Sul Po a
Torino
Il
più importante fiume italiano, nel tratto che attraversa il capoluogo
piemontese, è ricco di cavedani, barbi e carpe. Ancora un esempio della rinascita dei fiumi
"cittadini".
Si sta assistendo, in questi
ultimi anni, a una precisa inversione di tendenza che interessa i maggiori
fiumi italiani, le cui acque stanno conoscendo un seppur lento ma inarrestabile
miglioramento. Ne sono un, evidente
esempio i tratti cittadini di fiumi come l'Arno a Firenze, l'Adige a Trento e
Verona, il Brenta a Padova e il Po a Torino.
Le acque di quest'ultimo, veramente ricche di pesce, sono entrate a
pieno merito fra le mete preferite da molti pescatori del Norditalia e hanno
tutti i requisiti necessari per rientrare di diritto tra i nostri migliori
itinerari di pesca in acqua dolce.
La storia recente
Fino
a una decina di anni fa, le condizioni del Po a Torino erano decisamente
critiche: i pesci, nonostante tutto ancora presenti, dovevano vivere in
un'acqua molto inquinata in cui si riversavano tutti gli scarichi della
città. Le alghe, i gabbiani e molte
altre forme di vita dentro e fuori dell'acqua erano scomparse. Erano condizioni di degrado veramente
critiche, cui occorreva porre rimedi urgenti.
A distanza di poco più di un decennio, grazie a una lunga serie di
interventi, tutto ciò è un ricordo: sono ricomparse le alghe, numerosissimi
gabbiani e altri uccelli acquatici sorvolano il fiume e l'acqua limacciosa sta,
lentamente, riassumendo le sue caratteristiche naturali. Gli stessi torinesi, al di là della pesca,
stanno Ravvicinandosi al fiume che è rientrato a far parte della vita della
loro città. Tutto questo è andato anche
a vantaggio dei pesci e dei pescatori.
Molti gli elementi responsabili di questo miglioramento in atto che è
solo l'inizio dell'importante inversione di tendenza: fra tutti citiamo
l'adozione sempre più diffusa del "catch and release" e l'effettiva
messa in opera dei primo tronco del depuratore (definito fra i maggiori
d'Europa) che, raccogliendo in sponda destra e sinistra tutti gli scarichi
della città, restituisce acqua pulita al Po in città e fino a circa 20 km a
valle di Torino. Ma vediamo, in dettaglio, i tratti migliori. Entrambe le
sponde sono servite da strade che passano molto vicine al fiume. In sponda
destra c'è corso Moncalieri (che, nel tratto a valle, prende il nome di corso
Casale), mentre in sponda sinistra occorre far riferimento (da monte a valle) a
corso Trieste, corso Unità d'Italia, il parco del Valentino e via Napione. Solamente in poche di queste zone si può
arrivare proprio ai bordi dell'acqua con l'auto; esistono comunque ampie
possibilità di parcheggio a poche decine di metri dal fiume.
Le Molinette
E’
il tratto più a monte della città. Si
trova su sponda sinistra, a monte del Ponte Balbis, proprio in faccia
all'Ospedale delle Molinette. Si
consiglia di posteggiare in corso Unità d'Italia. La riva, abbastanza alta ma comoda e costeggiata da una pista
pedonale e, ciclabile, offre un gran numero di postazioni per un tratto di
oltre 800 metri. Corrente lenta e
profondità elevata, da tre a oltre cinque metri, caratterizzano questa classica
zona per la pesca con lunghe canne fisse o roubaisienne. I pesci presenti sono soprattutto cavedani e
barbi, molti dei quali di dimensioni notevoli; non è tuttavia raro imbattersi
in qualche carpa o in combattivi lucci.
E una zona pescosa ma piuttosto "difficile". l:estrema
diffidenza dei pesci, proprio perché di notevole taglia, costringe all'uso di
lenze molto leggere e di monofili sottili.
Ma i risultati che si ottengono compensano le difficoltà. La pesca si svolge essenzialmente sotto riva
e a piede asciutto; verso il centro del fiume la corrente è più sostenuta,
l'acqua è meno profonda e la pesca rende meno.
L'esca più usata in questo punto è il bigattino e il vermetto ma, nelle
stagioni adatte, è molto Luttuosa anche la pesca col sambuco.
Ai Vigili
Siamo
in sponda destra, fra il ponte Isabella (a monte) e il ponte Umberto I. Punto
di riferimento è il comando dei Vigili Urbani (che ha dato il nome alla zona) e
dove è disponibile un grande parcheggio da cui parte un corto sentiero che
porta al fiume. Di fronte, la zona del
Valentino, ora isola pedonale. Anche
qui la corrente è moderata ma la profondità minore, un paio di metri
circa. Sulla riva è presente una massicciata
alta poco più di un metro dall'acqua e su cui è molto agevole sistemare tutta
l'attrezzatura. Barbi e cavedani sono
numerosi e disponibili all'abbocco. Si
pesca a passata, sia con canna fissa sia con bolognese da 5-6 metri. Con acque alte rende molto il sottoriva, con
livelli bassi è preferibile concentrare la pastura e la passata verso il centro
del fiume. Tutta questa zona è spesso
adibita a campo di gara.
I Murazzi
Scendendo
poco più a valle, questa Svolta in sponda sinistra, c'è la zona dei Murazzi,
fra il ponte Umberto e il ponte Vittorio Emanuele I. In faccia, le famose
società di canottieri della città. Si
tratta di uno dei pochi tratti di fiume raggiungibili direttamente con l'auto
(si entra da piazza Vittorio). La riva
è quasi a livello dell'acqua ed esistono scivoli per varo e l'alaggio barche;
spesso, durante le piene, l'acqua invade tutto fino alla base dei Murazzi. Paradossalmente, la comodità con cui si
raggiunge questa zona si sconta con una ridotta pescosità. Cavedani, barbi e carpe ci sono, ma è
difficile concentrarli e trattenerli a tiro di canna, anche a causa di una
corrente normalmente abbastanza sostenuta.
Il tipo di pesca comunque più praticato è la passata classica;
preferibili, in questo tratto, le canne bolognesi.
Lungopò Machiavelli
La
diga della Gran Madre, appena a valle del ponte Vittorio, è responsabile, in
positivo, di una interessante trasformazione del fiume. La sua azione infatti è all'origine di una
serie di correnti ben diverse dal corso lento e tranquillo che si è visto a
monte. Da qui a valle è inoltre
preclusa la navigazione. Sia in sponda
sinistra sia in quella destra (in corrispondenza dello zoo) e fino al ponte
Regina, le rive consentono di entrare in acqua con gli stivali. In relazione ai
livelli stagionali, si può anche arrivare in zone spesso irraggiungibili da
riva. In questi punti con acqua
"mossa" è possibile praticare, con successo, lo spinning e la pesca a
mosca. Fa sicuramente un certo effetto
pescare con queste tecniche a pochi metri dal pieno centro di Torino. Oltre agli onnipresenti cavedani non è raro
imbattersi in qualche bella trota e, gradita sorpresa, in temoli e persici
reali. Un fatto che, ripensando allo
stato del fiume in passato, e non solo per quanto riguarda l'aspetto pesca,
testimonia la rinnovata vitalità di queste acque. Osservando con attenzione
nella schiuma bianca della cascata a valle della diga, si possono ammirare,
particolarmente nelle calde serate estive, gli acrobatici salti di pesci a
caccia di insetti.
Ai "Pesci vivi"
Con questo soprannome si identifica il tratto di Po a
valle del ponte Regina. Viene così battezzato perché, ormai da qualche anno, i
pionieri del "catch and release" vi attuano e promuovono il totale
rilascio del pesce. Un'abitudine che,
senza regole scritte, si è fermamente consolidata fra i pescatori
torinesi. La già notevole quantità di
pesce presente viene così ulteriormente salvaguardata: in questo tratto è possibile pescare
cavedani, barbi, alborelle, triotti, savette, lasche e carpe. Non è episodica
la presenza di una discreta quantità di tinche di taglia media e di qualche
carassio. Si può agevolmente pescare
sia in sponda destra (parco Michelotti), sia in sponda sinistra (lungopò
Antonelli). Le rive, abbastanza alte, sono comunque agevoli e raggiungibili a
piedi. Siamo nuovamente nel regno della
canna fissa lunga e della roubaisienne, anche perché la fascia migliore per la
passata è sotto riva, in una profondità media di 2-3 metri. Molto produttiva è la pesca a legering.
Lenta la corrente sottoriva, più vivace al largo. Le esche sono quelle classiche da
passata. D'obbligo il guadino lungo
(non è raro allamare qualche "peso massimo") e la nassa per tenere il
pesce vivo da rilasciare alla fine della battuta, anche (e non solo) per tener
fede al nome di questa zona.