PICCOLE STORIE - DIARI MINIMI

Testimonianze e racconti raccolti in forma di Diario da alunni della 2a B dell’I.T.C.G. Baggi di Sassuolo, Preside Prof. Giulio Menetti, curate dalla Prof. Maria Luisa Bompani e dalla Prof. Patrizia Schianchi

  ENZO E I SUOI AMICI

Spezzone tratto dalla prefazione della Prof. M. Luisa Bompani

 

 

 

  

Questo libro è il risultato di un lavoro fatto con allieve della 2° B Igea dell’ITCG Baggi. Lo scorso anno scolastico (quale ndr.?)  ho chiesto alle ragazze di farsi raccontare una storia che riguardasse una persona anziana, preferibilmente nonno e nonna, della loro famiglia. Sono così comparse sulla scena di un vero palcoscenico, allestito per l’occasione nell’Aula Magna (!!!), adolescenti che si sono messe letteralmente nei panni delle loro nonne o che hanno narrato, portando anche oggetti e fotografie, vicende che chi aveva raccontato non voleva dimenticare. Le cose, sono poi andate per le lunghe, il che è del tutto normale, come sa bene chi lavora con gli studenti proponendo un’attività creativa che non entra nel conto dei voti e dei giudizi finali (ndr:!!! Le cose fatte per piacere risultano sempre migliori di quelle obbligate).  Insomma, con un bel debito formativo, ci siamo ritrovate quest’anno a concludere il lavoro……Certo, se in questa breve presentazione facessi la professoressa, lo saprei, ma qui io parlo come una persona che si è sorpresa, commossa, ascoltando e poi leggendo le vicende che potevano sparire, come le persone che le hanno vissute… Allora ho sentito che vale sempre la pena ricordarsi del compito prezioso che è affidato alla letteratura:….

NDR: Tra le tante cose che compero e che purtroppo spesso non leggo o non finisco di leggere c’è un libricino edito in data indefinibile (non è rilevabile dal testo) e finito con altri nel dimenticatoio. In un ritaglio di tempo, o per meglio dire in una ventata di riorganizzazione e pulizia, l'ho ripescato perché una cosa su tutte mi aveva incuriosito: La foto di copertina stampata al rovescio !?. Non è il primo caso e forse non sarà neanche l’ultimo. Poco tempo fa in una autorevole serie storica biografica su grandi personaggi, uscita in edicola, l'immagine di copertina (un generale tedesco) non corrispondeva all’interessato trattato. Altri casi, spazio permettendo, ve li racconterò sempre nell’ottica “ad ognuno il suo mestiere” o “chi sa fa e chi non sa insegna e fa il giornalista”. Riporto in maniera integrale un brano del libricino con in calce alcuni appunti esplicativi. Se su alcuni racconti è possibile dare un giudizio memorialistico, ancorché letterario negativo, su altri è meglio stendere un pietoso velo di silenzio.

(Nel Maghreb oltre ai marocchini, c'erano anche gli ebrei, coloro che facevano la spia o lavoravano per i francesi organizzando attacchi terroristici, come sta accadendo da tempo nel povero territorio della Palestina). si legge in una pagina. Comportamento razzista e incitamento alla discriminazione ? legge 205/93 Mancino Colpa del ragazzo ?, dell'insegnante ?, dei genitori ???. E' il solito scaricabarile. Sull'argomento vedi http://www.relint.org/paesi/storia-marocco.htm
e l'attuale persecuzione marocchina nei confronti della Repubblica Araba Democratica del Sahrawi 

IL RACCONTO

Ciao, io sono Enzo, e la storia che vi sto per raccontare è il mio ritorno a casa. All’età di 19 anni circa fui obbligato dai tedeschi ad addestrarmi da bersagliere alla caserma Montegrappa a Torino. Il 28 aprile del 1944 io e Ugo, Giovanni, Giuseppe, Bruno, Aldo, Armando, sei miei compagni che pensavano, come me, di non voler fare la guerra, scappammo dalla caserma perché, se fossimo rimasti, saremmo stati portati in Germania ad addestrarci con gli alleati tedeschi.
Ci dividemmo in tre gruppi di cui uno da tre e due da due. Io e Aldo riuscimmo ad arrivare a casa sani e salvi: attraversammo campi, boschi e  fiumi, ci orientammo osservando l’umidità della corteccia degli alberi. Cercammo di restare lontani dalle strade perché controllate dai nazifascismi. Restammo giorni e giorni senza mangiare, poi finalmente vedemmo una casa e da lì capimmo che ce la potevamo fare ad arrivare a casa salvi. Una signora, vedendoci arrivare, si affacciò alla porta e io le dissi.

–Scusi, signora, ci può offrire un pezzo di pane e un bicchier d’acqua ? sono giorni che non beviamo !-.

La signora, che si chiamava Adele, rispose –Certo, vi do subito un bicchier d’acqua e un bel pezzo di pane-.

Poi aggiunse:-Scusate, ma perché non lasciate qui anche le uniformi ? In questo modo i tedeschi faranno più fatica a riconoscervi-.

Noi rispondemmo- Grazie Mille, le saremo riconoscenti per quello che ha fatto per noi-:

-Di niente, è stato un piacere aiutarvi-, concluse Adele.
Camminammo per altre due settimane, finché finalmente arrivammo a Modena, a casa mia. Due giorni dopo Ugo partì per andare dalla sua famiglia a Cesenatico.

Il viaggio di Giovanni e Bruno è stato molto diverso dal mio. –Andiamo in stazione a prendere il treno ? Arriveremo a casa prima, in questo modo!- disse il primo all’altro. Bruno rispose – Va bene, così per stasera saremo a casa !- Andarono in stazione e li incontrarono due tedeschi della Repubblica di Salò che gli dissero:-Ehi Voi, dove state andando ?-. Noi .. e .. in nessun posto- balbettarono i due. I soldati gli dissero:- E allora cosa fate qui ?-. -Siamo venuti a fare un giro, ma vi assicuro che non avevamo intenzione di partire-, rispose Giovanni a cui non riuscì però di essere abbastanza disinvolto. Il soldato, in tedesco, ordinò al suo collega di arrestarli. Essi furono catturati, interrogati e poi di nuovo portati alla Caserma Montegrappa dove ripresero ad addestrarsi.
Il viaggio di Ugo Giuseppe e Armando fu un’altra avventura. Essi si fermarono, come me e Aldo in una casa di contadini: Ugo bussò alla porta. Dopo poco una signora dall’aspetto distinto e gentile gli disse:

- Ditemi! Avete bisogno, posso esservi d’aiuto?-.

Armando le disse:-Scusi, ci può dare qualcosa da mangiare e da bere? Per favore, siamo affamati e assetati !-.

Con piacere, aspettatemi qui un attimo!- rispose la donna.

Intanto, la signora entrò in casa e andò a chiamare i tedeschi. Dopo alcuni minuti Giuseppe, Armando e Ugo videro arrivare da lontano tre cavalli e dissero:-Scappiamo, i tedeschi….- la signora, intanto, sulla soglia della porta scoppiò a ridere. manifesto d'epocaI tedeschi li portarono in caserma. Dopo alcuni giorni Giuseppe, Armando, Ugo, Giovanni e Bruno furono messi su un treno che li avrebbe portati in Germania nei campi di addestramento. Dal treno Giuseppe, Armando e Ugo videro la signora che li aveva imbrogliati e gridarono: - Ce la pagherai!-. In quel momento i soldati fecero fermare il treno in partenza, vi salirono sopra e iniziarono a picchiare i miei amici, poi fecero riprendere al treno la sua corsa.
Dopo pochi mesi di addestramento Giuseppe, Armando, Ugo, Giovanni e Bruno furono riportati in Italia per compiere i rastrellamenti contro i partigiani. Due giorni dopo l’arrivo in Italia, Giovanni disse ai suoi quattro amici:

-Ho un’idea! Perché non scappiamo dai tedeschi e ci alleiamo con i partigiani ?-.

-Buona idea!- risposero gli altri in coro. Così scapparono, si unirono ai partigiani e combatterono al loro fianco fino al giorno in cui l’Italia fu liberata dal nazi-fascismo.
Due anni fa ci ritrovammo a casa mia, ma invece di essere in sette eravamo in quattro perché Giovanni, Giuseppe e Armando erano da qualche tempo scomparsi. Io venni a  sapere delle loro avventure quel giorno cupo d’ottobre. In Germania erano stati trattati molto male. Essi avevano rischiato di morire assetati perché anche l’acqua, come il cibo era molto scarsa. Avevano visto morire migliaia e migliaia di ebrei senza poter far niente per salvarli. Sentendo le loro storie rabbrividii e pensai, tra me e me che io e Aldo eravamo stati fortunati: infatti non avevamo trovato nessun ostacolo nel nostro percorso verso casa……. B. Giulia.

Note sulla fotografia: La foto in alto (copertina) che si riferisce al racconto (pensiamo) è una tipica foto da studio fotografico, stampata probabilmente oggi rovesciata (si vede oltre che dal cappello portato sulla sinistra dalla abbottonatura). Il bersagliere tiene in mano guanti bianchi da fanteria (i bersaglieri li portano neri), sicuramente prestati sul momento da un altro ignorante, il  fotografo !!. Le mostrine al collo indicano un militare di leva in periodo antecedente l’8 settembre 1943 (ma nel diario non si fa alcun cenno a questo) e quindi di età superiore ai ventuno anni alla data del racconto !!!.
Note sul racconto: Si tratta probabilmente di un gruppo o parte di richiamati !!? (visto che Enzo aveva già prestato servizio militare) e che, con quelli già deportati in Germania offertisi volontari, avrebbero dovuto costituire dall'estate del 1944 il nuovo nucleo dell’esercito di Salò (pensiamo perché le parti più interessanti del racconto vengono ignorate come gli avvenimenti dell'8 settembre e la guerra partigiana). Dopo l’8 settembre 1943 infatti i militari tornati a casa  delle classi '21/22 e le nuove leve delle classi '23/24/25 erano tenute a completare o iniziare il servizio di leva nell'Esercito di Salò della RSI (o repubblichino). Il viaggio da Torino a casa (si teneva semplicemente il Po a sinistra poi si seguivano le pendici degli Appennini sempre a destra) assume una valenza avventurosa da frontiera del West. Il racconto si perde infine in una banalizzazione del ricordo (nei pur tragici momenti del ‘44/45), facendo dire, compiere cose improbabili come un viaggio in treno (in quei tempi e in quelle condizioni di persone irregolari molto sconsigliato per la presenza nelle stazioni di tedeschi).


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