PICCOLE STORIE DIARI MINIMI
Commissione interrogatrice prigionieri di Guerra
48° Battaglione autonomo Bersaglieri M.T.
Zona di guerra - Cadore ottobre 1917
La pubblicazione di questi due
interrogatori è resa possibile grazie a una ricerca in corso effettuata con Mariani Omer e Tarcisio Confalonieri che ha fisicamente
"scoperto" i
documenti a
Archivio dell'Ufficio
Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito (AUSSME)
Gli ufficiali, coinvolti e citati
in questi interrogatori erano a vario titolo in forza al
48° Battaglione Autonomo e questo interrogatorio serviva per accertare la
verità dei fatti (e la concordanza con altre testimonianze al momento
della rotta) verità che avrebbe poi potuto diventare parte
integrante della più corposa indagine sui fatti di Caporetto. Alcuni risvolti inquietanti sono anche in
questi due documenti. Su alcuni aspetti, località, difese etc.. si è ricorso alla
nota a fondo pagina (o alla parentesi a fianco) per permettere anche a un profano
di seguire meglio gli avvenimenti. La trascrizione è stata effettuata
rispettando per il comprensibile (i verbali sono manoscritti e il tempo
non è passato indarno) la reale stesura. Il teatro in cui si svolgono gli ultimi atti della tragedia
(in Cadore) sono più
simili, per chi non lo ha ancora capito, a una bolgia dantesca che a un
normale scontro in zona abitata o ad una azione di sganciamento
preordinata. Questo è dovuto in parte anche alla presenza di
molti civili (residenti e in fuga) e per il resto al fatto che l'ordine
di ritirata è stato dato con molti giorni di ritardo forse con la
speranza di salvare il Corpo d'Armata della Carnia.
L'elemento germanico nelle truppe che abbiamo contro è ben
percepibile da parte dei nostri che lo distinguono da quello austriaco
ritenuto incapace di simili audaci o violente azioni (Così scriveva
Robert Musil, austriaco, impegnato nell’estate del 1915 in Val Calamento
con il 169° battaglione Landstrum. “Il tenente tedesco viene con il
distaccamento a Pontarso; il nostro maresciallo di gendarmeria gli si
presenta e vuole dargli dei chiarimenti sulla situazione del nemico; “Va
bene, va bene ! In qualche maniera li troveremo” - e prosegue senza
fermarsi . “Ora vogliamo farli un po’ a polpette”. Quella che in pace, a
volte, è spacconata ora diventa religione, ma noi non eravamo vili” (o
incapaci)). |
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Interrogatorio del Ten. Mencacci Ottorino della
compagnia comando (o S.M.) catturato illeso a Longarone il 10 novembre
1917. Comandante il 48° battaglione il maggiore Lay Cav. Carlo Mario. Questo
sottostante fatto a Carpi (in Dicembre) non era il primo perchè ne
era gia stato fatto uno a Spilambberto il 19 novembre 1918** non
dissimile. |
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Interrogatorio del Ten. Viviani Francesco della
2a comp. comandata dal Cap. Guidelli Luciano catturato illeso a
Longarone il 10/11/1917 alle ore 7. Comandante il 48° il magg. Lay Cav.
Carlo Mario |
Carpi di Modena li 17 dicembre 1918 |
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Maranello li 19 novembre 1918 |
Il sottoscritto quale aiutante maggiore in 2a
del 48° Batt.... si ritirò dalla posizione di Col Quaternà il 4 novembre
1917*
unitamente al comandante di Battaglione e alla 2a compagnia che occupava
tale posizione. (nota aggiunta: In
quella posizione ci trovavamo fin dal 24). La
1a e 4a compagnia si ritirarono lo stesso giorno dalla posizione del Col
Rosson, la 3a si ritirò dalla posizione di q. 2298 (m) di Cresta
Vallorera. Tutte le compagnie si riunirono al comando di battaglione nel
paese di Padula (nota: corretta la dizione Padola)
e di li
proseguimmo per S.Antonio (passo) ove giungemmo alle ore 1 del giorno 5
novembre** A S.Antonio le compagnie occuparono le posizioni di 2a linea
(Aiarnola
(monte 900 m) Monte Zovo) proteggendo la ritirata dei reparti
appartenenti al Settore Padola Visdende (Brigata Como rinforzata). Nella
notte il reparto zappatori (genio) del Battaglione dovette trainare da
Padola a S. Antonio una batteria da campagna perché a causa del terreno
gelato non poteva raggiungere la posizione. Durante la notte e tutto il
giorno 5 novembre il battaglione riunì ed avviò ai propri reparti i
soldati sbandati.Alle ore 16 del 5 nov. giunse l'ordine di ritirata.
Alle ore 17 il battaglione lasciò le posisioni di S. Antonio e
proseguendo per Auronzo e cima Gogna giunse a Tre Ponti, ove passò alle
dipendenze della Fortezza Cadore-Maè***. Alle ore 8 del giorno 6 nov. il
battaglione riceve l'ordine di trasferirsi a Lozzo di Cadore per
collocare un servizio di avamposti nel paese di Lorenzago. Si giunge a
Lozzo alle ore 12 circa ed il comandante di Battaglione dà
disposizioni per il servizio di avamposti in Lorenzago. Alle ore
18 giunge l'ordine di trasferirci a Vinigo
(Val Boite) per dare il
cambio al 38° battaglione bersaglieri (8° reggimento) che occupava
quelle posizioni. Si parte da Lozzo alle ore 5 del giorno 7 e passando
per Calalzo (nota termine della Ferrovia del Cadore), Pieve di Cadore e
Tai, si giunge a Venas ove la
truppa consuma il rancio. Alle ore 17 le compagnie incominciano a dare
il cambio alle compagnie del 38° che occupava la linea Pelmo-Antelao
(nota: Venas Vodo alla base del passo di Cibiana (Val di Zoldo
torrente Maè) sulla
strada per Cortina). Alle ore 23 il
cambio è terminato. Durante il cambio una pattuglia nemica si avvicina
alla nostra linea di fondovalle, e piazzando mitragliatrici apre il
fuoco contro le nostre posizioni. I nostri rispondono al fuoco e per
tutta la notte si ebbe da ambo le parti un vivo fuoco di fucileria e
mitragliatrici. All'alba del giorno 8 reparti nemici provenienti
da Vodo si avvicinarono alle nostre posizioni di estrema sinistra per
cercare di aprirsi un varco. Furono però ricacciate dal nostro fuoco di
fucileria e mitragliatrici e dal lancio di bombe a mano. La nostra
artiglieria sparò sul paese di Vodo incendiandolo. Alle ore 16
circa giunse l'ordine di ritirarsi su Perarolo al più presto. Furono
date disposizioni per far saltare i ponti ed i cannoni, fu lasciato il
reparto zappatori in ausilio agli ufficiali del Genio e così l'incarico
di distruggere i depositi di munizioni e artiglierie esistenti. Il
battaglione si riunì a valle e siccome la strada di Tai era occupata dal
nemico si attraversò la montagna e giungemmo a Perarolo alle ore 6 circa
del giorno 9. Si prosegue per Ospitale e Termine. In questa ultima
località incontriamo il battaglione alpino Fenestrelle ed il 38°
Bersaglieri. Si giunge a Longarone alle ore 12 circa. Il comandante del
battaglione si reca al comando per ricevere ordini. Mentre il comandante
cercava di comunicare agli ufficiali gli orini ricevuti, si udirono
delle scariche di mitragliatrici provenienti dalla tagliata di S.
Osvaldo. Erano gli austriaci che sparavano sulla truppa ammassata sulla
piazza di Longarone. Il comandante fece subito schierare i reparti e si
impegnò combattimento cercando di impedire al nemico di oltrepassare il
Piave e di tagliare la ritirata ai reparti. Infatti nel pomeriggio tutte
le truppe ammassate in Longarone, circa 10.000 uomini riuscirono a
mettersi in salvo. Verso sera il nemico ad oltrepassare il Piave ed a
piazzare delle mitragliatrici sulla strada. Alle ore 18 circa si
presentò alla nostra linea un caporale del 7° bersaglieri, già
prigioniero degli austriaci, il quale consegnò al maggiore Lay un
biglietto sul quale gli austriaci ci intimavano la resa perché eravamo
circondati da una divisione austro-tedesca. Il maggiore Lay portò il
biglietto al Maggior Generale (Enrico) Nassi comandante la piazza di Longarone,
il quale visto che effettivamente eravamo circondati fece venire
da Termine il Battaglione Fenestrelle ed il 38° Bersaglieri e gli ordinò
di sfondare la linea nemica per aprirci il passaggio****. Il 48°
doveva doveva continuare a restare in linea e qualora ci si fosse
aperta la strada, seguire il 38°. Durante l'attacco furono
richiesti rinforzi al 48° ed in breve tempo fu impegnato quasi tutto il
battaglione. Verso le 22 fu possibile sgombrare la strada dal nemico, e
facemmo circa 40 prigionieri e 2 ufficiali, ma percorsa la strada di 2
km. ci si dovette nuovamente fermare a causa del fuoco micidiale delle
mitragliatrici nemiche. Il generale Nassi fece sparare contro le
mitragliatrici da un pezzo da montagna, ma non fu possibile colpirle.
Intanto il nemico col favore della notte oltrepassava il Piave e ci
stringeva sempre più nella sua cerchia. Il maggiore Lay all'alba dovette
far ritirare le truppe sulla piazza di Longarone perché ammassate
com'erano sulla strada, non sarebbe stato possibile schivare le
mitragliatrici nemiche. Fu cercato il Generale Nassi per ricevere ordini
ma si seppe che insieme al Maggiore F. Cagnolati comandante del
Fenestrelle durante la notte erano riusciti a mettersi in salvo
attraverso la montagna accompagnati da due guide borghesi
(avranno pensato di essere più utili da liberi che da prigionieri). Il maggiore Lay cercò da tutte le parti una via di scampo ma ormai era troppo tardi,
il nemico aveva occupato tutte le vie anche della montagna e ci teneva
circondati. molti soldati tedeschi occupavano già le prime case del
paese. Il maggiore Lay cercò di riunire i reparti ma non fu possibile
perché gli Alpini del Fenestrelle senza comando era tutto sbandato, il
38° bersaglieri aveva subito delle gravi perdite durante il
combattimento, il suo comandante fu fatto prigioniero ferito gravemente,
il 48° esausto dalle lunghe marce e dalla fame (era 2 giorni che i
soldati non mangiavano) non si trovava in condizioni di fare una valida
resistenza, quindi il maggiore Lay d'accordo con molti altri ufficiali
decise di farci arrendere.
Erano le 8 del giorno 10 novembre 1917 |
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Col Quaternà Val Padola... Il 4 novembre alle ore 18
il comandante di battaglione ordinava la ritirata che avveniva in buon
ordine, sulla linea rossa di difesa (S.Antonio). Protetto
senza aver contatto col nemico la ritirata di altri reparti e di
artiglieria. Il giorno 5 lasciata tale posizione il Batt.. si trasferiva
alla difesa della Val Boite linea Forte di Landro - Vinico (Vinigo) dove giungeva alle ore 17 del
giorno 7. Il batt. prende contatto col nemico che riesce a trattenere.
Il giorno 8 verso le ore 21 il Batt. lasciava tale posizione e si
ritirava per Perarolo. Saputo però che il nemico di già era entrato in
Pieve di Cadore invece di seguire la strada principale il Batt. presa
una mulattiera e per la montagna di notte scendeva a Perarolo. Giunti il
9 mattina circa alle ore 2 a Perarolo mentre gli altri reparti del Batt.
proseguivano, la mia compagnia ricevette l'ordine di fermarsi per
proteggere eventualmente la ritirata di truppe di copertura e il salto
del ponte (per salto forse intende "far saltare"). Alle
ore 14 la comp. stessa raggiunge il Batt. a Longarone. La compagnia è di
riserva mentre l'altra truppa del Batt. di già era corsa in linea per la
difesa del paese e protezione di ritirata di reparti (IV armata).
Il nemico scendeva verso Longarone dalla stretta comunicante con
la zona Carnia (Vajont). Alle ore 18 il Batt. si
incolonnava per proseguire la ritirata: è fermato varie volte in paese
dalla confusione della strada ingombra di dispersi, di altri reparti di
car(r)eggio, salmerie artiglierie ..Non ancora usciti dal paese fui
comandato col mio plotone (2°) e col 4° comandato dal Sottot.
Zamboni Alessandro di rinforzo al 38° batt. dell'8° Regg. Bersaglieri
impegnato in accanito combattimento per aprire il varco di passaggio
sulla strada a circa 3 km. da Longarone già chiusa da mitragliatrici di
un battaglione d'assalto germanico. Riuscendo a stento e con
fatica a tenere uniti i due plotoni che per 3 km li condusse per una
strada larga circa 6/9 metri tutta quanta ingombra di car(r)eggio,
fucili, salmerie, dispersi, sbandati, morti..giunsi verso
le ore 22,30 nei pressi di una casa che bruciava portandomi in
primissima linea di combattimento cercai subito di presentarmi al
comando del 38° Batt. Ber...già citato. Seppi allora che il comandante
dello stesso era da pochi minuti caduto gravemente ferito e fatto
prigioniero. Informatomi chi avesse preso il comando dell'azione, mentre
ordinavo ai militari alle mie dipendenze di prender posizione al fianco
di un muretto fiancheggiante la strada, incontrai il Tenente Terribile
Antonio il quale avendo preso il comando del 38° già più volte
citato, si metteva alla ricerca del comandante la colonna Sig. Generale
Nassi per ricevere ordini.. disse di attendere ulteriori disposizioni.
Attesi fino alle ore 1 o 2 circa quando, mentre già i rimasti del 38° si
ritiravano verso il paese incontrato il Cap. Fabris Gino del mio
Battaglione mi ordinava di incolonnarmi nel mio battaglione stesso, di
radunare ai plotoni alle mie dipendenze dispersi della mia compagnia e
di prendere il comando. Forza approssimativa riunita e comunicata al
capitano citato n. 90 circa di truppa e 3 ufficiali e precisamente il
sottoscritto, il Zamboni Alessandro, il sottot. Navacchia Dino tutti
effettivi al(la) compagnia. Verso le ore 5 d'ordine del cap. Sig. Fabris
Gino della 3a comp. del mio batt.., mi ritiravo con la compagnia e gli
altri reparti del battaglione in Longarone. Le truppe germaniche intanto
avevano circondato il paese e cominciavano ad entrarci. Alle ore 7
la compagnia già agli ordini del cap. Guidelli Luciano deponeva le armi.
Presenti alla cattura oltre i citati ufficiali, tutti gli ufficiali del
48° fra i quali i più vicini Ten . Alberigi Massimiliano, Ten. Messeri
Luigi. Il numero approssimativo dei militari catturati appartenenti al
plotone da me comandato n. 35.
Vicende di prigionia
Il
sottoscritto frequentò i seguenti campi di concentramento
Csot bei
Papa - Haymasker - Sopronnyek (Neckenmarkt ora in Austria) - (tutti in Ungheria)
e Hart bei Amstetten ( in Austria vicino a Linz)
Rimpatrio:
Fuggito con tutti gli ufficiali componenti il campo di Hart circa 400
con un treno speciale messo a disposizione dell'Ispett. ferroviario di
Amstetten il 2/11/1918 *. Il nemico al momento della fuga era nullo,
solo pochi uomini della guardia nazionale facevano servizio di polizia.
Il giorno 7 novembre alle ore 21 circa il sottoscritto si presentò
per la prima volta alle autorità italiane di Trieste. da dove solo il
giorno 8 veniva per mare fatto proseguire per Venezia. Giunto a Venezia,
sostai allo scalo marittimo fino al giorno 10 mattina indi con treno
speciale trasferito a Castelfranco. Il giorno 11 di mattina dal .. del
campo di Castelfranco mi fu dato il comando di una Centuria
(territoriali) e inviato a Maranello ove giunsi l'11 sera. Professione
Studente a Mantova studi privati, 3° Istituto tecnico sezione fisico
matematica.
*sono 2
giorni prima dell'armistizio ed è
parzialmente spiegabile col fatto che ci si trovi in Ungheria al confine
con la Russia Bolscevica dove movimenti nazionalisti, socialisti avevano preso forma clandestinamente già da tempo. |
**
Il verbale di dicembre è probabilmente
quello che manderà "libero" il Mencacci. Non risulta allo scrivente
alcun motivo (e non si rileva annotazione in quello di novembre) o segnalazione per il dover
procedere a un secondo interrogatorio se non per
una annotazione postata a sua firma in calce al verbale che riporto integralmente
di seguito e
per il racconto striminzito della prigionia e della liberazione,
solitamente assente da altri interrogatori che riportiamo
più sotto.
Per quanto riguarda la mia prigionia non avvennero
fatti notevoli da segnalare. Non ho da fare accuse specifiche a carico
dei miei superiori e colleghi. Non sono mai stato punito di arresto
dalle autorità austriache ne da quelle italiane
Nella cassa del
battaglione vi erano all'atto della cattura £. 13.000 che il
comandante del battaglione ha ripartito durante la prigionia agli
ufficiali ... illegibile 1 riga disposizione del deposito.
Modena
19.12.18 Tenente Mencacci Ottorino
.....
Verso le ore 8 circa fummo fatti prigionieri e per via ordinaria
passando per Perarolo-Tai-Pieve di Cadore, Lorenzago, Ampezzo (carnia),
Tolmezzo si giunse a Stazione per la Carnia ove fummo fatti montare in
treno. Si giunse a Seebach il 20 novembre e vi rimanemmo fino al 22,
epoca in cui fummo fatti salire in treno e condotti al campo di
concentramento di Csot Bei Papa (Ungheria). Il 1 giugno 1918 il
sottoscritto fu trasferito al campo di concentramento di Haymasker ove
vi rimase fino al l'8 ottobre 1918. Il 9 ottobre fu trasferito al campo
di concentramento di Kleinmunchen bei Linz (Austria). Il 2 novembre 1918
il comandante del campo Maggiore Lay Cav. Carlo comunicò agli
ufficiali che il generale austriaco ci aveva messi in Libertà e che
potevamo raggiungere la Frontiera Italiana. Verso le ore 6 del 2 nov. 18
il sottoscritto con altri 11 ufficiali a piedi si diresse verso il paese
di Enns (vicino a Mauthausen) ove giunse alle ore 24 circa. Dando del riso e della pasta al
capo stazione di Enns ci fu possibile salire in treno e proseguire fino
a San Valentino. |
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Alla mattina del giorno 3 passò dalla stazione di San Valentino un treno
carico di soldati sloveni, ci presentammo ad un capitano sloveno
pregandolo di farci salire in treno e di condurci con loro fino a
Lubiana. Dopo esserci molto raccomandati ci
permise di salire sui vagoni insieme ai soldati e quindi proseguimmo
fino a Lubiana. Durante il viaggio fummo perquisiti e spesso maltrattati
dai soldati austriaci, quasi ad ogni stazione ci aspettavano con le
mitragliatrici piazzate sui tetti delle stazioni. A Lubiana proseguimmo
in ferrovia fino a Opicina ove scendemmo e dovemmo proseguire a piedi
fino a Trieste ove si giunse verso le ore 7 del giorno 6 novembre. La
mattina dello stesso giorno 6 il sottoscritto prese posto su di un
vaporetto e fu trasportato a Venezia e quindi sbarcato all'isola di Secca Sessore (Sacca Sessola)
la mattina del 7 novembre. Parti da Sacca Sessola il 9 novembre ed il
10 giunse al campo di concentramento di Castelfranco (Emilia) ove fu
assegnato assegnato ad una centuria (di marcia). Il giorno stesso
proseguì per Bazzano, ove la centuria si sciolse, ed il giorno 10 fu
assegnato al distaccamento di Spilamberto ed il 22 nov. fu trasferito al
comando del 9° settore Carpi, ove trovasi tutt'ora.
Il teste ha finalmente confessato; il
problema erano quelle 13.000 lire che lo stato italiano avrà preteso, addebitandolo
e recuperandolo da ogni singolo ufficiale sulla liquidazione o altre
spettanze dovute. |
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Così scriveva Rommel nel bollettino
del 10 novembre 1917 (esagerando) dopo la presa di Longarone: «200
ufficiali. 8mila uomini. 20 cannoni da montagna. 60 mitragliatrici. 250
carri carichi. 600 bestie da somma. 12 camion. Perdite 1 morto, 1 ferito
grave, 1 ferito leggero. Tempo soleggiato, sereno, freddo». Il
volume di fuoco dei germanici era affidato in gran parte, come si evince
dai racconti, alle mitragliatrici leggere MG 8/15 |
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che venivano imbracciate (si sparava
anche con l'arma indosso) e/o piazzate di volta in volta dove opportuno
(noi non avevamo per ora nulla di simile se non la pistola
mitragliatrice Fiat Revelli o Villar
Perosa a due canne). La tattica era già stata utilizzata a Riga (fronte
Russo) ma sul nostro fronte non ne era giunta notizia.
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* data in cui
in Cadore si fa risalire il primo ordine di sganciamento della IV armata (10 giorni
dopo Caporetto)
foto delle posizioni del battaglione in alto Comelico
http://www.comelicocultura.it/Pdf/Gruppi/La_Stua/Stua_19/art5_5.pdf
**La strada Padola -Passo di S. Antonio - Villa Piccola (Auronzo è ora declassata a
strada secondaria ed è più conosciuta come la la provinciale del Passo o
Monte Zovo
http://mapcarta.com/18783518 .
*** La
Fortezza Cadore Maè era un sistema statico (forti e più linee
fortificate) di difesa
nella valle del Piave atto ad impedire, sia a destra che a sinistra
di questa, sbocchi di eserciti nemici verso il basso Piave e quindi
verso la Pianura padana.
Per carenza d'artiglieria le postazioni fisse e mobili erano state in gran parte disarmate e ridotto a
caserme e magazzino i "bunker". Emblematico il caso del Forte di Monte Rite che
controllava proprio la Val Boite e la linea Pelmo Antelao. Da lassù, con
buona visibilità c'era solo l'imbarazzo della scelta degli obiettivi da
colpire fino a San Vito di Cadore
http://www.frontedolomitico.it/Vestigia/Forti/ForteMonteRite.htm .
Come gli altri non servì a nulla. Oggi è sede del Museo delle nuvole
Messner. Solo una cupola era ed è distrutta fisicamente: Nulla ricorda
la sua antica funzione al visitatore. Furono qui
abbandonati 3 cannoni da 149 G (antiquati di ghisa).
**** Mentre il Re lanciava
il suo proclama e sostituiva Cadorna con ARMANDO DIAZ il ripiegamento
non era ancora finito. Il nemico superava le difese dei passi di Fadalto
e di Sant' Osvaldo e scendeva dalla Carnia a Ponte delle Alpi e a Longarone
lungo la valle in cui verrà costruita la Diga del Vajont. Qui a
Longarone stava sfilando una nostra colonna di circa
12.000 uomini costituita da reparti del I Corpo d'armata (gen. PIACENTINI)
della IV Armata, dai resti della 26a divisione della Carnia e dai
presidi della linea Longarone-Maè, quando fu da posizioni sovrastanti
attaccata da numerose truppe del Gruppo Stein. Circa 2.000 uomini con
molto materiale furono catturati; riuscì a scampare il generale Enrico NASSI, che con un vigoroso contrattacco riuscì a trascinarsi dietro un
paio di migliaia di soldati fra cui il batt. alpino "Moncenisio".
(da Cronologia. it)
da altro
capitolo del sito: Considerata l’impossibilità di ogni tentativo di difesa nella
piana di Pinedo (confluenza della Val Cimoliana e della Val Settimana
con la Val Cellina), fu accelerato il ritiro, mentre fu inviato solo un
modesto contingente (2 compagnie del X battaglione del 7° bersaglieri al
comando del maggiore Omero Santini), per un’estrema resistenza sul Passo
di S. Osvaldo, ultimo valico prima di scendere lungo la Val Vajont nella
Valle del Piave. Il X Btg. bersaglieri faceva parte di un dispositivo di
retroguardia creato dal generale Marocco della fortezza Cadore Maè con
il 38° Btg. bersaglieri, il 48°, gli alpini del Fenestrelle, e 2
battaglioni del 46° fanteria. |
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E' comparso nel verbale
soprastante un nome assai noto per il corpo dei Bersaglieri,
Gino
Fabris. Ten. Col. Comandante del III BTG. Bersaglieri dell'8° reggimento
in Africa Settentrionale nel 1941. Aprile '41 così da altro capitolo del sito
...
Il piano di Rommel (lo stesso che lo aveva catturato a Longarone) era
incentrato sulla occupazione del nodo stradale alle spalle del Gebel
Achdar già visto nella ritirata di Gennaio. Il piano prevedeva la
divisione delle modeste forze dell'asse, contro inglesi ancora
numericamente superiori, in tre colonne. A nord da Bengasi il 3° Rep.
ESPL. Tedesco. Al centro per Msus i carri di Olbrich e quelli del VII
BTG carri MI3 italiano, al Sud. attraverso piste non segnate (Trigh el
Abd o pista del diavolo), e prive di pozzi d'acqua per circa 300 km la
colonna Santamaria, il Gr. SGHWERIN, La colonna FABRIS del III BTG
Bersaglieri e la colonna del Col. Comandante l'8° Montemurro Ugo col XII
BTG bersaglieri. II 5° BTG bersaglieri seguiva Olbrich in riserva al
centro. Rommel instancabile seguiva in volo con la sua cicogna gli
spostamenti dei reparti, ne correggeva l'itinerario, atterrava in
pochissimo spazio per rifornirsi, rischiava in mezzo alla confusione di
sorvolare reparti inglesi che più volte tentano di abbatterlo. Gli
inglesi superstiti si stanno intanto ritirando su EL Mechili presidiata
dalla III Brigata Motorizzata Indiana che con i rincalzi conta ormai
3500 uomini. Diversi carri inglesi che transitano da MSUS trovano i
depositi di carburante incendiati. Gli incendi sono quindi provocati
dagli inglesi stessi male informati di un avvicinamento dei carri
tedeschi. Molti carri rimasti a secco di carburante devono essere
abbandonati. L’ 8 aprile cade anche El Mechili per opera dei reparti che
provengono dalla Trigh El Abd in massima parte italiani. Il reparto
esplorante, i motomitraglieri di Ponath vengono fatti proseguire per il
Golfo di Bomba Tmimi onde intercettare la 9a div. australiana che si sta
ritirando sulla cinta di Tobruk e qui viene catturato il generale
inglese O CONNOR. Le ripercussioni in campo inglese sono notevoli. |
La morte di Gino
Fabris in A.S.
nel racconto del Gen. Diego Vicini "l'8°
Bersaglieri e la guerra in Africa Settentrionale
1941/43".
Pag.
68 - Acroma e Bir Scerif (22/4/1941) - Il ten. col. Fabris,
la sera del 20, lasciò EI Adem per occupare, su ordine del gen. Rommel,
q. 201 di Er Rus, 6 km ad est di Acroma, dove il battaglione, ridotto
ormai a due compagnie striminzite di una cinquantina di uomini ciascuna,
si schierò, nel senso della fronte, tra due ondulazioni del terreno,
che, in verità, non consentivano un adeguato campo di vista e di tiro,
ma questa era la morfologia della zona estendentesi verso est. Il
dispositivo risultò un semicerchio, con la parte concava rivolta verso
oriente, materializzato sul terreno, da sinistra a destra, dalla 1a
compagnia bersaglieri motociclisti (cap. Pasquini), dal I gruppo (cap.
Carina) del 132° artiglieria (2a e 3a batteria al comando del ten.
Bertolo e ten. Puggioni) e dalla 3a compagnia bersaglieri (cap.
Cerreto). Sulla destra dello schieramento, oltre un uadi avente
andamento pressoché perpendicolare alla fronte, fu dislocato un plotone
carri M 13 (ten. Balestra) del 32° carristi, assegnato in rinforzo.
All'alba del 22 aprile, il silenzio venne rotto da un sempre più
distinto rumore di motori e di cingoli, fino a che si affacciarono sull'
orizzonte del modesto rilievo antistante tre carri, che aprirono il
fuoco, cui risposero i pezzi da 75/27, già apprestati per il tiro in
funzione controcarro, cioè a puntamento diretto. I mezzi corazzati si
ritrassero per ricomparire ora più a sinistra, ora più a destra, ogni
volta sparando in una specie di gioco a rimpiattino, che assorbì tutta
l'attenzione e la tensione dei difensori. Il ten. col. Fabris si era
intanto portato presso la batteria del ten. Puggioni, dove gli
artiglieri si trovavano in difficoltà a seguire con la mira gli
spostamenti del nemico, dato il limitatissimo settore di direzione dei
pezzi (7 gradi), al di fuori del quale bisognava spostarli a forza di
braccia. Da circa un'ora ormai si protraeva questa situazione, quando il
comando di gruppo segnalò movimenti nella zona dell'uadi. Il comandante
di battaglione ritenne che si trattasse dei suoi carri e persistette
nella convinzione che l'attacco, qualora si fosse sviluppato, avrebbe
investito lo schieramento frontalmente. D'improvviso, poi, si piegò su
di un fianco, barcollò, ma rimase ritto, dicendo al ten. Puggioni di
essere ferito. Proprio allora sbucarono sulla destra, dall'uadi, frotte
di autoblindo.. Raccolto poco discosto dai pezzi di artiglieria dal Sten
medico Lodi, il T.Col. Fabris morì dopo un intervento chirurgico presso
l’ospedale da campo tedesco in Acroma. La sua salma e quella del Sten.
Di Zinno e degli altri caduti furono tumulate nel piccolo cimitero sorto
in prossimità della litoranea al bivio di Acroma.
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Il T. Col. Fabris era nato a Vicenza
il 7/9/1890: in forza all'8° Reggimento Bersaglieri Ariete si è
guadagnato in Libia la MAVM (alla memoria) con la seguente motivazione:
Comandante di colonna
mista, raggiunta dopo rapida e precisa marcia attraverso vasta zona
desertica, la linea d'occupazione nemica, contrattaccato mentre si
accingeva a dare battaglia, sosteneva con perizia e bravura mirabili
l'impeto del preponderante avversario. Quasi circondato, con audace
decisione e coraggioso intervento personale, spezzava il cerchio
avversario, potentemente contribuendo con la sua valorosa azione di
comando, alla caduta della posizione avversaria. In successivo
combattimento, quale comandante di caposaldo accerchiato da potenti
mezzi corazzati, con serenità e valore si prodigava per resistere
all'impeto nemico, finché colpito, trovava morte gloriosa sul campo.
Combattente della Grande Guerra e di Spagna, esempio fulgido di
coraggio, ardimento e sprezzo del pericolo.
El Mechili, 8 aprile
1941 - Fronte di Tobruk, 22 aprile 1941
Fabris Gino (Vicenza 7/9/1890) chiamato alle armi nel 12° Rgt.
Bersaglieri 29.09.1911 - Scuola A. Ufficiali nel 5° Reggimento
31.12.1912 - - Sergente Au. nel 10° Bersaglieri 30.07.1913 -
Sottotenente di complemento nel 2° Bersaglieri 19.02.1914. Già
nell'anno 1915 (31 ottobre) ottiene una promozione
straordinaria per meriti di guerra (decreto luogotenenziale 18 settembre 1917) da
Tenente di complemento a Tenente in servizio attivo permanente (SAP) e
trasferito al 48° Battaglione Bersaglieri Autonomo in Cadore.
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