Sull’Arno a
Firenze
Pescare
in città: ecco qualcosa che fino a qualche anno fa non sembrava più possibile,
ma che oggi, grazie a una maggiore coscienza ecologica, si è tornati a
praticare.
Negli anni Settanta, se
qualcuno avesse domandato a cento pescatori se ci fosse qualche possibilità di
scegliere come zona di pesca il fiume della propria città, tutti e cento
avrebbero risposto che non era possibile.
Perché il pesce era poco e il fiume era comunque troppo inquinato. Negli
anni Ottanta c'è stata un'inversione di tendenza notevole. Grazie all'entrata
in funzione dei depuratori e a un'accorta politica di ripopolamento, in quelle
città dove maggiormente si è capita tutta la realtà del problema ecologico e
ambientale i pescatori sono potuti tornare sulle sponde del loro fiume
cittadino. E non si tratta di presenze sporadiche. L'Arno a Firenze è forse l'esempio più
valido a dimostrazione di quanto appena detto.
Ecco dunque il perché di un itinerario inconsueto, che ovviamente è già
noto a tutti i fiorentini, ma che ha tutte le caratteristiche, come qualsiasi
itinerario anche lontano, per meritare un da parte di chi non lo conosce, senza
contare tutto ciò che, oltre la pesca, una meta come Firenze può offrire. Infatti, oltre a un'interessante e fruttuosa
esperienza di pesca, si avrà la possibilità di visitare una città d'arte, uno
dei tesori che tutto il mondo ci invidia.
Ed è già accaduto, proprio dopo una gara in Arno, di vedere agli Uffizi
parecchi signori che dall’abbigliamento si potevano immediatamente riconoscere
come pescatori. Itinerario d'arte e di pesca, quindi, per una volta. Come punto
d'arrivo, Firenze.non è certo una località difficile da raggiungere, da
qualunque parte si giunga.
Quattro zone da tener
presenti
Il tratto di cui ci
occupiamo scorre proprio nel cuore della città, precisamente tra il ponte
Vespucci e il ponte della Vittoria, e si prolunga sia sulla sponda destra, sia
su quella sinistra. Cominciamo a poco
più di un centinaio di metri a valle del celeberrimo Ponte Vecchio, dopo la pescaía di San Rocco. La pescaia è uno sbarramento trasversale che
serve a mantenere costante il livello dell'acqua dei fiume. Trattandosi di una
città, bisogna tener presente che il traffico è a senso unico, nelle due direzioni,
sulle due sponde: ma vicino al tratto scelto per la pesca ci sono ampi e comodi
spazi per parcheggiare. Anche perché
queste stesse zone sono teatro di numerose gare di pesca. Vediamo ora la denominazione esatta dei
quattro tratti distinti che costituiscono questo itinerario: partendo dal Ponte
Vespucci, sulla sponda destra, fiancheggiata dal lungarno Amerigo Vespucci,
troviamo la prima zona detta "Ambasciata" (perché i palazzi vicini
ospitano l'ambasciata americana); il secondo tratto, sempre sulla sponda
destra, a valle di Ponte della Vittoria e fiancheggiata dal lungarno Lincoln,
viene chiamata "Terrapieno" (dalla specifica costruzione di questo
tratto di sponda); sulla sponda sinistra, a valle del Ponte Vespucci, c'è il
tratto denominato "Fonderia" (per la presenza di una grossa fonderia)
a valle del Ponte della Vittoria, sulla stessa sponda sinistra, si trova infine
il tratto chiamato "Frenista".
Questi sono nomi noti a tutti i pescatori locali, da usare per qualsiasi
eventuale richiesta di informazioni.
D'altra parte, anche non conoscendo nomi o dislocazioni, in qualsiasi
giorno dell'anno si arrivi in questo tratto di Arno (salvo forse alla vigilia
di Natale) si possono vedere numerosi pescatori lungo le sponde. Ma questo non deve preoccupare. Anzi è positivo ai fini della pesca, perché
è stato dimostrato da serie ricerche che nel tratto di fiume assiduamente
frequentato da pescatori si crea una sorta di generale pasturazione, non
eccessiva ma continuativa, e altrettanto abbondantemente frequentata dai pesci. E i pesci aumentano con il passare del
tempo, invece di diminuire come si sarebbe portati a pensare, specialmente se
si pratica una buona autodisciplina e molte catture vengono rimesse in libertà.
I pesci in Arno
Nell'Arno di Firenze di pesce c'è ne tanto davvero, prevalentemente ciprinidi. Il colore dell'acqua non deve preoccupare perché non è mai chiara o "d’argento" e, pare spesso il risultato di una piena, anche se, fortunatamente, non è così. Ma questa torbidità non disturba i pesci e non influisce negativamente sull'azione di pesca. La corrente è molto lenta ai lati e più veloce al centro del fiume, grazie anche all'azione di rottura della pescaia. Le sponde di tutte e quattro le zone sono facilmente percorribili a piedi sui terrapieni che offrono postazioni di pesca molto comode ad altezza d'acqua. A dimostrazione della ricchezza di pesce di cui abbiamo già parlato, possiamo dire che, nelle tre ore della durata di una gara, i pescatori che vogliono entrare in classifica devono catturare dai sei ai dodici chilogrammi di pesce. Tutte le prede vengono poi liberate vive a fine gara. Si tenga presente che non si tratta di giorni fortunati, ma della norma. 1 pesci più numerosi sono cavedani, carpe, carassi, anguille e pesci gatto.
Varietà di tecniche
Da un punto di vista tecnico
queste quattro zone, che hanno caratteristiche tra loro simili, sono
estremamente interessanti: la corrente lenta o molto lenta, la larghezza,
intorno ai 50/60 metri, e le diverse e così numericamente ricche specie di
pesci consentono la pratica di diversi sistemi, sempre nell'ambito di quelli
destinati alla pesca in acque di pianura, come si può constatare osservando i
pescatori sia durante le gare, sia in una qualsiasi giornata: si vedranno
alcuni adottare una tecnica, altri un'altra, altri ancora una terza. In altre parole, non accade mai che un certo
numero di pescatori utilizzi una sola tecnica. Le tre principali, quelle che danno in Arno i migliori risultati,
sono essenzialmente tre: la pesca a canna fissa o fiorentina, il legering e la
pesca all'inglese. La passata, qui, si
fa di preferenza con la canna fissa non perché si tratti di un fatto
campanilistico (dato che si chiama proprio
fiorentina), ma perché in questo ambiente la fissa dà maggiori
soddisfazioni di una bolognese, a
patto che sia della lunghezza giusta. Intorno alla fine degli anni Ottanta si è
anche affacciato, e si sta pian piano affermando, una tecnica d'importazione
francese, quella della roudaisíenne, che
unisce i pregi della canna fissa a lunghezze davvero notevoli, fino a 14 metri,
senza aver bisogno di una lenza altrettanto lunga e quindi non manovrabile,
poiché utilizza una lenza sufficiente alla profondità del fiume. Le esche indicate per l'Arno sono: il verme
di terra e la larva di mosca carnaria, o bigattino, in tutte le sue possibili
applicazioni e varianti. La più recente
novità in proposito, che proviene, com'era prevedibile, dall'agonismo, non è
l'innesco dei bigattini singoli o a coppie, ma quello di una decina di larve
agglomerate intorno all'amo con la speciale colla già usata per formare le
palline di pastura. In Arno, chi vuole catturare i numerosi cavedani al di
sopra di un chilogrammo di peso deve ricorrere a questo innesco selettivo.