Sul fiume
Sacco
A
circa metà strada fra Roma e Napoli scorre il Sacco che rappresenta, in fatto
di carpe, tinche e barbi uno dei luoghi di pesca più interessanti di tutta
l'Italia centrale.
Tutto il Lazio, e in particolare la provincia di Frosinone, non ha nulla da invidiare in fatto di acque e di pesci alle altre province italiane. In questo complesso sistema idrobiologico, il fiume Sacco, principale affluente del Liri, riveste un ruolo di primaria importanza. Ed è proprio la zona della confluenza, nel comune di Ceprano, che offre grandi e diversificate possibilità di pesca; per questa ragione, e per il bassissimo tasso di inquinamento ancora riscontrabile nelle sue acque, il Sacco è considerato un ottimo itinerario per una proficua battuta di pesca in pianura. In questo tratto la larghezza media del fiume è di circa trenta metri; le sponde sono alte e la vegetazione molto fitta, con un ininterrotto susseguirsi di pioppi, salici bianchi e olmi. In molti tratti, un folto canneto crea una zona di sicuro rifugio per i pesci . Nonostante questa particolare conformazione, gli accessi all'acqua sono piuttosto numerosi e le piazzole per poter pescare in assoluta comodità sono servite da sentieri ben segnati. Il verde dell'acqua e quello delle sponde infrascate è il colore dominante ed è sempre un grosso piacere immergere le proprie lenze in acque pulite.
Livelli
costanti
Lo sbarramento che si trova
alla confluenza con il Liri e l'influenza del vicino bacino di San Giovanni
Incarico contribuiscono a creare una situazione ottimale per la pesca; anche se
si possono incontrare, in particolari momenti, discrete variazioni di
livello. Quello che conta è che il
livello del lago viene sempre tenuto all'altezza di quello del fiume;
esattamente come se venisse rispettato il principio dei vasi comunicanti.
Questa premessa era doverosa per spiegare come mai le acque del Sacco
presentano un corso così regolare e profondo. Condizioni che, come vedremo,
possono essere sfruttate, ai fini della pesca, ricorrendo a particolari tecniche.
Ci troviamo, infatti, di fronte a una profondità media di circa 5 metri anche
nelle vicinanze della sponda; assolutamente inutile, quindi, andare a cercare
in mezzo al fiume punti più profondi perché il fondale più rilevante, e più
frequentato dai pesci, si trova proprio sottoriva. In queste condizioni, cosi rare in fiumi "naturali", si
impone senza alcun dubbio una pesca
altamente tecnica, come quella che fa uso della roubaisienne; alternativa
altrettanto valida è la tradizionale canna fissa nelle misure maggiori, da 8
metri in su. Naturalmente i pesci non si catturano solo in questo modo, né è
possibile escludere a priori tutte le altre tecniche di pesca; resta però il
fatto che questo tratto del fiume Sacco si presta, in modo veramente esemplare,
all'impiego fruttuoso delle più sofisticate attrezzature. E se è vero(come è infatti vero) che gli
autentici sportivi non badano tanto al quantitativo dei pesci catturati e
successivamente rimessi in acqua ma privilegiano il sistema con cui insidiarli
il Sacco si rivela proprio il posto "giusto". Non per nulla è molto frequente incontrare,
sulle sue sponde, agonisti che si allenano con le classiche canne "da
gara". La corrente è piuttosto regolare e relativamente lenta; solo in
caso di apertura della diga, essa aumenta di intensità. In ogni caso, la piombatura ideale non deve
superare i due grammi, distribuiti a piacere su tutta la lenza. L'esca principe rimane il bigattino; anche
perché, contrariamente alle ultime e non ben definite normative in vigore nel
Lazio, in queste acque è ancora permesso il suo uso e la relativa pasturazione.
Meglio
con la roubaisienne
Le ragioni per le quali si caldeggia l'uso della canna roubaisienne sono legate al tipo di pesci che frequentano questo tratto di fiume: accanto a cavedani di buona taglia e a combattivi barbi, non è raro ferrare, anche in passata, tinche e carpe di buon peso; solo potendo disporre dell'elastico ammortizzatore si può sperare di aver ragione di questinotevoli esemplari che a canna fissa, hanno moltissime probabilità di sfuggire, rompendo il finale. La conduzione stessa della passata, poi, con il cimino della canna molto vicino al galleggiante, risulta molto più agevole con la roubaisienne che con i sistemi tradizionali soprattutto in rapporto alla profondità del fiume nelle vicinanze della sponda. Naturalmente ci sono ottime possibilità per la pesca a fondo; il parco delle esche si estende così anche al verme di terra e al granoturco. E spesso queste esche funzionano molto bene anche a passata classica. Nel Sacco, a Ceprano, vivono anche molti carassi che, come è noto, rispondono in modo molto positivo a questa esca. Un grosso problema è rappresentato dalle alborelle che, particolarmente in presenza di acque velate da qualche pioggia, sono fameliche e precedono i pesci di taglia maggiore nell'abbocco. Questo fatto è il rovescio della medaglia nella pesca a roubaisienne, in quanto costringe a un ininterrotto smontaggio e rimontaggio della canna a ogni cattura. Il problema si risolve, solo in parte, aumentando la piombatura e la conseguente velocità con cui l'esca "buca" lo strato di pesci a mezz'acqua per raggiungere il fondo ; oppure adottando le esche alternative al bigattino (granoturco e verme). Fortunatamente in condizioni di acque normali questa presenza non è cosi insistente e quando, sotto pastura, si avvicinano i pesci di buona taglia, le alborelle compaiono come d'incanto.
Un
fiume tutto da scoprire
Naturalmente la pescosità
del Sacco non si limita a questo suo tratto terminale descritto nell'itinerario;
solo in questa zona, però, esso presenta quelle caratteristiche uniche per
poter svolgere sistemi di pesca altamente tecnici. Tutto il corso del fiume presenta punti molto belli, almeno fino
a Frosinone. Oltre, il Sacco inizia a stringersi troppo e a dividersi in
piccoli rami collaterali. Si fanno più
rare le carpe e le tinche, ma restano molto numerosi i cavedani. Non sempre gli accessi al fiume sono
agevoli; contrariamente al tratto terminale della confluenza col Liri, in
quello superiore si è obbligati a numerosi spostamenti, anche di poche decine
di metri, nell'ambito della stessa giornata di pesca. Gli smaliziati cavedani del Sacco, infatti, si lasciano ingannare
solo giocando opportunamente sul fattore "sorpresa": una pasturazione
leggerissima, fatta di poche fiondate di bigattini, qualche decina di passate
"giuste" e la cattura di due o tre esemplari; inutile insistere
oltre: il rumore provocato dai pesci in acqua crea un allarme generale e,
almeno per qualche ora, è meglio lasciar riposare il posto e spostarsi un po'
più a monte o a valle per ripetere le stesse operazioni. Naturalmente, una bolognese leggera, di 5-6
metri al massimo, risulta essere l'attrezzo più idoneo e più versatile per questo genere di pesca.