L'opinione
GLI ITALIANI E LE ARMI - QUALE CONGIURA?
In questi ultimi tempi si notano segnali inquietanti per chi in Italia ha avuto la malaugurata idea di detenere un arma da fuoco.
Una larvata ma organizzatissima minoranza silenziosa di direttori di quotidiani e di telegiornali paragona il possessore di porto d’armi al possibile futuro serial killer, un esempio da manuale di interesse psichiatrico di maniaco probabilmente schizoide con manie di grandezza e con un ego violento da manuale che a causa di un apparato legislativo particolarmente permissivo (?) permette di venire facilmente in possesso dei permessi necessari atti ad acquistare e detenere nonché usare armi da fuoco.
Un criminale possibile, insomma, non dissimile da quel giovane uomo che a Milano ha ucciso la giovane moglie, una vicina di casa e ferito numerosi passanti prima di volgere l’arma contro sé stesso e che in quanto "diverso" va posto in termini scandalistici ad un opinione pubblica affamata di bersagli su cui scaricare ansie e frustrazioni.
Inutili le vibranti proteste delle varie associazioni legate alla cultura armiera, gettate al vento le parole degli sportivi che ne fanno uso nei poligoni, inascoltate dalle masse scandalizzate e dalle regìe palesi occulte che ne indirizzano parte di pensieri ed opinioni le spiegazioni e i tentativi di analisi di esperti del settore: lo strapotere dei Media, una volta tanto apparentemente in sintonia persino sotto il punto di vista politico, hanno dettato legge e condannato senza processo equo tutto un mondo dichiarato colpevole con vaghe possibilità di appello che non siano il silenzio e quindi l’oblìo.
Fino alla prossima volta, beninteso.
Eppure nessuno mai ha pensato di criminalizzare i coltelli da cucina che Erika e Omar hanno utilizzato per massacrare mamma e fratellino a Novi Ligure, di vietare la vendita di automobili con cui migliaia di giovani incoscienti si schiantano per l’ebbrezza della velocità sotto effetto di droghe o alcol, di eliminare dal mercato topicidi o barbiturici con cui molti suicidi vengono effettuati.
Ma l’arma è demoniaca espressione del male e va di certo additata al pubblico ludibrio il suo possessore fino a quando, beninteso, questa non serva a salvaguardare la vita del prossimo nel qual caso viene benedetta tra incensi e preghiere nella speranza di un perfetto funzionamento.
Certo che questa Italia è davvero incredibile.
L’80% dei giovani sotto i venticinque anni usa o ha usato droghe che debilitano mente e fisico ma questa è diventata una malsana "normalità" che, anzi, fa stupire i pochissimi che non ne fanno uso eppure tante energie e tanti spazi vengono utilizzati per porre sotto la gogna dell’ignominia un semplice esempio di meccanica e dell’ingegno umano che è l’arma.
Mi viene alla mente l’inizio di quel grande film di Kubrick dove i più fragili ominidi vittime predestinate naturalmente sopravvivevano alle scimmie più forti fisicamente scoprendo il concetto di difesa e di caccia grazie al semplice sollevare un osso di mandibola…ma forse questi novelli untori contro il mondo armiero non amano di certo sondare gli aspetti filosofici e simbolici delle armi: basti a pensare al Giappone ultratecnologico e allo stesso tempo tradizionalista dove la spada del Samurai, l’immortale coppia "Katana- Wakizashi" rappresentano l’essenza stessa e la continuità dei gruppi familiari.
Finita la disgressione mistica che di certo non ci riguarda, desidero tornare alla nostra realtà quotidiana che è fatta di una criminalità sempre più attiva e vitale che ogni tanto trova pane per i suoi denti quando il cittadino armato si pone a difesa dei propri cari e delle sue proprietà e dove come conseguenza al suo pronto agire per legittima difesa si ascoltano le prediche dei parolai che, terrificati, prendono le difese dei criminali tramutati in vittime e nel loro legittimo diritto a fare ciò che fanno senza per questo trovare altri ostacoli che un possibile arresto e un’ ancora più improbabile carcerazione.
No, grazie.
Così come dico "No! " a coloro che vedono nella depressione un implicito invito al suicidio, all’ansia come a un’anomalia della personalità che inibisce il ragionamento o la consapevolezza e questo perché non si accetta un fatto fondamentale: che l’uccidere o il togliersi volontariamente la vita può essere un atto freddamente calcolato e ragionato.
Una semplice scelta discutibile quanto si vuole ma pur sempre una scelta.
Al che l’oggetto, lo strumento che porterà a termine questa o altre azioni del genere è semplicemente irrilevante così come l’uccidere: basta un attrezzo da officina, un arma da fuoco comprata illegalmente o procuratasi diligentemente attraverso la burocrazia, un alto palazzo, un camion in corsa.
In pratica tutto ciò che abbiamo intorno.
Eppure è la pistola del nonno che aveva fatto la Guerra d’Africa e che l’aveva portata a casa come cimelio o preda di guerra che viene additata come causa di tutti i mali, è la collezione che con grandi sacrifici il tale ha realizzato e che si mira e rimira la domenica con qualche amico appassionato che viene vista come una pericolosa aberrazione, è la ragazza che fa Pentathlon e che spara con la carabina in cal. ’22 che viene guardata con sospetto dai suoi coetanei e dai loro genitori.
A Gardone Val Trompia di certo non la pensano così: le fabbriche e i laboratori artigiani che realizzano queste grandi e piccole opere d’arte e di ingegno che sono le armi da fuoco italiane sono per loro lavoro e pane ma anche antico retaggio culturale che dai secoli ci ricorda che non è l’arma che colpisce ma la mano che l’impugna.
E quest’ultima è probabilmente e ben più spesso quella che vende l’Eroina ai nostri giovani e che invita a farli disintegrare con i loro mezzi sulle nostre strade.
Altro che il tiro a volo….
Fabrizio Bucciarelli
giornalista