LA BATTAGLIA DEL RAYON

IL TERRITORIO -- TORVISCOSA -  I MATERIALI

A destra e a sinistra della SS 14, Venezia -Trieste e dell’omonima tratta ferroviaria si stendevano, da S. Giorgio di Nogaro (fiume Corno) fino al Fiume Taglio, terre paludose e malariche da sempre scarsamente abitate e in prevalenza incolte. Sopravvivevano su queste terre alcune frazioni, Malisana, Fornelli, Zuino etc.. feudo della famiglia Savorgnan che le tennero (Zuino) fino al 1866 (liberazione del Veneto dal dominio straniero). Il resto delle terre era già passato di mano nel 1818 poi ancora nel 1882 e 1924 questa volta in parte ai Padri Armeni e in parte al gruppo "Bignami". Tutta la tenuta, con altri terreni, fu infine acquistata dalla Snia Viscosa nel 1937 e la frazione più importante, Torre di Zuino, trasformata in Torviscosa. Questa venne elevata in Comune in data 26 ottobre 1940.

da http://torviscosa.blogspot.com/  .. Grazie all’opera di bonifica svolta dal marchese Savorgnan nacque il paese di Torre di Zuino, così chiamato in ricordo della torre superstite del vecchio castello, conglobata nel 1714 in una villa costruita in onore delle opere di risanamento. Sul terreno cosi bonificato sorsero 41 fabbricati colonici, un mulino, una segheria e altri servizi che alzarono il numero dei residenti. Nonostante gli interventi del 1690 i problemi di questo territorio non vennero risolti, continuando ad essere in gran parte paludoso. Gli abitanti che vivevano sparsi nelle campagne non migliorarono di molto le loro condizioni di vita continuando a vivere di pesca, pastorizia ed agricoltura. Il vecchio confine austriaco passava proprio fuori dal paese (al km 107 della ferrovia Venezia Trieste, Stazione di Torre di Zuino, m 3 slm, ab. 807, ultima stazione in territorio italiano) e sul territorio vennero stese una serie di trincee in muratura (qualche chilometro), o bunker come sarebbe meglio chiamarli, che non vennero mai usati. L’avanzata di maggio del ’15 passò oltre e la ritirata di Caporetto non si fermò qui. Il paese come retrovia del fronte dell'Isonzo (e stazione ferroviaria) venne scelto come sede di vari comandi ed ospedali militari durante la grande guerra. Per molto tempo ancora dopo la guerra  la fame continuò a farla da padrona su terre lasciate al loro destino naturale per mancanza di uomini e mezzi predati dal nemico nell'anno di Caporetto. Un brandello di trincea venne conservato incorporato nei muri del nuovo edificio della SAICI e accanto vi fu posta una lapide con su scritto (vedi a destra).

 

ARUNDO DONAX

«1915-1918. Il popolo italiano qui difese con le armi la frontiera sacra alla Patria. 21-9-1938».

Enea Baldassi "TORVISCOSA - MALISANA: LA STORIA" In questo tempo (dopoguerra) gli abitanti di Torre di Zuino e Malisana erano ridotti allo stremo delle forze, quasi tutti affetti da malaria. Da oltre un mese funzionava la cucina della Pia Opera Bonomelli che forniva il rancio, due volte al giorno, ad un centinaio di bambini ed ai pochi anziani. Tale istituzione, dopo un breve periodo cessava l'attività. C'era tanta miseria, mancavano vestiti, letti, scarpe e gli ammalati erano distesi su giacigli di paglia e per ripararsi dal freddo e dal vento che entrava dalle finestre prive di vetri, erano avvolti solo da qualche straccio. Don Fantini, dal 29 giugno parroco di Torre di Zuino, visto che dai padroni riceveva solo promesse, si rivolgeva con una raccomandata al Ministero delle Terre Liberate (che poi tanto liberate non erano, ci riprendevamo in questo caso solo quello che avevamo perso) illustrando le disastrose condizioni della popolazione, per il 90% ancora colpita dalla malaria, e sollecitando un intervento urgente. La supplica otteneva un successo quasi insperato e pochi giorni dopo giungevano gli aiuti che il parroco aveva dettagliatamente specificato e che comprendevano letti, materassi, coperte, vestiti, masserizie ed altro. Anche la Pia Opera Bonomelli riprendeva la sua attività della quale beneficiavano 240 persone al giorno…Tutti gli abitanti, compresi i bambini, anche nei giorni festivi erano impegnati in diverse occupazioni, in particolare l'allevamento dei bachi da seta, la raccolta del foraggio e del tabacco. Si trattava di un lavoro oneroso, poco retribuito che, unito alla scarsa alimentazione, lo rendeva decisamente inaccettabile. Durante l'inverno 1928-29, ancor oggi ricordato tra i più freddi del secolo, la gente aveva subito la morsa della neve e del ghiaccio. Affermava il parroco:"Le uova si rompevano appena espulse ed in sacrestia il vino destinato alle Messe si solidificava". La popolazione, per difendersi dal freddo, viveva praticamente nelle stalle, beneficiando del calore degli animali. Le viti, gli alberi da frutto e le piante in genere, anche quelle sempreverdi, erano morte. C'era squallore, miseria e desolazione. Si soffriva la fame che il parroco mitigava con alcuni sacchi di farina e qualche quintale di riso fatti arrivare dal Comune di San Giorgio di Nogaro.   La Coltura: la canna comune (Arundo donax L.), della famiglia delle Poaceae (sin. Graminaceae), è la più grande tra le canne d'Europa, raggiungendo generalmente i 6 m di altezza. In condizioni ideali può anche superare i 10 m, con fusti, detti culmi, cavi del diametro di 2-3 cm. Le foglie sono alternate, di colore grigio-verde, lunghe 30-60 cm e larghe 2-6 cm; hanno una forma lanceolata, rastremata in punta, e alla base presentano un ciuffo di peli lanosi. Si raccoglie in settembre-ottobre ma la pannocchia seme non è fertile e la riproduzione avviene per lo piú per via vegetativa, attraverso rizomi sotterranei, talee di fusto e piantine micropropagate. I rizomi formano estesi tappeti nodosi che penetrano fino a un metro di profondità nel terreno. Si adatta bene a ogni tipo di suolo anche in condizioni di parziale aridità odi eccesiva umidità )normalmente la si vede vicino a stagni). In condizioni di aridità quando la disponibilità idrica torna ad essere ottimale, la canna possiede la capacità di riprendere velocemente il ciclo vegetativo. È poco suscettibile all’attacco di insetti e funghi dannosi ed è molto competitiva nei confronti di altre specie (invasiva). Ciclo da primavera precoce a tardo autunno. Le produzioni medie sono di 30 tonnellate/ettaro di sostanza secca dal secondo-terzo anno d’impianto. Il potere calorifico della canna in caso di uso come biomassa è elevato (circa 17 MJ/kg).

Nasceva con l'autarchia la nuova realtà industriale, la nuova Torre di Zuino Torviscosa

 

 
Per saperne di più L'architettura http://www.primiditorviscosa.it/citta/nuova_citta.htm

Torviscosa viene quindi costruita nel 1938 in 320 giorni, come iniziativa non pubblica, anche se avvallata dal regime. L’architettura industriale, il centro abitato sono firmati dall’architetto Giuseppe (Bepi) De Min (sopra a destra); la struttura è articolata su assi principali che delimitano aree gerarchicamente distinte, ognuna con la propria funzione: accoglienza degli operai all’uscita della fabbrica (Esedra), attrezzature sportive e ricreative (Viale Villa), strutture commerciali (Via Roma), chiesa e scuole, piazza con municipio, asilo, piscine, albergo, abitazioni per impiegati, abitazioni per operai (ma non esisteva la casa del fascio). Il 27 ottobre 1937 iniziarono i lavori, compresa la trasformazione fondiaria, pronta a raccogliere 25 milioni di rizomi, e la costruzione del nucleo urbano che inglobava il vecchio. Il 21 settembre 1938, lo stabilimento era inaugurato da Benito Mussolini; due anni dopo veniva completato il raddoppio.
....Le abitazioni civili, pur differenziate a seconda del ruolo lavorativo dell’assegnatario, presentano principalmente finitura ad intonaco. L’edilizia pubblica, specialmente negli spazi per gli usi sociali quali il teatro ed il ristoro, si avvolge nella rassicurante veste rosso laterizia, concedendo al solo palazzo municipale il rivestimento lapideo. L’uso esteso del mattone rosso, pure accomunante le architetture della socialità alle facciate delle fabbriche ed agli arredi dei viali monumentali, è elemento chiave a permettere la triplice simbologia: della continuità fra il passato colonico ed il futuro industriale; della circolarità fra il tempo della famiglia, della comunità e del lavoro; dell’atteggiamento di autarchica predilezione per i prodotti dell’economia locale, con riferimento alla consolidata presenza delle importanti fornaci della regione. È così che l’architettura cromaticamente si lega ai canneti di nuova piantumazione ed alle tonalità albine della cellulosa, suggellando ancor più simbolicamente l’immagine tricolore.

 

 In Italia era conosciuta come sostegno per viti, colture orticole (fagiolini, pomodori etc) .... La resa annuale per ha dava 80.000 kg di canna verde con un ricavo di cellulosa fra i 13/14.000 kg. Da questi si avevano 10.000 kg di filato. Sullo stesso terreno non si sarebbe potuto ottenere in alternativa che 1.200 kg di canapa o 300 di lino. Anche da alberi a lunga crescita (faggio, abete) la cellulosa non avrebbe superato i 1.000 kg.

Alberto Ferraresi Davide Turrini. De Min http://www.bassafriulana.org/cultura/ass-culturali/ad_undecimum/annuari/annuario07/testipdf/Torviscosa.pdf   

LA CASA A CHI LAVORA

Marinotti come Presidente della Provincia di Milano aveva già avuto esperienze nella creazione di "borgate semirurali" fuori dalla cerchia di Milano in prossimità delle grandi industrie che si andavano sviluppando. Il progetto urbanistico - architettonico milanese di Bottoni e Pucci proponeva infatti una serie di interventi contro la segregazione degli strati operai meno qualificati. Partendo dall'analisi dei flussi di traffico e dal problema dei trasporti collettivi dalla residenza al luogo di lavoro, il progetto intendeva creare un nuovo equilibrio nel rapporto città-campagna. Le "borgate semirurali" erano pensate come insediamenti operai decentrati ma, nel contempo, inseriti nel sistema di relazione con i luoghi della produzione. In Italia per molti anni anche nel dopoguerra si continuò a costruire case davanti alle aziende con aggravamento delle condizioni di salute di “tutti” in caso di inquinamento (vedi Mestre o Crespi D’Adda). Era questo un concetto del paternalismo industriale proprio dell’800 e trascinato per anni.

Oltre alla realizzazione di tutti i fabbricati rurali ed in particolare delle agenzie agricole che definiscono e disciplinano il territorio comunale esterno alla città edificata, l’architetto De Min cura la progettazione della fabbrica e del nucleo urbano (inizialmente pensato per ventimila abitanti ma che non ha mai superato le cinquemila unità) di cui disegna gli edifici civili di maggiore importanza (scuola, asilo, municipio, …), la residenza per gli impiegati ed i dirigenti, i dormitori per gli operai e casa di abitazione tipo per la famiglia del salariato agricolo (2). Per le abitazioni dormitorio del proletariato industriale vengono disegnate due principali tipologie abitative da inserire all’interno della rigida maglia urbanistica progettata per questo tipo di residenza. Le case operaie in linea vengono realizzate come lunghi parallelepipedi entro cui trovano posto abitazioni minime disposte su due piani con scala interna.
 

La costruzione di case operaie rispondeva a un preciso ragionamento economico per il quale il costo dei fabbricati veniva considerato come parte dell'investimento industriale (anche oggi). Questo concetto è chiaramente espresso nella pubblicazione della SNIA in titolo in cui, dopo un'affermazione iniziale di finalità sociale dell'operazione, si afferma: "il datore di lavoro assume l'onere della creazione di speciali fondi destinati allo specifico scopo di donare la casa al lavoratore. Li costituisce commisurandosi sui risultati economici dell'azienda come atto di liberalità, per passare successivamente a una diversa impostazione tecnica e giuridica del problema che considera detti fondi come spese inerenti alla gestione, destinate ad una ideale reintegrazione del logorìo fisico del lavoratore alla stessa stregua per cui l'azienda prevede il logorio della macchina, lo valuta per quanto può incidere sulla propria consistenza patrimoniale od efficienza produttiva e si ripara costituendo nel corso della propria attività delle riserve di reintegrazione. In tal modo i fondi destinati alla casa del lavoratore sono sottratti all'alea dei risultati finanziari dei singoli esercizi, costituiscono un capitale lavoro che si accumula nel tempo e si assegna dopo una provata fedeltà di lavoro".

(2) L’abitazione tipo risulta costituita dall’accostamento speculare di due unità destinate a due distinte famiglie per cui vengono dimensionate abitazioni, dotate di un alto numero di camere da letto a rispondere ad una visione “prolifica” del salariato agricolo. L’accesso avviene dal fronte comune dove, protetti dalle scale esterne che conducono al piano superiore e al contempo fungono da porticato si entra nello spazio distributivo. Da qui si accede alla cucina dalle ampie dimensioni, cuore della costruzione che viene ad assumere il ruolo di luogo di aggregazione della casa, il “fogolar” ed in cui è riconoscibile l’ampio camino tipico della tradizione locale. Più camere sono presenti al piano terra mentre ad esse è destinato tutto il piano superiore. Distributivamente la casa risulta elementare con un corridoio centrale che viene a servire tutte le stanze della casa senza gerarchie di tipo funzionale Le abitazioni degli impiegati

Una maggiore ricercatezza volumetrica e nella scelta dei materiali (intonaco, pietra artificiale e mattoni) è visibile nelle abitazioni progettate per gli impiegati. Due blocchi di edifici porticati disposti specularmente accolgono al loro interno dodici appartamenti e negozi al piano terra. Questi vengono e delimitare e chiudere la piazza del Municipio definendo la cornice al palazzo comunale.

 

     
Le altre fibre - la lana di vetro

Tra le fibre artificiali vanno ricordate, infine, quelle di origine minerale: lana e seta di vetro. Da tempo era noto in laboratorio che il vetro poteva essere trasformato in fili sottilissimi, elastici, abbastanza resistenti alla torsione, ecc. Ma soltanto da pochi anni (siamo nel '38) si è potuto ridurre il filato di vetro su scala veramente industriale. La seta o lana di vetro può essere prodotta mediante un processo di centrifugazione, col far cadere vetro liquido su un disco rotante rapidamente; oppure può essere prodotta mediante un processo di soffiatura. Circa le utilizzazioni di questa fibra, si pensi alle proprietà del vetro: esso è inattaccabile dalla maggior parte degli acidi e delle soluzioni ed è completamente insensibile all'umidità, alla decomposizione, ai parassiti, ecc.; è ininfiammabile; è cattivo conduttore dal calore, dei suoni, ecc. Quindi con le fibre di vetro si possono produrre tessuti isolanti (vedi foto a destra pannelli), filtri acidi, confezioni di schermi cinematografici, teloni, sacchi, ecc. Uno degli stabilimenti più importanti è quello in foto sorto a Marghera per la produzione dei cristalli per autovetture da parte della Fiat poi chiamato Vetrocoke per l'integrazione verticale di diverse industrie, ultima quella degli azotati (Vetrocoke fondata nel 1927, dalla fusione tra Società Italiana Coke e Società Italiana Vetri e Cristalli, per la produzione di vetro, coke e concimi. La Vetrocoke a Porto Marghera aveva due stabilimenti, uno per la produzione del vetro, coke e plexiglas. etc e un altro per la produzione di fertilizzanti).

 

Vetrocoke Marghera 1938

Agnelli Giovanni (1866-1945). L'atto notarile della fondazione della FIAT fu firmato nella sede del Banco Sconto e Sete (1899) tra il conte Biscaretti di Ruffia, Agnelli, il conte Emanuele di Bricherasio e pochi altri. Sei mesi dopo erano in costruzione le prime tre autovetture con 50 operai. Nel 1907 le fabbriche di auto erano 60, di cui 20 a Torino e 15 a Milano; se ne aggiunsero altre 18 nel 1908. Agnelli portò avanti l'integrazione verticale e orizzontale; sviluppò una siderurgia autonoma, produsse buona parte delle macchine utensili, costruì l'impianto idraulico del Moncenisio per l'energia elettrica, con la Magneti Marelli creò l'industria dei magneti e degli apparecchi elettrici, e con la Vetrocoke la produzione di cristalli e vetri.

     
ALTRI ACCENNI ALLA STORIA DEL RAYON - LE FIBRE ARTIFICIALI    
MATERIA TESSILE DELL' AVVENIRE
da un articolo di Le vie del mondo Giugno 1938
Nell'ormai lontano 1889, tra i visitatori che affollavano l'Esposizione universale di Parigi, ricca di nuove invenzioni, pochi forse si fermarono ad ammirare la curiosa macchina, esposta dal conte Ilario di Chardonnet, una macchina che produceva fili simili alla seta, ed i campioni presentati di tessuti fabbricati con questi fili. E, tra quei pochi, probabilmente nessuno pensò che l'invenzione contenesse in sé, almeno in germe, una minaccia all'egemonia della seta e fosse destinata a generare la potente industria odierna .delle fibre tessili artificiali.
Non v'è scoperta al mondo, di qualche importanza, che germogli completa nella mente di un sol uomo, pronta ad essere tradotta in applicazioni pratiche. Occorre sempre, in ogni conquista umana, un lento lavoro di « stratificazione ». Le esperienze si aggiungono alle esperienze, i progressi di un ricercatore agevolano il compito dei ricercatori successivi; talvolta passano secoli prima che da un'idea, vaga ed apparentemente chimerica, si giunga ad un risultato concreto ed utile per l'umanità. Non secoli, ma decenni, occorsero per rendere attuabile industrialmente su vasta scala la fabbricazione di quella che fu detta allora «seta artificiale». Ilario di Chardonnet fin dal 1884 ne aveva fondato nella nativa Besançon la prima fabbrica; egli era stato il primo ad affrontare ed a risolvere il problema della produzione industriale, ma altri ne avevano già visto la possibilità, e tal uno lo aveva risolto anche in pratica. Forse il primo che accennò alla possibilità di produrre una fibra tessile artificiale fu l'inglese Roberto Hooke, in un libro pubblicato nel 1664, intitolato Micrographia. Sessant'anni dopo Renato di Réaumur, nelle sue “Mémoires pour servir à l'histoire des insectes”, pubblicate tra il 1734 ed il 1742, osservando che la seta altro non era che una gomma liquida essiccata, si domandava se non era possibile riprodurre il lavoro del baco mediante gomme o resine opportunamente preparate. Ma Hooke e Réaurnur furono soltanto i profeti delle fibre artificiali. I realizza tori furono: lo svizzero G. Anderrnars che nel 1855 prese il brevetto per la trasformazione di una soluzione di nitrocellulosa in filamenti denominati «seta artificiale »;
Snia Cesano Maderno il francese Ozanam che nel 1862 adoperò nel suo laboratorio filiere analoghe a quelle ancora in uso oggi; l'inglese Giuseppe Swan che nel 1883 brevettò un processo per ottenere filamenti trafilando collodio nell'acido acetico, mediante una fili era analoga a quella dell'Ozanam. Infine Chardonnet, iniziati i tentativi di fabbricazione nel 1878, poté presentare nel 1884 all'Accademia delle Scienze una memoria “Sur une matière textile artificielle ressemblant à la soie”, nella quale esponeva i criteri fondamentali della sua invenzione. Prima di accennare agli sviluppi della produzione delle fibre tessili artificiali, è opportuno distinguerne i vari tipi. Un criterio di classificazione può essere quello della materia prima impiegata; così distingueremo tre generi di fibre artificiali, secondo l'origine vegetale, animale o minerale delle materie prime. L'odierna produzione è, in parte preponderante, costituita da fibre artificiali di origine vegetale. Queste, alla lor volta, si possono distinguere in quattro specie, secondo il processo di fabbricazione: alla nitrocellulosa, al cupramrnonio, alla viscosa (quella poi che si svilupperà in larghissima parte) e all'acetato di cellulosa. La prima «seta artificiale », fabbricata dal Chardonnet appunto col processo alla nitrocellulosa, aveva un'attraente lucentezza metallica ed un bell'aspetto, ma era anche rigida, di scarsa resistenza e infiammabile. Materia prima molto disponibile e di basso costo poteva quindi con una mano d’opera a costi ridotti portare ad un largo mercato di prodotti di consumo anche nuovi. Per far questo però occorrevano ingenti finanziamenti e centri produzione molto grandi. Da poche migliaia di chilogrammi, nel 1890, la produzione passò rapidamente ad 1 milione di kg nel 1900, a 12 mil. di kg negli ultimi anni precedenti alla guerra mondiale, a 25 nel 1920, a 210 nel 1930, a 750 nel 1937. Partita dal nulla, la produzione di fibre artificiali rappresenta oggi il 7/8 %, in peso, dell'approvvigionamento mondiale di materie tessili. I principali paesi produttori sono oggi il Giappone con 200 milioni di chilogrammi all'anno, gli Stati Uniti con 150 milioni, la Germania con 140 milioni, l'Italia con 120 milioni, la Gran Brecagna con 70 milioni, la Francia con 27 milioni. Il rimanente della produzione in Russia e in altre nazioni minori per produzione.  In sintesi 42% in Europa, 20% in Usa, 27% in Giappone.
 

Commercio mondiale di fibre (1938)

Le esportazioni mondiali di raion a filo continuo si aggirano oggi sui 75/85 milioni di Kg (16 % della produzione mondiale mentre nel 1930 questo rapporto era ancora del 30 %); le esportazioni di fiocco di raion si aggirano sui 20-25 mil. di kg. (10 % della prod. mondiale). I principali paesi esportatori di raion a filo continuo in Europa sono l'Italia con 20-25 milioni di chilogrammi annui, l'Olanda con 7-8 milioni (50% della propria produzione); la Germania con 6-7 milioni; la Francia con 4-5 milioni; la Gran Bretagna con 4- 5 milioni; la Svizzera con 3-4 milioni; il Belgio con 2-3 milioni. Negli altri continenti soltanto il Giappone è grande esportatore di fibre artificiali. Nel giro di pochi anni ha portato la sua esportazione di raion da pochi milioni di kg a quantità superiori ai 20 mil. Gli Usa, pur essendo alla testa dei paesi produttori di raion, hanno scarsissima importanza, per i prezzi troppo alti. La produzione di fiocco di raion è principalmente destinata al consumo interno degli stessi paesi produttori: perciò dà luogo a scambi internazionali meno ingenti di quelli di raion. L'Italia occupa il primo posto fra i paesi esportatori con 10- 15 mil. di kg annui, seguita a lunga distanza dalla Gran. Bretagna con 2-3 mil. di kg, dalla Germania con 1, dalla Francia con 1-1,5. In questi ultimi tempi il Giappone si è febbrilmente attrezzato anche per la produzione di fibre corte e comincia ad esportarne in quantità rilevante: 9 mil. di kg nel 1937. Dove sono dirette le fibre tessili artificiali esportate dai mercati produttori? Non v'è paese, ormai, anche con modesta attrezzatura industriale, che non coltivi velleità di indipendenza tessile. E quindi non v'è paese che non importi quantità, più o meno grandi, di raion, fibra che si presta assai bene ad associarsi con quelle tradizionali e a dar lavoro ad industrie artigiane come quelle delle maglie e delle calze, vedi Austria, Cecoslovacchia, Danimarca, Jugoslavia, Romania, Spagna, Svezia, Svizzera, Ungheria, Cina, India, Siria, Egitto, Marocco, Australia, Argentina, Messico, Cile, Sud Africa.

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