SICILIA in moto
Siamo a Villa S.Giovanni, alla
biglietteria dei traghetti per la Sicilia. L’autostrada
percorsa da Tropea è stata magnifica per gli ampi scorsi in cui si poteva ammirare la costa Sicula nella sua
estensione più orientale. Scilla e Cariddi, i Ciclopi, Ulisse,
Enea, di quanta mitologia è permeata questa splendida Isola, da sempre nella mente dei migliori autori della
storia. Noi, poveri mortali, ci crogioliamo nel piacere di
spendere sole 10.000lire per il passaggio in traghetto, contro le 25.000 degli automobilisti (un risparmio da
niente, ma vuoi mettere la soddisfazione…il turismo in moto è fatto anche di questo). La traversata è veloce, dura in tutto 30 minuti che volano
nell’ammirare la costa che progressivamente si avvicina (quella Siciliana) ed al contempo si allontana
(quella Calabra). Dal traghetto diviene subito lampante che
stiamo cambiando terra, quasi si trattasse di un altro continente, a conferma dell’appartenenza di
quest’isola alla zolla tettonica africana. La Calabria in
lontananza si manifesta in tutto il suo verde splendore, la Sicilia invece è brulla con una netta
predominanza del marrone. Di questa Regione saranno gli abitanti
a rendere colorita la nostra permanenza, così come quella di qualsiasi turista che si rivolga a loro con tono
cordiale, con la disponibilità a fare nuove conoscenze, a rendersi parte di questa terra durante la propria
permanenza anziché guardarla dall’esterno (come semplice turista appunto) quasi a voler guardare la
televisione.
Meno velocemente del tempo necessario alla
traghettata trascorre quello indispensabile per uscire dagli ingorghi di Messina, dal traffico puzzolente di
mezzi di trasporto che ad ogni pressione sul pedale del gas ti circondano di una densa nube nera e tu, lì in
mezzo, a trattenere il respiro. Purtroppo questa è una
piaga presente in modo certamente maggiore in questa Regione che altrove.
Le forze dell’ordine sono già impegnate (con scarso risultato) a controllare il traffico e nessuno
bada a questi veicoli (a volte vecchi di decine di anni) che circolano in barba a qualsiasi regola o coscienza
ecologista.
In autostrada arriviamo veloci a Taormina,
la prima tappa in questa terra Siciliana la facciamo subito nella più turistica delle località. La strada, con i suoi tornantini che escono dalla figura della
montagna (sono sospesi su piloni), si fa subito rispettare, meglio andare piano. Dopo qualche difficoltà, con un colpo di fortuna troviamo
alloggio all’Hotel Villa Gaia. A causa dei prezzi elevati avevamo scartato qualche altro albergo ed altri erano al completo. Il Villa Gaia si trova a due passi da Corso Umberto (in pieno centro
storico), offre camere pulite con radio, tv color e aria condizionata e dai terrazzi, a cui si accede
direttamente dalle camere, si gode di una splendida vista sull’Etna. L’arredamento
è molto particolare, da “figli dei fiori”, addirittura kitsch ma veramente simpatico, curato in molti
dettagli. La camera doppia ci è costata £. 130.000 a notte perché, cosa che non trova spiegazione, l’Albergo è ad una sola
stella. Anche qui la titolare si dimostra una persona molto simpatica e ci preannuncia migliorie
nell’albergo per la prossima stagione.
A Taormina due cose sono d’obbligo, la
visita allo splendido teatro greco ed una rilassante passeggiata su Corso Umberto. Il teatro è splendido soprattutto per la posizione, è infatti letteralmente incastonato in cima ad una collina e da tutto il suo
perimetro si gode di un panorama mozzafiato. A nord si vede per
chilometri tutta la costa, a sud lo stesso, a sud ovest lo sguardo incontra il cratere principale dell’Etna. Corso Umberto è invece piacevole per i tanti localini che vi si
affacciano, per le costruzioni d’epoca medioevale (poche purtroppo) e per la celebre terrazza, prodiga di
panorami da gustare nelle giornate più limpide. A Taormina ci
sentiamo di consigliare un’osteria-enoteca-ristorantino, l’Intramoenia, situata subito al di fuori dai
giardini pubblici del centro storico, internamente alle mura dell’antica città. E’ un locale diverso da quelli che si incontrano lungo Corso Umberto (classici ristoranti
per turisti). Qui un menù ricercato in un ambiente informale e a
prezzi molto accessibili consente di assaporare ottimi piatti da innaffiare con vino Siciliano (solo i rossi
sono di 28 diverse cantine), il tutto in un’atmosfera...“intellettuale”.
Ci dirigiamo verso nord attraversando la
parte occidentale della catena dei Monti Peloritani. Lungo la
strada, a meno di 30km da Taormina è d’obbligo una fermata alle Gole dell’Alcàntara, un piccolo canyon,
scavato dall’omonimo fiume, al quale si accede grazie ad un’ascensore gestito dal vicino ristoro o tramite
una passeggiata di 10 minuti. E’ necessario, per ammirare la
gola camminando sui ciottoli
del torrente, essere dotati di adeguate calzature. L’acqua è fredda ma si sopporta benissimo ed in ogni caso alla
biglietteria (per accedere alla gola si paga un pegno di poche migliaia di lire) affittano stivaloni a 5.000
lire al paio o anche intere salopette di gomma a 15.000 l’una. Un
paio di sandali di gomma ed un costume da bagno sono comunque sufficienti.
Dopo Francavilla di Sicilia la strada si fa molto tortuosa, sarebbe un bel misto stretto se il fondo non fosse sporco; il paesaggio assume sempre più l’aspetto delle colline Tosco-Emiliane alle quali siamo abituati. Nei pressi di Fondachelli e Novara di Sicilia incontriamo molti motociclisti imperterriti sotto il sole rovente dentro le loro tute di pelle. L’altitudine comunque mitiga la temperatura. Penso che tutto sommato non sono molto fortunati, su quella strada c’è poco di che sfogare i bollenti spiriti. Dopo qualche minuto vedo un faro nel retrovisore, in un lampo mi è dietro, per un attimo mi studia e quando vede che non ho intenti bellicosi (ci mancherebbe, con il passeggero ed i bagagli per un viaggio di 3 settimane) mi svernicia. Era un’Hayabusa. Sotto il casco penso che sia una sciocchezza utilizzare una moto da oltre 300km/h su una strada dove la velocità massima raggiungibile (e comunque al di fuori di ogni logica di sicurezza) potrebbe farla in prima. Proseguiamo fino ad incontrare a Terme Vigliatore la SS 113 (la litoranea nord), che imbocchiamo in direzione Palermo. Dopo qualche chilometro la strada sale in quota e…le Eolie.
Capo Calavà con, in lontananza, Vulcano e Lipari |
Vulcano e Lipari si presentano dinnanzi a noi lontane nel mare. Che panorama! La statale è interessante, un bel misto dal fondo ben tenuto ed offre un panorama
mozzafiato. Peccato per il traffico troppo intenso e per la carreggiata un po’ troppo stretta.
A Capo Calavà ne approfittiamo per fare qualche foto e mangiare in un ristorantino sulla spiaggia,
dove il giallo intenso degli ombrelloni contrasta con il blu scuro del Mar Tirreno. Sullo sfondo sempre loro, le Eolie con la loro tipica forma conica di
isole vulcaniche.
Pochi chilometri prima avevamo passato Tìndari,
meta di pellegrinaggio domenicale da tutta la Sicilia con la sua famosa Madonna Nera alla quale è stato
dedicato uno sfarzoso santuario.
Dopo Capo d’Orlando
la strada diviene più veloce ed in poco tempo raggiungiamo Cefalù, dove decidiamo di trascorrere la notte
pernottando all’Hotel Astro per 120.000 lire la camera doppia comprese le colazioni ed un riparo per la
moto. L’albergo si presenta nella media ed anche qui spicca
l’estrema gentilezza del personale, prodigo di premure.
Cefalù al tramonto |
Cefalù è molto particolare. Una città di mare, con il
suo porticciolo di pescatori ma sovrastata da un’enorme roccia sulla cui sommità è stata costruita
un’inespugnabile roccaforte. Il tramonto ha un sapore
particolare a Cefalù perché si riflette contemporaneamente nel mare, nelle case costruite a pelo d’acqua e
nel crostone di roccia che sorge alle spalle. Dal mare o dalla
spiaggia si può ammirare la città intera, evidenziata dal suo andamento in lieve salita. Soprattutto è la
cattedrale, esattamente al centro del borgo, ad imporsi allo sguardo sovrastando con la sua imponente mole
tutte le altre abitazioni.
Il centro storico è pittorescamente
dipinto da tutto un susseguirsi di balconi e panni stesi e si è combattuti se considerare quest’ultima
caratteristica come una forma di incuria estetica o, meglio, una tipicità del luogo.
Riprendiamo la SS113 in direzione
Palermo. Nei pressi di Termini Imerese merita una visita Caccamo, con il suo castello medioevale. Giunti a Palermo proseguiamo in direzione di Alcamo. Segnaliamo che
lungo la strada rimane il paese di Monreale, con il suo famoso Duomo. Splendido,
ancora una volta, il panorama che si apre alla vista poco prima di arrivare a Partìnico, dopo un tratto di
strada che ogni motociclista non mancherà di apprezzare per il suo andamento sinuoso, racchiuso fra due
colline molto strette fra loro e con un buon asfalto. Da Alcamo
deviamo verso nord per giungere al mare, transitare per Castellammare del Golfo e
poi arrivare a Scopello dove ci fermiamo per la notte .
A Scopello si trova l’entrata sud alla Riserva Naturale dello Zingaro. Sette chilometri di costa salvati all’ultimo momento dalla speculazione edilizia e edificati essi stessi a simbolo di un mare incontaminato.
Riserva dello Zingaro: una caletta |
Un sentierino transitabile solo a piedi
permette in circa 3 ore e mezza di arrivare fino all’entrata nord. Lungo
il percorso è tutto un susseguirsi di piccole calette (meglio evitare quelle più vicine alle entrate, troppo
affollate). Una delle migliori si trova in località Zingaro, a
circa 1h di cammino dall’entrata sud. A contorno c’è un mare la cui limpidezza è paragonabile solamente a quella di una
piscina. Per accedere alla Riserva occorre obbligatoriamente
lasciare la moto o qualsiasi altro mezzo (motorizzato o no) nel parcheggio che si trova ad ogni entrata ed è
opportuno farsi vedere dalla Guardia Forestale (prodiga di informazioni e di cartine del parco), che poi, per
ragioni di sicurezza, controlla il numero delle persone che escono. E’
necessario naturalmente indossare un paio di scarpe comode per camminare ed è consigliabile utilizzare un
copricapo per ripararsi dal sole. D’obbligo portare con sé le
provviste necessarie al pic-nic (ottimo il mini market a circa 1-2km dal paese, sulla strada per
Castellammare), con una buona scorta d’acqua.
Ma Scopello non è
soltanto questo (anche se di fatto tutti i turisti che si fermano qui hanno come principale obiettivo quello
di visitare la Riserva). Il luogo è pittoresco per via delle
ridotte dimensioni, praticamente una piazzetta da cui si dipartono due vie (molto corte) e da qui altri due
vicoli (altrettanto corti). Il tutto con la tipica pavimentazione
a ciottoli e con un contorno di case ben tenute ed in parte da poco ristrutturate. A Scopello abbiamo pernottato alla pensione La Terrazza, con ottime
camere appena rinnovate, ad un prezzo di 80.000 a persona per la mezza pensione, alla quale consigliamo però
di rinunciare (non è nulla di speciale), per avere la possibilità di assaggiare le specialità di un paio di
ristorantini locali.
Questa è la parte della Sicilia più votata alle bellezze del mare e delle spiagge. Assolutamente da non perdere, a questo proposito, il litorale di S.Vito Lo Capo.
Il mare a S.Vito lo Capo |
Il paese è molto turistico ma ha conservato nel tempo le caratteristiche architettoniche
alla base della sua edificazione e cioè le sembianze di una piccola cittadina araba, con case basse (massimo
un piano) e tutte di colore rigorosamente bianco. L’influenza
araba si fa sentire anche nel menù locale e a questo proposito non si può assolutamente perdere il tipico
cous-cous e la busiata (pasta fatta a mano condita con pesto). Consigliamo
dal punto di vista gastronomico una puntatina al Ristorante Tha’am di stampo ed arredamento arabo, oppure al
Ristorante Corallo, con menù tipico di pesce servito all’aperto in uno splendido giardino interno ad un
prezzo fisso di £. 50.000 a persona dall’antipasto al dolce. Entrambi
sono meno coinvolti dal caos turistico rispetto agli anonimi ristoranti che si trovano sulla via principale e
danno modo di saggiare un’atmosfera particolare.
Poc’anzi si parlava
della spiaggia e occorre dire che dopo aver visto quella di S.Vito lo Capo ed aver visitato la Riserva
Naturale dello Zingaro tutte le altre vi parranno meno belle. Non tanto per la spiaggia in se quanto per l’acqua, che nel tratto di mare davanti a
S.Vito assume colori che, iniziando con il bianco di una piscina, spaziano poi (a mano a mano che la profondità
aumenta) al verdino e quindi al verde smeraldo e poi al turchese, per finire in un blu intensissimo dove le
profondità del Tirreno prendono il sopravvento sul digradare dolce della costa. Un’acqua con i riflessi dei lapislazzuli, questa è la fonte dello
stupore che pervade chi per la prima volta vede il mare a S.Vito lo Capo.
Sullo sfondo sorge, bianco, poetico, un faro, uno dei più grandi della Sicilia. Alle spalle il M.te Monaco che con i suoi 532m di altitudine sovrasta
tutta la pianura circostante e che al tramonto assume riflessi ambrati. Purtroppo,
a rovinare questo alone di poesia, la lunga fila di edifici attaccati alla spiaggia, in massima parte
alberghi. Fortunatamente anche queste costruzioni, pur più moderne, hanno in parte rispettato
l’architettura tipica del paese non superando il primo piano di altezza.
A proposito di alberghi, a S.Vito abbiamo dignitosamente dormito all’Hotel Solarium con 130.000 lire
per la camera doppia comprese le colazioni ed un riparo sicuro per la moto.
Lasciamo a malincuore questo
paradiso pur sapendo di dirigerci in un altro dei luoghi più affascinanti della Sicilia, Erice, la città del
Gigante, personaggio mitologico a cui la leggenda attribuisce il merito di aver gettato le fondamenta su cui
è stata eretta. Ma di mitologico qui non c’è solo
questo, è Erice Mare il luogo in cui, secondo Virgilio, si è svolto lo sbarco di Enea e non a caso sulla
spiaggia di Pizzolungo è stata eretta la Stele Virgiliana.
Probabilmente solo un gigante poteva fondare una città come questo borgo medioevale, che sorge a 750m di altitudine su un monte che si erge all’improvviso al centro di una grande piana. L’unicità del luogo si accompagna a quella dei suoi abitanti che evidentemente hanno risentito nei secoli di questa esclusività, di questo isolamento determinato dal vivere in una rocca inespugnabile.
Da Erice: il M.te Cofano |
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A Erice
incontriamo per la prima volta Siciliani chiusi, introversi anche se sempre cortesi. Splendidi i panorami che si godono dai giardini pubblici ove
sorge il Castello Normanno, con lo sguardo che spazia nella pianura fino a vedere chiaramente i tratti della
costa meridionale della Sicilia e, nelle giornate più limpide, fino a scorgere la costa Tunisina. Sembra di vedere una cartina geografica dal vivo.
Attenzione a percorrere in moto le
insidiose e scivolosissime vie del centro storico, vere trappole per motociclisti disattenti soprattutto
quando sono bagnate dalla pioggia o…dagli abitanti che lavano le scale di casa .
A Erice abbiamo alloggiato all’Hotel Edelweiss, che non consigliamo
nonostante la splendida vista sul monte Cofano, altra riserva naturale a metà strada fra Erice e S.Vito.
Proseguendo nell’itinerario verso sud è d’obbligo una visita alle saline di Marsala, di fronte alle isole di Mozia (sito archeologico Fenicio famoso in tutto il mondo) e dello Stagnone. E’ bello qui perdersi nei colori delle varie vasche di decantazione del sale, ove l’acqua assume tinte dal blu, al violaceo fino al bianco. Splendidi i vecchi mulini che servivano per macinare il sale.
Le saline di Marsala |
Con un po’
di fortuna, nel parcheggio del mulino ristrutturato ed adibito a museo, potrete incontrare un personaggio
mitico del luogo, Peppe Genna, poeta incisore immortalato in trasmissioni televisive del calibro di “Linea
Verde” e molte altre, anche all’estero. Peppe vi terrà
compagnia con una delle sue “cantate” e simpaticamente vi mostrerà le sue sculture ricavate dal tufo
facendovi poi dono di una delle sue poesie.
Una breve digressione
al sito archeologico di Segesta ci consente di ammirare il teatro greco ed il tempio forse meglio conservati
della Sicilia, per preparare le nostre menti a cogliere ciò che può
offrirci la più ampia area archeologica della Regione, la Valle dei Templi di Agrigento.
Segesta: il teatro greco |
Il tempio di Segesta |
Agrigento è una città moderna, e come tale, almeno ad un primo veloce approccio, non ci è
proprio piaciuta. Anche lo stesso centro storico, sempre che ci
sia, non sembra ben definito. Meglio quindi cercare alloggio a
S.Leone, la località balneare di Agrigento, luogo dalla frizzante e giovanile vita notturna.
Grosso modo equidistante dalla
città e dal suo lido sorge la principale attrazione del luogo, la famosa valle dei templi. Maestosi e ben conservati sono i templi della Concordia e di
Giunone, quest’ultimo proprio in cima alla collina, enorme il tempio di Giove, del quale però non rimangono
in piedi che poche colonne. Da non perdere assolutamente una visita notturna (esterna perché dopo le 21:00 è
vietato l’accesso) per ammirare i templi illuminati.
Lasciamo questo enorme sito archeologico dirigendoci verso Siracusa. Imbocchiamo una stradina secondaria che corre sinuosa sui dolci pendii
delle colline Agrigentine disegnando strette curve intervallate da lunghi rettilinei in uno svolgersi continuo
di agrumeti.
Dopo 10-15km incontriamo la SS115 che si
dimostra piuttosto piacevole da percorrere, peccato solo per l’intenso traffico in corrispondenza dei
maggiori centri abitati. Una nota a questo proposito è da
spendere sull’attraversamento di Gela. E’ il caos totale. Attualmente una deviazione costringe a lasciare la SS115 senza
peraltro fornire indicazioni su quale sia il percorso esatto per riportarsi sulla statale. Un consiglio prezioso in questi casi è di seguire il traffico. A Gela non sembra esservi mai stato un piano regolatore degno di
questo nome e tutti gli edifici paiono sorti spontaneamente sulla base
delle pure necessità di una popolazione che andava moltiplicandosi
grazie ai posti di lavoro creati dalle adiacenti industrie petrolchimiche (veri mostri d’acciaio e cemento). Un bel monumento allo spreco (ed alle tangenti) è poi rappresentato
da un tratto di sopraelevata a 4 corsie costruito nei pressi della città e totalmente inutilizzato ed
abbandonato.
Lungo la strada si consiglia invece di far tappa a Modica, Ragusa e Noto, le tre capitali dell’arte barocca Siciliana.
S Giorgio |
Splendida la chiesa di S.Giorgio a Ragusa Ibla, cuore storico della città ove arriviamo non prima di
aver percorso almeno 20-30km più del necessario a causa di una deviazione incontrata sulla statale a Comiso
senza poi più incontrare indicazioni segnaletiche attendibili (e ridaie!).
Visitare Ragusa Ibla permette anche di proseguire verso Siracusa percorrendo la strada provinciale che
conduce a Modica, 8km fra i più gustosi in termini di guida che ci sia capitato di incontrare in Sicilia.
Giunti a Siracusa la
nostra attenzione non può che rivolgersi all’isola di Ortigia, il centro storico della città. Ortigia è una vera e propria isoletta, collegata alla terraferma grazie ad un ponte. E’ qui che è sorto il primo centro abitato che ha poi dato luogo
alla città di Siracusa. Molto pittoresco da visitare per via del
suo dedalo di viuzze con palazzi storici disseminati qua e la, una splendida piazza del duomo ed il “Porto
Grande”, ove si possono ammirare canoisti in allenamento e splendide imbarcazioni.
Da Siracusa a Catania
è tutto un susseguirsi di industrie petrolchimiche fino ad Augusta, un vero scempio per la natura e per lo
sguardo ma purtroppo ancora necessarie per riempire il serbatoio della moto.
Proseguendo verso Catania si fa sempre più
evidente la sagoma di quella forza della natura che è il vulcano più grande d’Europa (ed il più attivo),
l’Etna. Ma prima di giungervi è d’obbligo una sosta per
ammirare, di fronte al borgo di Aci Trezza, le Isole dei Ciclopi. Si
tratta di faraglioni che la mitologia attribuisce all’ira di Polifemo. Questi scagliò contro Ulisse delle
enormi pietro dopo essere stato accecato. Da Acireale, anziché
percorrere la SS114, consigliamo di deviare verso il lungomare passando per Santa Tecla in direzione di
Riposto, una stradina dove, circondati da limoni, si può assaporare la pace della campagna. Proprio a S.Anna di Riposto abbiamo trovato l’alloggio più
economico del viaggio in una spartana ma confortevole pensioncina al prezzo di 60.000 lire per la camera
doppia.
Da qui perdersi ad ammirare l’Etna è un attimo e certamente non si può resistere alla tentazione di
vederlo da più vicino.
Le strade dell'Etna |
In moto un
bell’itinerario per visitare il vulcano è quello che, partendo da sud, prevede di passare inizialmente dai
paesi di Trecastagni e Nicolosi, per poi prendere la strada che in circa 20km conduce al rifugio Sapienza a
1900m di altitudine. Da qui partono le escursioni che prevedono
un primo tratto in funivia fino a circa 2600m per poi proseguire
con degli appositi pulmini fuoristrada fino a 10minuti di cammino dalla cresta del cratere principale. Con una guida (compresa nelle 68.000lire a persona necessarie per
arrivare fino a qui) si viene scortati fino alla cresta del cratere principale ad oltre 3300m di altitudine. In fondo, se si è fortunati, il magma!
Lungo il percorso si possono ammirare panorami mozzafiato, la piana di Catania, la valle del Bove, in
un contesto lunare fatto di roccia lavica dal colore nero e ruggine. La
guida farà provare l’emozione di camminare dove a solo un metro di profondità la temperatura arriva a 400°
C (non si ha certo freddo ai piedi). A poche decine di metri di distanza, la neve. E’
incredibile! Attenzione però perché quest’anno, per via dei frequenti parossismi del vulcano,
un’ordinanza comunale prevede che non si possano oltrepassare i 2700m di altitudine. Probabilmente questa ordinanza rimarrà tale fino a quando non inizierà
l’eruzione vera e propria che, dando sfogo ai violenti gas che si creano nel sottosuolo, sarà il segnale di
scampato pericolo.
Scesi nuovamente al Rifugio Sapienza
conviene dirigersi verso Zafferana Etnea; una splendida strada ben asfaltata fa da contorno ad un paesaggio
lunare tagliando più e più volte antiche colate laviche. La
strada invoglia ad andature molto brillanti tanto è larga e ben tenuta (oltretutto con pochissimo traffico)
ma occorre prestare attenzione alla sabbia vulcanica presente con un sottile strato sull’asfalto.
A Zafferana, bel centro turistico con
varie possibilità di alloggio, si può effettuare una breve escursione fino a dove arrivò la colata lavica
del 1992, che ha reso famoso in tutta Italia questo paesino. Nel
punto dove la colata (un fiume nero in mezzo al verde dei boschi) arrestò il suo cammino, la cittadinanza ha
elevato un monumento alla Madonna.
Proseguento da Zafferana verso Milo
occorre prendere la strada chiamata Mareneve a sinistra dopo Rinazzo, in direzione Etna Nord. La Mareneve è la strada dei motociclisti locali
(l’equivalente del nostro Muraglione) ed è percorsa soprattutto nel tratto che va da Linguaglossa al
rifugio Brunek, un tratto lungo meno di 15km. La parte Nord dell’Etna è meno sfruttata per il turismo estivo e maggiormente
votata a quello invernale, fatto di sciatori. Vi sono quindi più
impianti di risalita sci ai piedi e non
c’è una funivia che permetta l’accesso in quota a chi non ha
tempo o pazienza per camminare. In questa ambientazione
selvaggia, in cui i boschi arrivano fino agli oltre 1700m del Rifugio Citelli, c’è da riflettere sulla
forza della vegetazione, che non ha mai desistito dal ricrescere dalle proprie ceneri.
Giunti al Rifugio Brunek se è sabato o domenica si scenderà verso valle scortati da una nutrita schiera di moto sportive percorrendo una serie di tornantoni ampi sufficientemente da essere ben godibili nella guida brillante.
Brunek |
A Linguaglossa si potrà poi
scegliere di ritornare verso il litorale oppure divagare dirigendosi verso Castiglione e Francavilla di
Sicilia per poi visitare le già citate Gole dell’Alcàntara e quindi tornare al punto di partenza dopo aver
percorso (da Riposto) circa 170km.
Il miglior modo di
godersi un viaggio in moto è di guidare, così si potranno apprezzare non solo le bellezze dei luoghi da
visitare ma anche i tratti (generalmente la spina nel fianco degli automobilisti) che costituiscono i
trasferimenti fra una mèta e l’altra (naturalmente se conditi da divertenti e belle strade). A volte però occorre fare delle scelte per via del tempo sempre
tiranno e sicuramente il modo più comodo per giungere in Sicilia dal nord dell’Italia con il proprio mezzo
al seguito è il traghetto. A questo proposito sono in molti a
non conoscere una delle linee più versatili ed in assoluto economiche che, partendo dal porto di Ravenna,
giunge in quello di Catania dopo 36 ore di navigazione. La
versatilità e comodità sta nel fatto che si perde solo una giornata (da trascorrere rilassata sul ponte a
prendere il sole, una mini crociera insomma); si parte infatti verso le 20 e si arriva alle 8 navigando per
due notti. Le sistemazioni sono in spartane ma confortevoli
cabine con bagno e doccia privata. L’economia consiste nel
fatto che per i due pernottamenti, la pensione completa ed il trasporto sono richieste 110.000 lire a persona
più 100.000 per la moto. A Ravenna, la società che organizza la
partenza verso Catania è la Spedra Spa (Tel. 0544/436401), a Catania invece il viaggio verso Ravenna è
organizzato dalla Marangolo Srl (tel. 095/493659).
E’ questo il mezzo che per forza di cose (alias di tempo) scegliamo per tornare a casa, trascorrendo una splendida giornata con il personale di bordo che, gentilissimo, ci consente di visitare la cabina di comando della nave spiegandoci ogni più piccolo dettaglio della sofisticata strumentazione. Insomma, pur senza la moto, un viaggio interessante.
Da: "Sicilia in moto" di Roberto Romagnoli / giugno 2000
I protagonisti del viaggio