«Restare nell'ignoranza di ciò che accadde prima che fossimo nati significa rimanere per sempre bambini» Cicerone

«Chi controlla il passato, controlla il presente» George Orwell

«Chi sbaglia storia, sbaglia politica» Giovanni Cantoni

«La storia è politica sperimentale» Joseph de Maistre

La storia è racconto o scienza?

Io mi chiamo Paul Ginsborg*, sono uno storico inglese, vivo a Firenze e insegno Storia dell'Europa contemporanea all'Università degli Studi di Firenze. Luogo della lezione il Liceo Classico Plauto di Roma (Spinaceto). 

Oggi discuteremo di un problema sicuramente non facile da trattare: la Storia è un racconto o è una scienza? 

La Storia ha sicuramente un legame oggettivo con i fatti, un legame che può spingerla a godere di una assimilazione al metodo scientifico vero e proprio, poiché essa non può prescindere dalle fonti, dai documenti, dalle testimonianze, che possano fungere da prove, giustificando qualsiasi tipo di spiegazione storica. Esse sono fonti che dovrebbero essere pubblicamente consultabili e controllabili. Un elemento centrale della definizione dell'impresa scientifica è che la scoperta della verità possa essere sempre il risultato di ricerche aperte ad una o più potenziali confutazioni sulla base di prove e di fatti a loro volta argomentabili con lo stesso metodo. Ma il metodo storico è anche un metodo narrativo: la Storia racconta vicende, non presenta i fatti come il semplice esito di connessioni causali, ma come il frutto di scelte, di idee e di valori umani……La verità dei fatti potrebbe, infatti, assumere aspetti completamente diversi. Gli eventi storici hanno sicuramente bisogno di essere riportati alla propria materialità, al loro semplice accadimento, ma rappresentano anche scelte e dimensioni della vita umana soggettiva e la loro comprensione richiede che essi vengano fatti nostri immaginativamente. In che modo la Storia riesce a comporre queste esigenze in conflitto tra loro?

STUDENTESSA: È possibile identificarsi realmente con i protagonisti di uno scenario storico o calarci all’interno di un periodo, per poterne, consequenzialmente, capire la natura storica? Ed è possibile fare tutto ciò pur avendo sensibilità personali diverse da quelle dei protagonisti di un periodo lontano da noi?

(Ndr: Diceva la Fallaci, a parziale verità, la storia è quella che si scrive sul momento, quella scritta dopo è un adattamento politico-istituzionale)

Questa è una bella domanda. Sicuramente non è facile riuscire a "calarsi nei panni degli altri", ma in questo, se vogliamo, consiste tanta parte dell'arte dello storico: riuscire ad immergersi fino in fondo in un'altra era e in un altro tempo. È molto difficile e bisogna stare molto attenti su un punto molto delicato: per quanto uno studioso possa andare in archivio, leggere i documenti, raccogliere delle testimonianze, egli non fa altro che leggere i manoscritti redatti in un altro tempo e tutte le possibili informazioni che quel manoscritto potrebbe recare con sé, si incontreranno sempre con la personalità di quello studioso. Il quale dovrebbe sempre chiedere a sé stesso, in prima persona: "Tu chi sei, da dove vieni, da quale famiglia discendi, che cosa leggi abitualmente?" La risposta a queste ed ad altre domande, ovviamente, sarà il filtro attraverso il quale la sua interpretazione di tutto quello che sta leggendo in quei documenti passerà inevitabilmente. Esiste una tensione fra i documenti che sono rimasti alla portata dei posteri e la persona che viene a consultarli. Non si può mai arrivare alla pura obiettività, perché la rilevanza interpretativa della persona esisterà sempre (per fortuna), altrimenti la Storia potrebbe diventare, semplicemente, una pura cronaca di avvenimenti. Ma anche realizzare una cronaca fedele non è mai semplice quanto possa apparire. Nell'Ottocento non era possibile registrare la voce delle persone, tanto meno fare qualcosa come andare nelle campagne francesi a parlare con i contadini. Ora è possibile fare questo ed altro; è quello che viene chiamata "Storia orale". Presenta delle difficoltà per quanto riguarda la questione dell’accertamento della verità, come, del resto, tutti i problemi metodologici della Storia. Quello che il contadino intervistato potrebbe raccontare allo storico è vero o non è vero? Cos'è la verità? Queste sono grandi domande. Ma anche quando un poliziotto, nell'Ottocento, chiamato ad indagare in una campagna su un caso di furto redigeva nel proprio rapporto il resoconto del contadino, di nuovo, anche in quel caso, si poneva lo stesso problema della verità. Quel contadino era sincero o meno? 

STUDENTE: Secondo Lei anche i libri di testo, come i manuali scolastici di Storia, possono portare un contributo fondamentale all'apprendimento della Storia da parte di un ragazzo?

Questa è una domanda provocatoria. I manuali di storia, secondo me, (almeno la maggioranza dei manuali) sono noiosissimi. Sono sicuro del fatto che Voi siate d'accordo a questo proposito. In essi si studiano lunghe liste di fatti. Portano senz'altro un contributo conoscitivo, perché viene comunque presentata una lista di fatti, però non portano, sicuramente, lo studente a diventare entusiasta della Storia che studia. Il manuale, come strumento di studio, è una scelta abbastanza obbligatoria, però il fascino della Storia resta sempre da qualche altra parte, certamente non all’interno di un manuale. Un gioco molto interessante che si potrebbe fare (non so se voi potreste farlo con i Vostri insegnanti) consisterebbe nel prendere e consultare i manuali di Storia del periodo fascista per fare una comparazione di questi manuali con i Vostri manuali. Cosa potrebbero raccontare quei manuali di quel periodo storico di certe determinate vicende? In che cosa sono diversi? Che menzogne cercano di raccontare? E ancora: nei Vostri manuali vi sono delle menzogne o no? Sono migliori, sono più onesti? Questa potrebbe essere una cosa molto interessante da fare. 

Pokrovskij, accademico russo «la storia è la scienza più politicizzata tra quelle esistenti perché è la politica di oggi proiettata nel passato»

  L’uomo "guarda" mentre la società "vede".
Maurice Halbwachs (Reims 1877- Buchenwald 1945) proviene da una famiglia borghese e il padre è un insegnante di tedesco. Dopo il liceo si iscrive all’università, dedicandosi agli studi filosofici giuridici e sociali. Appena conseguito l’ Agrégé de Philosophie, viene nominato Maître de Conférences presso l’università di Caen. Nel 1919, diviene professore di sociologia a Strasburgo. Nel 1935 viene chiamato alla Sorbona per insegnare la stessa disciplina. Viaggia molto. Nel 1938 viene nominato presidente dell Institut Français de Sociologie. Nel 1944 passa al Collège de France, come titolate della cattedra di Psicologia collettiva. Nel luglio dello stesso anno viene arrestato dalla Gestapo, insieme al figlio. Halbwachs viene prima internato a Fresnes e poi deportato a Buchenwald, dove muore nel 1945. «L 'histoire peut se représenter comme la mémoire universelle du genre humain. Mais il n y a pas de mémoire universelle. Toute mémoire collective a pour support un groupe limité dans l'espace et dans le temps. On ne peut rassembler en un tableau unique la totalité des événements passés qu'à la condition de les détacher de la mémoire des groupes qui en gardaient le souvenir, de couper les attaches par où ils tenaient à la vie psychologique des milieux sociaux où ils se sont produits, de n'en retenir que le schéma chronologique et spatial. Il ne s'agit pas de les revivre dans leur réalité, mais de les re piacer dans les cadres dans lesquels l'histoire dispose les événements, cadres qui restent extérieurs aux groupes eux-mèmes, et de les définir en les opposant les uns aux autres. [. . .}, ce qui lui permet de les relier les uns aux autres, comme des variations sur un ou quelques thèmes. Ainsi seulement, elle réussit à nous donner une vision en raccourci du passé, ramassant en un instant, symbolisant en quelques changements brusques, en quelques démarches des peuples et des individus, de lentes évolutions collectives. C'est de cette façon qu'elle nous en présente une image unique et totale»

La storia può essere raffigurata come la memoria universale del genere umano. D’altra parte non esiste una memoria universale unica. Ogni memoria collettiva può essere supportata da un gruppo limitato nello spazio e nel tempo. Non è possibile delineare in un unico quadro la totalità degli avvenimenti passati se non si staccano dalla memoria dei gruppi che ne conservavano il ricordo, se non si recidono i legami che li collegavano alla vita psicologica dei gruppi sociali ove si erano verificati, se non si trattiene unicamente lo schema temporale e spaziale. Non si tratta di riviverli nella loro realtà, ma di rimetterli negli scomparti nei quali la storia dispone gli avvenimenti, scomparti che permangono estranei agli stessi gruppi, ed infine , confrontandoli gli uni con gli altri, di definirli correttamente. (….) la qual cosa permette di collegarli gli uni agli altri, come delle variazioni su uno stesso o su più temi. Solamente in codesto modo la storia riesce a darci una visione sintetizzata del passato, riordinando in un istante, producendo eventi simbolici dopo qualche brusco cambiamento, dopo qualche spostamento di popoli e di individui, di graduali evoluzioni collettive. È in questo modo che ci viene rappresentata una immagine veramente unica e completa. Trad. Brunilde Corazza
   

*Paul Ginsborg, nato nel 1945, è Fellow del Churchill College di Cambridge, nella cui Università ha insegnato presso la Facoltà di Scienze Sociali e Politiche. In Italia ha avuto incarichi di insegnamento alle università di Torino e Siena, dove attualmente detiene una cattedra. Pubblicazioni: E' autore, tra l'altro, di: Daniele Manin e la rivoluzione veneziana del 1848 - 49; Feltrinelli (1978)
· Storia d'Italia dal dopoguerra ad oggi; Einaudi (1989)
· Con Massimo D'Alema Dialogo su Berlinguer; Giunti (1994)
· L'Italia del tempo presente. Famiglia società civile, Stato 1980-1996; Einaudi (1998)

la lezione di Ginsborg continua al sito http://www.emsf.rai.it/grillo/trasmissioni.asp?d=343

http://cronologia.leonardo.it/linklib4.htm Luci e ombre della storia: perchè ignorarle: la storia a senso unico

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