Plinio Codognato G. Giacomo Dalmasso Edoardo Ximenes
  Antonio Migliaccio Onofrio Tomaselli Vegni
  Eugenio Maccagnani M. Sironi Candido Grassi
  Giacomo Campi Torrini Pietro .........

Questa è solo una lista parziale dei tanti disegnatori, illustratori, pittori e autori (a volte loro stessi bersaglieri) che coi loro tratti hanno contribuito a testimoniare nel tempo la nostra storia, farci conoscere e gettato le basi della moderna grafica pubblicitaria. La lista si aggiorna continuamente, ma altri autori hanno una pagina propria in immagini o approfondimenti specifici in capitoli, come Lega, Oscar di Prata, Alberto Ziveri etc.....

Autori vari, illustratori, pittori e .....

Edoardo Ximenes nasce a Palermo il xx/xx/xxxx pittore, scrittore e illustratore, diresse la rivista
"l'Illustrazione Italiana" per vent'anni, partecipando personalmente come inviato alle campagne coloniali.
Morì a Roma il 20 maggio 1932.
(a sinistra imbarco truppe per l'Eritrea)

 

Da una cronaca del 1897: Sul campo di Adua. Verso questo libro del nostro collega Edoardo XIMENE5 continua l’attenzione della critica non meno che il favore del pubblico. Appena lo spazio lo consenta, riprodurremo un bellissimo articolo che un brillante e dotto capitano dei bersaglieri, G. Menarini, gli ha dedicato nella rivista Armi e Progresso che esce a Roma. Qui riferiamo, anche perchè oltre che del libro parla d’altre cose non ancor note al pubblico, il brano di uno dei graziosi Corrieri letterari ed artistici con cui Vico Mantegazza si distrae, e distrae i lettori della Nazione di Firenze, dalle sue furibonde polemiche: Meglio tardi che mai. Può sembrare un po’ strano il parlare ora, dopo parecchi mesi della sua pubblicazione, di un libro che ha fatto un certo rumore e che ha avuto un vero successo. Ma dal momento che il libro vive e vivrà ancora per un pezzo, e l’argomento di cui tratta continua ad essere di attualità, sono sempre in tempo. Tanto più che, parlandone ora ho occasione di discorrere nel tempo stesso dello scrittore e dell’artista: dell’artista geniale e moderno in tutto il senso della parola che il pubblico conosce e del quale apprezza da tanto tempo la prodigiosa attività. L’artista è Edoardo Ximenes, il simpatico direttore artistico de l’ILLUSTRAZIONE ITALIANA; il libro è il resoconto della sua gita in Africa durante l’ultimo periodo della guerra, ed ha per titolo Sul campo di Adua. Lo Ximenes, che s’è improvvisato scrittore, con questo suo libro, illustrato splendidamente, ha portato un grande contributo alla storia delle nostre sventure africane, e chi ne vuole discorrere con qualche competenza non può fare a meno di consultare queste pagine ricche di documenti che erano fino ad ora rimasti inediti e di osservazioni acute, pratiche, fatte da un uomo che avendo vissuto per tanti anni nelle file dell’esercito, ha portato un giusto e retto giudizio su tante cose nell’ambiente tutto militare della Colonia. E senza troppo diffondermi ad analizzare l’interessante pubblicazione, mi pare d’aver detto tutto asserendo che è un libro di storia senza essere noioso, un libro politico ma interessantissimo anche per chi non si occupa di politica, un libro militare ma la cui lettura non può a meno di riuscire piacevole anche a coloro che di cose militari non s’intendono allatto. Ma non è questo il solo contributo che lo Ximenes ha portato alla storia dell’Eritrea.
Dopo il libro sono venuti i quadri. Dopo lo scrittore l’artista. In tre grandi tele che ho avuto la fortuna di poter ammirare nel suo studio, e che devono ora essere a Roma lo Ximenes ha dipinto i luoghi dove si è svolto il combattimento sanguinoso: sono tre vedute sulle quali anche un occhio inesperto può ricostruire benissimo, tanta è la loro chiarezza, le tre fasi della battaglia. Invece di dipingere degli episodi che sarebbero necessariamente stati parti di fantasia, invece di descrivere sulla tela un momento della battaglia, cosa che forse tanti faranno come si è sempre fatto per i grandi combattimenti, egli ha avuto l’idea geniale e assolutamente nuova, di fissare sulla tela le tre posizioni nelle quali avvennero le varie fasi del combattimento. Ed è realmente la cosa più interessante quando si pena alla lontananza di quel campo di battaglia, alla fisionomia tutta speciale del terreno in quelle regioni, e alla nessuna conoscenza che in generale se ne ha. La rappresentazione di una o di più fasi del combattimento sarebbe stata un’opera artistica: i tre quadri dello Ximenes, come li ha voluti fare, sono, nel tempo stesso, un’opera artistica e un documento storico, il più chiaro , il più completo che si potesse immaginare su quel triste avvenimento. Dinanzi a quei quadri, e con le varie relazioni del combattimento alla mano, lo spettatore ricostruisce e si xxxx vari periodi del combattimento, nel quale, malgrado la sconfitta, rifulse ancora una volta il valore del soldato italiano. Solamente dinanzi a quei quadri, rendendosi conto delle immense difficoltà del terreno del quale non può formarsi un’idea chi non v’è stato, si comprende come, dato il primo errore di impegnare il combattimento in quelle condizioni, nessun eroismo poteva evitare l’insuccesso e gli eccidi che avvennero nella ritirata. Per cui, dopo aver detto di questi lavori che sono una geniale novità per il modo con cui furono dall’artista concepiti, e che sono nel tempo stesso un documento, debbo anche aggiungere che costituiscono un’opera altamente patriottica.

Sul campo di Adua, diario, di ED. XiMENES
Questa opera di lusso, riccamente ed ottimamente illustrata, scritta in modo interessantissimo, è una specie di diario che Edoardo Ximenes, direttore artistico dell’ILLUSTRAZIONE ITALIANA, tenne nei mesi dal marzo al giugno 1896. Subito dopo conosciuta la triste nuova della battaglia d’Adua egli partì per Massaua ed ebbe il raro vantaggio, non solo di accompagnare la spedizione del generale Baldissera per la liberazione di Adigrat, ma anche di poter accompagnare quale solo reporter, o piuttosto artista, alla fine di maggio e al principio di giugno, il corpo che d’accordo coi capi abissini fu spedito per sotterrare le salme rimaste ancora insepolte sul campo di battaglia del 1° marzo. Coll’apparecchio fotografico e colla matita egli ritrasse innumerevoli disegni di luoghi e di gente e fornì in ispecie un materiale prezioso per la topografia del campo di battaglia di Adua. Anche un piano di questo campo di battaglia da lui schizzato, che varia molto da quello che fu pubblicato col rapporto ufficiale sulla battaglia, è aggiunto all’opera. Quale dei due piani sia il più esatto non è in nostra facoltà di giudicare, stante l’insufficienza del materiale relativo di carte. Del resto anche gli ufficiali appartenenti al corpo per la sepoltura fecero dei disegni di cui si terrà certamente conto nell’elaborare la carta dell’Eritrea e dei territori finitimi che sta per comparire (1:250 000 I.g.m. di Firenze).
L’opera del signor Ximenes non è soltanto un diario;. l’autore narra anzi, in occasione della visita da lui fatta al vastissimo campo di battaglia, molte fra le cose che vi accaddero il 1° marzo. Gli attori principali della guerra per parte italiana — ad eccezione di Baratieri — ci vengono presentati colla loro effigie. Produce un tristissimo effetto il gruppo di un certo numero di soldati indigeni a cui, fatti prigioni durante la battaglia dagli Abissini, si mozzò una mano e un piede per aver essi combattuto sotto la bandiera italiana contro i loro compatrioti. Fa pure impressione il giudizio di un interprete abissino, secondo il quale i neri al contatto colla civiltà europea non diventano intimamente migliori ma piuttosto peggiori. KARL v. BRUCKHAUSEN.

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Gian Giacomo DALMASSO nasce a Voghera (PV) nel 1907. Dopo aver conseguito la maturità, intraprende la carriera militare entrando alla Accademia Militare di Modena. Diviene Ufficiale dei Bersaglieri e Paracadutista nel 1943 quando partecipa alla guerra di Liberazione. Dal 1945 inizia la sua proficua attività d'autore firmandosi con lo pseudonimo "Asso", per la rivista satirica "Fra Diavolo", diretta da Guido Martina. Nel 1947, con l'editore Giurleo, crea personaggi come la tarzanide Pantera Bionda (sulla falsariga di Sheen, Queen of the Jungle), Miss Diavolo e Aquila Bianca (ripubblicato in Francia col nome di Gazelle Blanche). Altri suoi personaggi sono Jack il pilota, il Piccolo Centauro, Grim l'esploratore, Piccola Freccia (per l'editore Gianni De Simone), Jim Rumba. Può ora lasciare l'esercito con il grado di colonnello della riserva per dedicarsi completamente al fumetto. Dal 1948 al 1955 è fra gli autori di Piccolo Sceriffo e Nat del Santa Cruz. Per il "Corriere dei Piccoli" scrive il "Tam Tam" (1953) e collabora con Bianconi e la Alpe, per cui scrive i testi della versione umoristica di Davy Crockett. Nel 1958, Dalmasso viene assunto alla Mondadori come redattore del Disneyano "Topolino", col compito di coordinare le sceneggiature. Vi rimarrà fino al 1972. La sua prima storia disneyana è "Paperino e gli uomini leopardo" (su "Almanacco Topolino" numero 3 del marzo 1959), a cui ne seguiranno alcune decine. Di Dalmasso è il compito di curare la fortunata collana dei "Classici di Walt Disney" (in Germania "Der Lustige Taschenbicher"), di cui scrive i prologhi e le tavole di raccordo fra le storie, già pubblicate in un primo tempo su "Topolino". (Luca Boschi). 


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Tutte le storie italiane di Disney sono gestite da Marco Barlotti, Universita Firenze

     
PLINIO CODOGNATO
Verona 1878 – Milano 1940.

Studiò alla scuola veronese Brenzoni, divenendo in seguito allievo del pittore Mosè Bianchi, ma abbandonando ben presto la pittura per l’illustrazione pubblicitaria,a cui si dedicò per oltre 35 anni,creando quasi 150 manifesti di carattere commerciale e sportivo. Mostrò frequentemente una grafica umoristica che ne avvalora l’adesione ai contemporanei modelli pubblicitari di Cappiello e Mauzan. Lavorò per molti marchi di rilevanza internazionale ( Pirelli, Campari, Cinzano…), ma soprattutto fu uno dei più abili ideatori di manifesti per la Fiat nel corso degli anni Venti. In quel periodo affinò progressivamente il proprio stile, avvicinandosi a linee di vaga aspirazione futurista.

la storia della Balilla http://www.cronologia.it/storia/a1932u.htm 

     

     

Candido Grassi

15 maggio 1910 - 1969

“poi dovremo incontrarci tutti, Sloveni e Carinziani, per fare il punto del nostro traguardo e per discutere e progettare il prossimo futuro incominciando col dire che…”.

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Candido Grassi, nasce a Udine da Libero e Maria Zimmermann. Il padre, personaggio di spicco del mondo culturale udinese, era il fondatore e il dirigente dell’Associazione friulana degli artigiani, e si dedicava a studi di carattere locale. La madre, cecoslovacca di origine, aveva un carattere fine e sensibile. A 13 anni Candido, carattere estroverso e incline all’arte, si iscrisse all’Accademia di Belle Arti di Venezia, da dove poi si trasferì a Milano, per frequentare Brera. Alla Biennale del 1924 (aveva 14 anni) incontrò per la prima volta la pittura del Novecento, che avrebbe meglio conosciuto e approfondito a Milano (1926). Nel frattempo era però gia entrato nella sua stagione di premi per pittura e disegno e progettazione di oggetti e di mobili (Mostra Giorgiana di Udine 1925). Con lui fu allora premiato un altro ragazzo che avrebbe lasciato un segno nel mondo dell’arte friulana: Angilotto Modotto.
Una volta conseguito il diploma all’Accademia di Venezia (1928) si impegnò per il rinnovamento della vita artistica locale, diffondendo le nuove idee che aveva avuto modo di apprendere oltre Livenza, proponendosi in veste di artista e di critico. Con Modotto, Dino, Mirko, Afro, Pittino e Filipponi, fu uno dei sette artisti che il 7 gennaio 1928 diedero vita alla “Scuola Friulana d’Avanguardia”. Grassi scriveva articoli di recensione sulle Biennali veneziane e sulle sindacali friulane; sosteneva i giovani emergenti ma sapeva esprimere equilibrati giudizi anche sui pittori delle vecchie generazioni. Dal gennaio 1930 all’agosto 1931 prestò servizio militare di leva, col grado di sottotenente dei bersaglieri, prima a Milano, dove partecipò a una piccola ma preziosa collettiva alla Galleria Milano, e poi a Palermo (10°). Si trattò di un’esperienza che egli tradusse in due quadri intitolati “Il bersagliere” e “Il rancio (con Bersagliere)”.
Nel periodo intercorrente con lo scoppio del secondo grande conflitto si dedica all’insegnamento e alla pittura fino al quando viene richiamato nel Gennaio del ‘40. Deposti i pennelli e la penna ritornò a combattere su vari fronti, con un valore che gli procurò distinzioni, encomi e, nel 1942, la promozione a capitano. L’8 settembre 1943 si trovava da 4 giorni in congedo ordinario a Grado, dove era arrivato dalla Jugoslavia. Evitata la cattura da parte dei nazisti, fu tra i primi a organizzare il movimento partigiano dei “Fazzoletti verdi”, della “Osoppo – Friuli”. Il Comitato di Liberazione Nazionale della Provincia di Udine pose Candido Grassi nome di battaglia “Verdi” al comando della prima brigata dell’Osoppo, che operava in Val Tramontina, in Valcellina e in Carnia. Il 1° maggio 1945 (con l’intermezzo di un arresto e fuga da parte dei nazisti) fu tra i primi a entrare a Udine al comando delle 5 divisioni friulane
. Venne decorato con medaglia d’argento per decreto della Presidenza del Consiglio del 16 marzo 1947.

 

autoritratto

 

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Eugenio Maccagnani-1852 Lecce/1930 Roma. Da ragazzo aveva modellato santi di cartapesta nella bottega di uno zio (maestri cartapestai). Trasferitosi a Roma, vi frequentò all'Accademia di S. Luca i corsi di Filippo Gnaccarini e Ignazio Jacometti. A Roma operò per tutta la vita, collaboratore del Sacconi nel monumento a Vittorio Emanuele II (le 14 città d'Italia). Ottenne risultati lusinghieri anche a Parigi (due med. d'oro alle Espos. Univ. del 1889 e del 1900). Sue opere sono nella Galleria d'Arte Moderna di Roma.
 

 

 

Lecce 22 agosto 1889, inaugurazione del monumento di Eugenio Maccagnani a Vittorio Emanuele II.

 

Argentina Quartiere Palermo di Buenos Aires: Piazza Italia, monumento a Giuseppe Garibaldi. La statua equestre è stata donata alla città dai residenti italiani nel 1904. Quest'opera di Eugenio Maccagnani è copia di una uguale (al tempo stesso differente, rispetto a quello costruito nel 1889 dallo stesso artista) presso Piazza Garibaldi di Brescia.

   

Garibaldini all'osteria
Museo di Capodimonte

ANTONIO MIGLIACCIO
Girifalco Cz 1830 - Catanzaro 1902. Dopo il conseguimento di una laurea in scienze matematiche e fisiche e di una seconda in lettere e filosofia frequentò l’Accademia di Belle Arti di Napoli: amico di Michele Lenzi frequentava lo studio napoletano del vicoletto di San Mattia, assieme ad Achille Martelli, Michele Cammarano, Domenico Morelli ed altri giovani pittori. Tutti questi artisti erano pervasi di spirito liberale antiborbonico e con loro Migliaccio prese parte alle guerre risorgimentali. Patriota garibaldino (insignito della Stella al merito dell’Ordine dei Veterani del 1848-49) combattè col generale Francesco Stocco. Esordì nel ‘59 alla Mostra Borbonica di Napoli. Fu presente alla Mostra nazionale di Firenze, del 1861, con le opere Scena domestica e Un garibaldino ferito (Napoli. Museo di Capodimonte). Partecipò alla Mostra Universale di Londra ottenendo una medaglia d’argento. Fu per lungo tempo Sindaco di Girifalco, scrisse poesie e insegnò in alcune scuole.

 

 
ONOFRIO TOMASELLI 1866-1956

Nasce a Bagheria il 3 agosto 1866. Studia pittura con Volpes e frequenta l’Accademia di Belle Arti di Napoli allievo di Domenico Morelli dove si diploma a 19 anni. Qui a napoli inizia subito la sua feconda attività di pittore subendo l’influenza della migliore scuola napoletana dell’epoca come Dalbono, Altamura e in particolare Morelli. Dal 1890 si stabilisce definitivamente a Palermo dove, accanto all’attività di pittore, svolge quella di insegnante. Il suo esordio avviene all’esposizione Nazionale di Palermo del 1891-92. Negli anni successivi la sua fama varca i confini dell'isola e partecipa alle Esposizioni Internazionali di Firenze, Milano, Venezia, Pietroburgo, S. Louis, Monaco. Tomaselli ritrattista ufficiale della nobiltà e della borghesia palermitana fin de siecle fu anche pittore verista con l’opera i Carusi presentata nel 1906 alla Esposizione internazionale di Milano (si trova oggi alla galleria Moderna e Contemporanea di Palermo) a cui sembra ispirarsi un altro grande suo concittadino Renato Guttuso, per sua stessa ammissione punto di riferimento per la realizzazione de “La Zolfatara”. Notevoli fra i suoi dipinti: Cristo e i lavoratori(1897); Paganesimo(1898); Le gocce di primavera(1900). Sposato egli stesso con una nobildonna, la napoletana Emilia Glaudi di Aragona, dei marchesi Tagliavia, ebbe 4 figli: Armando, Giacomo, Giovanni e Ida. Muore il 21 Marzo 1956,a quasi 90 anni, a Palermo . Suoi affreschi presso: la Chiesa dei Miseremini a Bagheria, la Cattedrale di Nicosia,il Duomo di Corleone,la volta del salone del Caffè alla Stazione Centrale di Palermo,il Palazzo del Principe di Torrebruna .

   
Giacomo Campi (1846-1921), oriundo cremonese, nacque a Milano nel 1846, iniziò gli studi pittorici con il professor Gandolfi, passò poi all'Accademia Carrara a Bergamo sotto il pittore Scuri; quindi lavorò a Roma in Vaticano, al Collegio Romano col pittore Francesco Podesti. Nel 1870 si stabilì a Milano dove aprì uno studio. Suoi dipinti sono in molte nobili dimore milanesi: nella casa Bagatti - Valsecchi, nella casa del Manzoni, in piazza Belgioioso a Milano, nel castello Arnaboldi in Carimate, nella casa del Duca Melzi, del Principe di Castelbarco, in alcune ville a St.Moritz e San Remo, nella casa Giacobbe di Magenta, nell'albergo Plinius in Como ed Angleterre di Venezia, presso il banchiere Alplon a Parigi; nelle sale d'udienza al palazzo reale di Monza, a Romanengo, a Cardano al Campo, a Saronno, in Vaticano, all'Accademia di S.Luca a Roma; a New York. Re Umberto lo insignì del titolo di cavaliere; la città di St.Moritz gli diede la cittadinanza svizzera; il governo lo nominò professore di disegno; fu socio onorario di numerose Società artistiche italiane. A Giacomo Campi si devono anche gli affreschi che rivestono la volta del Teatro Lirico di Magenta. Morì l'8 dicembre 1921. foto di Umberto Gatti da Storiadimilano.it

   

 

MARIO SIRONI

RUGGERO PANERAI (Firenze 1862 - Parigi 1923) Di origini modeste, Panerai studia all'Accademia fiorentina e, dal 1880, frequenta lo studio di Giovanni Fattori. Nel 1885 dipinge due grandi tele "Il ritorno dalle corse delle cascine" e "Il passeggio dei cavalleggeri da piazza san Gallo", che per la tematica cittadina e l'atmosfera vivace, ricordano la pittura di Giuseppe De Nittis. I suoi primi lavori ebbero lodi e successo: nel 1887 a Venezia espone "Il guado"; nel medesimo anno, con "Il cavallo malato", vince a Milano il Premio Fumagalli. La produzione giovanile, con soggetti di vita militare ed equestre e scene maremmane, risentono dell’influenza fattoriana "sebbene semplificata rispetto alla complessa e sperimentale sintassi del maestro livornese" (Spalletti 1990). Il lavoro intitolato "Mazzeppa", esposto a Bologna nel 1888 gli merita la nomina a professore della locale Accademia di Belle Arti. Alla Promotrice fiorentina del 1890 espone "Una stalla di mucche", nel 1892 "Una sera". Dopo il 1886 si dedica ad una produzione di genere, imperniata su scene di vita contemporanea fiorentina o in costume settecentesco. A Parigi nel 1889 ottiene uno dei più grandi successi esponendo un soggetto a carattere letterario. Prima della morte avvenuta nel 1923 a Parigi, si dedicò alla pittura di genere in costume settecentesco. http://www.800artstudio.com/it/panerai.php

   

 

opera di una serie eseguita da A. Fitzgerald nel 1904 nelle zone di Napoli, penisola sorrentina, costiera amalfitana e cilentana

TORRINI PIETRO  

   

ignoto scuola lombarda

Antonio Maria Nardi

ANTONIO MARIA NARDI
   
Aroldo Bonzagni (Cento, 24 settembre 1887 – Milano, 30 dicembre 1918) da Felice e Angela Gilli. A Cento, dove poteva vedere gli affreschi giovanili del Guercino, ebbe i primi insegnamenti da un pittore locale, frequentò la scuola tecnica inferiore e incominciò anche lo studio del violino, che però interruppe quando, nel 1906, aiutato da una borsa di studio offertagli dal Comune, si trasferì a Milano. Si trasferisce quindi a Milano, dove si iscrive all'Accademia di Brera. I suoi professori sono Cesare Tallone e Giuseppe Mentessi; i suoi compagni di studio, Carlo Carrà, Achille Funi, Aldo Carpi, Leonardo Dudreville, Anselmo Bucci e Carlo Erba. Divenuto amico di Boccioni, firma la prima edizione del Manifesto dei pittori futuristi (1910) per poi, poco dopo, allontanarsi dal gruppo (verrà sostituito da Balla). Dei futuristi il B. non condivise mai l'entusiasmo per la macchina e per il dinamismo industriale, attento com'era piuttosto ad una tematica strettamente legata alle matrici veriste, della gente umile, che sono alla base di quasi tutte le sue opere, fino alle più tarde.
Durante il 1910 il B. vide accentuarsi le preoccupazioni economiche, che lo costrinsero a dedicare molto tempo a lavori commerciali (disegnò figurini per una casa di moda milanese, immagini sacre, riproduzioni di dipinti celebri) e lo indussero ad accettare l'invito di Claudio San Donnino a decorare la sua villa (ora villa Leonardi) a San Donnino della Nizzola, presso Modena. Ivi risiedette quasi permanentemente (salvo viaggi a Milano e visite a Modena) fino alla fine del 1911, eseguendo dipinti di vario genere all'interno e anche sulle pareti esterne. Alla sua attività di pittore affianca quindi quella di disegnatore e illustratore (cartelloni pubblicitari, illustrazioni di libri, caricature di taglio politico, in cui si avverte la sua attenzione per i modelli offertigli dalle nuove poetiche francesi e tedesche). Nel 1912 collabora con illustrazioni a L' Avanti della Domenica- e successivamente alle riviste più note dell'epoca, realizzando tavole di feroce satira politica. Espone a Milano nella Mostra della pittura e scultura rifiutata, espone poi alla Biennale di Venezia. Nel 1913 espone a Bergamo nella Mostra nazionale della caricatura e l'anno seguente si reca in Argentina dove espone, collabora con illustrazioni in importanti riviste ed esegue alcuni affreschi nell'ippodromo di Buenos Aires. Di ritorno in patria, espone a Milano nel 1915. Negli ultimi tempi la sua arte è sempre più rivolta al mondo degli umili e dei derelitti. In seguito all'entrata in guerra dell' Italia infatti Bonzagni svolge un intenso lavoro di propaganda antigermanica. Muore a Milano il 30 dicembre 1918 colpito dall'epidemia di influenza spagnola.

 

   
Enzo Pasqui (Forlì, 27 aprile 1920 – Forlì, 7 ottobre 1998).

Nato a Forlì nel 1920, figlio di Domenico (1885-1948), economo provinciale delle poste, e Vienna Benzoni (1887-1988) iniziò prestissimo la sua attività di disegnatore. Diplomatosi ragioniere, si arruolò volontario e fu destinato al fronte russo nel corpo dei Bersaglieri. Si classificò quinto nella graduatoria del 1º corso AUC di complemento a Pola (1941/42) e si distinse in azioni di guerra sul fronte del Don. Dopo la guerra, laureatosi in economia, si impiegò all'Ufficio del Registro dove divenne Direttore; nel 1956 era ispettore delle tasse del Compartimento di Bologna e, 16 anni dopo, Conservatore delle Ipoteche a Forlì. Nel frattempo aveva progettato arredi per negozi, si era dedicato alla caricatura, alla pittura e alla grafica pubblicitaria. Era anche inventore, come dimostrano la carenatura di una Gilera 125, i cambi multi-rapporti per cicli, un silenziatore per fucile mitragliatore. Fu anche un valido caricaturista sin dagli anni della guerra.
La sua attività artistica si esplica in 83 personali di cui 2 all’estero, 34 collettive all’estero con 12 premiazioni o segnalazioni, 517 collettive nazionali con 191 premiazioni o segnalazioni, 120 estemporanee, con 66 premiazioni o segnalazioni. Complessivamente, sono 754 le manifestazioni cui in mezzo secolo di attività pittorica ha partecipato e 269 sono i premi o segnalazioni che ha ricevuto. 2654 sono gli olii su masonite, numerati e catalogati dal pittore stesso. Secondo Pasqui un quadro deve rasserenare e tener compagnia, far vibrare le corde migliori che sono in noi perché la realtà è così intrigante e si propone in un'infinità di modi: è sufficiente illuminare di più un oggetto, cambiare un punto di vista per far risaltare significati che spiazza
no completamente quelli già acquisiti. da Wikipedia

Il Bersagliere di Tychovskoy", olio su masonite, datato 1969 e primo classificato al concorso nazionale "Il Bersagliere".

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