Quarta tappa: Burgos - Hontanas:
Questa mattina sveglia presto per trasferirci a Burgos.
La signora rifugista ci offre una tazza di caffè latte bollente.
Burgos dista 27 chilometri. Fu l'antica capitale del regno di Castiglia, patria di Rodrigo de Vivar ( il "Cid Campeador").
Noi visitiamo la cattedrale.
La cattedrale:
E' una struttura del XIII sec., con aggiunte tardo gotiche del XV sec. e barocche.
La parte aerea è bellissima, diciamo dal matroneo in su. La volta è ancora spoglia, di pietra a vista.
La parte bassa è una delusione allucinante: fronzoli barocchi in ogni dove, per non parlare della zona dell'abside; è adorna in modo pesante.
Mezza navata centrale è chiusa da un muro ( sopra c'è l'organo), e l'altra mezza, verso l'altare, è chiusa da un'inferriata.
Attenzione: è scritto a chiare lettere in molte colonne che non si possono scattare foto né fare riprese video.
Inizia il nostro cammino dopo aver trovato il rifugio, un po' fuori...
Oggi ci attende una tappa mesética.
Si parte, e si percorre una carrozzabile spesso parallela alla statale. Molti alberi per i primi chilometri.
Ma come? non dovevamo attraversare una zona dall'aspetto desertico? calma...
Arrivano i due paesini che ci separano dalle lande piatte. Sembrano i paeselli in franciacorta; sono molto più "vivi" dei precedenti.
Il paesaggio che ci circonda è ondulato, ma sempre meno: man mano passano i giorni le ondulazioni del terreno si fanno più lunghe e più basse.
Ora la terra è molto chiara, in luogo di quella rossa di ieri. Veleggia un grifone sopra di noi. Starà ancora attendendo che qualcuno schiatti per pranzare...
Onde lunghe, ed infiniti campi di grano. Di tanto in tanto si allargano delle valli che sembrano originarsi vicino a noi per continuare decine di chilometri verso sud.
Alle 12 siamo ad Hornillos del Camino, dove Giulio ci attenderà per il rancio. Oggi arriviamo prima di lui, che ha dovuto fare un giro allucinante per superare un altopiano.
Nel pomeriggio ci attende una meséta lunga 11 chilometri.
Ora, la "meséta" è un altopiano delimitato da due valli.
E' un pò la storia della giraffa nera a strisce bianche o bianca a strisce nere: le valli viste oggi sono ridicole se paragonate all'estensione dei campi. E' più un "altopiano delimitato dalle valli", oppure una pianura come tutte le altre, intervallata di tanto in tanto da una piccola valle? mah...
La pianura sconfinata, un mare di grano ed orzo ormai quasi tutto raccolto, non mi è familiare.
Io sono abituato ai campi che hanno fine; qui si rischia di guardare a 360° senza vedere nulla di diverso dal giallo a terra e blu in cielo.
Fa' uno strano effetto, abbastanza poco descrivibile: ruotando su sé stessi, l'unica cosa che si distoglie dalla regolarità è il sentiero, che arriva da un orizzonte e continua verso l'altro.
Niente di niente, nessun'anima viva al di fuori dei compagni di cammino.
Se non fiata nessuno si sente solo il vento, lontano.
In realtà non è poi così vero che non c'è nulla attorno: basta saper guardare e si scorgono uccellini tra il grano che ti tengono d'occhio, qualcosa che vola molto in alto, ed i segni dell'uomo bianco: a chilometri di distanza si vedono delle antenne spuntare da terra.
C'è chi si sdraia a terra per ammirare tutto il cielo in un colpo solo. Un'enorme calotta blu, intervallata da qualche nube sottile, incorniciata dall'orizzonte piatto. Chissà che meraviglioso cielo stellato la notte! La via lattea sarà tanto luminosa da sembrare una nuvola!
Attenzione: se fa' molto caldo non sono rari i miraggi, per esempio un lontanissimo gruppo di alberi che pare staccato da terra ( il noto "fata Morgana")...
Dicevo delle antenne: le ho usate come "spie" del cammino. Si può avere l'impressione di camminare sempre nello stesso luogo, in quanto a prima vista la piatta desolata è uguale a sé stessa. In realtà sono pochi i chilometri di piatta totale; c'è sempre la leggera ondulazione di tanto in tanto, la vallettina che spunta sotto i piedi dal nulla, e l'oasi di Arroyo San Bol, un'oasi di chiara ispirazione templare con una fonte, con alberi tra l'apparente deserto. Basta deviare 100m a sinistra dal cammino. Ha anche bevande fresche!
Varie antenne sottili sconosciute prima, poi una per telefoni cellulari fanno mostra di sé anche a chilometri di distanza.
Dicevo, le valli sembra che si aprano ai piedi del pellegrino all'improvviso.
Ad un tratto, dopo molte ore di cammino ( una bella ora abbondante dopo la Fuente San Bol) appare il cartello "HONTANAS 0.5".
Eh? Ed il paese dov'è? per vari chilometri non vi è nulla all'orizzonte.
Le antenne di prima ora sono vicine: quella per cellulari è quasi raggiunta.
Booo: già sò che il paese spunterà in una delle valli sotto l'orizzonte; provo a godermi l'ultimo boccone di quest'infinita estensione di campi.
All'improvviso il sentiero punta in basso, e da terra spunta un campanile.
E' il campanile della chiesa dell'Immacolata, del XIV sec. E' una massiccia costruzione, e tanto per cambiare è chiusa.
Hontanas annovera un piccolo rifugio. E' un bellissimo paesello, tranquillo e silenzioso.
Ora ci attende un altro trasferimento, fino a Leòn.
Passano 130 chilometri di strada, quando negli occhi ho ancora l'altopiano. Ai lati appaiono sbancamenti per sedi di future strade, zone industriali... ma in cielo ci accompagnano le strane nubi apparse ad Hontanas. Sembrano gigantesche spumiglie con la punta all'ingiù, tutte uguali, come sulla teglia di un forno.
Arriviamo alle 20 a Leòn, e dopo lungo vagare troviamo il rifugio nell'ex monastero benedettino.
Ora il tendine del ginocchio, raffreddato, fa male. Temo per domani.
Rifugio pieno, e proviamo nell'altro.
Quest'ultimo è più un albergo per come è organizzato. Tantissime camere da 8 letti, grandi bagni ( separati) con molte docce e tanta acqua, molto calda.
Ceniamo in uno dei tanti bar che offrono il ricco menù del pellegrino: primo di pasta, secondo di trota ai ferri e gelato.
Possiamo rientrare quando vogliamo all'albergo, che non ha orario di chiusura.
Dopo le 24 bisogna citofonare dicendo che si è pellegrini, ed il portinaio apre.
S.messa in una stanzina, doccia e si va' a dormire.