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I bersaglieri che vanno all'assalto di una trincea nel Carso, portano con se una sacca con la maschera antigas e alcuni generi di conforto nel tascapane per sopperire ad una giornata lontano dalla trincea e dai rifornimenti. Portano obbligatoriamente la borraccia e qualcuno, in alto, anche la mantellina per coprirsi la notte. Sull'elmetto Adrian montano un piumetto ridotto o spesso come era stato imposto nulla. Il grigioverde viene completato dalle fasce gambiere dello stesso colore. L'ufficiale lievemente ferito viene assistito con una prima sommaria fasciatura. Modifiche alla divisa dei soldati si cominciarono a vedere a metà dell’800 quando fuori dall’Europa (in ambienti geografici diversi) le campagne coloniali attuate con un numero minore di soldati ed esposte ad agguati e colpi di mano richiedevano una migliore mimetizzazione già presente nei nativi “ribelli”. Alla luce di ciò furono gli inglesi, per primi, a modificare la tenuta dei propri soldati impiegati nelle colonie utilizzando un colore più adatto a confondere il soldato: il “Kaki Holland” utilizzato dalla seconda metà del XIX° secolo e ufficialmente per tutti dal 1902.
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In Italia si erano
già avute modificazioni con le campagne d’eritrea ed Etiopia (poi in
Cina) con colori che andavano dal chiaro quasi bianco al Kaki, ma erano
soluzioni da colonia inframmezzate con altre tenute e buffetterie non
confacenti. Solo nel 1905 s’iniziarono studi specifici e furono gli
alpini del “Morbegno” (5°) a provare la tonalità grigiastra (detto
anche “Plotone Grigio”) più vicina per loro al colore della dolomia. Era
un miglioramento rispetto al Blu turchino e ai pantaloni rossi dei
Francesi. Anche il taglio della divisa era cambiato ma la soluzione
pratica si perdeva sotto il ginocchio con fasce gambiere e scarponcini
non sempre all’altezza e fattura. I pantaloni arrivavano al ginocchio:
sulla gamba si utilizzavano le fasce mollettiere oppure i calzettoni
lunghi. Altre componenti della divisa e del carico vennero poi
modificate con l’esperienza come lo zaino “Mod. 1907”, , le giberne
così̀ via fino alla generalizzazione della nuova divisa che procedette
però per gradi sia per problemi di smaltimento delle vecchie (e la
costituzione di magazzini capienti) che per le adozioni delle varie
specialità come , artiglieria, cavalleria, alpini etc… Altre migliorie
rispetto alla tenuta sperimentale riguardavano l’utilizzo di un
rinforzo, fra la manica e la giacca su cui venivano anche posti alcuni
indicativi di reparto, la compagnia o reparto equipollente all’interno
del reggimento (per i bersaglieri il battaglione in genere), in seguito
preceduti da una lettera alfabetica che stava: “M” per i mitraglieri
(che per i bersaglieri precedeva il numero); la “C” per i bersaglieri
ciclisti; la doppia “M” per identificare gli appartenenti alla Milizia
Mobile; le “M” e “T” affiancate per la sola Milizia Territoriale ed
infine la lettera”D” per i reparti con funzioni di Deposito. Oltre allo
zaino era previsto un tascapane per le dotazioni giornaliere e la
maschera antigas con relativa custodia. Alla cintura si fissava anche la
borraccia Mod. 1907 “Guglielminetti”. Il carico del soldato non era
quindi finito perché oltre al fucile e alla baionetta c’era il telo
tenda. Per molti variò anche il copricapo che si adattava al grigioverde
come per gli alpini che passarono al copricapo più vicino a quello ora
in uso che prevedeva penne tinte di grigio, soluzione poi abbandonata e
un fregio anomalo senza aquila. La guerra con copricapi di feltro non
era il massimo e lo avevano capito subito dal 1914 gli altri
belligeranti tanto che quando entrammo noi non c’era l’elmetto e i primi
sul modello francese arrivarono (0,7 mm) dopo quasi un anno. Solo il 24
aprile del 1916 il Comando Supremo italiano ne dispose formalmente
l’utilizzo, con sua Circolare n. 4542 e contemporaneamente all’industria
privata arrivarono le prime commissioni per la produzione nazionale di
tale manufatto, da fabbricare in due soli pezzi e con la crestina sempre
saldata alla calotta per abbreviare i tempi necessari alla sua
produzione, adottando lo stesso colore grigio verde dell’uniforme.
Analogamente al berretto, anche l’elmetto doveva avere un segno
anteriore di riconoscimento dell’unità militare d’appartenenza; a
questo scopo, nell’estate di quel 1916, lo stesso Comando Supremo
ordinava ai comandi subordinati di riportare a vernice nera lo stesso
simbolo utilizzato sul cappello precedentemente in uso. |
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Il bersagliere graduato raffigurato, fa parte dei reparti arditi costituiti ufficialmente dal luglio 1917.Il vestiario che indossa si discosta da quello del soldato di trincea per la giubba aperta e per il maglione girocollo, da Bersagliere ciclista (1910). I pantaloni sono quelli da truppa di montagna, con calzettoni e scarponcini leggeri. Sulla manica sinistra porta il fregio con la daga tipica di questi uomini. In cintura ha le giberne per il fucile mod. 91 che porta a tracolla come la sacca (sul retro non visibile) per la maschera antigas. L'elmetto è il derivato dal francese Adrian troppo leggero per riparare dai colpi. Il pessimo sistema di identificazione dei caduti imponeva ai soldati di scrivere sui risvolti della divisa, sul cuoio, sulle gavette il proprio nome e cognome con eventuali altre indicazioni. |