Sul basso Reno
l'ultimo tratto dei fiume
Reno, che scorre a cavallo fra Emilia-Romagna e Veneto con un andamento lento e
tranquillo. Le sue acque sono
ricchissime di carpe, carassi e pesci gatto.
Dopo tanti fiumi pescosi, ma
da affrontare con un certo impegno, la meta proposta in questo itinerario riguarda, finalmente, un corso
d'acqua decisamente "tranquillo". Tranquillo in tutti i sensi: sia
per la conformazione lineare e calma del fiume, sia per le tecniche di pesca
che qui risultano più idonee. Siamo sull'ultimo tratto del Reno, al confine fra
Emilia-Romagna e Veneto, in provincia di Ravenna. Dopo aver percorso oltre 200
km, dalle pendici dell'Appennino Pistoiese da cui nasce, il Reno si avvicina
pigramente alle foci in Adriatico, a sud di Comacchio. Questa zona d'Italia, da sempre, è una terra ricchissima
d'acqua: a fianco del Po esiste infatti una intricata rete di canali e
bonifiche che, fra canneti e zone un tempo paludose, si snoda fino allo sbocco
in mare. Presso il comune di Anita il
fiume scorre in un letto di bonifica dove, molti anni fa,passava il ramo di
Primaro del Po. Ed è per questa ragione
che, come prima impressione, questo tratto del Reno, con le sue sponde dritte e
lineari, è più simile a un canale che a un fiume vero e proprio.
La pigrizia del Delta
Il sostantivo che più si
adatta a questa zona è senz'altro "pigrizia" e tutta la natura
circostante, il corso del Reno e l'intensità della corrente si adattano
perfettamente a questo termine. Lo stesso discorso vale per la pesca. Una volta raggiunta la postazione
desiderata, qualsiasi punto della sponda può essere raggiunto comodamente,
senza faticose "scarpinate".
Inoltre la vegetazione è ovunque abbastanza scarsa. Ci si siede tranquillamente e si applicano
le tecniche di pesca "comode": a fondo o a canna fissa, immersi
nell'affascinante immobilismo dell'ambiente.
Tutto questo è possibile grazie a una notevole quantità di pesce,
distribuito uniformemente in tutto il tratto del fiume; il pescatore, quindi,
non si vede costretto a una ricerca assillante e affannosa: un punto vale
l'altro, salvo rare eccezioni.
Naturalmente, non si tratta di pesce "pregiato", ma la
consistenza numerica compensa la carenza qualitativa. La specie più diffusa in queste acque è il carassio: pesci
bianchi, rossi, arancioni e in tutte le colorazioni di mezzo, frutto di
intricate ibridazioni. La taglia media
è abbastanza buona (intorno ai 3 etti), ma non mancano esemplari record da
oltre 1 kg. Molte le carpe e gran parte
dei pescatori che si incontrano sul Reno si dedicano, in modo esclusivo, alla
loro pesca. Tinche e anguille non sono
presenti in tutti i punti del fiume: per la loro cattura, occorre scegliere
quei posti in cui i canneti della sponda si spingono anche dentro l'acqua. Ci sono anche discreti banchi di alborelle,
ma non in modo tale da impedire l'esercizio delle normali tecniche di pesca.
L'invasione
dei pesci gatto
Accanto alle note positive e
numericamente assai consistenti riferite sulla presenza dei pesci nel Reno, c'è
da segnalare un dato negativo e che ricorre con sempre maggiore Trequenza in
questo tipo di acque, nelle più diverse zone d'Italia. Si tratta di una
massiccia ed elevata presenza di pesci gatto.
Tanti, tantissimi "baffuti" che infestano le acque dei Reno in
ogni punto e la cui taglia media, oltretutto, è assai modesta. Accade così che assalgano famelicamente le
esche destinate ad altri pesci. Una
precisazione: nessuno vuole condannare questo pesce, la cui pesca annovera
molti appassionati e può essere una tecnica divertente, poco impegnativa e otti
ma per trascorrere qualche ora sul fiume, senza dimenticare che i veri
intenditori di cucina annoverano il "gatto" fra i pesci più
prelibati. Ciò che lascia perplessi è
che la massiccia diffusione di questa specie è sintomo di una non eccelsa
qualità delle acque. E’ nelle acque torbide, fangose e persino inquinate che il
pesce gatto trova il suo habitat ideale e prolifica in modo eccessivo, spesso a
scapito delle altre specie presenti. Fortunatamente
le acque dei Reno, con la loro caratteristica colorazione verdastra,
sonoancoraabbastanza buone, con un tasso di inquinamento né inferiore né
superiore atutti gli altri corsi di pianura della zona. Terminiamo con una norma che non può che far
sorridere. Anziché favorire la cattura(e
ladiminuzione)dei pescegatto, la Regione Emilia-Romagna ha stabilito un'assurda
misura minima: non si possono infatti trattenere pesci gatto che non abbiano
raggiunto i 12 cm di lunghezza. Dei
tutto inutile ogni commento.
A quali tecniche conviene
dedicarsi
Le tecniche più idonee da
utilizzare sul Reno sono la classica pesca a fondo e la passata con canna
fissa. Per quanto riguarda la prima si
adottano le esche tradizionali, con il verme e il granoturco in testa alla classifica. I pescatori locali usano le robuste canne da
fondo con il classico anello sul filo (posto fra il mulinello e i primi anelli)
per segnalare l'abboccata della carpa.
In questi ultimi tempi, tuttavia, alcuni appassionati di carp-fishing, usando particolari
inneschi e le boilies proteiche (non
gradite, fra l'altro, ai pesci gatto) hanno catturato e, com'è giusto, subito
rilasciato, alcuni esemplari record che pochi immaginavano potessero vivere
nelle acque del basso Reno.
Naturalmente per questa pesca (come per quella eseguita con impasti
vari) è necessaria una buona pasturazione preventiva, eseguita, nei limiti del
possibile, alcuni giorni precedenti la battuta di pesca vera e propria. Per quanto riguarda i carassi, la canna
ideale è quella fissa, dai 7 ai 9 m. Misure più lunghe non sono necessarie sul
Reno, considerando anche la larghezza media del liume e la sua profondità
(intorno ai 3-4 m). Montature leggere,
finale dello 0,12 (non è necessario scendere a diametri più sottili) e amo innescato
con larve di mosca carnaria. Le passate
a vuoto saranno più rare di quelle coronate da un'abboccata e, fra
quest'ultime, non è improbabile imbattersi, fra tanti carassi, in qualche
esemplare di carpa di medie dimensioni.
Se non ci si vuole dedicare ai pesci gatto, e anzi si preferisce non
agganciarli, è sufficiente pescare a mezz'acqua e non direttamente sul fondo;
se poi ci si aiuta con una buona pastura sfarinata, si possono far salire i
pesci in quella fascia d'acqua, al di fuori del campo d'azione degli invadenti
pesci gatto. Un'ultima annotazione riguarda i cavedani. Nel Reno sono
presenti, con esemplari anche di ottima taglia, ma hanno il classico
comportamento di questa specie in acqua ferma: apatici e diffidenti,
difficilmente vengono in pastura e la loro cattura diventa occasionale. Per
questo ciprinide non è prevista alcuna misura minima.