QUEI BERSAGLIERI TEMERARI DELLE MACCHINE VOLANTI

e L'INVENTORE DELLA PATTUGLIA ACROBATICA

Questo capitolo è stato proditoriamente riprodotto nel 2009 da Blog on line non autorizzato alla pubblicazione. Per strane circostanze (e/o rapporti) mai chiarite fra questo e la direzione nazionale della Rivista dei Bersaglieri (Anb) "Fiamma Cremisi" veniva riprodotto sul numero 3/4 del 2011. La mia scoperta della seconda violazione del copyright ha innescato l'ennesimo contenzioso su chi copia e su chi copia da chi ha copiato, catena che può riprodursi all'infinito in mancanza di onestà intellettuale e professionale. "Fiamma Cremisi" provvedeva suo malgrado e in forma molto spigliata alla precisazione, ma tanté i buoi erano già "scappati dalla stalla" e il ci scusiamo non faceva parte dell’etica giornalistica. Le violazioni vengono spesso giustificate con fantasiose motivazioni non ultima quella che i contenuti di Internet sono di tutti. Gente che passa più tempo a elaborare idee degli altri che proprie. Non c'è da stupirsi di come dal lontano 2007 della prima copiatura questo paese sia contemporaneamente scivolato nel ridicolo e nel pressapochismo. La professione giornalistica sarà anche caduta in basso ma un limite alla vergogna non c'è stato.

Che l’aspirazione dell’uomo, fosse quella di emulare gli uccelli, è cosa nota dalla tragedia di Icaro in poi. Di tutte le creature dell’Universo di cui invidiamo le capacità motorie o sensibili, quella degli uccelli era la più difficile da imitare. E’ vero cha a noi in cambio era stata data l "intelligenza”, che avevamo navigato ai quattro angoli della terra, angoli giacché ancora non sapevamo che la terra era rotonda, ma di vedere il mondo dall’alto non se ne parlava.  Dall’alto delle montagne potevamo vedere valli e città, dalle torri (Babele) si poteva vedere il creato, ma nulla in confronto di quello che potevano vedere gli uccelli. Arrivò anche Leonardo, dotato di un notevole cervello, che iniziò a studiare il volo e la natura, tanto da progettare metà dell’aviazione moderna. Ma alla base mancava sempre qualcosa, i cavalli, nello specifico i cavalli di potenza. Arrivò uno che scoprì l’aria calda, (nulla a che vedere con l’altro che di caldo aveva scoperto l’acqua). La scoperta dell’aria calda, che stava sopra a quella fredda, non fu cosa da poco. Con questo principio gira gran parte dell’aria che ci circonda e con la meccanica dei fluidi ci scaldiamo anche le case. Il problema era, se questa girava, come salivamo altrettanto velocemente scendevamo. Nel XV secolo Giovanni da Fontana riporta la prima esauriente descrizione di un pallone ad aria calda frutto dell'idea rimasta senza seguito di un ignoto inventore. E' interessante notare che la descrizione riporta correttamente il principio di funzionamento della mongolfiera, principio ignorato o dimenticato però al tempo dei primi voli umani. Mongolfiera da Montgolfier che in effetti fu il primo a sfruttare il 21 novembre 1783 quelle conoscenze che da “secoli” circolavano sotto varie esperienze. Pilâtre de Rozier e il marchese di Arlandes compirono il primo volo umano non vincolato della storia sorvolando Parigi sotto gli occhi del Re Luigi XVI. Pochi giorni dopo, il 1° dicembre, sempre a Parigi, Jacques Charles e Marie-Noël Robert compirono il primo volo umano libero con un aerostato ad idrogeno, il gas più leggero dell'aria, scoperto nel 1766. Un italiano, Vincenzo Lunardi, segretario dell'ambasciatore del Regno di Napoli a Londra, è l'autore del primo volo umano in terra inglese avvenuto il 15 settembre 1784 con un aerostato preparato dal conte bolognese Francesco Zambeccari. Sempre questo  ideò il pallone a doppia camera con la parte superiore riempita di idrogeno e quella inferiore funzionante come una mongolfiera con l'aria riscaldata tramite un fornello. I suoi esperimenti  furono proseguiti dagli allievi Francesco Orlandi, Vittorio Sarti e Pasquale Andreoli, autore con Carlo Brioschi nel 1808 della prima ascensione scientifica italiana (8200 metri). Gli incidenti erano all’ordine del giorno. Nessuno di questi personaggi si dice sia morto nel suo letto. Coi palloni si esibivano anche saltimbanchi e acrobati con esiti uguali. Da ricordare anche il disastro del capitano Ulivelli, il cui pallone precipitò in fiamme (XIX) a causa di un fulmine o di una scarica elettrostatica, forse la stessa causa che costò la vita a Pilâtre de Rozier. Dopo la prima traversata delle Alpi nel 1849, il primo dirigibile a motore in grado di compiere delle manovre vide la luce nel 1854, ad opera di Henri Giffard. Gli studi proseguirono negli anni successivi, soprattutto per trovare una soluzione al problema dei propulsori che fu definito dai francesi Gaston e Albert Tissandier impiegando un motore elettrico. Il primo dirigibile nel senso moderno del termine nacque nel 1884 grazie a Charles Renard e Arthur Krebs. Anche un italiano, Antonio Vicini, ne rivendicò la primogenitura sulla base di un progetto non realizzato per mancanza di finanziamenti. Con l'invenzione del motore a scoppio di Daimler, i dirigibili cominciarono finalmente ad essere tali, potendo contare su un migliore rapporto tra peso e potenza dei motori installati alle eliche. Nel 1908 l'ingegnere italiano Arturo Crocco inventò il dirigibile semi-rigido, lo stesso che nel 1911 compì ricognizioni su Tripoli, segnando il primo effettivo impiego militare dei dirigibili. Mentre ci si districava attorno a questi giganti del cielo, ingombranti e poco civili, nel senso che non si riusciva a trasportare che pochissima gente, altre persone si dedicavano a quella scoperta che ha effettivamente rivoluzionato il mondo moderno. George Cayley, che per primo individuò il diagramma delle forze di sostegno in aria di un'ala rigida, predisse che il trasporto aereo di persone e merci sarebbe diventato più sicuro per via aerea che per via d'acqua. Dopo diversi tentativi riusciti di volo a vela, i fratelli Wright, raccogliendo le esperienze di Lilienthal (volo a vela) e di altri pionieri europei misero a punto il primo aeroplano a motore che permettesse il volo sicuro di un uomo. In dieci anni studiarono e realizzarono ogni aspetto del loro prototipo, compreso il motore a benzina che sviluppava 12 CV  !!! in 70 Kg. di peso e perfino un tunnel aerodinamico. Il 17 dicembre del 1903 sulla spiaggia di Kitty Hawk nel North Carolina, guidato da Orville Wright, una macchina con un uomo a bordo era riuscita a sollevarsi da terra, aveva proceduto in avanti senza ridurre la velocità, e alla fine era riuscita ad atterrare in un punto alto quanto quello di partenza: distanza 37 metri, durata 12 secondi. Un record allora se si pensa che nello stesso tempo un atleta comune fa oggi 100 metri. Altri voli vennero compiuti nella stessa giornata e Wilbur l'altro Wright, rimase in volo quasi un minuto percorrendo 250 metri. I fratelli Wright avevano continuato a perfezionare i loro prototipi e nel 1908, in Francia presso Le Mans e negli Stati Uniti a Fort Myer nei pressi di Washington, decollavano ciascuno con il proprio mezzo. A questo punto, come era già successo col dirigibile, ci si accorse delle grandi possibilità degli aeroplani nelle operazioni belliche.  La Grande Guerra, che era alle porte, iniziava senza nessun antefatto significativo: si potrebbe dire in "ordine sparso" in quanto a filosofia di impiego. Chi aveva fegato si iscriveva alle scuole di volo, veniva mandato in aria e se era bravo atterrava ed era promosso. Di armi a bordo non si parlava (dopo che qualcuno, montata una mitragliatrice, aveva segato l’elica) ci si limitava a lasciar cadere bombe, in maniera alquanto imprecisa, o con l’arma individuale a sparare all’avversario. Per restare in volo si doveva scegliere quali mani usare per i comandi (di solito ne occorrevano due). Non era infrequente che i piloti si avvicinassero tanto da parlarsi e salutarsi. I duelli, vista la larga partecipazione di Ufficiali di Cavalleria alle scuole di volo,  terminavano quando uno finiva i colpi. Si dicevano - vado e torno aspettami- per scendere a rifornirsi e ricominciare. Fulco Ruffo sale a bordo del suo aereo

Anche molti Bersaglieri si erano uniti a questa schiera di temerari e, pur non raggiungendo la fama di  Baracca e Ruffo, assi della Grande Guerra, ebbero modo di distinguersi in cielo. (La Regina del Belgio, Paola Ruffo è l’ultimogenita di Fulco Ruffo di Calabria, medaglia d’oro (1) e d’argento (2)). http://www.aspeterpan.com/book1/RuffodiCalabria.htm  I loro nomi diranno poco ai più ma fra questi ci sono ben 6 delle medaglie d’oro che onorano il Corpo e l'Aviazone. 

Prospero Freri

Prospero Freri era nato a Napoli  il 25 marzo 1892 ed era diventato ufficiale dei bersaglieri nel 1912; successivamente aveva seguito un corso di pilotaggio (1 dicembre 1914) e cominciato la grande guerra quale pilota di Farman nel maggio 1915.  Una rara immagine di FreriFreri si rese conto della necessità di un paracadute quando in Albania (1917) un suo uomo precipitò al suo fianco sull’aereo incendiato da 2000 sino a circa 300 metri; qui, col gesto della disperazione per le fiamme divoratrici che lo avvolgevano, si gettò dal velivolo in fiamme e si sfracellò al suolo. Se avesse avuto il paracadute! !. Quel fatto lo rimuginò ancora nella mente e stavolta proprio a lui doveva succedere. Il 17 maggio 1921, nel cielo di Capodichino, Freri stava volando a bordo di un vecchio bimotore Caudron G 4, insieme ad un motorista; ed ecco che a 1000 metri di quota di colpo l' aeroplano, forse per la rottura dei comandi del timone, cominciò a precipitare in vite. Inutile dire che la corsa si fermò al suolo, fortunatamente in un bosco. Il motorista sfortunato morì nell' incidente e Freri, ferito in modo grave, decise durante la degenza di dedicarsi a studiare un tipo di paracadute veramente efficace e facile da usare. L’arte del paracadute non era nuova, già si faceva risalire a Leonardo e durante il grande conflitto era stato usato dai palloni d’osservazione per mettersi in salvo e da nuclei speciali di commandos dietro le linee nemiche (uno di questi nuclei era costituito dal Tenente degli Alpini Barnaba paracadutato al di là delle linee austriache, dopo Caporetto). La notte del 9 agosto 1918 invece il tenente degli arditi Tandura fu paracadutato nella zona di Conegliano. Era quello uno dei primissimi lanci in assoluto e il primo per l'ufficiale. Gli inglesi, che c'insegnavano questa nuova specialità, s'erano portati 4 paracadute in tutto. Ci si lanciava con denaro italiano e austriaco e una gabbietta di piccioni per i messaggi. Dietro le linee i commandos degli arditi cercavano di sabotare ponti e ferrovie per far deragliare treni di munizioni e di soldati e cambiare le segnaletiche stradali mettendo nel caos i trasporti austriaci. A quel tempo però i paracadute erano pesanti ed ingombranti e non era assolutamente possibile sistemarli nel piccolo vano del pilota. Dopo qualche dissapore con il suo primo socio di sodalizio l’iniziativa si ricompose con un ingegnere di origine polacca, Giuseppe Furmanik col quale mise a punto il secondo progetto denominato Salvator. Finalmente nel 1926 l' aeronautica militare accettò il "Salvator B" e risolse il problema del salvataggio degli uomini in volo. Le prime unità di paracadutisti nacquero in Libia nel marzo del 1938. Ai corsi si presentarono in gran numero libici delle truppe coloniali per essere ammessi ai corsi e superare le impegnative prove attitudinali. Alla fine furono solamente in 450, insieme ai 30 ufficiali e sottufficiali Italiani a superarle. Come insegnante particolare, nonostante l'età, avevano il Ten. Col. Prospero Freri che gli illustrava l'ultimo modello « Salvator D.37 », allora ancora in uso nei reparti della Regia Aeronautica. Un'altra invenzione di marca Freri fu la motobomba FFF efficace sia contro naviglio in rada che in navigazione. La motobomba FFF, dal nome dei suoi creatori (Freri, Filpa Fiore) derivava dal siluro elettrico, navale (dopo un breve percorso rettilineo in acqua eseguiva una rotta a spirale che andava sempre più espandendosi; un’arma particolarmente adatta contro formazioni navali e grossi convogli o rade portuali), del conte Elia. Il “siluro Elia”, trasformato in bomba d’aereo, giungeva in acqua rallentato nella discesa da un paracadute agganciato al corpo centrale dell’arma. Una volta in acqua, entrava in funzione un sistema di propulsione costituito da un motore elettrico alimentato da batteria a secco che poneva in rotazione un’elica spingente poppiera. Il motore da 3,5 hp imprimeva all’arma una velocità di 6 m/s (circa 12 nodi) per una durata variabile fra i 15 e i 30 minuti. Disponeva di una carica di 120 kg di esplosivo; il diametro del corpo della bomba era di 500 millimetri ed il suo peso totale di 360 kg.; per questo motivo la designazione completa dell’arma fu Mb.FF (120-500-360). I tedeschi chiesero di poter avere una presentazione dell’arma in Germania e l’allora T.Col. Il velivolo di FreriFreri si recò a Travemùnde, sul Baltico, sede del centro sperimentale della Luftwaffe, per gli opportuni accordi. La presentazione fu poi effettuata nel golfo di Lubecca ed ottenne pieno successo, tanto che le autorità germaniche chiesero di poter acquistare un certo numero di bombe prodotte a Roma dalla Ditta Contin. Fu in breve stipulato un accordo in base al quale i tedeschi potevano acquisire 2.000 bombe Mb.FF a condizione che fornissero alla ditta le necessarie quantità di materiali definiti strategici e rari. I tedeschi, per parte loro, acquistarono 2.000 motobombe ed insignirono il colonnello Freri della onorificienza dell’Aquila Imperiale. Quando il 2 dicembre del 43 a Bari gli inglesi e gli americani furono per l'ennesima volta  bersaglio di questo micidiale ordigno (usato dai tedeschi) si piccarono di rintracciare Freri e ci riuscirono 6 mesi dopo quando Roma venne Liberata. Freri  morirà a  Roma il 16 ottobre 1965. http://www.guast.it/forum/topic.asp?TOPIC_ID=534&ARCHIVE= 

 

Federigi Fortunato

Federigi FortunatoFederigi Fortunato era nato a Serravezza (Lu) il 22 febbraio 1901. Parte prima come legionario fiumano fino al gennaio 1921. Chiamato per assolvere gli obblighi d Leva viene incorporato al 3° bersaglieri come sottotenente. Congedato nel 1923, si arruola nell’Aeronautica e consegue il brevetto di pilota da caccia. Congedato, entra in forza alla compagnia aerea Ala Littoria. Capitano nel 1935 chiede di partecipare alla campagna di Spagna. Rimpatriato col grado superiore, farà parte delle forze impegnate nel 1939 in Albania. Richiamato col grado di Tenente Colonnello, fu assegnato al 41° gruppo da bombardamento con sede a Rodi. Da questa sede con Ettore Muti compirono il bombardamento delle isole petrolifere del Barhein nel Golfo Persico il 18 ottobre 1940. Il 4 luglio 1941, sul cielo del Mediterraneo, veniva attaccato e periva in combattimento. Medaglia d’oro alla memoria  

 

 

Bolognesi Domenico

Bolognesi Domenico era nato a Forlì nel 1886. Si arruolò nei bersaglieri prestando servizio attivo al 4°. Già appassionato del volo entrò a far parte delle squadriglie aeree costituite durante la prima guerra mondiale. Compagno di molti assalti con Baracca, raggiunse anche la Francia  dove i nostri stavano combattendo. Nel settore italiano di Bligny conseguì per le sue ardimentose azioni tre riconoscimenti francesi. Morì durante un collaudo a S. Marinella di Roma nel 1930,  alla vigilia di essere promosso Generale.

 

 

Mercanti ArturoMercanti Arturo

Mercanti Arturo era nato a Milano il 15 Aprile 1875 da genitori Bresciani. Appassionato d'automobilismo è fra i primi a studiare il fenomeno aeronautico e nel 1908 vola anche coi fratelli Wright (non pilota) e organizza in Italia le prime manifestazioni aeronautiche. Grande organizzatore, si occupa anche dei volontari ciclisti e automobilisti (è segretario generale del T.C.I.) e della motonautica, allora in fasce. Già ufficiale dei Bersaglieri, allo scoppio della grande guerra viene richiamato all’11° reggimento col quale resta ferito due volte. Promosso capitano nel 1917 chiede di prendere il brevetto da pilota e di passare in forza alle squadriglie. Grande organizzatore anche qui si distingueva per la sua opera al Commissariato, conseguendo una promozione al grado superiore. Terminava la guerra in vari reparti dalla Dalmazia a Costantinopoli, dalla scuola di Aviazione al fronte Francese. Rientrato nel settembre del 1919 al Corpo veniva collocato in congedo a disposizione. Continuò da civile ad occuparsi di aeronautica e concorse nel 1928 alle operazioni di soccorso a Nobile al Polo Nord. Nel 1935, oltre i limiti di servizio, otteneva di essere richiamato per l’Etiopia dove gli veniva assegnato un incarico all’autogruppo.  A guerra ormai conclusa, in servizio su un treno fra Addis Abeba e Dire Dawa, subiva un assalto di bande irregolari a Less Addas (Dire Dawa). La sua fama di lottatore non si smentiva e, come John Wayne nei miglior film western, imbracciava un fucile si metteva a sparare agli assalitori. Cadeva colpito a morte e alla sua memoria gli veniva conferita la medaglia d’Oro. 6/7/1936.

Liotta Aurelio

Nato a S. Agata di Militello (ME) il 10 novembre 1886 da Ignazio e Pirrone Maria. Frequenta la scuola militare di Modena ed esce sottotenente il 4/9/1908 con assegnazione all’8° Reggimento Bersaglieri. Partecipa alla guerra di Libia meritandosi un encomio. Allo scoppio del conflitto fa parte del battaglione ciclisti e alla promozione a Capitano rientra al III btg. ordinario dell’8°. A gennaio del 1916 chiede di essere ammesso alla scuola di pilotaggio a Cameri e a Venaria Reale. Promosso Maggiore, dopo un periodo passato da insegnante, rientra ai reparti di linea in Albania al comando dell’8° gruppo prima, poi della 116° squadriglia. Nel 1923, all’atto della costituzione della Forza Aeronautica, col grado di Tenente Colonnello ricopre diversi incarichi di stato maggiore. Nei successivi gradi si occupa della 3° zona aerea, degli aeroporti (costruzione) e del Reale Aero Club d’Italia come commissario straordinario. Promosso generale di divisione nel ’33 poi di squadra Aerea assume nel 1936 il comando dell’aviazione in A.O.I.. Liotta Aurelio

Attentato a Graziani. ......Un secondo ordigno sfiora ancora le autorità italiane, ma un terzo colpisce in pieno il Viceré, esplodendo alle sue spalle e riempiendo il suo corpo di ferite. Graziani cade a terra, riverso in una pozza di sangue, mentre tutto intorno a lui si scatena la strage. Vengono lanciate altre bombe, 7 o 8 secondo i primi rapporti, più tardi si parla di 18 . Si contarono sette morti e una cinquantina di feriti. Fra di essi il generale Liotta, cui fu amputata una gamba e che perse la vista da un occhio..... Nel 1939 (aprile) venne nominato Senatore.

Le gravi ferite riportate gli valsero la medaglia d’Oro militare aeronautica di lunga navigazione aerea di 1° grado  ma lo resero inabile al servizio aprendogli le porte della carriera diplomatica come addetto militare aeronautico a Berlino (4 aprile 1938). Allo scoppio della II guerra mondiale riprende il comando dei servizi aerei speciali fino al 1941. Morirà a Messina il 26 marzo 1948 dopo essere stato epurato e spogliato (18/01/1945) del titolo di Senatore dall’alta Corte di Giustizia per le Sanzioni contro il Fascismo (ACGSF).

Onorificenze: Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia 7 aprile 1918
Cavaliere ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia 15 ottobre 1923
Commendatore dell'Ordine della Corona d'Italia 27 ottobre 1930
Grande ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia 20 dicembre 1934
Cavaliere dell'Ordine dei S.S. Maurizio e Lazzaro 1° luglio 1926
Cavaliere ufficiale dell'Ordine dei S.S. Maurizio e Lazzaro 3 giugno 1932
Commendatore dell'Ordine dei S.S. Maurizio e Lazzaro 4 giugno 1936
Cavaliere ufficiale dell'Ordine militare di Savoia 5 settembre 1936, 19 febbraio 1937
Grande ufficiale dell'Ordine coloniale della Stella d'Italia 13 maggio 1937
Commendatore della Legione d'onore 29 luglio 1937

Altre decorazioni: Croce al merito di guerra (2); Medaglia commemorativa della guerra 1915-1918; Medaglia d'argento al valore militare (2); Medaglia militare aeronautica di lunga navigazione aerea di 2° grado (argento); Croce d'oro per anzianità di servizio;

 

Leotta EugenioLeotta Eugenio

Leotta Eugenio. Nato a Zafferana Etnea (CT) il 9 giugno 1903 assolve gli obblighi di leva nell’8° reggimento come ufficiale di complemento. Nel 1925 ottiene il passaggio in aeronautica come pilota da caccia. Promosso tenente frequenta la scuola di navigazione aerea di alto mare, con il successivo incarico ai reparti dell’Egeo. Nel 1935, col grado di Capitano, comanda la 103° squadriglia da Caccia in A.O.I. e nel 1937 un similare gruppo in Spagna. Promosso per meriti di guerra nel 1941, dopo aver comandato un gruppo al 4° stormo “Baracca” e svolto funzioni al tribunale militare,  ritorna allo Stormo come comandante e opera sui cieli di Malta dal dicembre 1940. Per le azioni nel Mediterraneo e a Malta, dove trova la morte il  25 ottobre 1941, gli viene conferita la medaglia d’Oro. E’ accreditato di 5 vittorie.

 

Renato Sandalli

Renato Sandalli nasce a Genova il 25 febbraio 1897; sottotenente (bersagliere) di complemento  dal febbraio 1916, viene ascritto al servizio permanente a partire dal novembre 1916 per merito di guerra (è stato insignito di due medaglie d'argento ed una di bronzo al valor militare). Viene nominato pilota di aeroplano nel gennaio del 1921 e pilota militare l'ottobre successivo. Dal maggio del 1922 al giugno del 1924 ha fatto parte del Comando scuole aviatori di Capua, del 3° Raggruppamento aeroplani da ricognizione e della 131a Squadriglia di Ciampino; nell'ottobre del 1923 ha cessato di appartenere ai ruoli del R. Esercito per entrare in quelli del Corpo di S.M. della R. Aeronautica. In periodi successivi ha ricoperto incarichi presso il 20° Stormo aeroplani da ricognizione, il Centro equipaggi della R. Aeronautica, del 21° Stormo, Renato Sandalli fonte Aeronautica Militaredell'Aviazione della Somalia, del 1° Stormo, della Scuola caccia, dell'Ufficio di S.M. della R. Aeronautica;  dal novembre del 1934 al settembre del 1936 ha comandato il 9° Stormo da bombardamento; dall'ottobre 1936 al settembre del 1937 è stato responsabile dell'Aeronautica dell'Africa Orientale, per passare successivamente alla Direzione del materiale e degli aeroporti della stessa area. Dal gennaio del 1939 al gennaio 1949 ha comandato il 1° Centro sperimentale della R. Aeronautica, per passare poi all'Aeronautica dell'Albania e quindi allo Stato Maggiore come capo della Segreteria Tecnica. In seguito alla caduta del fascismo, entra nel Gabinetto Badoglio come Ministro dell'Aeronautica incaricato anche delle funzioni di Capo di Stato Maggiore della R. Aeronautica, dal 27 luglio al 18 giugno 1944, mantenendo i due incarichi con il grado di generale di divisione aerea, anche dopo il trasferimento del governo al sud in seguito all'8 settembre. Dopo la fine della guerra è stato comandante della 1ª Z.A.T. dal 49 al settembre 1951. Ha presieduto la Sezione aeronautica del Consiglio superiore delle Forze Armate dal dicembre 1954 al febbraio 1955. È morto a Roma il 23 ottobre 1968  

 

Giovanni De Alessandri

Nato a Milano nel 1895 e chiamato alle armi il 12 gennaio 1915, partecipa alla grande guerra con l'11° bersaglieri come aspirante Ufficiale. Rimane ferito nel primo anno di conflitto e alla promozione a sottotenente l'anno successivo viene trasferito al Corpo Truppe Coloniali (CTC). Qui prende servizio al XIII battaglione Eritreo di stanza in Libia. Al termine del conflitto col grado di Tenente viene posto in congedo. ..... Nel 1928, a richiesta viene richiamato ed entra in aeronautica nei ruoli tecnici con pari grado. Non si conosce il suo incarico (si presume osservatore - ricognizione strategica... ?). Nel 1931 è Capitano. In seguito a processo disciplinare tenuto a Bologna nel 1935 (non si conosce anche qui il reato) viene destituito dal grado e dalle funzioni. Chiede allora di entrare da soldato semplice nella divisione Peloritana destinata all'Etiopia. Raggiungeva a Mogadiscio il 3° reggimento e ripercorrendo la carriera ufficiale si poneva al comando di una centuria della banda Pellizzari alla fine del 1936. Con questa a Chevenna il 20 gennaio 1937 perde la vita in uno scontro. Citiamo dalla motivazione al Valore Militare alla memoria (oro) e dalle sue ultime parole. "......Non ci sarà nessuno, domani avanti a me. Vi farò vedere come combatte un italiano".
«Capitano retrocesso volontario in Africa Orientale volle con fermo costante proposito redimersi e gettare fra il passato e il presente il suo corpo a prova del pentimento a purificazione dello spirito per lasciare all'adorata figlia un nome onorato. Pregò il superiore di affidargli posto d'onore, pregò il destino di aiutarlo alla meta. Al comando centuria di una banda la comandò in modo ammirabile, esempio di coraggio, freddo sprezzo del pericolo, sempre in piedi temerariamente sfidando la morte che desiderava come purificatrice. Rimproverato alla vigilia di un aspro combattimento dal comandante perché nella lotta si esponeva troppo, estraendo dal portafoglio il ritratto della figlia "lo giuro su questa" disse "ch'ella non avrà a lamentarsi di avermi ricevuto alla banda. Non ci sarà nessuno domani davanti a me e farò vedere come combattono gli italiani". E mantenne la promessa. In un furioso attacco contro un nido di mitragliatrici scatta per primo, si lancia con pugnale e bombe a mano e ferito più volte cadono i suoi intorno a lui ma in ultimo sforzo giunge all'arma nemica, pugnala il tiratore e col nome della figlia sulle labbra sorridente si abbatte sull’arma nemica. Il corpo è crivellato di ferite, l'anima è in cielo, il nome è di un eroe.» Chevenna 20 gennaio 1937
Nel 1938 con R. Decreto viene riabilitato e reintegrato nel grado di capitano (postumo)
-Immagine: la foto ci è stata fornita da Niccolò Figundio al lavoro per ricostruire la sua e altre storie di volontari di guerra. Le mostrine dovrebbero riferirsi al Corpo Truppe Coloniali e il Fregio da Bersagliere portare il 13 non come reggimento Bersaglieri di provenienza ma come XIII Eritreo. Gli ufficiali continuavano a portare molto del corpo di provenienza. Il suo nome risulta scolpito nella lapide alla stazione di Milano dedicata ai ferrovieri caduti: presumiamo che abbia lavorato in qualche ruolo operativo o tecnico nel lasso di tempo che va dalla fine della Grande Guerra (smobilitazione) al 1928. Il suo curriculum (come succede con altri documenti) finisce per fortuna in una cartella polverosa della Associazione Volontari di Guerra in cui viene reperito. A Milano gli viene intestata una via ma non si conoscono iter e eventuali notizie a disposizione della autorità locale (richieste). Il sottoscritto ha scritto e telefonato a tutti i De Alessandri della Lombardia per cercare di rintracciare qualche lontano parente, avendo lui solo una figlia. Ma l’esito è stato negativo. Ricerca sospesa in attesa di avere eventualmente il suo fascicolo processuale dal Tribunale Militare ex di Bologna ora La Spezia.

 

 

FREGIO DEI BERSAGLIERI IN SERVIZIO AERONAUTICO E AEROSTIERE       PARACADUTE SALVADOR

 

Mario Aramu

Mario Aramu.  Nato a Cagliari il 7 aprile 1900, a diciotto anni entrò come allievo ufficiale di complemento nella scuola militare di Caserta; quattro anni dopo era già in Aeronautica. Nel 1924 prese il brevetto di pilota d’aereo e nel ’30 ottenne i gradi di capitano. Dal 1934 al ’36 fu in Cina con la missione aeronautica italiana. Promosso tenente colonnello per le attività svolte durante la guerra di Spagna, diventò capo della Divisione addestramento. Colonnello a scelta assoluta, nel ’40 fu il comandante del 9° Stormo da bombardamento sul fronte libico così formato: Col. pil. Mario Aramu, Comandante, 
Ten. Col. Italo Napoleoni, Comandante del 26° Gruppo, 
Ten. Col. Guglielmo Granjacquet, Comandante del 29° Gruppo. 
Il 31 luglio del 1940 il 9° si trasferisce ad Alghero per un breve periodo operativo durante il quale effettua varie azioni esplorative sul Mediterraneo alle dipendenze della Va Divisione "Eolo" e rientra a Viterbo l'11 agosto del 1940. Ripartito da Alghero nel settembre successivo, raggiunse il giorno 11 l'aeroporto di Castel Benito, e qualche giorno dopo quello di Derna sempre in Libia. Da Derna e, successivamente, da Gambut, Martuba e Benina opera intensamente durante uno dei periodi più impegnativi che le nostre truppe in Africa Orientale, attraverso alterne vicende, sono costrette ad affrontare. Compie bombardamenti diurni e notturni su accampamenti, depositi, impianti ferroviari, porti, navi alla fonda, effettuando numerose azioni di ricognizione strategica. Il valore ed il grande sacrificio di vite umane e di mezzi che segnarono la partecipazione del 9° Stormo a quel ciclo operativo nei cieli del Mediterraneo, dell'Egitto e della Marmarica, sono appuntati alla motivazione della medaglia d'Argento al Valor Militare di cui è decorata la sua bandiera e nella quale ancora possiamo leggere: “….. Fra gli eroici piloti caduti in questo periodo, tre vanno decorati alla memoria con
Medaglia d'Oro al Valore: il Comandante di Stormo Mario Aramu, Morto nei cieli della Marmarica il 17 dicembre 1940, Il Comandante del 29° Gruppo Ten. Col. Granjacquet ed il comandante della 63° Squadriglia Cap. Victor Hugo Girolami”. 

Mario Aramu:Colonnello pilota, navigatore tra i più audaci, eroico legionario di Spagna, alla testa del suo stormo scagliato contro il nemico, cui non aveva concesso tregua in tanti giorni di prove supreme, cadeva in combattimento nel cielo marmarico dopo prodigi di valore. 17/12/1940. Ancora una volta si distinse per coraggio e capacità nel fronteggiare le offensive inglesi. Per quattro giorni volò senza sosta e non rinunciò neppure quando il suo comandante lo invitò a riposarsi. Il 16 dicembre 1940, pur disponendo di forze minori, volle comunque combattere il nemico, finché cadde sotto il fuoco dei velivoli inglesi. Gli venne assegnata alla memoria la medaglia d’oro al valor militare “sul campo”. Al colonnello Aramu è intitolato l’aeroporto militare di Alghero. "Dopo mesi e mesi di una guerra vissuta nelle aspre solitudini africane, dove la lotta contro gli elementi non è meno dura della battaglia contro il nemico, dopo essersi a lungo prodigati in superba, tenace ed eroica azione sulle navi, sulle basi e sulle fortificazioni nemiche, i suoi equipaggi, durante la battaglia del deserto, scrivevano pagine di gloria nel cielo della Marmarica. Intervenendo direttamente nell'azione, attaccando di giorno e di notte, ed in avverse condizioni, appostamenti, truppe e reparti corazzati non senza duri e sanguinosi sacrifici culminati con l'olocausto del comandante, infliggevano perdite gravissime al nemico concorrendo validamente ad arginarne la marcia. Cielo del Mediterraneo, dell'Egitto e della Marmarica, dicembre 1940" 

Three Italian bombers failed to return after having been attacked near Sidi Omar, one flown by the Stormo commander Colonello Mario Aramu, one flown by the commander of the 29o Gruppo B.T, Tenente Colonello Grandjacquet and the third flown by Capitano Girolami, commander of the 63a Squadriglia. Three other were badly damaged. The Italian bombers claimed five British fighters shot down. 

Bollettino di guerra n. 194. Nella zona di frontiera cirenaica le truppe nemiche, per il logorio e le perdite subite, hanno rallentato nella giornata di ieri — nona della grande battaglia — la loro pressione. Le nostre artiglierie hanno efficacemente battuto reparti di mezzi meccanizzati nemici, mentre le nostre formazioni aeree hanno bombardato unità corazzate più lontane. L’incrociatore nemico silurato dinanzi a Porto Bardia, di cui al bollettino n. 193, è stato visto capovolgersi e affondare. Gli aerosiluranti affondatori erano al comando del capitano pilota Grossi e del tenente pilota Barbani, coadiuvati dagli osservatori tenenti di vascello Marazio e Riva. Nostri apparecchi hanno bombardato navi da guerra inglesi presentatesi davanti a Porto Bardia. L’aviazione da caccia avversaria ha contrastato l’azione dei nostri bombardieri, che hanno abbattuto un apparecchio Glouchester. Nostre formazioni da caccia, di scorta ai bombardieri, hanno impegnato combattimento con la caccia nemica: un Hurricane è stato abbattuto; un nostro apparecchio da caccia non è rientrato. Dei cinque apparecchi nazionali che nel bollettino n. 193 erano stati dati come perduti, due hanno fatto rientro alla base. Fra i tre apparecchi che si possono ritenere definitivamente perduti è anche quello del colonnello Aramu, due volte Atlantico, bombardiere di eccezione, che alla testa dello stormo aveva diretto l’azione.

Ma il più famoso in assoluto, sia per l’opera che per le intuizioni, è Rino Corso Fougier

Rino Corso Fougier nasce a Bastia in Corsica il 14 novembre 1894. Arruolatosi come allievo Ufficiale di complemento il 31 dicembre 1912, è nominato Sottotenente e presta il servizio di prima nomina come Bersagliere ciclista. Allo scoppio della prima guerra mondiale è mobilitato con il 7° Reggimento Bersaglieri, dimostrando ardimento e coraggio; il 23 giugno 1915, in una missione di ricognizione presso le cave a nord-ovest di Seltz, viene ferito dallo scoppio di una mina, ma riesce a continuare la sua missione. Per questa azione è stato decorato della medaglia d’argento al valor militare. Il 29 giugno 1916 chiede di entrare al Battaglione Scuole Aviatori come aspirante allievo pilota: a Venaria Reale fa pratica su Blériot e a Cascina Costa su Aviatik e S. 200. Consegue il brevetto di pilota il 26 ottobre 1916 e quello di pilota militare il 4 febbraio 1917. Le missioni di volo che compie sono essenzialmente di ricognizione, ma non mancano anche i combattimenti aerei. Assegnato il 6 marzo 1917 alla 113a squadriglia, il 20 maggio 1917 viene ferito in un combattimento aereo sopra i cieli di Bainsizza, quando viene attaccato da tre aerei nemici. Rimane ferito e gli viene concessa sul campo la seconda medaglia d’argento al valor militare. Una terza medaglia d’argento al valor militare gli verrà conferita per il periodo marzo-novembre 1918. Il 10 agosto 1917 è alla 181a squadriglia e pochi giorni dopo (il 23 agosto) viene promosso Capitano dei Bersaglieri. Il 24 agosto 1918 è assegnato all’83a Squadriglia di stanza a Poianella, fino a quando l’11 aprile 1919 passa alla 87a Squadriglia Serenissima a San Pelagio, Aquileia, Aiello, rimanendovi fino al 2 settembre 1919. Il 10 aprile 1921 è effettivo ai corpi aeronautici e il 16 ottobre 1923 cessa di appartenere ai ruoli del R. Esercito per entrare in quelli del Corpo di Stato Maggiore della R. Aeronautica. Nel frattempo è stato promosso Maggiore il 15 settembre 1925 e Tenente Colonnello il 21 luglio 1927. Diviene comandante del 1° stormo il 1° giugno 1928 e vi rimane fino al 1° giugno 1933 quando assume il comando della 3a Brigata Aerea. E’ particolarmente attento alla preparazione di uomini e mezzi, trascurando talora i doveri d’ufficio ed è appunto di questo periodo la sua idea di creare una pattuglia acrobatica. Il Col. Fougier convince i vertici delle Forze Aeree che un pilota militare deve essere, innanzitutto, un vero sportivo per manovrare efficacemente il suo aeroplano nelle operazioni al fronte. L'onore di raccogliere questa eredità e di rappresentare l'Italia nelle competizioni aeree nazionali ed internazionali fu inizialmente assegnato, a rotazione annuale, a squadre formate all'interno dei vari Stormi. Formazioni come "Lancieri Neri", "Cavallino Rampante", "Getti Tonanti", "Diavoli Rossi" e "Tigri Bianche" sono ora nella leggenda. Nell’aprile 1934, per esplicita richiesta dell’allora comandante della Libia, Italo Balbo, viene messo a disposizione del governo della Tripolitania e dal 1° luglio 1935 al 16 dicembre 1937 è comandante dell’aeronautica della Libia (il 17 febbraio 1936 è promosso Generale di divisione aerea). Oltre che ad operazioni nell’Africa Orientale, ha partecipato anche alla guerra di Spagna. Viene promosso Generale di squadra aerea (3a) il 14 aprile 1939. Il suo compito è connesso con la mobilitazione in vista della guerra, in particolare per il fronte occidentale: mantiene questo incarico fino al 15 giugno 1941, con un’interruzione fra il 10 settembre 1940 ed il 28 gennaio 1941, quando comanda il Corpo Aereo Italiano in Belgio. Il 15 novembre 1941 è chiamato a ricoprire l’incarico di sottosegretario di Stato all’Aeronautica e di capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica.  Promosso generale di armata aerea il 28 ottobre 1942, è stato rimosso dagli incarichi di sottosegretario e di capo di Stato Maggiore alla caduta del fascismo. È morto il 24 aprile 1963.

Alla fine del 1960, lo Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare Italiana , rispolverando le esperienze di Fougier, decise che era venuto il momento di istituire una Pattuglia Acrobatica Nazionale con sede permanente sulla Base di Rivolto del Friuli. In seguito a ciò venne fondato il 313° Gruppo Addestramento Acrobatico, meglio conosciuto come Frecce Tricolori. La formazione è costituita da nove velivoli più un solista ed è perciò la pattuglia acrobatica più numerosa, nonché una delle più prestigiose, al mondo. Le Frecce Tricolori possono essere a tutti gli effetti considerate le eredi delle formazioni acrobatiche uscite dalla scuola di Campoformido intorno al 1930.

(I profili biografici di Fougier e degli altri sono rielaborati dal sito Ufficiale dell'Aeronautica).

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