UMBERTO - PRINCIPE EREDITARIO |
Il quadrato di Villafranca - II
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Umberto, Ranieri, Carlo Emanuele, Giovanni Maria,
Ferdinando, Eugenio di Savoia
era nato il 14 marzo 1844 da Vittorio Emanuele (Principe Ereditario
poi I re d'Italia) e da Maria Adelaide figlia dell'Arciduca Ranieri, Vicerè del Lombardo-Veneto
(asburgico). Superati i difficili anni
'50, costellati da lutti familiari (le disgrazie cominciarono nel 1849 con l'abdicazione e la
morte di Carlo Alberto, il nonno, poi seguirono quelle della madre,della nonna e dello zio Ferdinando in un breve lasso di
tempo), venne affidato alle cure del generale
Rossi per la parte tecnica. Fra gli educatori c'era anche Pasquale Stanislao Mancini, giurista
e profugo napoletano insigne. A 14 anni era già capitano, comandante nella brigata granatieri di Lombardia
!!. Nel 1864 ottiene il comando delle divisioni prima di Milano e poi di Napoli ed infine il 17 gennaio 1866 (a 22 anni
!!!) quello del dipartimento militare di Napoli. Nella terza guerra di indipendenza è a capo della 16a divisione a Custoza, quando viene chiuso
in un "quadrato" di forze a Villafranca in cui rischia di essere fatto prigioniero.
(vedi link al capitolo)
http://digilander.libero.it/fiammecremisi/fileimmagini/terzaguerra.htm
. Poco dopo le 7 del mattino del 24 giugno 1866, la divisione del principe UMBERTO, che avanzava verso Villafranca, e quella
di Bixio, che procedeva verso Ganfardine, furono assalite improvvisamente sui lati dagli ussari e dagli ulani del
PULTZ, che caricarono furiosamente. Una colonna in marcia, con
l'artiglieria al traino, allora non aveva difese se non facendosi
scortare da opportuni reparti di cavalleria. Le fanterie italiane
facendo quadrato in più quadrati, secondo l'uso del tempo, riuscirono a
trattenere gli ulani fuori da quello grande centrale in cui stava il
principe ereditario. |
sopra disegno Walter Molino
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La cavalleria dell'"Alessandria", la cui bandiera quel
giorno si guadagnò la medaglia d'argento, provvide poi a disperdere
gli Ulani. La cavalleria austriaca che caricava la 16a divisione sulla strada di Villafranca
non era né numerosa né favorita dal terreno, insufficiente anche per
sfondare uno solo dei quadrati italiani. Il pericolo quindi s'appalesò prima ancora che i quadrati si chiudessero, nel momento, in cui la cavalleria nemica rovinava addosso alla colonna.
GUERZONI (mazziniano- storico 1835-1886) nella sua versione dei fatti, scrisse un panegirico degno di Napoleone Bonaparte.
"Allora un principe del sangue in mezzo alle file poteva essere a sua volta, secondo il cuore che aveva in petto, una cagione di disastro o come una bandiera di vittoria. Se il principe di Piemonte teme, si turba, volta le spalle, e si dimentica in quell'istante decisivo il nobile sangue che porta nelle vene non c' è più forza di disciplina, né abilità, né esempio di capitani che riesca a fare arginare un torrente già scatenato, perché un principe travolge nella sua fuga. Ma poiché in quel momento non c'era da fuggire Umberto di Savoia si rivelò ad un tratto soldato, e mise la fronte davanti al nemico. Allora, bastò questo suo esempio perché tutti lo imitassero, ed il nemico s'infrangesse contro una muraglia di petti valorosi, pronti a difendere il figlio di Vittorio Emanuele e l'Italia".
Anche Fattori immortalò la scena della battaglia e ciò gli valse l’apprezzamento di Umberto che dimostrò, sempre, viva simpatia per i reduci di quello scontro. Ma cosa successe dopo,
lo stesso giorno.
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sotto Tommaso Francesco capostipite dei
Carignano |
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“Bevi caro che te passa
(la paura)
così diceva una vecchina porgendo una tazza d’acqua -Mia nonna, Margherita Murari aveva allora 16 anni e abitava in Contrada Mantovana a 1 km dal luogo dello scontro. Uditi gli spari (erano le 7 di mattina) corse a vedere e trovò il Principe, alto magro e una vecchia, una certa Pasquali che come lei non era sfollata dalla casa colonica. Questi che non sfollavano mettevano un telo bianco alla porta. Finita la sparatoria la vecchia era uscita a curiosare. Nel frattempo era giunta Margherita e visto il Principe assorto, quasi spettrale, prese un secchio colmo d’acqua e con un mestolo di rame gli offrì da bere.
“Bevi caro, che te passa, Madonna Santa, te si cussì pallido”
e quando ebbe bevuto
“Benon anca questa l’è
passada”. La ragazzina arrivata a casa fu punita.
Due anni dopo a Torino il 22 aprile del 1868 il principe ereditario Umberto di Savoia Carignano sposava la cugina Margherita (figlia di Ferdinando lo zio,
già morto) appena diciassettenne, bionda, alta, abbastanza bella ma con le gambe
un pò corte. |
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Sensibile e orgogliosa ma non dura, profondamente religiosa, conservatrice in politica,
ricoprì egregiamente il ruolo di regina. Mancando la Regina (Vittorio
Emanuele II era vedovo), ai ricevimenti era lei a dare il braccio al vecchio. Qualcuno cercò
anche di sbolognare a Vittorio Emanuele la vedova di Ferdinando al posto della Rosina, cosa che alla vedova sembra non
dispiacesse. Al contrario dispiaceva alla Rosa Vercellana (la bella
Rosina vedi fondo pagina) nominata
poi Contessa di Mirafiori.
Alla giovane coppia, che si era trasferita a Napoli in nome dell'unificazione nazionale, ma anche perché questo era il suo
titolo nella città più grande del Regno, nacque l'11 novembre 1869 un maschio cui naturalmente andò il nome del nonno,
Vittorio Emanuele (poi III) e anche quello di Gennaro !!. Umberto, come il padre, ebbe molte avventure galanti, ad esempio quella con la contessa Cesarini Galli Hercolani, che gli diede un figlio a quattordici anni. La donna del suo cuore fu però
EUGENIA Attendolo Bolognini: alta, formosa, occhi blu e capelli neri.
EUGENIA IN LITTA VISCONTI ARESE era nata il 12
febbraio 1837, da Eugenia Vimercati Sanseverino e dal conte Gian Giacomo
Attendolo Bolognini, raffinato collezionista cui si deve la nascita dei
musei Civici di Milano. La “bella Bolognina”, come veniva designata
Eugenia nei salotti ottocenteschi andò sposa nel 1855 al duca Giulio
Litta della nobiltà antiaustriaca. Quest’ultimo, secondogenito del duca
Pompeo, discendeva da una delle casate più nobili di Milano; fervente
patriota partecipò ai moti rivoluzionari del ’48. La duchessa Litta, ora
donna splendida, che gli austriaci chiamano regina delle oche (in
Austria vengono chiamate così le dame lombardo-venete che agitandosi
pretendono di salvare il Campidoglio dell’italianità) ebbe due figli,
Pompeo e il prediletto Alfonso, che muore nel 1891, avuto dal re
Umberto I. In suo nome e ricordo fa erigere il padiglione Litta
dell’Ospedale Maggiore di Milano. Non lascia nulla ai posteri che possa
servire a una biografia non autorizzata. Muore a Vedano al Lambro alle
soglie della Prima guerra mondiale.
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Umberto,
che riconosceva il carattere parlamentare del sistema politico italiano.
non presiedeva il consiglio dei ministri. Si limitava a ricevere il presidente
del consiglio e, sentita la relazione, a firmare i decreti.
Nonostante questo subì diversi attentati: nel 1878 a Napoli il cuoco Giovanni Passanante tentò di
accoltellarlo; rimase ferito Benedetto Cairoli. Tre mesi prima aveva subito un attentato analogo a Foggia.
Nel 1897, scampato alle coltellate del fabbro Pietro Acciarito disse a
Urbano Rattazzi:
"Quando dal pugnale passeranno alla pistola..." Passarono
infatti alla pistola. Il 21 luglio 1900 un anarchico, Gaetano Bresci, proveniente dall’America
dov’era emigrato, uccise il re con tre colpi di pistola: si dice per vendicare
i moti di Milano del 98 e la medaglia al generale Bava Beccaris. Allestita la camera ardente Margherita fece chiamare la Bolognini e la lasciò sola con Umberto per qualche
minuto. Margherita
morirà nel 1926 (vedi i funerali nella Domenica del Corriere sopra) |
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La bella Rosina, l'altra regina
contessa di Mirafiori e Fontanafredda |
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Nel
1869 quando
Vittorio Emanuele II si ammalò, si temette per la sua vita. Ormai certo di morire il
Re decise di sposare la Rosa Vercellana. Nessuno osò opporsi in un simile
frangente al padre della Patria. Il 18 ottobre i due poterono finalmente sposarsi anche se col solo rito religioso
(cosa che non avrebbe conferito a Rosa nessuno diritto).
Dopo il matrimonio il re guarì !! e per qualche anno i due formarono una coppia
regolare (sposata almeno in chiesa). Il rito civile ha luogo solo il 7 ottobre
1877 3 mesi prima della morte di Vittorio Emanuele II.
Non diventa naturalmente Regina. Gli sopravvive fino al 26 dicembre 1885. Alla
bella Rosina, cui venne negato il diritto di riposare col marito al
Pantheon, i figli innalzarono per lei una copia dello stesso, in un
parco di circa 30.000 mq. Il 4 Aprile 1943 il sepolcro fu profanato
da ignoti in cerca di gioielli e la contessa venne per forza
traslata nel cimitero generale.
http://www.comune.torino.it/circ10/storiadimirafiori/welcome.htm
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