PERCHE' LA VITA E' DURA AMIGO...


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e conviene viverla tutta, visto che siamo qui per questo.
Nelle cittā c'č bisogno di questa musica rozza, che viene dai nervi e dai muscoli, dove vedi la gente che canta e sembra che gli scoppino le vene del collo, dove puoi sentire che c'č elettricitā nell'aria, e non viene da una centrale nucleare fratello!
Suonare il rock č come essere nelle catacombe, si tracciano segni segreti per riconoscersi e ci si nasconde, persi in una farsa luttesca di giacchettine nere e cravattine a capestro, ciuffi appuntiti e ceffi funeraleschi, lamenti da coyote in lingue incomprensibili e morte sopra ritmi ipnotici e martellanti di noia elettronica.
MANIERE FORTI?
Si ma solo con questi che cantano in inglese che non ti dicono niente ma sembra che ti dicano sempre delle cose intelligenti e che in sostanza ti pigliano per il culo con la scusa della gnu ueiv.
Il rock č una pietra di quelle che rotolano e ci vuole tanto volume perchč le chitarre devono ruggire, e la batteria ti deve rimbalzare tra lo stomaco e la gola e l'attacco dei pezzi ti deve stendere, o inchiodare sulla sedia. E non č solo musica, anche se a noi non ci stanno simpatici questi che fanno i discorsi seri: non č proprio il nostro modo di parlare. Speriamo sia finito il tempo dove si lanciavano slogans terrificanti e ridicoli, di una retorica mostruosa.
Questa č storia, amigo, siamo negli anni '80.
Senza fare sceneggiate da revaival sappiamo che siamo in tanti, tutti insieme, e speriamo che ci siete anche voi. Se sarā ora, ci incisteranno di nuovo quelle canzoni serie di una volta "la mattina del 30 aprile, quando i carri dei Viet­Cong, dopo trent'anni di guerra, entravano a Saigon..."
Metti le tue quattro cose nel baule della 124 sport di papā e vieni ad ovest, ragazzo!
Ci troverai il Piemonte, che č un po' la California d'Italia, con la Fiat cinquantunesima stella dell'unione.
Ci piacciono giā poco quelli che leggono le riviste musicali, ma ancora meno quelli che ci scrivono, senza offesa per nessuno, e in generale sopprattutto questi che sono fanatici della musica e sanno sempre tutto.
Sempre pensato che John Cipollina fosse uno della Saclā
e non ci interessa molto neanche tutto questo casino che fa la gente per farsi i soldi alle spalle di quelli che gli piace ascoltare la musica ma non sono capaci di farla.
Come dice Bob Dylan: "non c'č bisogno di Bernacca per sapere che tempo fa, fratello".
Uno che aveva le idee chiare, per lo meno nel 1936, era il grande timoniere Mao quando diceva: "perchč abbiamo organizzato l'Armata Rossa? per fare la guerra al nemico. Perchč facciamo la guerra? Per vincere".

Non c'è Rambo che tenga, amigos, c'è gente che si compra una lupara per difender la sua stupida autoradio e altra gente che ti gonfia di botte se esci dalla tua zona, e tutto questo non succede solo dentro nelle canzoni, ma anzi proprio perché queste cose che ci vediamo intorno che ci facciamo su le canzoni.
E la colpa è di queste città paranoiche, è per questo che i truzzi sono truzzi e non bravi giòvini.
Diciamoci la verità, ci stanno più simpatiche queste bande di teppaglia che non quelle altre bande di delinquenti che sul lavoro e fuori hanno il potere di darci gli ordini.
E' per uscire vivi dai nostri quartieri che facciamo il rock amico.
E' tanto semplice ragionare per schemi che si finisce per ragionare da scemi.
E allora, per dire, c'è che mi si mette ad esaltare i truzzi - o come li chiamano fuori Torino, insomma i soliti teppisti terroni coi capelli a caschetto - perché sono proletari, o per dirla con più finezza, sono un ceto sociale antagonista, o anche solo perché odiano gli sbirri.
Poi arriva quest'altro che mi viene a dire che i truzzi, i tamarri, i mandarini, cioè insomma questa fauna delle nostre piazze di periferia, ecco quelli, …. Sono dei violenti, e molto spesso ignoranti da non capire l'italiano, pezzi di merda maschilisti.
Sempre un giudizio da "noi e loro", specie da parte dei compagni, come a mettere un vetrino sotto il microscopio. Quando eravamo ubriaconi di dibattiti e assemblee, e ci sembrava di essere in tanti manco li vedevamo, i giovani dei quartieri, quelli veri che erano tutto corpo e niente testa mentre ci perdevamo in sogni tutti testa.

Ecco, i truzzi c'erano già ed erano anche più di noi, ciascuna piccola banda in ogni piazza di ogni paese e di ogni città di questa nazione, a farsi i loro ciocchi, a fare battaglie dei chiodi, ad inventarsi linguaggi e i loro comportamenti.

Allora in pochi ci siamo accorti che è bello starci dentro ed esserci in queste cose, senza esaltare queste scemenze e senza prendere le distanze da questi giovani sporchi e cattivi.

E abbiamo scoperto che il modo migliore di starci dentro ed esserci è con l'ironia e il divertimento, con la voglia e la capacità di pigliarci e pigliarli in giro per capire insieme delle cose e fare anche del bel casino.

C'è un solo terrore radicato in noi, ed è quello che ci si prenda sul serio.
La serietà è una cosa tremenda. Ricordiamo un teatro in un liceo di Torino, saliamo sul palco e giù i pezzi più tosti, "sono un truzzo e me ne vanto", "Letto17", Fuori Zona"… gelo mortale tra il pubblico.

Ecco improvvisamente la sensazione che questi non capivano cosa stavamo cantando, che al verso "nessuno tocca chi esce con me" per esempio, questi ci credevano veramente. Gelo mortale. Ragazzi, si gioca, si scherza! Ma i liceali sono quasi intellettuali, fratello, e gli intellettuali sono una gran bestia grama.

(dal libretto allegato a 'NZALLA)