anni mi sono trovato in municipio un venerdì pomeriggio alle 5. Doveva essere un segreto,
ma gli amici si sono fatti trovare davanti al comune con la banda e i petardi...
Qui, nel cuore dell'Emilia, oltre al Tricolore sventola adesso anche la bandiera bianco-verde
della Lega. Lei si sente un po' padano?
Mi sento italiano. Gli effetti della politica urlata a volte sono risibili, a volte preoccupanti.
Sono molto orgoglioso di una mia canzone, "Buonanotte all'Italia" (da "Ligabue - Primo Tempo", ndr)
in cui cerco di spiegare quanto sia difficile amare ma anche odiare un Paese fatto così. L'Italia è un
posto straordinario, ma continua ad essere incapace di funzionare, di essere moderna. Qui non si sogna
più il futuro. Adesso ci vuole una svolta e io preferisco sperare piuttosto che mandare al diavolo
tutto quanto.
Com'è stata la sua esperienza di consigliere comunale a Correggio?
Di quell'esperienza ho parlato più di quanto non l'abbia praticata. Ho partecipato a tre sedute come
indipendente del Pds. Mi ero candidato per occuparmi di musica, ma mi sono subito accorto che la musica
era l'ultima delle voci in bilancio. Una cosa però l'ho capita: far funzionare le cose attraverso la
politica è molto difficile. Ci vogliono diplomazia e pazienza, doti che io non ho. Così, quando ho
compreso che non c'entravo niente, ho dato le dimissioni.
Perché la Sinistra ha perso le elezioni?
Bisogna partire dal complesso dei migliori. Pensare di essere tra quelli che hanno più valori rispetto
agli altri non aiuta. Essere saccenti e cercare di salire sempre in cattedra produce un effetto antipatia.
Non ci sono dubbi. Credo poi che il governo Prodi abbia pagato una pressione fiscale troppo forte anche
nei confronti di chi faceva fatica ad arrivare a fine mese. Una politica di Sinistra deve saper leggere
i bisogni reali. La gente dice: "Non ci sono le condizioni per progettare il futuro? Va bene, ma almeno
dateci un presente decente".
E la questione sicurezza?
Non serve l'accetta e non bisogna demonizzare lo straniero, ma occorre essere chiari sulle regole.
Chi entra in Italia deve fare i conti con le nostre leggi.
Torniamo ai complessi dei migliori...
Da elettore di Sinistra quale continuo ad essere, una delle cose che più mi irrita è lo snobismo.
Essere snob è la cosa meno di Sinistra al mondo. Le cose popolari vengono criticate soprattutto dalla
Sinistra e io con questo aspetto non riesco a farci i conti.
Lei ha mai visto un reality show?
Certo che sì. Non ho perso una puntata dell'edizione dell'Isola dei Famosi con Adriano
Pappalardo. Seguo con passione anche American idol.
Quanto c'è del suo rapporto con la fama nel testo di "Una vita da mediano"?
Alla fine degli anni Novanta mi sentivo quasi in colpa per il successo. Un senso di colpa che ho tirato
fuori proprio in "Una vita da mediano". Il messaggio era: è vero, io sono molto famoso, ma sapeste quanto
sudo, quanto fatico.
Lo sa che i suoi detrattori dicono che le sue canzoni sono tutte uguali?
C'è una fase in cui sei una promessa e piaci a tanti. Segue la fase in cui da outsider diventi
famoso e continui a piacere, infine nella terza fase ogni mio pezzo è accompagnato da due commenti:
"Non è più il Ligabue di una volta" oppure "E' sempre lo stesso Ligabue". Sono due cose che non possono
stare insieme. Ma sono sereno: ho maturato da tempo la certezza che non si può piacere a tutti.