Terza tappa: Belorado - San Juan de Ortega:
Oggi ci attende un lungo trasferimento fino a Belorado, e ci alziamo presto. Le cicogne sono ancora lì, e come sfondo hanno un cielo albeggiante e delle nubi che scivolano sulle montagne. Durante il viaggio apprezzo delle colline erose da manuale; poi pioviggina quando ci fermiamo per la colazione. Fa freddino. Qui si impara presto ad apprezzare la colazione: tazzona di caffè latte e croissant gigante ( 25 cm da punta a punta!). A Belorado pioviggina. Ammiriamo le due coppie di cicogne e relativi nidi sul campanile. Oggi il cammino prevede l'attraversamento di una vasta zona di campi d'orzo fino a Villafranca Montes de Oca, poi colline. Cielo coperto. Viaggiamo in silenzio, a piccoli gruppi. Osserviamo il paesaggio ed i piccoli paesi nati sulla via del cammino. A volte sembra davvero di essere in un'altra epoca. Per le strade non si incontra anima viva, ed i paesini sono spaziati da chilometri.

Una cosa che abbiamo apprezzato tanto tutti è che nei paesi tutti ti salutano. Sarà che siamo pellegrini, sarà quel che sarà, ma nelle città questo manca, compresa Santiago.

A Villafranca incontriamo Giulio per il rancio. Dopo il pranzo, le cose cambiano: Si sale sul Montes de Oca, sull'alto de La Pedraja. Ora la vegetazione è rigogliosa. Sugli alberi ( Roveri) cresce tanto lichene, ed a terra fiori variopinti ed eriche di varie speci ci accompagnano. Il sentiero è un continuo saliscendi, con dislivelli di una cinquantina di metri per volta, tra vegetazione bassa. Molte farfalle ci accompagnano per lunghi tratti. Grandi boschi di pini ci attendono dopo vari chilometri. Ora sul sentiero ci sono tantissime frecce: dipinte, di sassi e di tronchi. Pare quasi che ogni pellegrino si sia impegnato a costruire la sua. Il sentiero degrada lentamente fino al limitare dei boschi, dove riappaiono i campi di orzo. Dalla fine del bosco fitto si vede in lontananza una chiesa e qualche tetto: è San Juan de Ortega, meta della tappa di oggi.

Al nostro arrivo non ci sono più camere, ma ci arrangiamo volentieri a dormire su materassi a terra. Nel disfare la valigia Silvia ritrova il suo scialle e si arrotola dentro anche stavolta: ogni volta è come scoprire un regalo nuovo. Ovviamente noi simpaticoni "...ma Silvia!!!.....".

Qui ho commesso un errore da non ripetere: nel fare un po' di stretching ho tirato troppo, ed il giorno successivo ho iniziato a sentire male ad un tendine.

I bagni sono piazzati male: al primo piano, e bisogna attraversare due camerate per raggiungerli. L'acqua calda non c'è sempre, soprattutto se si fa' la doccia dopo qualcuno che non la chiude almeno mentre si insapona, o si vuole godere vari minuti di acqua calda. Molto rilassante, ma per mezz'ora c'è solo acqua fredda per chi arriva dopo. Docce separate e con porte.

S. messa rapidissima del parroco ( 16 min), e fortunatamente Michela ha il messale, così almeno le letture... Poi il parroco intrattiene i pellegrini. Ci chiede se abbiamo focalizzato il perché del pellegrinaggio. Ci parla dell'amicizia fraterna tra pellegrini di tutte le nazioni, della gente che cammina da ogni continente, del fatto che siamo stati chiamati. Ci spiega delle particolarità architettoniche della chiesa e dei due chiostri annessi.

San Joan de Ortega


All'ombra fa freddino: siamo a 1000 metri dopotutto, e si sente... La sera mangio una cosa stranissima: è in un cilindro ( tipo salamini), nera, unta e pepata all'impossibile e con grani di riso, contenuta in un panino lungo trenta centimetri. Varie teorie si sono succedute per spiegarne la natura. La più esotica ( ma forse vera) dice che è parente delle torte di sangue che si preparavano anche da noi, in Italia, tanti anni fa'. Buona, ma in piccole dosi. Ho lottato con me stesso per finirla.