Quinta tappa: Rabanàl del Camino - Ponferrada:
Il giorno successivo ci si imbarca sul pulmino per i successivi 70 chilometri di trasferimento, fino a Rabanàl del Camino.
Oggi ci attende una delle tappe più significative, non per i 32 chilometri o per la massima quota di tutto il cammino, ma per il passaggio alla Croce di Ferro, e l'arrivo a Ponferrada, antica città templare.
Dal pulmino ammiro le colline modellate dall'erosione, un arcobaleno sintomo di pioggia e nubi basse.
Per fortuna quando partiamo noi, dopo colazione al consueto bar della statale, il cielo è sereno.
Oggi si cammina in silenzio.
Attraversiamo Foncebadòn, paesello ex abbandonato ( oggi sede di due barettini), poi collina in salita tra eriche e ginestre.
La Cruz de Hierro:
Dopo un'oretta appare in lontananza la Croce di ferro.
E' la tappa più significativa del cammino, dicevo. La croce, eretta forse dall'eremita Gaucelmo ( morto nel 1123) è una piccola croce di ferro su un alto palo di legno. Siamo a 1504m.
Dicevo all'inizio che, tra le cose che ho portato con me, c'era anche un sasso.
Personalmente ho preferito portarmelo direttamente dall'Italia, ma c'è chi li raccoglie a Roncisvalle, o dopo.
La tradizione vuole che il sasso rappresenti il peso dei peccati che il pellegrino porta con sé.
Giunti qui, si lascia il sasso, a rappresentare il fatto che il pellegrino deve lasciare i suoi peccati per proseguire nel cammino alleggerito nel corpo ( il peso del sasso) come nello spirito ( il peso dei peccati) verso Santiago.
Ai piedi del palo di legno oggi sorge un dosso di sassi alto qualche metro. Restiamo di fronte alla croce per alcuni minuti, in silenzio, ciascuno immerso nei propri pensieri.
Partiamo ancora in silenzio, in fila molto allungata.
La vegetazione spesso copre completamente il sentiero. Bellissimi fiori ci fanno da cornice.
Dopo una mezz'oretta arriviamo ad un rifugio di spiccata ispirazione templare: Manjarin.
Lì un cartello ci avvisa che mancano 222 Km a Santiago, ma anche 2475Km a Roma, 5000 a Gerusalemme.....
Timbro alla credenziale e acquistiamo alcune cose. L'ospitaliere ci vede in 10, più altri cinque fermi a riposare, e decide di darci la benedizione del pellegrino.
Folklore...
Esce dal rifugio con una tunica bianca con grande croce templare ( quella rossa che termina inferiormente con una sorta di spada: i templari avevano il compito di proteggere i pellegrini), una spada vera ed una bandiera su un bastone.
Inizia a pregare gli arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele, prega per la pace a Gerusalemme, richiama gli arcangeli e la pace più volte. Ci parla della santa vita di una donna, ma non abbiamo capito se parla della Vergine o di una Santa locale ( nessuno di noi conosce lo spagnolo).
Dopo una buona mezz'ora ci congeda. Noi dibattiamo su cosa abbiamo capito.
Deviazione per arrivare ai 1517m di un'antenna televisiva ( punto più elevato del cammino), poi continuiamo per El Acebo, a 1156m, nel Bierzo.
Giulio ci attende per il rancio. Rimpinguo la borsa preposta con cioccolato e mele, oggi esaurite.
Il pomeriggio si distingue per la presenza di sola discesa su asfalto prima, in sentiero poi. La terra è qui molto secca; fa caldo, e la fatica inizia a farsi sentire.
Passiamo tra grandi boschi di castagni, ma a terra mi manca il muschio dei boschi pirenaici...
Arriviamo a Molinaseca, praticamente in bocca al rifugio annesso alla chiesa del "Carmen".
Come sempre dei distributori automatici di bevande fredde costellano la strada nei paesi.
Passiamo sopra un bel fiume.
Importante parentesi: questo è l'unico fiume degno di tale nome che abbiamo attraversato nelle nostre 7 tappe. E' balneabile, e "pieno" di bagnanti locali. Un tuffo consente di partire di slancio.
Peccato che il nostro Don ci abbia invitato a resistere alla tentazione per non fare tardi...
Il percorso corre parallelo alla grande statale per Ponferrada, poi coincide con essa.
Sopra ogni traliccio del vicino elettrodotto c'è l'immancabile grande nido di cicogne.
In città ( Ponferrada è grande) seguiamo le frecce e troviamo il grande e moderno rifugio.
Timbro e via, trasferimento a Portomarin, 100 chilometri oltre.
Là non troveremo posto; solo la palestra ha spazio, a patto di dormire a terra, senza materassi, ed accettare l'assenza della doccia.
Domattina ci dobbiamo trasferire a Mélide, 40 Km oltre, e si decide di proseguire.
Troviamo Gonzar, un paesello sperduto pochi chilometri oltre, col moderno rifugetto pieno.
Però l'ospitaliera, che fa' la barista nel baretto del paesello, dice che può prepararci una buona cena, e ci fornisce delle stuoie da mettere a terra, sotto i sacchi a pelo. Possiamo dormire nella cucina.
La doccia c'è, ma dalle 22 alcuni pellegrini vogliono dormire, e ci fanno capire fermamente che non vogliono essere disturbati. Va bè, ci adattiamo.
Messa in cucina, tra le mosche stordite dalle cipolle cucinate da qualcuno prima del nostro arrivo, poi si dorme.